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Vendite con diritto di reso e trasferimenti con contratto estimatorio

motivi alla base delle rispettive implicazioni fiscali, occorre darne una breve definizione: il diritto di reso è il diritto di rendere indietro al venditore il bene/servizio che si è acquistato, ottenendo un rimborso; il contratto estimatorio invece, permette all’acquirente (accipiens) di ottenere la disponibilità di una o più cose mobili dietro l’obbligo di pagarne il prezzo al venditore (tradens) ovvero restituirle entro una certa data.

Già dalle definizioni si comprende che, in entrambi i casi, c’è un area di aleatorietà nelle rispettive poste di ricavo: nonostante si trasferisca il bene, continuano a gravare sul cedente rischi e benefici.

298 Trattazione contabile e fiscale effettuata da MONFREDINI P.S., Il principio di derivazione rafforzata:

Se i principi contabili nazionali non contemplano esplicitamente queste casistiche, vi provvede invece lo Ias 18, e, ai sensi del rinnovato Oic 11, il principio di cui ora si dirà risulta analogicamente applicabile anche agli Oic adopter.

Lo Ias 18 afferma che nel caso in cui, anche dopo l’esecuzione di un contratto, il cedente conserva rischi significativi connessi alla proprietà ceduta, non possono iscriversi in contabilità dei ricavi e il contratto non è da classificarsi come contratto di compravendita, come appunto il caso in cui l’acquirente abbia il diritto di revocare l’acquisto e/o è incerta la probabilità di reso.

Questo significa che, contabilmente, sia nel caso di stipula del contratto estimatorio che nel caso in cui in un contratto di compravendita sia incluso il diritto di reso deve procedersi come segue:

- qualora il rischio di revoca del ricavo sia significativo, non deve procedersi alla sua contabilizzazione, in quanto l’operazione non può classificarsi come vendita; - qualora il rischio di revoca del ricavo non sia significativo299, l’operazione deve classificarsi come vendita e in contabilità deve essere rilevato sia il ricavo che un accantonamento (non deducibile fiscalmente perché non incluso nelle ipotesi dell’art. 107 Tuir) a fondo rischi, stimato in base all’esperienza e altri fattori pertinenti.

Le vendite con diritto di reso sono disciplinate specificatamente dal nuovo IFRS 15 (nell’appendice B), e, il d.m. 10 gennaio 2018 ha specificato che questa fattispecie è una delle due300 eccezioni di esclusione dalla deducibilità in derivazione rafforzata.

Il cedente di beni con diritto di resa deve effettuare le seguenti rilevazioni contabili301:

299 Lo Ias 18, al paragrafo 17 esplica come esempio il caso del venditore che conserva la titolarità della merce esclusivamente a garanzia della riscuotibilità.

300 Insieme alle penali legali e contrattuali -di cui si è già trattato-.

301 Esempio numerico per meglio comprendere cosa accade contabilmente e fiscalmente, in quanto teoricamente appare caotico (quanto si dirà vale sia ai fini Ires che Irap). In data 1/12/19 viene effettuata una cessione di merci per euro 1.000, con diritto di reso da esercitare entro il 1/02/2020.

In data 1/12/19 il cedente iscrive in contabilità in avere il ricavo, in contropartita al sorgere del credito in dare per euro 1.000. In data 31/12/2019, con le scritture di assestamento deve essere effettuata una stima dei possibili resi -supponiamo euro 300- e iscrivere in contabilità uno storno di ricavi in dare (che ha la natura di accantonamento) in contropartita alla creazione di un fondo rischi in avere, per un importo pari alla stima effettuata. Fiscalmente, in sede di dichiarazione dei redditi 2019 deve essere effettuata una variazione fiscale in aumento per non far concorrere la somma accantonata al fondo alla base imponibile. Sempre in sede di assestamento, il cedente deve anche iscrivere in contabilità un’attività collegata al diritto al reso, a parziale rettifica del costo delle vendite, per un importo pari al valore dei beni quali rimanenze al netto di eventuali costi di recupero -supponiamo euro 200-. In sede di dichiarazione dei redditi va effettuata una variazione in diminuzione per dedurre questa somma anzidetta.

Infine, in data 1/02/2020, nel caso di effettivo reso -supponiamo per euro 225-, il cedente rileva ricavi per un importo pari alla differenza tra il reso stimato e il reso effettivo (300-225=75) in contropartita alla riduzione del fondo precedentemente creato. In sede di dichiarazione dei redditi 2020 dovrà effettuarsi una variazione in diminuzione di euro 300, speculare a quella in aumento fatta nell’esercizio precedente. Inoltre,

a. ricavi derivanti dai beni trasferiti per un importo pari al corrispettivo al quale il cedente prevede di avere diritto, senza però includere i ricavi derivanti da beni per i quali è prevista la resa302;

b. passività per rimborsi futuri (si tratta di un importo stimato per il valore di eventuali resi);

c. attività303 -e corrispondente aggiustamento del costo delle vendite- per il diritto a recuperare i beni dal cliente all’atto di estinzione della passività per i rimborsi futuri.

I valori b. e c., se necessario per via di cambiamenti nelle previsioni, devono essere prontamente aggiornati al termine di ciascun esercizio.

Il d.m. 10 gennaio 2018 ha chiarito che l’importo di cui alla lettera b. dell’elenco precedente, ai fini fiscali, si considera accantonamento, e, in quanto tale, non è deducibile, non essendo incluso nelle fattispecie dell’art. 107 Tuir; la deducibilità si concretizzerà al momento dell’eventuale reso, cioè quando si verificherà il sostenimento del costo. In considerazione di questo è specificato anche che si considera sempre integrato il requisito di previa imputazione a conto economico (richiesto dal comma 4 dell’art. 109 Tuir) per il reso effettuato (che viene iscritto a conto economico come riduzione del ricavo). Non assume rilevanza fiscale nemmeno il parziale storno dei costi304, che deve essere dedotto in via extracontabile.

L’importo di cui alla lettera c. è invece fiscalmente deducibile.

Per quanto riguarda più nello specifico il contratto estimatorio, disciplinato all’art. 1556 e seguenti del Codice civile, il problema maggiore per la contabilizzazione e la relativa rilevanza fiscale delle poste riguarda l’individuazione del momento in cui avviene il trasferimento della proprietà dei beni consegnati.

Una dottrina minoritaria sostiene la c.d. teoria del trasferimento immediato, secondo la quale il trasferimento della proprietà dei beni avviene al momento della conclusione del contratto ovvero successivamente, ma in modo identico ad una compravendita con annesso diritto di recesso: per determinare il trasferimento della proprietà è sufficiente la consegna materiale del bene.

contabilmente occorre rilevare una diminuzione dell’attività collegata al diritto di recuperare i resi, da portare in aumento con una variazione in sede di dichiarazione dei redditi.

302 Si tratta quindi di una sorta di ricavo netto.

303 Valutata sulla base del valore contabile del bene diminuito di eventuali costi previsti per l’eventuale recupero, comprendendo anche possibili riduzioni del valore dei beni resi.

304 Corrisponde all’attività per il diritto a recuperare i prodotti dal cliente all’atto dell’estinzione della passività per rimborsi futuri.

La dottrina maggioritaria sostiene invece che il trasferimento dei beni si considera avvenuto in un momento differito rispetto alla consegna. Inizialmente ci sarebbe semplicemente un trasferimento della disponibilità dei beni consegnati, ma non il trasferimento del diritto di proprietà (di cui resta titolare il tradens fino al momento in cui l’acquirente decide se tenere i beni dietro pagamento del prezzo o restituirli).

Questa seconda tesi sembra essere sostenuta altresì dal legislatore, che, al comma 1 dell’art. 1558 Codice civile, afferma che i creditori dell’accipiens non possono pignorare o sequestrare i beni del creditore finché questo non ne ha pagato il prezzo, quasi come ad affermazione del fatto che esso non ne sia proprietario. Altresì al comma 2 dello stesso articolo si parla di “potere di disporre” dei beni e non di proprietà. Ancora, sempre a sostegno di questa tesi, il legislatore afferma all’art. 1557 che l’acquirente è gravato del rischio di perimento dei beni.

Anche l’Amministrazione finanziaria è concorde nel ritenere corretta la seconda tesi. Tutto questo fa comprendere che ai fini fiscali le poste possono partecipare alla determinazione della base imponibile solo nel momento in cui c’è il trasferimento dei rischi e dei benefici, alla data in cui l’acquirente decide dei beni, che restano fino ad allora di proprietà del venditore. L’operazione non può essere classificata immediatamente come vendita, quindi non sono iscrivibili i ricavi prima dello spirare del termine contrattuale per la comunicazione della decisione -di restituzione o trattenimento dei beni- da parte dell’accipiens.

Paragrafo 8: Perdite su crediti e svalutazioni

Altre fattispecie di cui si deve comprendere la deducibilità o meno dalla base imponibile fiscale, in forza della derivazione rafforzata, sono quelle delle perdite e delle svalutazioni sui crediti.

Per la corretta rappresentazione dei crediti in bilancio, è richiesto dal legislatore e dai principi contabili di analizzare le vicende che possono influire sugli stessi e rilevare in contabilità le due tipologie di poste in questione, che hanno degli impatti differenti anche a livello fiscale.

Così come definite dall’Oic 15, le svalutazioni sono le riduzioni di valore dei crediti, derivanti da una stima, al valore di presumibile realizzo riconducibile alla data di bilancio; mentre le perdite sono degli oneri derivanti da crediti inesigibili sulla base di eventi/elementi certi e definitivi, che coincidono con la parte del credito non più

recuperabile. Quindi, solo le perdite costituiscono componenti di reddito già realizzate, mentre le svalutazioni derivano da procedimenti valutativi.

Bisogna stabilire se le iscrizioni di queste poste sono da ritenersi delle qualificazioni, classificazioni o imputazioni temporali, ovvero delle valutazioni305, per comprendere l’operatività o meno della derivazione rafforzata306.

Peraltro, occorre anche ricordare che, per le fattispecie in esame, sorgono ulteriori difficoltà di contabilizzazione a causa dell’obbligo imposto dal legislatore e dai principi contabili -nazionali e internazionali- di valutare crediti e debiti con il criterio del costo ammortizzato, che, come già detto, assume rilevanza fiscale ai fini della determinazione della base imponibile, in forza del principio di derivazione rafforzata, in quanto recettore del principio di prevalenza della sostanza sulla forma -nel caso di specie con riguardo ai crediti-.

Quindi, contabilmente, i crediti devono essere rilevati con il criterio del costo ammortizzato -sia dai soggetti Ias adopter che da quelli Oic adopter307-, che è riconosciuto ai fini fiscali.

La disciplina fiscale delle perdite e delle svalutazioni sui crediti, uguale per i soggetti Ias adopter e Oic adopter, è contenuta all’art. 101, comma 5 e all’art. 106 Tuir.

Il comma 5 dell’art. 101 Tuir308 stabilisce quali sono le condizioni di natura probatoria necessarie affinché possa concretizzarsi la piena deducibilità, senza alcun limite e con meccanismo analitico, delle perdite su crediti iscritte in bilancio, la cui inesigibilità si è già manifestata. Diversamente, se queste condizioni non sussistono, si parla di svalutazioni dei crediti309, che sono deducibili solo in parte, nelle misure stabilite all’art. 106 Tuir.

305 In realtà occorre precisare che, per alcune fattispecie, la valutazione contabile può risultare strettamente connessa alle regole di qualificazione, classificazione e imputazione temporale, e, in questi casi, i criteri valutativi risultano rilevanti ai fini fiscali, diversamente dalla classica ipotesi per cui ne sono esclusi. Quest’affermazione è stata esplicata, nella circolare n. 7/E del 28 febbraio 2011 dell’Agenzia delle entrate, per i soggetti Ias adopter, ma si ritiene oggi valevole anche per gli Oic adopter.

306 Analisi che segue effettuata grazie a: PICCININI G., Deducibilità delle perdite e svalutazioni su crediti:

principio di derivazione rafforzata, Bilancio e reddito di impresa, 2017; MAZZAGRECO D., Le perdite su crediti tra riforma del bilancio di esercizio e nuovo principio di derivazione, Rassegna Tributaria, 2018;

PURICELLI M., TEDESCHI G., Le svalutazioni e le perdite su crediti: principi e differenze, Amministrazione & Finanza, 2019

307 Eccetto la sola facoltà di applicazione per le società che redigono il bilancio in forma abbreviata e per le microimprese (per queste ultime, l’opzione di applicazione del costo ammortizzato non comporta alcuna conseguenza ai fini fiscali, in quanto escluse esplicitamente dalla derivazione rafforzata).

308 Modificato con il D.lgs. 147/2015

309 La svalutazione è la riduzione di valore di un credito al valore di presumibile realizzo, a seguito di un procedimento di stima, effettuato sulla base di informazioni già disponibili sulla situazione dei debitori (disponibili sia alla data di redazione del bilancio, ma anche derivanti dalla sopravvenuta conoscenza di fatti intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio).

Il comma 5 dell’art. 101 Tuir prevede che, per i soggetti diversi da banche, altre società finanziarie e imprese di assicurazione, la deducibilità delle perdite si concretizza solo nel caso in cui ci siano elementi certi e precisi, quali i seguenti:

- il credito è vantato verso un debitore assoggettato a procedure concorsuali o che ha concluso accordi di ristrutturazione dei debiti, piani attestati o procedure estere equivalenti;

- il credito è di modesta entità310 e sono decorsi almeno sei mesi dalla scadenza di pagamento dello stesso311;

- il diritto alla riscossione del credito è prescritto312;

- il credito viene cancellato dal bilancio in forza della corretta applicazione dei principi contabili313.

Per quanto riguarda l’individuazione del corretto periodo d’imposta per la deduzione della perdita su crediti, in altre parole del periodo di competenza, deve seguirsi il comma 5-bis dell’art.101 Tuir, che recita: “Per i crediti di modesta entità e per quelli vantati nei confronti di debitori che siano assoggettati a procedure concorsuali o a procedure estere equivalenti ovvero abbiano concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti o un piano attestato di risanamento, la deduzione della perdita su crediti è ammessa, ai sensi del comma 5, nel periodo di imputazione in bilancio, anche quando detta imputazione avvenga in un periodo di imposta successivo a quello in cui, ai sensi del predetto comma, sussistono gli elementi certi e precisi ovvero il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale, sempreché l'imputazione non avvenga in un periodo di imposta successivo a quello in cui, secondo la corretta applicazione dei principi contabili, si sarebbe dovuto procedere alla cancellazione del credito dal bilancio”.

Se le perdite su crediti possiedono la caratteristica della definitività, le svalutazioni no, infatti si tratta di ipotesi nelle quali permane il diritto di credito e/o una possibilità di recupero, in tal caso le valutazioni sulla parte di perdita fiscalmente deducibile sono di tipo probabilistico. La vera distinzione tra le perdite di cui si è detto, le svalutazioni e gli

310 Il credito è di modesta entità quando non supera i 5.000 euro -iva compresa- per le imprese di rilevanti dimensioni (con ricavi superiori a 100 milioni di euro); 2.500 euro -iva inclusa- per le altre imprese. 311 Naturalmente resta deducibile la perdita su un credito non modesto o non scaduta da più di sei mesi laddove si dimostri l’irrecuperabilità definitiva dello stesso (es: in caso di latitanza o fuga del debitore o in caso di infruttuosa diffida al pagamento).

312 Si ricorda che la prescrizione del credito avviene in 10 anni, sempre che non intervengano degli atti interruttivi.

313 Un esempio è il caso in cui ci sia una transazione tra creditore e debitore, oppure il caso di rinuncia unilaterale del credito.

accantonamenti per svalutazioni di cui ora si dirà, si “rintraccia” negli elementi probatori314 alla base, e non sul piano sostanziale (come in passato si credeva).

L’art. 106 Tuir prevede, escludendo enti creditizi e finanziari315, che le svalutazioni e gli accantonamenti imputati a conto economico, a diretta riduzione del valore dei crediti risultanti dal bilancio316, sono deducibili317 per l’importo non assicurato, rispettando contemporaneamente in ciascun periodo d’imposta due limiti:

- entro un limite massimo dello 0,50% del valore nominale o di acquisizione dei crediti;

- entro un limite massimo del fondo accantonamento pari al 5% del valore nominale o di acquisizione dei crediti iscritti in bilancio (l’eccedenza318 iscritta in bilancio concorre alla formazione del reddito d’esercizio).

Quindi, altro non sono che limiti per dedurre in maniera forfettaria gli oneri derivanti dall’inesigibilità stimata dei crediti, consistenti in svalutazioni e accantonamenti.

Occorre approfondire più nel dettaglio l’applicabilità della derivazione rafforzata ai diversi valori iscritti in bilancio nel rispetto del criterio del costo ammortizzato.

Con l’applicazione del costo ammortizzato infatti, il valore di iscrizione iniziale del credito è diverso dal suo valore nominale, il primo (in genere) coincide con il valore fiscalmente rilevante (a meno che non ci siano limitazioni del principio di derivazione rafforzata, nel qual caso il valore fiscalmente riconosciuto coinciderebbe con il nominale).

Risulta importante stabilire qual è il valore fiscalmente riconosciuto del credito, in quanto incide sia sull’importo della perdita deducibile ai sensi del comma 5, art. 101 Tuir, che sul calcolo dei limiti di cui all’art. 106 Tuir (anche se letteralmente, in questo secondo caso, viene citato il valore nominale o di acquisizione del credito, questo non dovrebbe impedire la possibilità di considerare fiscalmente rilevante l’utilizzo del valore di

314 Qualora gli elementi probatori abbiano particolare significatività, l’ordinamento gli riconosce appunto degli effetti.

315 Si tratta di banche, altre società finanziarie e imprese di assicurazione, per loro il comma 3, art. 106 Tuir prevede l’integrale deducibilità sia delle perdite che delle svalutazioni nello stesso esercizio di imputazione a Conto economico.

316 Derivanti da cessioni di beni e prestazioni di servizi di cui al comma 1, art 85 Tuir.

317 Deducibili ai fini Ires, mentre ai fini Irap le svalutazioni dei crediti non concorrono alla formazione del valore della produzione netta.

318 N.b. civilisticamente non sono previsti limiti di alcun genere, quindi è possibile che, prudentemente, contabilmente ci siano accantonamenti a fondo rischi ben più alti, non è vietato, ma fiscalmente deve esserci una ripresa a tassazione (in aumento) per i maggiori importi iscritti a conto economico come accantonamenti al fondo.

iscrizione del credito calcolato con il costo ammortizzato, in quanto la norma è antecedente all’introduzione della normativa sul costo ammortizzato).

L’Assonime ritiene che l’art. 106 Tuir faccia riferimento al valore fiscalmente riconosciuto dei crediti con le parole “valore nominale o di acquisizione”. Secondo questa tesi, in forza dell’applicazione del principio di derivazione rafforzata, dovrebbe ritenersi che il valore di iscrizione del credito in bilancio serve sia per stabilire l’importo della perdita sul credito, deducibile ai sensi dell’art. 101, comma 5 Tuir, che per individuare il giusto valore per procedere alla determinazione dei limiti dello 0,50% e del 5% di cui prima si è detto. Questo ragionamento fa perno sul fatto che l’utilizzo del valore nominale (al posto del valore di iscrizione in bilancio dei crediti) causerebbe l’impossibilità di ricomprendere i costi di transazione, in quanto capitalizzati nel valore di iscrizione del credito e non dedotti nonostante sostenuti. Sintetizzando, la rilevazione della perdita su crediti è un modo per conferire rilevanza fiscale ai costi di transazione, che diversamente319, resterebbero indeducibili, concretizzandosi così un fenomeno di tassazione anomala.

Altro valore da iscrivere in bilancio, in ossequio al criterio del costo ammortizzato, è il differenziale negativo320 tra valore nominale e valore di iscrizione iniziale del credito in bilancio.

Questo differenziale negativo è il frutto della corretta applicazione dei criteri di qualificazione e classificazione fissati dai principi contabili, e, per questo motivo, viene riconosciuta la sua rilevanza ai fini della determinazione dell’imponibile fiscale, senza “entrare” nelle limitazioni ex art. 106 Tuir321. Questo, secondo la dottrina maggioritaria, vale sia per i crediti di natura commerciale che per quelli di natura finanziaria.

In merito a questo, l’Assonime ha anche affermato che la disattivazione dei limiti dell’art. 106 Tuir deriva dal fatto che il legislatore ritiene che il day one loss sia una plusvalenza di natura valutativa, non assimilabile agli interessi attivi/passivi. Quindi è autorizzata la completa deduzione del differenziale, che, tuttavia, non comporta vantaggi fiscali nel lungo periodo, in quanto se è vero che inizialmente c’è una deduzione di interessi passivi,

319 Ossia nel caso di utilizzo del valore nominale ai fini fiscali. 320 Il nome tecnico di questa grandezza è “day one loss”.

321 Questo è esplicitato anche nel comma 3, art. 2 del decreto n. 48 del 1° aprile 2009 (emanato per gli Ias adopter ma applicabile anche agli Oic adopter come ampiamente commentato nel capitolo secondo), che recita: “i limiti di cui all’art. 106, commi 1 e 3, del testo unico, non si applicano alle differenze emergenti dalla prima iscrizione dei crediti”.

nei periodi successivi c’è una maggior tassazione per interessi attivi: si tratta di un rinvio della materia imponibile ai futuri esercizi.

Nel caso in cui i crediti siano finanziari, il differenziale deve essere iscritto a conto economico a titolo di interesse passivo, ma non deve essere assoggettato ai limiti di deducibilità ex art. 96 Tuir.

Per quanto riguarda più approfonditamente l’esigenza di iscrizione in bilancio di una