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3. Il concordato preventivo

3.4 Il presupposto oggettivo

Presupposto oggettivo quale condizione di ammissibilità alla procedura di concordato preventivo è lo “stato di crisi”496 che comprende, ai sensi del terzo comma dell’art. 160 l.f., anche l’insolvenza.

Nella formulazione previgente, il presupposto oggettivo era il medesimo stato di insolvenza in cui versava l’impresa in caso di fallimento. In ragione di ciò, alcuni tribunali avevano escluso l’ingresso nel concordato preventivo perché attente a separare le nozioni di crisi e di insolvenza 497.

In altra parte della giurisprudenza, invece, era diffusa la convinzione seconda la quale il concetto di crisi stesse a significare una situazione di temporanea difficoltà di adempiere, che poteva o meno sfociare successivamente in impossibilità irreversibile di fronteggiare le proprie obbligazioni, ammettendo il ricorso alla procedura in entrambe le situazioni498.

Prescrivendo all’interprete che oggi, quindi, «ai fini di cui al primo comma per stato di crisi si intende

anche lo stato di insolvenza»499, la questione ha assunto un primo chiarimento: com’è stato segnalato in dottrina500, la principale innovazione risultante dalla riforma in esame è il differente obiettivo perseguito dal legislatore attuale rispetto a quello del 1942 che, come noto, attribuiva e riconosceva importanza assoluta ed esclusiva al binomio insolvenza – par condicio

creditorum.

La previgente disciplina intendeva lo stato di insolvenza dell’impresa come condizione di irreversibile crisi che escludeva qualsiasi ipotesi di ripresa economica e finanziaria. A differenza dell’insolvenza, situazione di impotenza cronica e non transitoria, la crisi si manifesta attraverso una serie gradata di sintomi patologici, che vanno dalla temporanea difficoltà, alla mancanza di liquidità, all’insolvenza reversibile, fino a quella irreversibile501.

In sintonia con siffatta affermazione, altri hanno rilevato che non può contestarsi il fatto che oggi il concordato preventivo sia rimedio deputato anche a fronteggiare situazioni di difficoltà dell’impresa che in precedenza avrebbero portato a richiedere l’ammissione alla diversa procedura della amministrazione controllata502. Altri ancora ritengono che la ratio della modificazione vada individuata nell’anticipazione dell’utilizzabilità dello strumento concordatario sin dalla fase iniziale delle difficoltà dell’impresa, affinché possano essere adottati per tempo i necessari interventi risanatori e conservativi503.

In prima analisi, va segnalata la circostanza secondo la quale il legislatore non definisce lo stato di crisi: ad oggi, risulta prevalente la tesi che valorizza la mancanza di esplicazione

496 Sulla nozione di “stato di crisi”, quale presupposto oggettivo del concordato preventivo, cfr., TERRANOVA, Stato

di crisi, stato di insolvenza, incapienza patrimoniale, in Dir. fall., 2006, I, 569; AMBROSINI –DE MARCHI, Il nuovo concordato

preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, cit., 15; SCHIANO DI PEPE, Insolvenza e gestione del credito bancario, in Dir.

Fall., 2001, II, 699; DE FERRA, Il rischio di insolvenza, in Giur. comm., 2001, I, 193.

497 Cfr. BOZZA, Le condizioni soggettive ed oggettive del nuovo concordato, in Fall., 2005, 954; FERRO, Sub artt. 162 - 163, cit.,

2349; in giurisprudenza, Trib. Salerno, 3 giugno 2005, in Fall., 2005, 1297; Trib. Treviso, 15 luglio 2005, in Fall. 2006, 63; Trib. Alessandria, 9 giugno 2005, in Il Sole 24 ore, 16 novembre, 31; Trib. Monza, 29 settembre 2005, in

Fall., 1406.

498 Trib. Sulmona, 6 giugno 2005, in Fall., 2005, 793; Trib. Palermo, 17 febbraio 2006, in Fall., 2006, 570.

499 Per i rilievi critici a questa equiparazione, v. LO CASCIO, Il nuovo concordato preventivo: uno sguardo d’assieme, in Fall.,

2006, 999.

500Così, CHIMENTI, Condizione per l’ammissione al concordato preventivo, cit., 271.

501 In questo senso, RUBINO DE RITIS, Il doppio binario: procedura di crisi e procedura di insolvenza, all’interno di crisi

dell’impresa e insolvenza, Milano, 2005.

502Così, TARTAGLIA, Piano di concordato, in Trattato delle procedure concorsuali, Ghia – Piccininni – Severini, Volume IV,

cit., 287.

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descrittiva assunta dal presupposto oggettivo nell’art. 160 come indice della sua ampiezza, così che la crisi ricomprenderebbe anche la situazione più grave, come fenomeno assorbito504. Al contrario, alcuni studiosi ne enfatizzano la collocazione ad uno stadio di mero pericolo rispetto all’insolvenza, quale fenomeno che la precede, e le è alternativo505.

In molti, inoltre, hanno tentato di darne una definizione al fine di individuare una collocazione sistematica all’istituto in esame506, ma è stato segnalato, a parere di chi scrive in modo corretto, che, data la difficoltà in ordine alla descrizione del fenomeno, forse il pericolo di insolvenza è una delle letture che andrebbe maggiormente accreditata507.

Altri ancora (a riprova dell’intenso sforzo dottrinale) hanno affermato la circostanza secondo la quale ciò che distingueva (e distingue tuttora) le due situazioni, risiede nel fatto che la difficoltà ad adempiere era temporanea in relazione alla pianificazione del suo superamento508. Ad avviso di chi scrive, l’opinione più corretta, anche se pare possa essere definita come agnostica, è quella secondo la quale il concetto di crisi, non identificandosi necessariamente nell’insolvenza, non si presta ad una sintesi giuridica, in quanto fenomeno economico a fattori variabili, la cui esatta definizione sarebbe inopportuna perché richiederebbe risposte diversificate per ciascuna tipologia e per ciascuna gradazione della stessa509: la situazione di crisi, pertanto, si pone in un ambito aziendale più ampio dell’insolvenza, ed include una serie di situazioni diverse per complessità e per gravità510.

Il problema che si prospetta, allora, non è tanto quello di individuare una definizione di stato di crisi fine a sé stessa, ma di darne un senso allo scopo di stabilire quale sia la soglia minima di accesso alla procedura di concordato, per evitare un uso strumentale della stessa.

La giurisprudenza, ancora una volta, risulta essere divisa tra quella511 che ha affermato che il concordato sia uno strumento che consente una emersione della crisi di impresa prima che la stessa giunga al punto di distruggere tutte le risorse aziendali, e quella512 che ha sostenuto che deve trattarsi di una crisi non irreversibile per una impresa che non sia ancora inadempiente e che, in sostanza, non abbia eroso il suo patrimonio e garanzia dei creditori. Altre toghe,

504 Per tutti, cfr., FABIANI, Le trasformazioni della legge fallimentare, in Foro it., 2005, V, 158; in senso analogo, in

giurisprudenza, App. Milano, 12 ottobre 2006, in Fall., 2007, 32; Trib., Milano, 10 marzo 2006, in Fall., 2006, 570.

505 Cfr. BOZZA, Le condizioni soggettive ed oggettive, cit., 956.

506 Ad esempio, CHIMENTI, Condizione per l’ammissione al concordato preventivo, cit., 272, ritiene che per stato di crisi si

intenda il disfacimento economico e finanziario di una impresa tale da determinare anche solo il rischio di una futura insolvenza; oppure, MANDRIOLI, Il concordato preventivo e la transazione fiscale, in La riforma organica delle procedure

concorsuali, (a cura di) Bonfatti – Panzani, Milano, 2008, 667, secondo il quale lo stato di crisi sia una situazione nella

quale il debitore è in grado di adempiere ai debiti scaduti ma è più probabile che non sia in grado di adempiere a quelli che scadranno, oppure più semplicemente nell’insolvenza reversibile e nella difficoltà ad adempiere i propri debiti allorché rischi di produrre un dissesto.

507Cfr., FABIANI, Diritto fallimentare, cit., 607, a giudizio del quale la diversità tra crisi ed insolvenza, sebbene possa

essere sfuggente a livello teorico, obiettivamente impone una serie di opzioni a livello pratico perché nel caso di insuccesso del concordato il passaggio al fallimento presuppone che il giudice verifichi che la situazione dell’impresa è quella di insolvenza, con la conseguenza che ove accerti che ci troviamo in presenza di mera crisi, alla revoca del concordato segue il ritorno in bonis dell’impresa.

508Così, GALLETTI, Sub art. 160, cit., 2277.

509 Per tali rilievi, cfr. MAFFEI ALBERTI, La nozione di insolvenza: un concetto che muta. Crisi finanziaria, crisi strutturale ed

insolvenza d’impresa: economia e diritto a confronto, in Fall., 1988, 897; LO CASCIO, Disciplina dell’impresa in crisi e tutela del ceto

creditorio, in Fall. 1996, II, 924; RAGUSA MAGGIORE, identità di temporanea difficoltà e insolvenza: un suggerimento al futuro

legislatore, in Dir. fall., 1995, II, 517; PRESTI, Rigore è quando l’arbitro fischia?, in Fall., 2009, 28, che parla, in maniera incisiva, dell’estrema difficoltà, per non dire la quasi impossibilità, di individuare una nozione oggettiva di stato di crisi.

510 A tal fine, mi si permetta di rinviare a BRUGGER, Sub art. 160, in A. Jorio e M. Fabiani (a cura di), Il nuovo diritto

fallimentare, cit., 2300, il quale, con novizia di particolari, elabora degli spunti in tema di valutazione dello stato di

crisi.

511 Cfr., Trib. Salerno, 5 ottobre, 2005, in Dir. fall., 2006, II, 153. 512 V. Id., 4 luglio 2006, in Corr. mer., 2007, V, 703.

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ancora, ritengono che la procedura debba concernere situazioni di temporanea difficoltà ad adempiere o, in generale, di difficoltà industriale non ancora in situazione di dissesto513.

In questa sede, al fine di evitare un uso fraudolento ed ultroneo del concordato preventivo, chi scrive fa proprio quel sentore secondo il quale la soglia minima sia da individuare nella illiquidità momentanea, assimilabile alla “temporanea difficoltà ad adempiere” già presupposto dell’amministrazione controllata514, senza escludere situazioni di declino economico compatibili con la regolarità di pagamenti515, purché non si tratti della mera perdita di capacità reddituale che non può giustificare il sacrificio del ceto creditorio516.

Un ultimo problema da affrontare in queste brevi righe dedicate al presupposto oggettivo è quello relativo all’accertamento, ad opera del giudice, in ordine alla situazione economica del proponente un concordato preventivo.

La tematica (abbozzata in questa sede per poi essere sviluppata in maniera più approfondita

infra 3.7) trae linfa dall’abbassamento della soglia del grado di difficoltà che permette l’accesso

alla procedura di concordato e dalla circostanza secondo cui alla scomparsa dell’obbligo dell’imprenditore di esporre le cause specifiche delle sue difficoltà potrebbe conseguire un grado di difficoltà privo di rilevanza esterna517.

Le prime pronunce si sono confrontate in modo assai vario con l’analisi qualitativa e causale della crisi e dell’insolvenza, ondeggiando tra una supplenza descrittiva di tale elemento in difetto di una più compiuta rappresentazione in ricorso518, e decreti di inammissibilità critici sulla prospettazione meno grave del debitore519.

E’ stato detto, in tema, che se la maggioranza delle pronunce dà conto del presupposto oggettivo in sede di omologazione, una insistita autonomia dello stato di crisi, pervenendo alla sua differenziazione per sottrazione di gravità rispetto all’insolvenza, esigerebbe all’opposto un riscontro istruttorio già in sede di ammissione520.

A giudizio di chi scrive, la crisi è valorizzata dalla norma tra le condizioni di ammissibilità e tale circostanza spiega la ragione per la quale il tribunale, in sede di giudizio di ammissibilità, è chiamato ad operare un sindacato sulla effettiva esistenza della stessa, al fine di evitare che vi sia un accesso al concordato, con sacrificio delle ragioni dei creditori, anche da parte di un imprenditore che potrebbe superare le difficoltà attraverso le normali strategie industriali e commerciali521.

513 Sul punto, Trib. Bologna, 15 novembre 2005, in Giur. comm., 2006, II, 891.

514 Cfr. Trib. Roma, 1° febbraio 2006, in Dir. fall., 2007, II, 95; Trib. Sulmona, 19 gennaio 2006, in Fall., 2006, 608;

Trib. Bologna, 15 novembre 2005 cit., Trib. Modena, 18 ottobre 2005, in Dir. Fall., 2006, II, 661.

515 Così, Trib. Salerno 5 ottobre 2005, cit..

516 GUGLIELMUCCI, La riforma in via d’urgenza della legge fallimentare, Padova, 2005, 62. 517 Così, FERRO, Sub artt. 162 - 163, cit., 2351.

518 Trib. La Spezia, 4 agosto 2005, in Giur. mer., 2006, 800.

519 Così, Trib. S.M. Capua Vetere, 26 luglio 2005, in Fall., 2006, 587. 520 Così, ancora, FERRO, Sub artt. 162 - 163, cit., 2355.

521In senso conforme, FABIANI, Diritto fallimentare, cit., 608; inoltre, FERRO, Sub artt. 162 - 163, cit., 2352, secondo il

quale l’affermazione positiva dello stato di crisi tra le condizioni di ammissibilità potrà incontrare l’unico limite in una (difficile prova di) fittizietà, quando nessuno dei criteri di esteriorizzazione delle difficoltà o delle analisi interne degli equilibri aziendali permetta di affermare la serietà del presupposto oggettivo, sconfinando di fatto in una nozione aggiornata di atti frodatori che già in senso programmatico risultano repressi dall’art. 173, da leggersi in chiave interpretativa allora anticipata alla prima fase di ammissione, una prospettiva di tipizzazione dell’abuso.

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3.4.1 Il rapporto tra crisi ed insolvenza: un tassello ulteriore che esclude la funzione anticipatoria?

Dopo aver accennato per sommi capi alle analisi dottrinali sul presupposto oggettivo alla luce della modifica, in questa sede si tenterà di rispondere al seguente interrogativo: l’individuazione, ad opera della riforma, dello stato di crisi che, come detto, ricomprende anche l’insolvenza, permette l’anticipazione dell’utilizzabilità dello strumento concordatario sin dalla fase iniziale delle difficoltà dell’impresa, affinché possano essere adottati per tempo i necessari interventi risanatori e conservativi?

Sulla carta sì.

La riforma ha in sostanza adottato, con il termine “crisi”, un concetto economico e metagiuridico con il già ricordato proposito di aumentare le opportunità riservate all’impresa in difficoltà522. L’espressione è quindi omnicomprensiva di ogni fenomeno di malessere economico - finanziario dell’imprenditore, di intensità tale da indurlo a chiedere la protezione del giudice per offrire ai creditori una soluzione concordata.

Come già detto nel paragrafo relativo alla legittimazione alla presentazione di concordato, il nuovo istituto, con la sua duttilità, consente di affrontare i rapporti con i creditori con efficacia ed al tempo stesso con immediatezza, nel momento in cui sia consapevole di trovarsi in una condizione di difficoltà523. Inoltre, la facilitazione all’accesso al concordato è data dalla scomparsa dei requisiti soggettivi richiesti dalla legge previgente e, da ultimo, dagli incentivi derivanti dalle possibilità insite nella presentazione della domanda di concordato in bianco ed in continuità (artt. 161, sesto comma e 186 bis l.f.).

La problematica, da una prospettiva pratica, rimane, perché, com’è stato detto in dottrina524, seppure un aspetto qualificante il concordato preventivo sia la possibilità di accesso con la sola presenza dello stato di crisi non ancora tradottasi in vera e propria insolvenza, esso, stante la scarsa frequenza con la quale il fenomeno si verifica in concreto, rimane fine a stesso.

Difatti, la circostanza che la procedura sia praticabile a qualsiasi condizione comporta che la stessa non costituisca più una sollecitazione per un tempestivo ricorso ad essa: se l’imprenditore sa che in ogni momento potrà far ricorso alla procedura, non avrà fretta alcuna ad adire il tribunale, con l’effetto, ben più gravoso, di ridurre le possibilità di soddisfare i creditori.

La soluzione del legislatore di ricomprendere l’insolvenza nello stato di crisi, se da una lato facilita l’accesso alla procedura di concordato preventivo e non ha posto articolazioni in chiave definitorio – legislativa, dall’altra ha abbandonato quelle soluzioni suggerite dai progetti di riforma, i quali avevano invece inteso tenere più nettamente distinte l’insolvenza dalla crisi, indicando espressamente quest’ultima come “rischio di futura insolvenza”525: la conservazione della distinzione concettuale tra crisi ed insolvenza e la delimitazione del concetto di crisi, è vero, avrebbe contribuito a diminuire i problemi interpretativi che si pongono a tutt’oggi, soprattutto in tema di consecuzione di procedure, ma, soprattutto, avrebbe offerto un più chiaro supporto normativo alla delimitazione delle possibilità di ricorso alla nuova procedura di concordato, contribuendo ad escludere le situazioni di difficoltà non configuranti rischio di insolvenza e per le quali il ricorso al concordato potrebbe rappresentare uno strumento

522 Così, JORIO, Il concordato preventivo, cit., 970. 523 Cfr. SANDULLI, I controlli di società, cit., 1101. 524Ancora, JORIO, Il concordato preventivo, cit., 970.

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anomalo di ristrutturazione dei debiti526. In altri termini, l’individuazione di un presupposto oggettivo dai contorni più netti avrebbe non solo placato le questioni relative alla soglia minima di accesso al concordato, ma avrebbe anche delineato una situazione di carattere finanziario, economico e patrimoniale riconoscibile dal debitore, in virtù della quale attivare la procedura concorsuale con tempestività e con la consapevolezza che oltre, quella soglia (al contrario, massima), il concordato non sarebbe più strumento utilizzabile per regolare quella temporanea difficoltà d’impresa.

Neanche si potrebbe obiettare che, in questo modo, non ci sarebbe differenza alcuna con l’accordo di ristrutturazione dei debiti perché, si ricorda, quest’ultimo non produce effetti sui creditori non aderenti ed è proprio questo dato che giustifica, nel contesto dell’art. 182 bis, il presupposto oggettivo omnicomprensivo dello stato di crisi: il debitore, quand’anche in una situazione di insolvenza (in esso ricompresa), può rinegoziare il suo passivo con un accordo destinato a produrre efficacia soltanto nei confronti dei creditori aderenti, ed è proprio in questo modo che chi scrive legge il concetto del venire meno della indisponibilità dell’insolvenza.

Quando, al contrario, si attiva una procedura che è retta dai principi della regolazione concorsuale e dell’universalità della stessa, in una visione (mi sia concesso) pubblicistica, risulta difficile parlare di disponibilità dell’insolvenza a cagione del fatto che, nel concordato preventivo, la maggioranza domina sulla minoranza.

In altri termini, dare al debitore la facoltà di proporre domanda di concordato ben sapendo che la crisi ha un orizzonte illimitato, non sollecita l’emersione, perché, a ben guardare, una proposta in una situazione ancora recuperabile ed un’altra in stato di insolvenza producono gli stessi effetti, in danno, nel secondo caso, di tutti quei soggetti che sono, di fatto, investiti dalla “crisi” del proponente.

Quindi, nulla quaestio sul fatto che l’insolvenza vada ricompresa nella crisi, così come pare abbia voluto il legislatore; tradurre in norma, invece, la distinzione tra insolvenza e crisi (e individuando quest’ultima alla base della presentazione di un concordato preventivo), avrebbe sicuramente maggiori risultati in termini di una sua tempestiva ed anticipata emersione.

L’utilizzo della prassi concordataria nelle fasi iniziali della patologia dell’impresa, com’è stato segnalato in dottrina, comporta tre evidenti benefici: la riduzione degli sforzi e dei sacrifici necessari al superamento della crisi; la diminuzione dei rischi associati al conseguimento dei risultati; l’ampliamento degli spazi negoziali nel confronto con i creditori e con gli altri portatori di legittimi interessi (c.d. stakeholders)527.

Una semplice ragionamento in senso contrario porta ad escludere tali benefici se la proposta concordataria viene presentata in una situazione di insolvenza.

Ma se il nuovo art. 160 l.f. permette il deposito di una domanda anche in una situazione di insolvenza, e la pratica ci consegna una prassi orientata in questo senso, un dominus dell’impresa non avrà stimolo alcuno a presentare domanda di concordato se dalla stessa si producono gli stessi effetti di quella proposta, invece, quando la situazione non è ancora tracollata nell’impossibilità di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni.

A parere di chi scrive, una definizione di crisi in questo senso, avrebbe il vanto di stabilizzare normativamente un presupposto in virtù del quale traghettare il debitore verso la regolazione

526 Sul rischio di ricorso non corretto alle procedure di soluzione della crisi in danno ai creditori, cfr.

GUGLIELMUCCI, Diritto Fallimentare, cit., 324; ROCCO DI TORRE PADULA, La crisi dell’imprenditore, in Giur. comm, 2009, I, 218; TEDESCHI, Manuale, cit., 574.

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concorsuale concordata con una efficacia acceleratoria maggiore di quella dell’attuale concordato preventivo.

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