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Verso la tesaurizzazione della tradizione: il tempo del “custodi de tempo delle metamorfosi”.

Nel documento Sergio Atzeni e il racconto di fondazione (pagine 32-37)

72 W S HAKESPEARE , Sonetti, in Tutte le Opere, Firenze, Sansoni, 1973 7 , 1264 Anche il filosofo

1.4. Verso la tesaurizzazione della tradizione: il tempo del “custodi de tempo delle metamorfosi”.

Italo Calvino, a proposito della tesaurizzazione della memoria culturale e dei

memorabilia del passato, ha sottolineato l’importanza del racconto, in quanto «ci

sono cose che solo la letteratura può dire coi suoi mezzi specifici»,76 nonostante la poliedricità dei generi letterari — in particolare si pensi alla complessità e ambivalenza del racconto ‘centrifugo’ novecentesco — e i cicli di morte e rinascita a cui li sottopone il passare del tempo e il gusto del lettore.77 Il legame indissolubile tra il tempo del passato e quello del racconto è ribadito da Elias Canetti il quale, rivestendo di immagini la sensibilità della parola e arricchendola stilisticamente per mezzo di giochi fonici, integra il reale e/o il verosimile storico con la coscienza dell’uomo, sacralizzandoli vicendevolmente e costituendo una vera e propria «coscienza delle parole» in cui la coscienza individuale si dischiude integrando in sé quella collettiva. Ne deriva un sussegursi e un alternarsi continuo di invenzione e riflessione da cui lo scrittore trae il ruolo di «custode delle metamorfosi»,78

una formula che sembra riuscire a compendiare il senso della memoria di ciò che viene dal passato, e nello stesso tempo il senso di in nuovo che si pone di là da quella memoria, ma che inevitabilmente a quella si affida per durare e per diventare ragione di un altro nuovo ancora a venire: perché è proprio la capacità dell’uomo di inventare, di immaginare, a essere il principale strumento per riflettere sulla condizione umana e su ciò che la minaccia.79

Il lavorìo di riscrittura e limatura nei confronti della tradizione diviene necessario al fine di evitare la discesa negli inferi della dimenticanza e così, sulla scia di Benjamin, Canetti sostiene che la cultura e la barbarie sono due facce della stessa medaglia e che «la cultura è alla fine la risposta alla minaccia dal lato oscuro, non l’ignoranza di questo».80 Il «custode delle metamorfosi», quindi, si assume la responsabilità delle parole, alle quali tiene moltissimo,

76 I. CALVINO, Lezioni americane, Introduzione,in ID., Saggi, Mondadori, 1995, I, 629. 77 Cfr. F.MORETTI, La letteratura vista da lontano, Torino, Einaudi, 2005, 3-46.

78 Così l’autore definì nel discorso tenuto in occasione della consegna del Nobel. 79E.RAIMONDI, Considerazioni su un secolo di letteratura, Roma, Carocci, 2003, 22.

tra di esse si aggira con lo stesso piacere, e forse anzi più volentieri, che tra gli uomini, e, abbandonandosi totalmente sia agli uni che alle altre, ma alle parole con maggiore fiducia, è capace, queste, di tirarle via dalle loro sedi per poi reinsediarvele in maniera da farle cadere proprio a pennello, e le interroga, le saggia, le vezzeggia, le lacera, le pialla, le imbelletta, ma è anche in grado, dopo averle arrogantemente strapazzate, di accucciarsi nuovamente di fronte a loro con rispetto e devozione. Anche quando, come accade sovente, si comporta con le parole da vero malfattore, le sue son malefatte compiute per amore.81

I bardi-cantori dei racconti fondativi rientrano pienamente nella definizione di ‘custode’ che Canetti offre e anzi si potrebbe azzardare l’ipotesi di una nuova categoria, ossia quella del custode del tempo metamorfico (o delle metamorfosi), nell’accezione in cui lo scrittore si fa carico di un bagaglio di responsabilità che comprende non solo la tradizione e la memoria culturale del suo popolo, ma anche quello di far «propria l’eredità letteraria dell’umanità, nella quale le metamorfosi abbondano», a partire dalla tradizione di Gilgamesch, passando poi per l’esperienza omerica e virgiliana, attraversando quella eliottiana sino ad arrivare a quella postcoloniale e atzeniana. Il racconto, che ripercorre i millenni a ritroso, compendia il senso e l’esercizio continuo dell’esperienza metamorfica che si cala in quella «di uomini di ogni tipo, di tutti, ma specialmente di quelli che sono meno considerati, nel far uso di questa capacità senza mai stancarsi e in un modo che non sia intristito o paralizzato da schemi preordinati».82 La potenza suscitata dall’incontro dello scrittore con i Classici della parola o, anche, con i modelli di riferimento che egli sceglie come viatico, unita al suo inserimento all’interno di un contesto storico determinato — in un dato tempo e in un dato luogo — contribuiscono alla suscettibilità poetica, come forma di vitalità e resistenza, in antitesi alla morte come perdita della memoria. In questo modo il racconto fonda una propria coscienza individuale che, come nel mito, è destinato ad immortalarsi nella collettività sottraendosi sia al divenire — ma preservando la propria vitalità attraverso la reiticità del narrare o della narrazione —, e sia alla manipolazione che combatterà con la forza della parola: Anche se dovesse apparire a tutti un’impresa disperata, egli a questo si ribellerà, e mai, in nessun caso, sarà disposto a capitolare. Sarà suo vanto opporre resistenza ai banditori del nulla, che sempre più numerosi allignano tra i letterati, e suo vanto combatterli con mezzi diversi dai

81 E.CANETTI, La missione dello scrittore in ID, La coscienza delle parole, Adelphi editrice, Milano, 1976.

loro. Lo scrittore vivrà secondo una legge che non è stata tagliata su di lui, ma è lo stesso la sua legge. Eccola:

Nessuno sia respinto nel nulla, neanche chi ci starebbe volentieri. Si indaghi sul nulla con l’unico intento di trovare la strada per uscirne, e questa strada la si mostri ad ognuno. Si perseveri nel lutto e nella disperazione per imparare la maniera di farne uscire gli altri, ma non per disprezzo della felicità, che compete alle umane creature, benché esse la deturpino e se la strappino a vicenda.83

Il concetto di tradizione fuoriesce dalla concezione provincialistica in cui è stata relegata, aprendosi all’incontro con il diverso già a partire da Ernst R. Curtius il quale, riprendendo l’immagine del «pozzo del passato» evocata da Thomas Mann, ripercorre il processo di universalizzazione in cui va incontro il sistema letterario. Questo avviene a prescindere dalla lingua di riferimento e si apre ad un dialogo che sempre più si infittisce senza precludere alla memoria la possibilità di confrontarsi con altre memorie, alla ricerca di elementi distintivi che un tempo decretavano la coscienza individuale di una comunità mentre ora ne consacrano al specificità in vista di una collettivizzazione. Affidata al poeta, oggi questa figura si è scissa in più parti a seconda dello spazio ed è assolta da sciamani, bardi, griot, scrittori e artisti, per citarne alcuni. Questi specialisti della memoria sono definiti da Georges Balandier come «memoria della società», depositari del sapere e della tradizione, sia ideologica che oggettiva.84

Il lettore in entrambi i casi si sente profondamente coinvolto «dato che anch’egli ha conosciuto queste cose. Nei suoi sogni o da sveglio ha sentito il mostro agitarsi. È il poeta che, per lui, dà espressione alla realtà, crea dei rispecchiamenti logici»85 che gli rende possibile sapere e riconoscere, «che gli fornisce i segni verbali indispensabili a dare un senso al passato e al futuro»,86 in quanto l’aspetto più importante è il raccontare in sé. «L’ascesi e il declino», cari a Eliot si compensano con il raggiungimento della conoscenza, del guardarsi indietro per riconquistare le certezze di un passato ignoto, per rinascere e guardare con occhi nuovi il ricordo del futuro:

E avvicinarsi al significato restituisce l’esperienza | in una forma diversa, al di là di ogni significato | che possiamo assegnare alla felicità. Ho già detto | che l’esperienza passata

83 Ivi,.

84 G.BALANDIER, Anthropo-logiques, Paris, Presses Universitarires de France, 1974, 207. 85 Cfr. N.FRYE, Favole d’identità…, 21.

rivissuta nel significato | non è l’esperienza di una vita sola | ma di molte generazioni, - senza dimenticare | qualcosa che probabilmente è del tutto inesprimibile: lo sguardo indietro al di là della certezza | della storia documentata, la timida occhiata | alle spalle, al terrore primitivo.87

L’esperienza, ossia la conoscenza, ossia il mito archetipale si conquistano quindi con la forza dell’unione e del trapasso generazionale che tramanda il significato «senza dimenticare | qualcosa che probabilmente è del tutto inesprimibile». L’uomo nuovo però va oltre, immettendo la propria esperienza in un circuito dialogico interculturale che mette in contatto tra loro forme diverse di conoscenza collettiva. In questo senso, Eric Auerbach, sulla linea di Curtius, ammette il significato della ricchezza derivante dall’integrazione delle storie nazionali tra loro, pilotate filologicamente attraverso l’esplorazione e il dialogo tra le lingue. In questo caso il superamento diacronico di ogni possibile barriera temporale, si accompagna a quello sincronico legato alla dimensione spaziale. I racconti di fondazione contemporanei, infatti, sviluppano quest’ambito, funzionalizzandolo all’arricchimento da parte della comunità stessa che in questo modo pur restando fedele a sé diviene altro da sé attraverso il confronto con altre storie e altri luoghi. Questo tipo di legame a doppio filo instauratosi tra la scoperta di sé e quella dell’altro da sé, stanzia soprattutto nella periferia del mondo, nelle zone e tra i popoli che la storia ha dimenticato, inglobato.

Gabriel Garcia Marquez, per esempio, cerca di riprodurre sulla carta i ritmi e le cadenze delle storie narrategli dalla nonna quand’era bambino; o, ancora, Rushdie, il quale sottolinea che la narrativa indiana tipica è quella orale rapportabile alla performance teatrale piuttosto che al testo scritto, e quando scrive I figli della mezzanotte cerca di riprodurre un modo di raccontare non lineare che alterna analessi a prolessi.88 La centralità della figura infantile nei racconti è fondamentale per sottolineare l’importanza del messaggio narrato e la necessità di avere il tempo per riuscire a tramandare il messaggio sacro contenuto in queste narrazioni. A questo proposito, in particolare nei racconti di fondazione contemporanei si può notare la sfumatura di “romanzo di formazione” che ha come oggetto il luogo e la comunità che raccontano il percorso essi hanno compiuto per raggiungere il grado di maturità civile che conduce alla costituzione di una nazione, se non incoronata istituzionalmente almeno sotto il profilo identitario. In molti racconti, inoltre, si riproduce un vero e proprio rito di

87 T.H.ELIOT, Dry salvages, in ID, Quattro Quartetti… 9.

88 A proposito dell’importanza che la figura del bambino assume nella fondazione e rifondazione del mondo, aspetto assimilato anche nei racconti di fondazione si veda: S. Albertazzi-A. Gasparini, Il

iniziazione, che ha come protagonisti un vecchio che racconta e un bambino che assimila il messaggio. Questa modalità di rito di passaggio, scelta tra gli altri dallo stesso Atzeni, permette a un giovane (e attraverso lui, a tutti i lettori del romanzo) di immergersi e superare tutte le fasi del rito. Seguendo infatti i dettami di Arnold Van Gennep, il bambino che si appresta a diventare adulto attraverso l’ascolto del racconto, dapprima si trova in una situazione pre-liminare, in cui nelle prime fasi del racconto, che corrisponde alla conoscenza, si discosta dalla sua condizione precedente immergendosi in quella di neofita; man mano che il racconto procede, il giovane si avvicina anche sentimentalmente alla vicenda narrata, riconoscendosi nel “noi” collettivo utilizzato dal cantore per descrivere le fasi storico-mitiche del passato della comunità a cui entrambi appartengono. Questa fase viene definita da Van Gennep come “transitoria” e “liminare” a cui segue la fase di definitiva integrazione all’interno della memoria collettiva della comunità, definita come “reintegrazione” o “post liminare”, da cui il bambino inizia una nuova vita di conoscenza e consapevolezza che coincide con l’età adulta.89

Nel documento Sergio Atzeni e il racconto di fondazione (pagine 32-37)