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Sollecitazioni giuridicamente rilevanti all'emersione anticipata e tempestiva della crisi d'impresa: una rielaborazione sistematica

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(1)

CORSO DI DOTTORATO IN

Diritto ed economia: interessi rilevanti e tutele

Ciclo XXV

S.S.D. IUS/04

S

OLLECITAZIONI GIURIDICAMENTE RILEVANTI

ALL

EMERSIONE ANTICIPATA E TEMPESTIVA

DELLA CRISI D

IMPRESA

:

UNA RIELABORAZIONE SISTEMATICA

C

ANDIDATO

Dott. Giovanni

C

ARMELLINO

Matricola

141500

A

NNO

A

CCADEMICO

2011/2012

U

NIVERSITÀ DEGLI

S

TUDI DEL

M

OLISE

C

AMPOBASSO

DIPARTIMENTO GIURIDICO S.G.S.A.

T

UTOR

/R

ELATORE

Chiar.mo Prof.

Massimo

F

ABIANI

C

OORDINATORE

Chiar.mo Prof.

Gianmaria

P

ALMIERI

(2)

I

INDICE I

INTRODUZIONE: ACCELERAZIONE ED ANTICIPAZIONE 1

CAPITOLO PRIMO

Le soluzioni concordate della crisi di impresa

1.Il piano attestato di risanamento: un rimedio che tradisce le aspettative 4

1.1 Le soluzioni concordate 4

1.2 L’istituto originario 10

1.2.1 Presupposti, funzione, durata e contenuto 13

1.2.2 L’esperto attestatore: requisiti e competenza alla designazione 22 1.3 Il modello definitivo risultante dalla manovra economica, l. n. 122/2010: analisi delle ragioni dell’esclusione della prededuzione di cui all’art. 182 quater l.f. e cenni al

nuovo art. 182 quinquies 28

2. L’accordo di ristrutturazione dei debiti 33

2.1 Il ricorso alle procedure di composizione negoziale delle crisi 33

2.2 Sul procedimento di formazione 36

2.3 Il nuovo art. 182 bis alla luce della manovra economica e del decreto sviluppo n. 83 del 2012, convertito in legge con l. 134 del 2012: la strumentalità cautelare come forma

di anticipazione della crisi 52

2.3.1 Premessa breve: dinamismo imprenditoriale e dinamismo legislativo 52

2.3.2 Ratio legis 53

2.3.3 Il procedimento 55

2.3.3.1 Presupposti e competenza 55

2.3.3.2 Attività propedeutiche 58

2.3.3.3 Effetti del deposito 58

2.3.3.3.1 Segue. Il divieto di acquisire titoli di prelazione non concordati ed il nuovo art.

182 quinquies l.f.: una proposta interpretativa 62

2.3.3.4 Le valutazioni del Tribunale 64

2.3.4 La presentazione dell’accordo complessivo: fattispecie a formazione progressiva? 67

2.3.5 La natura ancipite degli accordi di ristrutturazione 69

2.4 Accordi di ristrutturazione e beneficio della prededucibilità 73

3. Il concordato preventivo 80

3.1 La natura del nuovo concordato preventivo: la tesi processuale lascia il passo a

quella contrattualistica? 82

3.2 Legittimazione alla domanda di concordato: esclusività della autodeterminazione ed

emersione anticipata della crisi 87

3.2.1 I poteri dei creditori nelle soluzioni concordate 90

3.2.2 Effetti della presentazione della domanda 92

3.3 Il presupposto soggettivo 97

3.4 Il presupposto oggettivo 99

3.4.1 Il rapporto tra crisi ed insolvenza: un tassello ulteriore che esclude la funzione

anticipatoria 102

3.5 Il piano nel nuovo concordato preventivo: flessibilità del contenuto 104

3.5.1 La domanda di concordato “in bianco” 107

3.5.2 Il concordato in continuità 109

3.5.3 Facoltatività vs obbligatorietà delle classi dei creditori 110

3.5.4 Creditori chirografari e creditori privilegiati 114

3.6 L’informativa economico – contabile nel concordato: veridicità dei dati aziendali e

(3)

II

3.6.1 Requisiti del professionista e responsabilità 119

3.6.2 Natura della relazione 121

3.6.2.1 Veridicità dei dati aziendali 123

3.6.2.2 Fattibilità del piano 124

3.7 Il controllo giudiziale di ammissibilità 126

3.7.1 Effetti dell’ammissione alla procedura 130

3.8 Il ruolo del commissario giudiziario 139

3.9 La delibera sulla proposta di concordato preventivo: il concordato continua ad

essere un procedimento 144

3.10 Il significato dell’omologazione ed i suoi effetti 151

3.10.1 Abusiva delibera e deliberazione abusiva 156

3.10.2 Le opposizioni all’omologazione 158

3.11 L’esecuzione del concordato preventivo 161

3.11.1 Risoluzione. Annullamento 165

3.12 Consecuzione di procedure e nuova prededuzione ex art. 182 quater e 182 quinquies

l.f. 168

3.12.1 Revoca del concordato 173

4. Le esenzioni civili e penali 177

4.1 La protezione dall’azione revocatoria come riflesso dell’appetibilità delle soluzioni

stragiudiziali 177

4.2 La protezione penalistica individuata dall’art. 217 bis l.f.: cause di esclusione del

fatto tipico o esimenti speciali? 188

CAPITOLO SECONDO

Codice Civile e Legge Fallimentare: ricognizione delle disposizioni funzionali in chiave anticipatoria della crisi d’impresa

1.La disciplina della crisi dell’impresa nel codice civile 197

1.1 Incentivi e legislazione societaria 197

1.2 Sintomi della crisi d’impresa 202

1.2.1 Metodi di individuazione della crisi di impresa: l’interpretazione dei trend negativi,

l’analisi di bilancio ed il liquidity test 205

1.3 I controlli delle società come strumenti di tempestiva rilevazione della crisi

d’impresa 208

1.3.1 Premessa 208

1.3.2 Amministratori 210

1.3.2.1 La disciplina in tema di gestione 213

1.3.3 L’organo di controllo sulla gestione 220

1.3.3.1 La disciplina dell’organo di controllo 225

1.3.3.2 Segue. Poteri e doveri 229

1.3.3.3 I controlli nelle s.r.l. 235

1.3.4 Le responsabilità degli organi amministrativi e di controllo nella gestione della

crisi d’impresa e nell’insolvenza 237

1.3.4.1 La responsabilità dell’organo gestorio. 238

1.3.4.2 La responsabilità degli organi di controllo 245

1.3.4.3 Le responsabilità nelle s.r.l. 248

1.3.5 La nuova disciplina della revisione legale 256

1.3.5.1 Segue. Il controllo legale dei conti nelle s.r.l. 262

1.3.6 Il controllo giudiziario della gestione ad iniziativa dei sindaci in funzione anticipatoria: un rimedio valido per tutte le forme societarie? 263

1.3.6.1 Legittimazione e presupposti oggettivi 265

(4)

III

1.3.6.3 Segue. L’annoso problema dell’applicabilità dell’art. 2409 c.c. alle s.r.l. 276 1.3.7 Le funzioni degli organi societari nelle crisi di impresa: una proposta 280 2. La gestione della crisi nel comparto normativo dedicato al fallimento 287 2.1 I provvedimenti cautelari e conservativi a tutela del patrimonio o dell’impresa

oggetto del provvedimento 287

2.1.1 Equilibrio tra tutela del credito e tutela del mercato 288

2.1.2 Profili oggettivi e funzionali 291

2.1.3 Il sequestro giudiziario 293

2.1.4 Le misure cautelari che attengono alla gestione 295

2.1.5 Tecniche di compatibilità con le norme del processo cautelare uniforme 300

2.2 Il concordato fallimentare 304

2.2.1 Dalla precedente disciplina al nuovo concordato fallimentare 304 2.2.2 La flessibilità oggettiva del contenuto del concordato fallimentare 306

2.2.3 La flessibilità soggettiva 308

2.2.3.1 Legittimazione del fallito: ragioni dei limiti 308

2.2.3.2 La legittimazione dei creditori e del terzo: vantaggi competitivi 310

2.2.4 Il regime dei creditori privilegiati 314

2.2.5 Sugli aspetti squisitamente procedurali 317

2.2.6 La deliberazione del concordato 320

2.2.6.1 Il concordato con classi. Rinvio 321

2.2.7 L’approvazione 321

2.2.8 La fase dell’omologazione 323

2.2.8.1 Le opposizioni 326

2.2.9 L’efficacia del decreto 328

2.2.10 Il reclamo 330

2.2.11 Gli effetti del concordato fallimentare 332

2.2.12 La fase dell’esecuzione 334

2.2.13 I rimedi negoziali della risoluzione e dell’annullamento ed i loro effetti 335

CAPITOLO TERZO

Una prospettiva d’oltralpe: la procédure d'alerte ed il libro VI del Codice di Commercio francese

1. La prévention des difficultés: un breve disamina storica del diritto moderno delle

procedure collettive francesi 339

1.1 La legge del 3 luglio del 1967 e l’ordinanza del 23 settembre 1967 343

1.2 Le droit contemporain des entreprises en difficulté 347

1.2.1 La consécration du droit d’alerte du président du tribunal 352 1.2.2 La riforma des tribunaux de commerce: il pilastro mancante 354 1.3 La riforma della legge del 26 luglio 2005 n. 845: sauvegarde des entreprises 355

1.4 L’ordinanza n. 1345 del 2008, 18 dicembre 358

1.4.1 La loi du 17 mai 2011 de simplification et d’amélioration de la qualité du droit des sociétés 361 2. La rilevazione delle difficoltà e les procédures d’alerte: una riforma in corso di

riflessione 364

3. Gli agenti della prevenzione nella procedura 372

3.1 Les commissaires aux comptes 372

3.2 Le istituzioni rappresentative del personale 386

3.3 Les associates 393

(5)

IV

4. Le quattro fasi dell’allerta 398

4.1 Carattere obbligatorio o facoltativo? 398

4.2 L’allerta nelle società anonime 399

4.3 L’allerta nelle altre società commerciali 405

4.4 L’allerta nelle persone morali di diritto privato non commerciali esercenti attività

economica e nelle associazioni 408

4.5 Segue. Aggiornamento 411

4.6 Note in tema di responsabilità dei dirigenti 413

5. Il potere di allerta del Presidente del Tribunale 417

6. Le mandat ad hoc et la conciliation 430

7. Una prospettiva pratica 443

BIBLIOGRAFIA 450

GIURISPRUDENZA 496

(6)

1

INTRODUZIONE: ACCELERAZIONE ED ANTICIPAZIONE

Quello della emersione anticipata e tempestiva della crisi di impresa è tema di centrale attualità, in ragione della ‘defaillance’ economico-finanziaria che sta investendo i mercati nazionali, prima, e mondiali, poi.

Ma la spinta verso l’uscita dalla crisi rappresenta soltanto la sublime giustificazione alla concessione, da parte del legislatore nazionale, di strumenti di favore per l’imprenditore che voglia, grazie ad una scelta autoindotta, regolare con i creditori il proprio dissesto manifestando all’esterno una situazione economico-finanziaria che, se lasciata al caso o all’inerzia della dirigenza, potrebbe trascinarsi nella c.d. insolvenza irreversibile, da trattare soltanto con il circuito liquidatorio della procedura fallimentare, sebbene l’esprit de loi riformista, che ha più volte inciso sul Regio Decreto n. 267 del 1942, sia stato caratterizzato da una più intensa sensibilità verso la conservazione dei valori aziendali.

La passerella legislativa si è innestata in un arco temporale quasi settennale, e l’ultimo intervento con d.l. 83 del 2012, convertito con l. 134 del 2012, pare proprio confermare la

voluntas legis di sollecitare l’imprenditore verso la tempestiva emersione della crisi di impresa:

la norma manifesto si rifugia nel sesto comma dell’art. 161 l.f., grazie al quale il debitore può depositare, in tribunale, una domanda di concordato preventivo con “riserva” di depositare piano e proposta nel termine fissato dal giudice.

La sollecitazione, ciononostante, è di matrice legislativa, e l’emersione tempestiva, ancora, rimane nella disponibilità del dominus il quale, paradossalmente, potrebbe piegare la norma de

qua per favorire prassi ultronee rispetto ai suoi fini istituzionali.

In questo lavoro, di contro, si intende spostare la lente d’ingrandimento verso quelle sollecitazioni, non già autoindotte, bensì eteroindotte, di matrice giudiziale, che siano tali da ‘influenzare’ l’imprenditore ad uscire allo scoperto e sedersi ad un tavolo di trattative con i propri creditori.

Da questa prospettiva, dunque, la crisi d’impresa non assume valore soltanto perché attuale e globalizzata, bensì si conferma come una situazione patologica che, se non trattata tempestivamente, pregiudica gli interessi di quanti gravitano intorno all’asse imprenditoriale: si pensi ai creditori volontari, ai lavoratori subordinati, ai creditori involontari, nella cui categoria si innerva l’intera economia nazionale il cui interesse potrebbe essere quello alla conservazione del valore imprenditoriale, al contrario della soluzione disgregativa che rimane l’ultima spiaggia nell’ipotesi di una discovery tardiva. Così articolati i termini della questione, si nota come il terreno legislativo della risoluzione della crisi di impresa sia stato già più volte arato e seminato, sebbene sia ancora particolarmente fertile quanto alla tipologia di interventi che potrebbero, dallo stesso, “fruttare”.

Di siffatta fertilità, nel presente lavoro, non si terrà conto, in ragione della opposta prospettiva dalla quale il fenomeno delle ‘sollecitazioni giuridicamente rilevanti all’emersione anticipata e tempestiva della crisi di impresa’ si vuole osservare: non già quella de iure condendo, bensì de iure condito. Non ciò che dovrebbe essere, dunque, ma quello che, rebus sic stantibus, è.

Le chiavi di lettura dell’indagine si evincono dal titolo: per ‘sollecitazione’ si intende quella attività diretta ad indurre qualcuno verso una certa scelta od una certa decisione; con la locuzione ‘giuridicamente rilevanti’ si intende la necessità che le sollecitazioni medesime promanino autoritativamente ed autorevolmente da un giudice, e si rilevino quali induzioni qualificate; il termine ‘anticipazione’, invece, introduce un dato temporale che permetta di collocare siffatte ‘induzioni qualificate’ in un momento precedente rispetto all’ordinaria

(7)

2

emersione di un dissesto imprenditoriale; in ultimo, l’aggettivo ‘tempestiva’ denuncia la necessità che l’emersione della crisi intervenga quando sia possibile la sua regolazione senza che si sacrifichino tutti gli interessi che gravitano intorno all’impresa, prassi, peraltro, dalla quale la mentalità imprenditoriale nazionale non pare volersi affrancare.

Allo stato attuale delle cose, quindi, il legislatore consegna agli operatori economici, suggellandoli espressamente come strumenti di emersione anticipata e tempestiva della crisi di impresa, i rimedi negoziali del piano attestato di risanamento, dell’accordo di ristrutturazione dei debiti e del concordato preventivo, rispettivamente incasellati negli artt. 67 lettera d), 182 bis e 160 e ss. della Legge Fallimentare.

L’analisi di questi strumenti impegnerà il primo capitolo, con una attenzione particolare verso i profili sia di carattere sostanziale che procedurale, in ragione della necessità per la quale, per degli strumenti espressamente considerati come preventivi dallo stesso legislatore, se ne dia una visione generale e completa. Cionondimeno, siffatti rimedi negoziali stentano ancora, per le ragioni che infra si argomenteranno, a vestire i panni di sollecitazione giuridicamente rilevante, a cagione, da una parte, della netta scelta di campo di lasciare la loro spendita ancora alla scelta autoindotta ed esclusiva dell’imprenditore e, dall’altra, dalla preferenza, nel caleidoscopio dei creditori, di alcuni a dispetto di altri.

L’indagine, in successione, nel secondo capitolo, muoverà dalla analisi di altre norme, contenute nella legge fallimentare e nel codice civile, non espressamente votate alla emersione della crisi di impresa, ma che (ed in una situazione di netto paradosso rispetto alle scelte legislative), grazie ad una interpretazione teleologicamente orientata verso siffatto fine, si ritengono idonee a motivare quelle sonorità di cui la mancata normazione delle misure di allerta e prevenzione rappresenta la eco.

Infine, nel corpo del testo, si noterà spesso il riferimento alle allerte, intese quali sistema preventivo diretto a sollecitare la discovery della crisi di impresa, e si dirà come molte delle norme previste nel codice civile siano idonee ad ammantarsi di tali panni, sebbene la scelta normativa del 2005, a proposito della loro introduzione nell’ambito del diritto della crisi di impresa, sia stata di senso contrario. Ebbene, tali riferimenti evocano indubitabilmente nello studioso le droit d’alert che il sistema francese conosce da quasi trent’anni. L’oggetto del terzo, ed ultimo, capitolo, dunque, verterà sulla disamina del sistema delle allerte francesi, sia endogene che esogene all’impresa, con lente, in particolare, sullo sviluppo della legislazione in tema di prévention des difficultés e sull’approfondimento del potere del Tribunale di Commercio, previsto dall’art. L-611, e che tanto si avvicina alla definizione, appena illustrata, di ‘sollecitazione giuridicamente rilevante alla emersione anticipata e tempestiva della crisi di impresa’.

Una ricognizione sistematica degli strumenti italiani mai si sarebbe potuta svolgere, se non in relazione all’analisi di quelli concessi da un ordinamento nel quale la cultura della prevenzione delle difficoltà dell’impresa sembra essere più matura e sensibile.

(8)

3

(9)

4

Le soluzioni concordate della crisi di impresa

SOMMARIO: 1.Il piano attestato di risanamento: un rimedio che tradisce le aspettative. - 1.1 Le soluzioni concordate. - 1.2 L’istituto originario. - 1.2.1 Presupposti, funzione, durata e contenuto. - 1.2.2 L’esperto attestatore: requisiti e competenza alla designazione. - 1.3 Il modello definitivo risultante dalla manovra economica, l. n. 122/2010: analisi delle ragioni dell’esclusione della prededuzione di cui all’art. 182 quater l.f. e cenni al nuovo art. 182 quinquies. - 2. L’accordo di ristrutturazione dei debiti. – 2.1 Il ricorso alle procedure di composizione negoziale delle crisi. – 2.2 Sul procedimento di formazione. – 2.3 Il nuovo art. 182

bis alla luce della manovra economica e del decreto sviluppo n. 83 del 2012, convertito in legge con l. 134 del 2012: la

strumentalità cautelare come forma di anticipazione della crisi. - 2.3.1 Premessa breve: dinamismo imprenditoriale e dinamismo legislativo. - 2.3.2 Ratio legis. - 2.3.3 Il procedimento. - 2.3.3.1 Presupposti e competenza. -2.3.3.2 Attività propedeutiche. - 2.3.3.3 Effetti del deposito. - 2.3.3.3.1 Segue. Il divieto di acquisire titoli di prelazione non concordati ed il nuovo art. 182

quinquies l.f.: una proposta interpretativa. - 2.3.3.4 Le valutazioni del Tribunale. - 2.3.4 La presentazione dell’accordo

complessivo: fattispecie a formazione progressiva?. - 2.3.5 La natura ancipite degli accordi di ristrutturazione. - 2.4 Accordi di ristrutturazione e beneficio della prededucibilità. - 3. Il concordato preventivo. - 3.1 La natura del nuovo concordato preventivo: la tesi processuale lascia il passo a quella contrattualistica?. – 3.2 Legittimazione alla domanda di concordato: esclusività della autodeterminazione ed emersione anticipata della crisi. - 3.2.1 I poteri dei creditori nelle soluzioni concordate. - 3.2.2 Effetti della presentazione della domanda. - 3.3 Il presupposto soggettivo. - 3.4 Il presupposto oggettivo. - 3.4.1 Il rapporto tra crisi ed insolvenza: un tassello ulteriore che esclude la funzione anticipatoria. - 3.5 Il piano nel nuovo concordato preventivo: flessibilità del contenuto. - 3.5.1 La domanda di concordato “in bianco”. - 3.5.2 Il concordato in continuità. - 3.5.3 Facoltatività vs obbligatorietà delle classi dei creditori. - 3.5.4 Creditori chirografari e creditori privilegiati. - 3.6 L’informativa economico – contabile nel concordato: veridicità dei dati aziendali e fattibilità del piano di risanamento. - 3.6.1 Requisiti del professionista e responsabilità. - 3.6.2 Natura della relazione. - 3.6.2.1 Veridicità dei dati aziendali. - 3.6.2.2 Fattibilità del piano. - 3.7 Il controllo giudiziale di ammissibilità. - 3.7.1 Effetti dell’ammissione alla procedura. - 3.8 Il ruolo del commissario giudiziario. - 3.9 La delibera sulla proposta di concordato preventivo: il concordato continua ad essere un procedimento. - 3.10 Il significato dell’omologazione ed i suoi effetti. - 3.10.1 Abusiva delibera e deliberazione abusiva. - 3.10.2 Le opposizioni all’omologazione. - 3.11 L’esecuzione del concordato preventivo. - 3.11.1 Risoluzione. Annullamento. - 3.12 Consecuzione di procedure e nuova prededuzione ex art. 182 quater e 182 quinquies l.f. - 3.12.1 Revoca del concordato. - 4. Le esenzioni civili e penali. - 4.1 La protezione dall’azione revocatoria come riflesso dell’appetibilità delle soluzioni stragiudiziali. - 4.2 La protezione penalistica individuata dall’art. 217 bis l.f.: cause di esclusione del fatto tipico o esimenti speciali?

1 Il piano attestato di risanamento: un rimedio che tradisce le aspettative 1.1 Le soluzioni concordate

In un’ottica di prevenzione della crisi d’impresa, anche sotto il profilo della sua emersione anticipata1, il legislatore ha voluto rafforzare i rimedi insiti nelle soluzioni negoziali, come alternativa alla procedura squisitamente liquidatoria, innestando nel corpo della legge fallimentare nuovi istituti a carattere prevalentemente privatistico, che si collocano (o che perlomeno dovrebbero collocarsi) in un momento antecedente alla dichiarazione di fallimento.

Ad avviso di chi scrive, tuttavia, è scevra di contestazioni la circostanza secondo la quale non è in errore chi li definisce “procedure di composizione negoziale delle crisi d’impresa”2, a cagione del fatto che una cosa è attribuire al debitore rimedi alternativi, altro è, invece, sollecitarlo verso una rapida soluzione di una difficoltà che può investire soggetti ulteriori rispetto al titolare dell’impresa.

Ad ogni modo, nel vigore della precedente legge fallimentare si è lungamente dibattuto, sia in dottrina che in giurisprudenza, intorno alla validità del concordato stragiudiziale ed alla sua idoneità a rimuovere lo stato di insolvenza del debitore3: taluni avevano invocato la tesi della

1 Obiettivo che, come si tenterà di provare nel prosieguo della disamina, non è stato raggiunto dal legislatore, in

considerazione della mancanza, nel nostro sistema, di meccanismi di allerta e prevenzione di matrice esterna all’impresa e della scelta operata in sede legislativa di lasciare la legittimazione all’utilizzo degli strumenti alternativi al fallimento nella esclusiva disponibilità del debitore; in tema, cfr.FABIANI, Misure di allarme per la crisi d’impresa, in Fall., 2004, 825.

2 Per tutti, si veda BONFATTI, Le misure di incentivazione delle procedure di composizione negoziale della crisi d’impresa. Gli

“Accordi di ristrutturazione”, in IlCaso.it, n. 251/2011.

3 Ex pluribus, cfr. PETRUCCI, voce «Concordato giudiziale», in Enc. Dir., VII, Milano, 1961, 521; PROVINCIALI, Concordato

stragiudiziale, in Noviss. Dig. it., III, Torino, 1959, 987; FRASCAROLI SANTI, Il concordato stragiudiziale, Padova, 1984; ROSSI, Crisi delle imprese: la soluzione stragiudiziale, in Riv. soc., 1996, 321; IRTI, Dal salvataggio statale all’intervento bancario,

ibid., 1081; SCHLESINGER, Convenzioni bancarie di salvataggio, in Fall., 1997, 883; PANZANI, La gestione stragiudiziale

(10)

5

invalidità di siffatte convenzioni, astrattamente sostenibile per contrasto con l’art. 1322 c.c.. Al contrario, la giurisprudenza si era espressa in senso positivo, considerando addirittura indubitabile la configurabilità di una soluzione amichevole della crisi dell’imprenditore commerciale4.

Le ragioni della proliferazione di accordi di tal fatta vengono individuate, da quasi l’unanimità degli autori, nella tortuosa visione del fallimento come procedura liquidatoria destinata a distruggere l’impresa e nella inidoneità delle procedure minori a raggiungere uno scopo del tutto estraneo all’ideologia della legge del 1942: la conservazione del suo valore.

In questo contesto, l’imprenditore in difficoltà, spontaneamente o meno, cercava di raggiungere un accordo con i creditori per evitare il fallimento, soprattutto in una prospettiva di conservazione dell’impresa. L’esperienza delle soluzioni stragiudiziali, com’è stato rilevato in dottrina, è comunque servita per accendere i riflettori sui vantaggi che quegli strumenti di soluzione (assai più duttili) presentavano rispetto ai modelli giudiziali: infatti, oltre alla flessibilità dei congegni economico – giuridici che venivano adoperati, le soluzioni proposte avevano anche l’ambizione di rappresentare il punto di incontro fra le teorie liquidatorie e quelle di risanamento, in quanto si cercava di salvaguardare il going concern5.

Tuttavia, dal cono visivo degli svantaggi, ad una incondizionata libertà da parte dei contraenti facevano da contraltare non solo, come detto, l’incertezza sulla liceità di tali accordi, ma, altresì, la necessità che gli stessi venissero raggiunti con la totalità del ceto creditorio, la mancanza di una protezione del patrimonio del debitore da aggressioni dei creditori nelle more del confezionamento dell’accordo, l’insussistenza di trattamenti legali preferenziali alle risorse fornite da nuovi finanziatori e lo spettro revocatorio, a cui si aggiungevano rischi di carattere penale.

Di fronte a tali inconvenienti, da più parti6 veniva invocata l’inadeguatezza della vecchia legge fallimentare, la quale finiva per costituire un ostacolo ad ipotesi di ristrutturazione dei debiti e, quindi, di conservazione dei valori produttivi7.

Lo scenario cambia radicalmente con la riforma che, seppure con interventi dosati nel corso di un periodo settennale, fa proprie le esigenze sorte dal terreno della prassi dei concordati stragiudiziali e va a collocarsi nel solco della linea di politica del diritto volta a favorire in vario modo la composizione stragiudiziale della crisi8.

Difatti, con il d.l. 35/2005 prima ed il d.lgs. 169/2007 poi (a cui vanno aggiunti anche i recenti interventi ad opera del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 1229 e del d.l. 83 del 2012, convertito dalla l. 7 agosto 2012, n. 13410) il legislatore

ABETE, Il concordato stragiudiziale (tra autonomia e par condicio), in Dir. fall., 2002, I, 666; BONELLI, Nuove esperienze nella

soluzione stragiudiziale della crisi delle imprese, in Giur. Comm., 1997.

4 Cfr. Cass., 18 marzo 1979, in Giust. civ., 1979, I, 951, nella cui motivazione si legge a chiare lettere che “non v’è dubbio

che accanto al concordato preventivo sia configurabile un contratto complesso, diretto ad attuare sul piano puramente negoziale quella medesima finalità, e noto come concordato stragiudiziale e amichevole”.

5 Così, FABIANI, Diritto fallimentare. Un profilo organico, Bologna, 2011, 116.

6 In tema, tra gli altri, cfr., JORIO, Le procedure concorsuali tra tutela del credito e salvaguardia dei complessi produttivi, in Giur.

comm., 1994, I, 492; BONSIGNORI, Il fallimento sempre più inattuale, in Dir. fall., 1996, I, 697.

7 Così, AMBROSINI, Sub art. 182bis l.f., in Jorio e Fabiani (a cura di), Il nuovo diritto fallimentare. Commentario, Bologna,

2007, 2539.

8 MACARIO, Insolvenza del debitore, crisi dell’impresa e autonomia negoziale nel sistema della tutela del credito, in Autonomia negoziale

e crisi d’impresa, a cura di Di Marzio e Macario, Milano, 2010, 44.

9 In G.U. n. 176 del 30 luglio 2010 (S.O. n. 174).

10 In ordine alle modifiche, per i riferimenti dottrinali cfr. BOTTAI, Revisione della legge fallimentare per favorire la continuità

aziendale, in Fall., 2012, 924; TRENTINI, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Milano, 2013; FABIANI, La consecuzione

biunivoca fra accordi di ristrutturazione e concordato preventivo, in corso di pubblicazione in Foro it.; ID., La gestione del

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ha voluto, da un lato, rafforzare la natura negoziale (ma che non può spingersi, secondo il parere di chi scrive, a ritenere che si tratti di un vero e proprio contratto11) del concordato preventivo e, dall’altro, ha previsto nuovi ed ulteriori strumenti di carattere negoziale per la soluzione della crisi dell’imprenditore che non sia ancora fallito: gli accordi di ristrutturazione dei debiti, disciplinati dall’art. 182 bis l.f., ed il piano attestato di risanamento, che rifugia la sua collocazione nell’esenzione da revocatoria fallimentare prevista dal terzo comma dell’art. 67, lett. d).

In via di prima approssimazione, può dirsi che gli strumenti adottati dal legislatore si muovono su un terreno che presenta un’unica radice in comune: l’esenzione da revocatoria fallimentare per gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere nella loro esecuzione; diversa è, invece, la loro disciplina sostanziale e processuale, cosi come sono differenti le filosofie espresse da questa trilogia di strumenti di composizione della crisi12.

Volgendo lo sguardo verso una sommaria descrizione degli stessi, in prima istanza, il piano attestato, è stato detto, si caratterizza per l’essere la punta più avanzata del processo di privatizzazione della crisi d’impresa, perché per la prima volta l’ordinamento attribuisce rilevanza ad un atto non soggetto ad un preventivo controllo giudiziale, né ad alcuna forma di pubblicità13. Circostanza senz’altro vera, ma alla privatizzazione a latere debitoris non è seguita una disciplina che facesse in modo di spingere il dominus dell’impresa ad usufruire di uno strumento la cui “privatizzazione” è soltanto un velo di Maya per l’emersione tempestiva delle difficoltà.

Accordo od atto unilaterale, si sostanzia in una pianificazione dell’attività d’impresa orientata a ristabilire l’equilibrio economico attraverso una sistemazione finanziaria: ad una totale carenza normativa sul piano definitorio, sopperisce la certezza ideologica secondo la quale il piano non può essere utilizzato in prospettiva liquidatoria ma, come del resto è stabilito nell’unica norma di

della regolazione concordata della crisi d'impresa, ivi, 303/2012, 1; ID., Vademecum per la domanda “prenotativa” di concordato

preventivo, ivi, 313/2012; ID, Crescita economica, crisi e sovraindebitamento, in Corr. giur., 2012, 449; ID., Primi spunti di

riflessione sulla regolazione del debitore non «fallibile» (l. 27 gennaio 2012 n. 3), in Foro it., 2012, V, 2; ID., La questione

“fattibilità“ del concordato preventivo tra lemmi isolati e novità legislative, liberamente consultabile sul sito www.osservatorio-oci.org; ID., La domanda “prenotativa” di concordato preventivo, in Foro it., 2012, I, 3184; BELLÉ, Legittimità economica, causale

ed informativa nelle soluzioni concordatarie delle crisi di impresa, in Fall., 2012, 511; AMBROSINI, Soddisfazione dei crediti e

risoluzione nel concordato preventivo: profili di “interferenza” tra diritto concorsuale e disciplina codicistica, in Il Caso.it, II,

297/2012, 1; ID., Contenuti e fattibilità del piano di concordato preventivo alla luce della riforma del 2012, ivi, 306/2012; ID., Gli

accordi di ristrutturazione dei debiti dopo la riforma del 2012, in Fall., 2012, 1137; NARDECCHIA, L’art. 179 l. fall. e le mutate

condizioni di fattibilità del piano, in Il Caso.it., II, 315/2012; FINARDI, Le modifiche al regime di voto nel concordato preventivo e le

conseguenze sui creditori postergati, ivi, 319/2012; LAMANNA, La legge fallimentare dopo il “decreto sviluppo”, Milano, 2012; PATERNÒ RADDUSA, Concordato preventivo: il controllo giudiziale sulla fattibilità del piano, ibid., 281/2012; BANA, CERATO,

D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito - Novità in materia di accordi di ristrutturazione dei debiti e piani attestati, in Fisco, 2012,

4772; TRENTINI, Fase anticipatoria degli accordi: termine per l’integrazione e pubblicazione, in Fall., 2012, 854; MARTINO,

Accordi di ristrutturazione e responsabilità del professionista attestatore, in Resp. civ. e prev., 2012, 490; CARMINATI,MARINO, Le

soluzioni negoziali dell’imprenditore agricolo, in Fall., 2012, 633; MACARIO, La nuova disciplina del sovra-indebitamento e

dell’accordo di ristrutturazione per i debitori non fallibili, in Contratti, 2012, 229; BERSANI, La composizione della crisi da

sovraindebitamento per le imprese non fallibili nella L. n. 3/2012, in Fisco, 2012, 1960; GRECO, La nuova finanza, credito di

scopo per il salvataggio dell’impresa, in Trust, 2012, 56; GUIOTTO, La nuova procedura dell’insolvenza del soggetto non fallibile:

osservazione in itinere, in Fall., 2012, 18; VELLA, L’accrescimento dei controlli giudiziali di merito e degli strumenti protettivi nel

nuovo concordato preventivo (dopo la legge n. 134/2012), in Il Caso.it, II, 320/2012; DEMARCHI ALBENGO, La fattispecie

incriminatrice di cui al nuovo articolo 236 bis delle legge fall.; La responsabilità penale dell’attestatore, ivi, 325/2012.

11 Vedi infra 3.1.

12 Così,FABIANI, Diritto fallimentare, cit., 122

13 v. NARDECCHIA, Crisi d’impresa, autonomia privata e controllo giurisdizionale, Milano, 2007; ZANICHELLI, La nuova

disciplina del fallimento e delle altre procedure concorsuali, Torino, 2006; tuttavia (sebbene non muti la sostanza del discorso),

il d.l. 83 del 2012 prevede espressamente la possibilità di pubblicare il piano nel registro delle imprese a richiesta del debitore: oltre agli effetti propri della pubblicità nel registro delle imprese, la pubblicazione, ai sensi di tale decreto, è necessaria affinché la riduzione dei debiti dell’impresa non costituisca sopravvivenza attiva per la parte che eccede le perdite pregresse e di periodo; sulle modifiche, vedi MUNARI, Crisi di impresa e autonomia contrattuale nei piani attestati e

negli accordi di ristrutturazione, in Quaderni di Giurisprudenza commerciale, Milano, 2012, 159; LAMANNA, La legge fallimentare

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riferimento, deve “consentire il risanamento della esposizione debitoria dell’impresa ed assicurare il riequilibrio

della sua situazione finanziaria”14.

Sul versante della disciplina sostanziale, l’istituto previsto dal terzo comma dell’art. 67 l.f., lett. d), tuttavia, si caratterizza per la totale carenza di quelle tutele che, al contrario, il legislatore ha voluto attribuire alle ulteriori alternative al fallimento, e ciò si spiega facilmente se si considera la totale mancanza di un controllo giurisdizionale nella sua fase embrionale. Tale circostanza risulta più evidente se si analizzano le disposizioni della normativa intervenuta nel luglio 2010: da una parte il piano attestato di risanamento viene toccato soltanto per esentare da responsabilità penale gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse sui beni del debitore in esecuzione di un accordo15; dall’altro, è completamente ignorato dalla disciplina prevista nell’art. 182 quater, ed a questo proposito non è mancato chi l’ha considerato un fratello minore rispetto agli accordi di ristrutturazione ed al concordato preventivo16.

Di recente, in ultimo, l’introduzione dell’art. 182 quinquies l.f. in materia di “nuova prededucibilità”17 per gli accordi di ristrutturazione dei debiti e per il concordato preventivo, ad opera della l. 134 del 2012, segna un punto ulteriore in favore dell’utilizzo degli strumenti previsti agli artt. 160 e 182 bis l.f. in luogo dei piani di risanamento.

Per il resto, il piano non è assistito dal divieto di azioni esecutive, né da quello di acquisto di diritti di prelazione rispetto ai creditori concorrenti.

Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, disciplinati nella norma di cui all’art. 182 bis l.f., che nascono e si definiscono anch’essi in un ambito esclusivamente negoziale fra le parti18, rappresentano un modello di composizione concordata della crisi a mezzo dei quali il debitore ed il sessanta per cento del ceto creditorio concordano un riassetto della situazione debitoria, mediante pattuizioni dal contenuto più vario, le quali però non sono idonee a tangere le posizioni giuridiche dei non aderenti, che rimangono integre e trovano fonte nelle originarie obbligazioni19. L’accordo così raggiunto incontra una prima valutazione del Tribunale (un

14 Conformemente, FABIANI, Diritto fallimentare, cit., 720.

15 Esenzione attualmente prevista nell’art. 217 bis l.f., sulla quale saranno spese delle considerazioni infra 4. 16 In questo senso, STANGHELLINI, Finanziamenti – ponte e finanziamenti alla ristrutturazione, in Fall., 2011, 889.

17 Questo l’attuale art. 182 quinquies:” Il debitore che presenta, anche ai sensi dell'articolo 161, sesto comma, una domanda di

ammissione al concordato preventivo o una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell'articolo 182-bis, primo comma, o una proposta di accordo ai sensi dell'articolo 182-182-bis, sesto comma, può chiedere al tribunale di essere autorizzato, assunte se del caso sommarie informazioni, a contrarre finanziamenti, prededucibili ai sensi dell'articolo 111, se un professionista designato dal debitore in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), verificato il complessivo fabbisogno finanziario dell'impresa sino all'omologazione, attesta che tali finanziamenti sono funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori. L'autorizzazione di cui al primo comma può riguardare anche finanziamenti individuati soltanto per tipologia ed entità, e non ancora oggetto di trattative. Il tribunale può autorizzare il debitore a concedere pegno o ipoteca a garanzia dei medesimi finanziamenti. Il debitore che presenta domanda di ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale, anche ai sensi dell'articolo 161, sesto comma, può chiedere al tribunale di essere autorizzato, assunte se del caso sommarie informazioni, a pagare crediti anteriori per prestazioni di beni o servizi, se un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), attesta che tali prestazioni sono essenziali per la prosecuzione della attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori. L'attestazione del professionista non è necessaria per pagamenti effettuati fino a concorrenza dell'ammontare di nuove risorse finanziarie che vengano apportate al debitore senza obbligo di restituzione o con obbligo di restituzione postergato alla soddisfazione dei creditori. Il debitore che presenta una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell'articolo 182-bis, primo comma, o una proposta di accordo ai sensi dell'articolo 182-bis, sesto comma, può chiedere al Tribunale di essere autorizzato, in presenza dei presupposti di cui al quarto comma, a pagare crediti anche anteriori per prestazioni di beni o servizi. In tal caso i pagamenti effettuati non sono soggetti all'azione revocatoria di cui all'articolo 67”.

18 Così, SCARAFONI, Effetti della presentazione del ricorso e dell’ammissione al concordato preventivo. La dichiarazione di fallimento in

corso di procedura, in Trattato delle procedure concorsuali, Ghia – Piccininni – Severini, Volume IV, Il superamento della crisi e la conclusione delle procedure, Milano, 2011, 371.

19 Anche se la l. 134 del 2012 ha inciso sulla tempistica dell’adempimento delle obbligazioni dei non aderenti e, di qui,

la parziale riconsiderazione dell’idea dell’intangibilità delle posizioni dei creditori estranei: il nuovo art. 182 bis, difatti, stabilisce che l'integrale pagamento dei creditori estranei deve avvenire nel rispetto dei seguenti termini: a) entro

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secondo esame avrà luogo nel contesto di una procedura fallimentare in caso di insuccesso dell’accordo), che sarà chiamato ad omologarlo.

Essi si caratterizzano per essere assistiti dal divieto delle azioni esecutive e cautelari per il tempo di sessanta giorni dalla pubblicazione nel registro delle imprese; lo stesso vale anche nel corso delle trattative per la formazione dell’accordo su richiesta dell’imprenditore, secondo quanto previsto dall’art. 48 del d.l. 78/2010; sebbene prima non beneficiassero dell’ulteriore protezione del divieto di acquisire diritti di prelazione da parte dei creditori concorrenti, oggi la l. 134 del 2012 ne vieta, dalla data della pubblicazione, l’acquisto di quelli non concordati; beneficiano, infine, dell’esenzione penalistica ex art. 217 bis l.f.

In un crescendo di protezione, proporzionale al grado di partecipazione dell’autorità giudiziaria alla soluzione negoziale della crisi, al vertice si pone il concordato preventivo che gode della massima considerazione poiché i creditori anteriori non possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari - non più dalla data di deposito del ricorso - bensì dalla pubblicazione dello stesso nel registro delle imprese, fino al decreto di omologazione divenuto definitivo20. Inoltre è fatto divieto di acquistare diritti di prelazione che siano efficaci rispetto ai creditori concorrenti, a meno che non vi sia espressa autorizzazione dell’autorità giudiziaria, e vengono sterilizzate le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni anteriori alla pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese, rispetto ai creditori anteriori al concordato. In ipotesi di fallimento conseguente, l’applicazione delle disposizioni in tema di bancarotta non trova terreno fertile, a cagione del fatto che l’amministrazione dell’impresa durante la procedura è esercitata sotto la vigilanza del commissario giudiziale e gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione devono essere previamente autorizzati dal giudice delegato21.

Da quanto precede, risulta evidente che il grado di protezione apprestato dall’ordinamento alle soluzioni negoziali è direttamente proporzionale alla partecipazione procedimentale dell’autorità giudiziaria: quanto più la soluzione negoziale si realizza nell’ambito di un procedimento sottoposto al controllo del giudice, tanto maggiori sono gli effetti di protezione che l’ordinamento collega alla sua proposizione.

Ed è proprio in questa linea ascendente che sarà sviluppato il presente capitolo: in primo luogo, sarà analizzato il piano attestato di risanamento e si tenterà di verificare, in via sintonica all’idea di emersione anticipata della crisi d’impresa enunciata nell’introduzione del presente lavoro, se, allo stato dei fatti, l’istituto previsto dal terzo comma dell’art. 67 l.f. sia idoneo ad assolvere il ruolo di norma manifesto della discovery oppure, al contrario, si tratti di un rimedio che tradisce le aspettative di tutti gli studiosi di un ormai attuale e scalpitante diritto della crisi d’impresa.

In seconda battuta, oggetto di disamina saranno gli accordi di ristrutturazione dei debiti, all’evidenza più appetibili, così come rimodellati dalla normativa vigente. Oggetto di approfondimento sarà l’anticipazione della moratoria prevista nel sesto comma dell’art. 182 bis che, ad avviso dello scrivente, rappresenta il massimo grado di modernità concesso nel nostro ordinamento, laddove si permette la produzione dell’intenso effetto di protezione del patrimonio del debitore dalle aggressioni creditorie, sulla base della sola presentazione di un preaccordo work in progress.

centoventi giorni dall'omologazione, in caso di crediti già scaduti a quella data; b) entro centoventi giorni dalla scadenza, in caso di crediti non ancora scaduti alla data dell'omologazione.

20 Anche queste novità sono figlie dell’ultima novellazione del 2012; v. FABIANI, Riflessioni precoci, cit., 14; VELLA,

L’accrescimento dei controlli giudiziali, cit., 45.

21 SCARAFONI, Il concordato preventivo: i poteri del giudice, in Le procedure concorsuali nel nuovo diritto fallimentare, a cura di Caiafa,

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A chiusura del capitolo, l’analisi verterà sulle nuove possibilità previste dal concordato preventivo, le cui modificazioni, all’insegna della privatizzazione delle procedure di insolvenza, hanno consolidato una diffusa convinzione sulla natura contrattuale del concordato, portando (pare) al definitivo accantonamento delle tradizionali e sempre criticate visioni processualistiche22.

22 In questo senso DI MARZIO, Introduzione al concordato preventivo, in Trattato delle procedure concorsuali, Ghia – Piccininni –

Severini, Volume IV, cit., 221; cfr., in argomento, anche FABIANI, Contratto e processo nel concordato fallimentare, Torino, 2009;MACARIO, Insolvenza, crisi d’impresa e autonomia contrattuale. Appunti per una ricostruzione sistematica delle tutele, in Riv.

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1.2 L’istituto originario

Il d.l. n. 35 del 2005, convertito con modificazioni in l. n. 80/2005, nel modificare radicalmente la disciplina dell’azione revocatoria, ha inserito nel terzo comma dell’art. 67 l.f. un elenco di esenzioni che, come si legge anche nella relazione governativa accompagnatoria del decreto, ha lo scopo di evitare che situazioni meritevoli di tutela siano travolte dall’esercizio, spesso strumentale, della azioni giudiziarie conseguenti all’accertata insolvenza del debitore.

Tra queste, grande importanza per il diritto delle imprese in crisi riveste la disposizione prevista dalla lett. d), che sottrae dall’azione revocatoria gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria, la cui fattibilità sia attestata da un professionista per il quale oggi la legge richiede il requisito dell’indipendenza23.

Come già accennato sommariamente nell’introduzione del capitolo, il legislatore, rispondendo alle esigenze del mondo dell’economia, ha introdotto un nuovo istituto, quello appunto del piano attestato di risanamento che, valorizzando il rapporto privatistico tra debitore e creditore, è finalizzato non solo al soddisfacimento dei creditori sociali, ma al definitivo superamento della crisi di impresa, prescindendo completamente da qualsiasi verifica giudiziale o di eventuali maggioranze24.

Dunque, è certamente condivisibile l’opinione secondo la quale è stato regolato normativamente l’istituto che nella prassi era noto con il termine di concordato stragiudiziale25, anche se, di fatto, la nuova previsione ha una portata più ampia rispetto allo strumento testé indicato, in quanto costituisce una fattispecie riconducibile non solamente ad un semplice accordo con i creditori dell’impresa26, ma può anche essere rappresentato da un progetto unilaterale che preveda nuovi interventi patrimoniali e finanziari da parte dell’imprenditore.

L’unica norma dedicata a tale istituto, difatti, si pone in sintonia con l’elevato grado di negozialità e di autonomia, giacché il piano ha un orizzonte pressoché illimitato, dato che può prevedere qualsiasi intervento che riguardi sia il piano finanziario sia quello più propriamente industriale27. È proprio l’assenza di regole che rimanda all’autonomia negoziale: il piano è un atto di pianificazione dell’attività d’impresa che mira a ristabilire l’equilibrio economico

23 In dottrina, tra i tanti, cfr. FERRO, Il piano attestato di risanamento, in Fall., 2005, 1353; JORIO, Le soluzioni concordate delle

crisi d’impresa tra “privatizzazione” e tutela giudiziaria, in Fall., 2005, 1453; NIGRO, Commento all’art. 67, in Nigro – Sandulli - Santoro (a cura di), La legge fallimentare dopo la riforma, Torino, 2010, I, 370; GIANNELLI, Concordato preventivo, accordi di

ristrutturazione dei debiti, piani di risanamento dell’impresa nella riforma delle procedure concorsuali. Prime riflessioni, in Dir. fall.,

2005, I, 1156; SANDRELLI, Prime considerazioni sui riflessi della legge 80/05 sul comparto penale della legge fallimentare, in Fall., 2005, 1219; BONFATTI, La promozione e la tutela delle procedure di composizione negoziale della crisi di impresa nella riforma della

legge fallimentare, 2005, in www.judicium.it; TERRANOVA, La nuova disciplina della revocatoria fallimentare, in Dir. fall., 2006, I, 243; VALENTE, La corporate reorganization: elementi di comparazione e di prospettiva a seguito della recente riforma della

disciplina concorsuale italiana, in Dir. fall., 2008, I, 459; CASTIELLO D’ANTONIO, Riflessi disciplinari degli accordi di

ristrutturazione e dei piani attestati, ibid., 605; più recentemente, v. CASTAGNOLA, Piano di risanamento predisposto da una

società per azioni e designazione del professionista, in Dir. fall., 2009, II, 359; DIMUNDO, Note minime in tema di designazione

dell’esperto: ragionevolezza del piano di risanamento, in Fall., 2009, 76; FORTUNATO, La responsabilità civile del professionista nei

piani di sistemazione delle crisi d’impresa, in Fall., 2009, 889; PISCITIELLO, Piani di risanamento e posizione delle banche, in Banca e

borsa, 2007, I, 538; da ultimo, MUNARI, Crisi di impresa e autonomia contrattuale nei piani attestati e negli accordi di

ristrutturazione, cit., 134.

24 Così, BENZI, Le esenzioni di cui alle lett. d) ed e), in Trattato delle procedure concorsuali, Ghia – Piccininni – Severini,

Volume III, Le azioni revocatorie. I rapporti preesistenti, Milano, 2011, 242.

25 JORIO, Le soluzioni concordate, cit., 1455.

26 In tema, tra l’altro, è stato detto che, seppure viene inserito a pieno titolo fra le soluzioni negoziali, a stretto rigore

non è coessenziale rispetto a tale istituto la compartecipazione dei creditori; cfr. FABIANI, Diritto fallimentare, cit., 744.

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attraverso una sistemazione finanziaria. L’obiettivo è dichiarato, ma i mezzi per giungere al risultato possono essere i più disparati28.

A livello contenutistico, parte della dottrina ha rilevato che gli accordi possono rappresentare una species del più ampio genus costituito dal risanamento, nel senso che il piano, nel prevedere il risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa, ne presupponga la predisposizione di uno idoneo al risanamento finanziario di quest’ultima, capace di garantire il ritorno all’equilibrio finanziario, indipendentemente da una ristrutturazione dei debiti, che potrebbe anche non essere presa in considerazione all’interno del piano29.

Tuttavia, il fatto che sia del tutto svincolato da una normativa di riferimento e, come si dirà

infra, manchi un procedimento giudiziario che in qualche modo dia una parvenza di

riconoscimento pubblicistico al piano (sebbene oggi la legge ne renda possibile, su richiesta del proponente, la pubblicazione nel registro delle imprese), se da una parte consente di accostarlo alle convenzioni stragiudiziali, dall’altra da queste si discosta poiché, se attestato, produce effetti anche nei confronti dei terzi esonerando dal rischio dell’azione revocatoria, in caso di insuccesso e conseguente fallimento, gli atti compiuti in esecuzione. L’unico requisito da valutare, in sede di una eventuale azione revocatoria avente ad oggetto il piano, è la sua idoneità, a mezzo di una attestazione di un revisore contabile, a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria.

Nell’intento di dare una collocazione all’istituto in discorso, la maggior parte della dottrina ne ha immediatamente escluso, in maniera del tutto condivisibile, la natura di procedura concorsuale30, intesa come procedimento fondato su presupposti riconoscibili ed accertabili ad opera di un’autorità preposta, caratterizzata da un certo grado di coinvolgimento, nei propri effetti, dell’intero ceto creditorio in funzione del principio cardine della parità di trattamento secondo le rispettive classi di appartenenza. Si è detto, inoltre, che il piano di risanamento non è, né inaugura, un procedimento31: è piuttosto un atto interno all’imprenditore, che riceve una attestazione da parte di un esperto, non governato né controllato da un’autorità preposta, che può perfino pregiudicare la parità di trattamento.

Neppure il piano potrebbe essere inquadrato come forma di accordo di ristrutturazione, essendo propriamente un atto unilaterale che non vede alcun intervento di uno o più creditori nella sua fase costitutiva e deliberativa32: l’accordo in sé non gioca alcun rilievo giuridico sul piano, che è al tempo stesso condizione necessaria ma sufficiente, in presenza di altre condizioni

28 cfr. FABIANI, Diritto fallimentare, cit., 744.

29 Cfr. D’AMBROSIO Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Fallimento ed altre procedure concorsuali, Panzani – Fauceglia

(diretto da), Torino, 2009, III, 1832; MANDRIOLI, Presupposti ed effetti dei piani di risanamento: le finalità dell’istituto, in Ferro, (a cura di), La legge fallimentare, Padova, 2007, 147.

30 Cfr., FERRO, Commento all’art. 67, co.3, lett. d), La legge fallimentare, cit., 475; STASI, I piani di risanamento e di

ristrutturazione nella legge fallimentare, in Fall., 2006, 861; AMBROSINI, Intervento alla tavola rotonda su “Gli accordi di

ristrutturazione e il piano di risanamento”, in Il nuovo diritto delle crisi d’impresa, Jorio (a cura di), Milano, 2009, 92; nello stesso

senso, con novizia di particolari, cfr. FABIANI, Diritto fallimentare, cit., 744, secondo il quale, a riprova della natura

aconcorsuale dell’istituto, non sono presenti i seguenti dati caratterizzanti: “i) non è previsto un procedimento; ii) non vi è la nomina di organi (un commissario, un giudice delegato, un comitato di creditori); iii) non c’è una regolazione concorsuale del dissesto (non tutti i creditori ne sono coinvolti); iv) non è previsto un necessario coinvolgimento dei creditori; v) il debitore resta il dominus dell’impresa, non solo perché continua a dirigerla, ma anche perché non vi è alcuna forma di spossessamento, neppure attenuato; i suoi atti non sono assoggettati né a vincoli, né a controlli”.

31 V. MEO, I piani attestati di risanamento, in Trattato delle procedure concorsuali, Ghia – Piccininni – Severini, Volume IV,

cit., 632. Sull’indisponibilità dei diritti dei creditori da parte dell’atto unilaterale dell’imprenditore che forma il piano, cfr. GALLETTI, I piani di risanamento e di ristrutturazione, in Riv. trim. proc. civ., 2006, 1207.

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previste dalla legge, alla produzione degli effetti che l’ordinamento ricollega ad esso33. Secondo altri, invece, la diversità tra le due figure non andrebbe ricercata tanto nel contenuto degli uni o degli altri che potrebbero, in concreto, coincidere, nel senso che un accordo di ristrutturazione dei debiti ben potrebbe avere il contenuto di un piano di risanamento (laddove invece, naturalmente, un piano di risanamento non potrebbe prevedere solo la ristrutturazione dei debiti), bensì nella struttura: il piano di risanamento potrebbe anche, in punto di fatto, essere il risultato o il presupposto di intese fra il debitore ed i suoi creditori; esso però sarebbe preso in considerazione e disciplinato dalla legge in sé per sé, in quanto espressione dell’iniziativa individuale del debitore e, quindi, non potrebbe essere fatto rientrare fra gli strumenti negoziali di soluzione della crisi34. In senso contrario, altri ritengono che la maggior evidenza sia data dal fatto che il piano è sempre pesantemente condizionato dalla decisione di soggetti diversi dal debitore: essenzialmente dalla decisione dei creditori e, come tale, sarebbe insuscettibile di essere classificato tra le iniziative “unilaterali”35. Ciò deriverebbe dalla ragionevolezza - oggi fattibilità36 - del piano, caratteristica posta dalla legge che si colloca in senso strettamente dipendente dall’accordo, in particolare dei creditori a cui si richiedono sacrifici, non potendo giudicarsi ragionevole un piano in cui siano presentate intelligenti soluzioni di riposizionamento industriale e previsti saggi interventi sul capitale in cui, quanto alla ristrutturazione della situazione debitoria, si modifichino o si assumano rapporti obbligatori senza che i creditori coinvolti abbiano aderito. La ragionevolezza, quindi, implicherebbe che il piano costituisca in attualità o in prospettiva il riferimento di contratti tra debitore e suoi creditori, conclusi in ragione della complessiva strategia formalizzata37.

Il piano attestato, tuttavia, rimane silente ed acquista rilevanza, sotto il profilo giuridico, soltanto quando fallisce l’obiettivo prefissato: è nell’ipotesi di successivo fallimento, difatti, quando il curatore esercita l’azione revocatoria38, che la sua esistenza e la sua attestazione da parte dell’esperto producono i soli effetti che l’ordinamento gli riconosce, vale a dire la stabilizzazione degli atti posti in essere in sua esecuzione e la preclusione della loro revoca. In questo senso, si è detto che il piano, che pur mira a prevenire la crisi, non interessa in quanto strumento che effettivamente la prevenga, ma in quanto strumento che non sia riuscito ad evitarla. Condivisibilmente, sarebbe errato concepirlo come alternativa al fallimento per la soluzione della crisi: l’istituto previsto dal terzo comma dell’art. 67, al contrario di quanto era stato detto all’alba della riforma, non assume (e non può assumere) il ruolo di strumento diretto all’emersione tempestiva della crisi d’impresa, se la stessa, sotto forma di insolvenza, si manifesta

33 Secondo GALLETTI, I piani di risanamento, cit., 1204, il piano non si rapporta alla crisi come strumento giuridicamente

rilevante per la sua soluzione, nel senso che la entrata in vigore per il diritto presupponga un vaglio di congruenza al fine. La soluzione di uno stato di crisi è, certamente, l’obiettivo del piano, ma solo nel senso delle motivazioni interne dell’imprenditore e del giudizio di ragionevolezza rispetto al fine postosi.

34 NIGRO, Commento, cit., 935.

35DI MARZIO, Contratto e ‘deliberazione’ nella gestione della crisi d’impresa, in Autonomia negoziale e crisi d’impresa, cit., 83,

secondo il quale nella prassi il debitore deve convincere i creditori della bontà della iniziativa di ristrutturazione o di liquidazione; deve cioè raccogliere un consenso sulla opzione strategica prescelta. Si tratta, in tal modo, di condividere la soluzione aziendalistica, prima ancora che di attuarla nella attività contrattuale.

36 La sostituzione è opera della l. 134 del 2012.

37 Questa, tra le altre minoritarie in dottrina, è la posizione di BOGGIO, Gli accordi di salvataggio delle imprese in crisi.

Ricostruzione di una disciplina, Milano, 2007, 137.

38 In dottrina ci si è interrogati sulla possibilità, da parte del curatore, di agire con lo strumento revocatorio ordinario,

essendo precluso quello fallimentare: in senso negativo si sono espressi D’AMBROSIO, Commento all’art. 67, 3° co., lett.

d), e), g), in A. Jorio e M. Fabiani (a cura di), Il nuovo diritto fallimentare. Commentario, Bologna, 2007, 988; FABIANI,

L’alfabeto della nuova revocatoria fallimentare, in Fall., 2005, 581; ABRIANI –QUAGLIOTTI, An e quantum della “nuovissima”

revocatoria delle rimesse bancarie, in Fall., 2008, 380; in senso positivo, invece, si veda NARDECCHIA, Le nuove esenzioni del

(18)

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a fallimento dichiarato nel cui contesto viene giocato il jolly del piano. Questo dato, insieme con altri che successivamente saranno individuati, consente di trarre le prime fila del discorso a proposito dei piani di risanamento: con gli stessi il legislatore non pare, almeno a parere di chi scrive, aver centrato l’obiettivo di favorire l’emersione e la prevenzione della crisi d’impresa a cagione del fatto che il piano non è pubblico, non se ne conosce l’esistenza fino a fallimento dichiarato e non persegue il fine della discovery della crisi, bensì si sostanzia in un programma “attestato” che fa il suo ingresso nel mondo giuridico soltanto nell’eventualità che contro di esso (o meglio contro gli atti in sua esecuzione) venga spesa un’azione revocatoria, e siffatta conclusione non muta nemmeno in seguito alla possibilità, concessa dal d.l. 83 del 2012 al debitore, di pubblicare il piano nel registro delle imprese, essendo la stessa non imposta, sibbene facoltativa.

E ciò produce (a ragione) evidenti riflessi sul piano delle limitate tutele che lo stesso legislatore conferisce in favore di colui (o coloro) che l’hanno adottato. La totale mancanza di un controllo giurisdizionale nella fase della proposizione dell’accordo (se concordato) e dell’esecuzione è equilibrata con il mancato riconoscimento della prededuzione ai finanziamenti in funzione o in esecuzione del piano, previsto dalla norma dell’art. 182 quater l.f. di nuovo conio e con i problemi di coordinamento con l’art. 2467 c.c., allorquando l’esecuzione del piano abbia ad oggetto il rimborso di un precedente finanziamento del socio: la previsione codicistica, che dispone l’obbligo di restituzione nell’ipotesi di fallimento intervenuto entro l’anno successivo al rimborso del finanziamento, mal si concilia con la disciplina fallimentare che, al contrario, rende esente l’atto di esecuzione del piano, ivi compresi i pagamenti che lo stesso contempli. Una interpretazione rigorosa del combinato disposto degli artt. 2467 c.c. e 67, terzo comma, lett. d), l.f. (alla quale non mi sento di aderire, come si specificherà infra 1.3), avrebbe come conseguenza la restituzione del rimborso effettuato in esecuzione del piano, a causa dei presupposti del codice civile, pur essendo lo stesso esente da revoca in forza del richiamo normativo dell’art. 67, terzo comma, lett. d.) ai pagamenti, categoria nella quale il rimborso andrebbe ricondotto39.

Di fatto, il piano attestato, così come prodotto dal cantiere legislativo, risulta fornito soltanto della esenzione degli atti posti in essere in sua esecuzione e dell’esonero da responsabilità penale introdotto dall’ultima normativa riformista del 2010 nell’art. 217 bis l.f..

Chi scrive aderisce, con il beneficio del dubbio derivante dall’attesa di un suo utilizzo più frequente in futuro, a quella corrente di pensiero che lo considera, semplicemente, il presupposto di una deroga40, un’ipotesi di legittima violazione del principio di par condicio

creditorum41, giustificata dalla prevalenza, sull’interesse dei creditori, dell’interesse meritevole di tutela al tentativo di salvataggio dell’impresa mediante il recupero dell’equilibrio.

1.2.1 Presupposti, funzione, durata e contenuto

Nonostante il richiamo ad istituti propri delle società di capitali, la norma ha un ambito di applicazione più vasto, coincidente con quello delle procedure concorsuali ed è quindi destinata, quanto al presupposto soggettivo, a qualunque imprenditore commerciale passibile di essere

39 In tema, cfr. BONFATTI, Le procedure di composizione negoziale delle crisi d’impresa: opportunità e responsabilità, relazione

svolta al Convegno Nazionale di Reggio Emilia, 8 ottobre 2010, Il sostegno finanziario dell’impresa nelle procedure di

composizione negoziale delle crisi, in Il Caso.it, II, 214/2010; ARMELI, I finanziamenti dei soci in esecuzione di concordato preventivo

tra prededucibilità e postergazione, in Fall., 2011, 889.

40 In questo senso, MEO, I piani attestati, cit., 634. 41 FERRO, Commento, cit., 478.

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