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L'emersione anticipata della crisi di impresa: le procedure di allerta

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

TESI DI LAUREA

L’EMERSIONE ANTICIPATA DELLA CRISI DI

IMPRESA: LE PROCEDURE DI ALLERTA

Il Candidato Il Relatore

Lorenzo Termite

Prof. Claudio Cecchella

(2)

Ai miei cari

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SOMMARIO

INTRODUZIONE ... 7

CAPITOLO I

LA SPINTA EUROPEISTICA VERSO LA

PREVENZIONE DELLA CRISI E LA

RISTRUTTURAZIONE DELLE IMPRESE, COME

FONDAMENTO DELL’ALLERTA E DELLA

CONTINUITÀ AZIENDALE ... 10

1. L’ordinamento italiano vigente, tra alternative alla liquidazione e criticità ... 10 2. Strumenti di soft law di matrice Europea: verso l’armonizzazione comunitaria ... 17 3. La Raccomandazione 2014/135/UE su un nuovo approccio al fallimento ... 25 4. Le istanze di ristrutturazione preventiva nella disciplina

dell’insolvenza transfrontaliera del Regolamento 2015/848/UE ... 35 5. La Proposta di direttiva della Commissione UE: un ulteriore passo verso l’early warning e la ristrutturazione preventiva ... 45 6. La nuova Direttiva Ue sulla ristrutturazione e sull’insolvenza: cenni di disciplina e criticità di sistema ... 54

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CAPITOLO II

IL SISTEMA DELL’ALLERTA NELLA CRISI DI

IMPRESA: DALLA PROSPETTIVA FRANCESE

ALLA INTRODUZIONE NEL C.C.I.I ... 64

1. L’importanza delle procedure di allerta in un ordinamento

giuridico e le loro possibili conseguenze ... 64 2. Il sistema francese come guida all’azione del legislatore europeo e italiano ... 74 2.1. Il sistema concorsuale francese: cenni ... 74 2.2. Le procedure di allerta in Francia: “l’enterprise en difficulté” e la “Continuitè d’exploitation” ... 85 2.3. La procedura di allerta su iniziativa dei “commissaires aux

comptes” ... 92

2.4. La procedura di allerta su iniziativa dei soci ... 99 2.5. La procedura di allerta su iniziativa delle istituzioni

rappresentative del personale ... 101 2.6. L’iniziativa diretta del tribunale di commercio ... 106 3. Il tentativo di introdurre le procedure di allerta nell’ordinamento italiano: la Commissione Trevisanato ... 113 4. La commissione Rordorf e gli obiettivi di fondo della Legge delega n. 155/2017 ... 120 5. (… Segue) Le modifiche apportate al codice civile funzionali alla disciplina dell’allerta ... 130

(5)

CAPITOLO III

LA "FASE CREPUSCOLARE" DELL’ATTIVITÀ

D’IMPRESA E LE CONDOTTE DEGLI ORGANI

SOCIALI PARALLELE ALLA DISCIPLINA

DELL’ALLERTA ... 139

1. Il diritto societario della crisi ed il diritto societario concorsuale ... 139 2. La “twlight zone” ... 143 3. Il principio della continuità aziendale ... 145 4. I doveri degli organi sociali nella rilevazione dei fattori di rischio per la continuità aziendale ... 148 5. L’attenuazione del principio della business judgment rule e la responsabilità da difetto di organizzazione ... 159

CAPITOLO IV

LE PROCEDURE DI ALLERTA E DI

COMPOSIZIONE ASSISTITA DELLA CRISI DI

IMPRESA ... 165

1. Premessa ... 165 2. Il principio di confidenzialità, di buona fede e di collaborazione ... 169 3. Il presupposto soggettivo e le esclusioni dell’art. 12 C.C.I.I. .... 176 4. Il presupposto oggettivo ... 181 4.1. L’approccio interno e l’approccio esterno ... 181 4.2. I “fondati indizi di crisi” e gli indicatori ex art. 13 C.C.I.I. . 182 4.3. L’”esposizione debitoria di importo rilevante” ex art. 15 C.C.I.I. ... 195

(6)

5. Gli obblighi di segnalazione e i soggetti coinvolti ... 198

5.1 L’allerta interna ... 198

5.2 L’allerta Esterna ... 206

6. Gli organismi di composizione della crisi d’impresa: un ruolo fondamentale nella gestione della crisi ... 211

6.1. Natura e competenza ... 211

6.2 La composizione degli OCRI ... 215

6.3 L’audizione del debitore come fase conclusiva della procedura di allerta ... 222

7. Il procedimento di composizione assistita della crisi d’impresa ... 227

7.1 L’apertura e la conclusione del procedimento ... 227

7.2 Le misure protettive ... 233

7.3 Le misure premiali ... 238

7.4. I compensi degli OCRI ... 247

8. La segnalazione al PM ... 249

8.1. La segnalazione ex art. 22 C.C.I.I. ... 249

8.2. Il ruolo fondamentale del pubblico ministero nella emersione della crisi di impresa ... 254

CONCLUSIONI ... 262

BIBLIOGRAFIA ... 268

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INTRODUZIONE

Negli ultimi anni, il nostro ordinamento è stato caratterizzato dalla presenza di interventi legislativi mirati a favorire l’accesso anticipato dell’imprenditore ad alcuni strumenti finalizzati alla regolazione e risoluzione della crisi d’impresa, alternativi al fallimento. L’attenzione verso questo fenomeno è stata favorita dalla recente crisi economica globale, e conseguentemente nazionale, che ha smosso la riflessione dottrinaria e delle istituzioni, verso un sistema che anticipasse le soglie di intervento dell’imprenditore nell’affrontare le sue difficoltà nella gestione dell’attività imprenditoriale. L’idea, nella sua accezione teorica, è molto semplice: una corretta gestione della governance societaria, affiancata a strumenti volti a superare la crisi sin dai suoi primi sintomi, porta con sé vantaggi nel corretto andamento del mercato, con i riflessi macroeconomici che ne derivano. Emblematiche sono state le riforme attuate con la L. 14 maggio 2005, n. 80, la L. 7 agosto 2012 n. 134, la L. 9 agosto 2013 n. 98, fino ad arrivare al D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14, che ha introdotto il codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, disponendo una riforma organica della legge fallimentare, che resterà in vigore, comunque, per i successivi diciotto mesi dalla data di pubblicazione del decreto sopra riportato. Non c’è dubbio, che il principale elemento di novità contenuto nel codice della crisi è rappresentato dalla presenza delle procedure di allerta e di composizione assistita della crisi d’impresa, che si inseriscono perfettamente nel quadro generale preannunciato e si mostrano come una possibile soluzione al ritardo con cui le imprese italiane si attivano per fronteggiare la crisi. Le imprese sane in difficoltà finanziaria, quindi, devono ristrutturarsi in una fase precoce, al fine di evitare l’insolvenza e proseguire l’attività. Certo, si tratta di procedure di nuovo conio per il nostro ordinamento (seppure fossero già state disciplinate nel 2003 nell’ambito dei lavori della c.d. commissione Trevisanato, con il conseguente fallimento della riforma) e proprio per questo, è necessario

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un periodo di vacatio legis, al fine di consentire alla platea degli imprenditori di recepire questo importante cambiamento culturale nell’affrontare la crisi e nella gestione dell’attività economica (sono state apportate importanti modifiche anche in tema di diritto societario sostanziale). L’introduzione della disciplina dell’allerta nel nostro panorama giuridico è stata sicuramente favorita dalla numerosa attività di matrice europeistica, volta ad allineare la disciplina concorsuale degli ordinamenti giuridici degli Stati Membri e a favorire le istanze di ristrutturazione preventiva.

Proprio per tale motivo ho ritenuto opportuno, nell’approcciarsi alla materia e a questo elaborato, partire da una breve analisi delle fonti di produzione dell’Unione Europea, le quali hanno svolto un ruolo centrale. In seguito, lo sguardo volge ad una prospettiva comparatistica: se è vero che l’ordinamento statunitense ha svolto un ruolo molto importante nella ricerca delle soluzioni della crisi d’impresa attraverso accordi con i creditori, con la finalità di conservare l’impresa stessa ed evitare la liquidazione, (basti pensare al chapter 11), è altrettanto vero che l’azione del legislatore europeo e, conseguentemente, della commissione Rordorf, sembra essersi ispirata all’ordinamento francese, fautore della disciplina delle procedure di allerta. Per tale ragione, mi soffermerò, brevemente, nell’analisi dei vari tipi di procédures d’alerte così come formulate dal legislatore transalpino, al fine di poter meglio comprendere la nostra disciplina. Poiché si tratta di strumenti di natura confidenziale e riservata, consistenti in comportamenti tipizzati degli organi sociali, ho ritenuto utile dedicare alcuni spunti di riflessione sul tema delle condotte di questi nella c.d. “fase crepuscolare” o pre-crisi e sul diritto societario della crisi. Ciò, al fine di comprendere il panorama giuridico di diritto societario nel quale si inseriscono le procedure di allerta e i riflessi che esse vi possono comportare, in particolar modo in riferimento al rafforzamento degli assetti organizzativi nei vari tipi societari. Infine, non resterà che analizzare la disciplina degli strumenti

(9)

di allerta e di composizione assistita della crisi di impresa, così come formulati dal nostro legislatore nella recentissima riforma. L’attenzione sarà focalizzata sia sui caratteri strutturali di tali strumenti, sia sui presupposti per accedervi (in particolar modo sul concetto di “crisi” e “indicatori” e “indici” di crisi), sia sul ruolo degli Organismi di composizione della crisi d’impresa (OCRI), che avranno l’arduo compito di aiutare l’imprenditore a risolvere la crisi e favorire la soluzione concordata dello stesso con i creditori, nell’ambito della composizione assistita. Sarà, infine, effettuata una considerazione conclusiva sul ruolo che è stato conferito al Pubblico Ministero, che potrà apprendere la notitia decoctionis dell’imprenditore anche in determinate situazioni, tipizzate dal legislatore, ricollegate alle procedure di allerta.

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CAPITOLO I

LA SPINTA EUROPEISTICA VERSO LA

PREVENZIONE DELLA CRISI E LA

RISTRUTTURAZIONE DELLE IMPRESE, COME

FONDAMENTO DELL’ALLERTA E DELLA

CONTINUITÀ AZIENDALE

SOMMARIO: 1. L’ordinamento italiano vigente, tra alternative alla

liquidazione e criticità – 2. Strumenti di soft law di matrice Europea: verso l’armonizzazione comunitaria – 3. La Raccomandazione 2014/135/UE su un nuovo approccio al fallimento – 4. Le istanze di ristrutturazione nella disciplina dell’insolvenza transfrontaliera del Regolamento 2015/848/UE – 5. La Proposta di direttiva della Commissione UE: un ulteriore passo verso l’early warning e la ristrutturazione preventiva – 6. La nuova Direttiva Ue sulla ristrutturazione e sull’insolvenza: cenni di disciplina e criticità di sistema

1. L’ordinamento italiano vigente, tra alternative alla liquidazione e criticità

La disciplina concorsuale nell’ordinamento giuridico italiano si contraddistingue per la sussistenza e la vigenza della legge fallimentare, il Regio Decreto 16 marzo 1942 n. 267. Nelle sue origini, il protagonista di tale legge era proprio il fallimento, una procedura concorsuale liquidatoria, finalizzata alla soddisfazione dei creditori mediante la liquidazione del patrimonio dell'imprenditore, a cui si può ricorrere in presenza di specifici requisiti. La concezione di suddetta legge muove da una idea corporativa, che esalta l’intervento pubblico nell’economia e persegue, come obiettivo primario, la tutela del ceto creditorio. Lo scopo prevalentemente liquidatorio era considerato come

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un fattore di equilibrio e stabilità del mercato: una volta eliminata l’impresa in crisi, esso poteva tornare a seguire i criteri della concorrenza.1

Con l’avanzare degli anni, abbiamo assistito ad un graduale mutamento di concezione del fallimento e della figura dell’imprenditore in crisi: dal brocardo medioevale “decoctor ergo fraudator”2, siamo lentamente giunti all’abbandono dell’espressione “fallimento” e “fallito”, con la sua portata di negatività e discredito personale, fino alla predisposizione di una disciplina finalizzata alla conservazione della impresa insolvente e alla esaltazione del ruolo dell’autonomia privata e del contratto in ambito fallimentare. Vengono così soprasseduti alcuni principi cardine della disciplina concorsuale, come la priorità assoluta della tutela dei creditori e la marginalità delle procedure recuperatorie. Il diritto concorsuale della crisi può essere oggi ricondotto nell’accentuazione dell’antinomia tra procedure concorsuali mirate all’espulsione dal mercato dell’impresa in crisi e procedure finalizzate al recupero del valore dell’impresa e della continuità aziendale3. La disciplina che trae origine dalle ultime riforme fallimentari, appare fortemente caratterizzata in senso privatistico, andando ad arricchire di strumenti a base volontaria il quadro giuridico proposto dalla legge fallimentare, la quale conteneva, come strumento alternativo al fallimento, il solo concordato preventivo. Non può non apparire, oggi, l’intento del

1 De Sensi, L’etica del fallimento, in Riv. dir. impr., 2003, I, 167; sugli interessi

pubblici del fallimento si veda R. Provinciali, Manuale di diritto fallimentare, I, Milano, 1962, 12.

2 Baldo Degli Ubaldi, Consilia, Vol. V, Venezia, 1575, 399: “Falliti sunt infami e

infamitissimi et more antiquissimae legis tradi creditoris laniandi […] Nec

excusantur ob adversam fortunam est decictir ergi fraudator; sic lex enim vocat eos, unde edictum fraudatorium”.

3 C.f.r. P.Montalenti, Diritto dell’impresa in crisi, diritto societario concorsuale,

diritto societario della crisi, appunti., in Giur. comm. 2018, I, 62.; A. Jorio, Introduzione generale alla disciplina della crisi di impresa, in Trattato delle procedure concorsuali, diretto da Jorio e Sassani., Milano., 2014, I, 3 ss.

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legislatore, di voler perseguire obiettivi di anticipazione dell’emersione della crisi.4

Volendo ripercorrere gli interventi recenti, sono state decisive, a tal proposito, la L. 14 maggio 2005, n. 80, in seguito la L. 7 agosto 2012 n. 134 e la L. 9 agosto 2013, n. 98. La prima legge richiamata interviene sotto vari profili di settore. In primo luogo, introduce il piano attestato “che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria delle imprese e ad assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria” (art. 67, comma 3 lett d) L.F.). Tale piano deve essere accompagnato dalla attestazione della veridicità dei dati aziendali e della fattibilità del piano di un professionista indipendente designato dal debitore, iscritto nel registro dei revisori legali e in possesso dei requisiti previsti dall’art. 28 lett. a e b L.F. In secondo luogo, si immettono nel sistema gli accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 182-bis L.F.) che l’imprenditore in crisi può stipulare con i creditori che rappresentano almeno il 60% dei creditori. L’omologa dell’accordo è subordinata alla presentazione di una relazione di un professionista che attesti la veridicità dei dati aziendali e l’attuabilità dell’accordo e al pagamento integrale dei creditori estranei entro 120 giorni dall’omologazione o dalla scadenza.5 La sopracitata l. 7 agosto 2012 n. 134 si caratterizza per un forte favor per le procedure recuperatorie. Lo si evince dall’introduzione del concordato con continuità aziendale (art 186-bis L.F.), finalizzato alla “prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell’azienda in esercizio ovvero il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società” e dalla previsione del c.d. concordato in bianco o con riserva (art. 161, comma 6, L. F.).6 Grazie a

4 Sulla esigenza di assicurare una tutela giudiziaria anticipata nell’emersione della

crisi nell’ordinamento italiano si veda M. Ferro, I nuovi strumenti di regolazione negoziale dell’insolvenza e la tutela giudiziaria delle intese fra debitore e creditori, storia italiana della timidezza competitiva., in Fall., 2005, V, 587 ss.

5 L’accordo acquista efficacia dalla pubblicazione nel registro delle imprese e i

creditori anteriori non possono iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive.

6 Il legislatore è, successivamente, intervenuto sul concordato con alcuni correttivi.

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tale istituto l’imprenditore può depositare il ricorso contenente la domanda di concordato con la documentazione prevista dalla legge7, riservandosi di presentare la proposta, il piano, e la documentazione di cui al comma 2 e 3 dell’art. 161 L.F. entro un termine fissato dal giudice, compreso tra sessanta e centoventi giorni e prorogabile di sessanta giorni in presenza di giustificati motivi. Si tratta di uno strumento particolarmente utile per l’imprenditore, il quale può usufruire di tale sorta di pre-procedura, al riparo da azioni esecutive individuali, per poi ponderare le soluzioni più opportune cui ricorrere per governare la crisi.8 Attraverso tale percorso di riforma, il legislatore ha fornito, quindi, una molteplicità di strumenti che si prestano ad essere impiegati per fronteggiare situazioni di crisi incipiente. La legge fallimentare vanta anche una serie di incentivi volti a stimolare l’interesse dell’imprenditore a una tempestiva e sollecita gestione della crisi, disincentivando condotte dilatorie e non collaborative. Il riferimento è alle esenzioni dalle revocatorie fallimentari, volte a favorire il ricorso alle citate soluzioni negoziali di gestione della crisi (art 67, comma 3 lett. c) e d) L.F.), alla sospensione delle azioni esecutive e cautelari individuali dalla data delle pubblicazione del ricorso con la domanda di concordato nel registro delle imprese (art 168 comma 1 L.F.), all’esenzione dai reati fallimentari (217-bis L.F.), così come all’istituto dell’esdebitazione (142 comma 2 n. 1-2 L.F.), concepito in una logica

decreto motivato, “il tribunale può nominare il commissario giudiziale” con poteri di accertamento della sussistenza di una delle condotte previste dall’art. 173 L.F. e conseguente dichiarazione di improcedibilità della domanda.

Con la L. 6 agosto 2015 n. 132 si sono introdotte numerose innovazioni: l’utilità specificamente individuata della proposta di concordato; la previsione, nell’ambito del concordato liquidatorio, della soglia minima del 20% di soddisfazione dei chirografari; l’eliminazione del silenzio-assenso da parte dei creditori; la disciplina delle proposte concorrenti e offerte concorrenti; la modificabilità della domanda ed alcune novità riguardo ai contratti pendenti.

7 Ai sensi dell’art. 161, comma 6, L.F. “i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi e

all’elenco nominativo dei creditori con l’indicazione dei rispettivi crediti”.

8 C.f.r. S.Ambrosini, Il concordato preventivo, in Le altre procedure concorsuali, in

Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali., diretto da F.Vassalli-F. P.Luiso-E Gabrielli, IV, Torino, 2014, 3 ss.

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premiale per l’imprenditore che “abbia cooperato con gli organi della procedura” e “non abbia in alcun modo ritardato o contribuito a ritardare lo svolgimento della procedura”.9

Con il decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, il nostro legislatore ha dato luce al codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, in attuazione della legge delega 19 ottobre 2017, n. 155. Sicuramente, uno dei profili di maggiore interesse riguardo a tale nuovo codice, è rappresentato dall’introduzione delle “procedure di allerta e di composizione assistita della crisi”. Come si inseriscono le procedure di allerta nell’ordinamento giuridico italiano? 10 Lo scopo e l’esigenza sottesa a tali strumenti, si incentra sulla gestione precoce della crisi e sulla sua tempestiva rilevazione, al fine di perseguire istanze di continuità aziendale e mantenimento del complesso dei valori produttivi dell’impresa.11 Tuttavia, un elemento di problematicità inerente all’introduzione delle procedure di allerta, è raffigurato dal quesito che investe circa l’effettiva esigenza, o meno, di tali misure nel nostro ordinamento. Il quadro normativo soprariportato, infatti, mostra una certa sensibilità del legislatore al bisogno di far fronte a situazioni di crisi incipiente. Può essere affermato, perciò, che l’inserzione della disciplina dell’allerta non è ricollegata ad un tentativo di contrastare una qualche forma di

deficit regolatorio, tenuto conto dei vari strumenti che già il nostro

sistema metteva a disposizione. La dottrina più attenta, quindi, ha segnalato come il deficit non riguardi tanto la struttura normativa,

9 Il legislatore comunitario ha cercato di ampliare l’ambito di applicabilità di tale

istituto, sia nella raccomandazione 2014/135/UE, sia nella Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, la seconda opportunità e misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza e liberazione dai debiti, e che modifica la direttiva 2012/30/UE. A tal proposito si veda D. Benincasa, Nuove questioni in tema di esdebitazione e di “second change”, in Giur. It., 2018, 2, 511 ss.

10Ai sensi dell’art. 389 comma 1, C.C.I.I. “il presente decreto entra in vigore decorsi

18 mesi dalla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, salvo quanto previsto dal comma 2”.

11 C.f.r. G. Santoni, I sistemi di allerta e prevenzione e le procedure anticipatorie

della crisi nel progetto di riforma della legge fallimentare, in Dir. Fall., 2004, I, 733 ss.

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quanto piuttosto le modalità con le quali tali regole sono state impiegate nella prassi.12 Vi è, infatti, una appurata e diffusa tendenza a ricorrere agli strumenti alternativi alla liquidazione, soltanto per un intento dilatatorio e non collaborativo. L’operatività di chi si fa carico di gestire la crisi di impresa è caratterizzata da distorsioni e abusi. Spesso, dietro l’ombra dei concordati, vi sono anni di negligenze e inottemperanze di gestione, carenze di management, dissimulazioni di situazioni critiche e ritardi. Il concordato, spesso, è utilizzato dai debitori, senza alcuna prospettiva e volontà di risanamento, ma solo al fine di ottenere l’automatic stay.13 Appaiono illuminanti, in tal senso, le conclusioni aziendalistiche nella ricerca dell’O.C.I., inerenti le imprese in concordato, dalle quali emerge “la natura di una azienda decisamente situata in fase terminale, affaticata e routinaria, inerte e anche perché cieca – in quanto priva di analisi interne e di indicatori quantitativi sull’andamento della gestione – davanti al deterioramento delle sue prestazioni. Prevale nettamente il personalismo autoreferenziale dell’imprenditore, peraltro alla guida di un’azienda matura, il quale riunisce sotto di sé ampie prerogative di proprietà, gestione e controllo, creando ideali confini di un sistema chiuso e statico: un modello di impresa assolutamente inidoneo (…) privo non solo di strumenti di monitoraggio, ma anche di supporti di previsione e pianificazione, anche a breve termine, che procede quindi in maniera inerziale”.14

Inoltre, i rimedi necessari a fronteggiare la crisi dipendono, nel loro insieme, dall’iniziativa del debitore, spesso sfornito di lucidità e

12 Così F. Barachini, Le procedure di allerta e di composizione assistita della crisi

nel progetto di legge delega di riforma della legge fallimentare, in Crisi di impresa e insolvenza. Prospettive di riforma, Atti del convegno 5 settembre 2016, a cura di L. Calvosa, Pisa, 2017, 41 ss.

13 A. Pelegatta, Prevenzione della crisi d’impresa e procedure di allerta, in

www.Judicium.it

14 Ricerca curata dall’Osservatorio sulla Crisi di Impresa (O.C.I), trasfusa nel volume

Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione – La soluzione negoziale della crisi di impresa: dalla domanda al piano all’attuazione operativa. I progetti aziendali e le scelte processuali, a cura di M. Ferro - P.Bastia – G.M. Nonno, Milano, 2013.

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tempestività nel percepire i segnali di pericolo, attivandosi quando ormai l’impresa è in stato di insolvenza e le prospettive di risanamento sono perlopiù svanite.15 In buona sostanza, il nostro sistema è troppo incentrato sulla figura del debitore e vede il creditore costretto, il più delle volte, ad accettare proposte di concordato non soddisfacenti, piuttosto che respingerle o dare il consenso su accordi di ristrutturazione non molto vantaggiosi.16 Un siffatto quadro, dove la regolazione anticipata della crisi di impresa è rimessa alla scelta discrezionale dell’imprenditore, senza un alcun tipo di intervento autoritativo che imponga condotte tipizzate in capo agli organismi societari, non può essere soddisfacente.17

Sono queste, pertanto, le esigenze sottese all’introduzione delle “procedure di allerta e di composizione assistita della crisi” nel nostro sistema: non tanto una carenza della disciplina fornita dalla legge fallimentare (ancora in vigore), quanto, piuttosto, una sfiducia nella prassi degli operatori commerciali ed in particolar modo dell’imprenditore. La soluzione prospettata dal legislatore, sotto la spinta europeistica e ispirato da legislazioni di alcuni Stati vicini, è stata quella di favorire la pronta emersione della crisi e, soprattutto, fornire un ventaglio di disciplina da applicarsi in una fase in cui la crisi, così come siamo abituati a conoscerla, non è ancora insorta. Tutto ciò favorisce un territorio normativo stimolante sia per l’iniziativa degli

15 Si veda S. De Matteis, L’emersione anticipata della crisi. Modelli attuali e

prospettive di Sviluppo, Milano, 2017, 346 ss.

16 Si veda, a tal proposito, un recente studio sul concordato preventivo del Trib. di

Milano che fornisce indicazioni utili sull’utilizzo nella prassi di tale istituto. Appare subito evidente, in estrema sintesi, il corposo ricorso al concordato in bianco (340 domande nel 2013); il dato relativo ai concordati ammessi (84%) e omologati (15%) tra il 2005 e il 2014; la percentuale media di soddisfacimento dei creditori pari al 28%. Per una analisi più approfondita Danovi-Riva-Azzola, Alcune osservazioni empiriche sui concordati preventivi del Tribunale di Milano, in Giur. Comm., 2016, 6, 837 ss.

17 F. Ferrandi, Sentieri normativi verso l’introduzione delle misure di allerta e

prevenzione della crisi di impresa nell’ordinamento italiano, in diritto fallimentare e delle società commerciali, 2019, 2, 331 ss.; M.C Cardarelli, istituti di allerta e prevenzione nella riforma delle procedure concorsuali, in AA. VV., crisi di impresa e insolvenza, Milano, 2005, 101.

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organi sociali e dell’imprenditore volta all’adozione misure organizzative improntate a fronteggiare la crisi, che per l’avvio di possibili trattative tra debitori e creditori. Il baricentro della disciplina sulla prevenzione, si sta spostando sempre più verso il diritto societario della crisi, sull’assunto che è meglio intervenire quando l’impresa ancora è viva ed esiste, e non quando è sostanzialmente decotta.

2. Strumenti di soft law di matrice Europea: verso l’armonizzazione comunitaria

L’evoluzione del diritto Europeo della crisi di impresa e dell’insolvenza sta divenendo un fattore di sviluppo dei diritti nazionali, per troppo tempo diversificati e settoriali l’uno con l’altro. L’intensificazione degli scambi, dei mercati internazionali e lo sviluppo della globalizzazione, hanno evidenziato l’esigenza di realizzare un’unità di indirizzi tra le differenti legislazioni Statali, cercando di coordinare l’azione degli operatori commerciali, finalizzata a risolvere le crisi delle imprese. 18 Il fondamento normativo dell’armonizzazione è costituito dall’art. 114 T.F.U.E., in riferimento al funzionamento del mercato interno, dall’art. 50 T.F.U.E. sulla libera circolazione delle persone e dall’art. 81 T.F.U.E. sulla cooperazione civile in materia di insolvenza transfrontaliera. Tale avvicinamento delle normative nazionali risulta fondamentale, soprattutto, nella prospettiva di tamponare il fenomeno della c.d. Law

Shopping, da intendere come ricerca della disciplina concorsuale più

favorevole per l’imprenditore, con l’intento abusivo di arrecare pregiudizio ai creditori.19

18 C.f.r. L. Boggio, Introduzione al nuovo diritto UE in materia di insolvenza e di

pre-insolvenza, in Giur. It., 2018, I, 222.

19 La corte di Giustizia UE si è espressa sulla linea di confine tra la legittimo

esercizio delle libertà fondamentali, tra cui la libertà di circolazione e la libertà di stabilimento, e l’abuso di tali libertà. Si veda Corte Giust. UE, 25 ottobre 2017, C-106/16 e la relativa nota di C. Malberti, Corte di giustizia e trasferimenti

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Per realizzare l’opera di armonizzazione, intensificatasi con l’avvento della crisi mondiale del 2008, il legislatore Europeo si avvale sia degli atti derivati tipici, riconducibili all’art 288 T.F.U.E. (regolamenti, direttive, decisioni, raccomandazione e pareri), sia di atti atipici, gli strumenti di soft law. Questo termine è utilizzato, solitamente, per distinguere una peculiare tipologia di atti, il cui tratto comune è costituito dal carattere non vincolante delle regole che in essi vengono poste. Tali strumenti, tuttavia, aspirano a raggiungere gli stessi effetti giuridici collegati formalmente ad atti vincolanti, siano essi anche indiretti.20 In estrema sintesi, il soft law è costituito dall’intenzione di produrre un atto astrattamente non vincolante, nella quasi certezza che esso comunque produrrà effetti giuridici.21

Partendo dall’esaminare il macro-settore dell’Unione Europea, occorre stilare un breve elenco dei più importanti e rappresentativi strumenti di indirizzo, che hanno, volutamente, aperto la strada ai tre recenti “pilastri” della normativa Europea in tema di insolvenza e crisi di impresa: la Raccomandazione 2014/135/UE, il Regolamento 2015/848/UE e la Proposta di direttiva 22 novembre 2016 adottata dalla Commissione, che si è recentemente concretizzata nella Direttiva (UE) 2019/1023. In prima battuta, spicca la Risoluzione del 15 novembre 2011 del Parlamento Europeo,22 il quale invita la Commissione a presentare una o più proposte legislative in materia di insolvenza societaria. Ai nostri fini, sono di particolare importanza il considerando n. 5 per cui “lo Stato di insolvenza di una società comporta conseguenze

transfrontalieri: riflessi di diritto europeo ed interno - il commento, in Notariato, 2018, I, 92.

20 La dottrina di stampo anglosassone le identifica come “Rules of conduct that are

laid down in instruments which have not been attributed legally binding force as such, but nevertheless may have certain (in direct) legal effects, and that are aimed and may produce pratical effects”, così L.Senden, Soft Law in European Community Law, Oxoford, 2004, 112.

21 A. Poggi, Soft Law nell’ordinamento comunitario, in Annuario 2005.

L'integrazione dei sistemi costituzionali europeo e nazionali. Atti del XX Convegno Annuale. Catania, 14-15 ottobre 2005, Torino, 2007, 369.

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negative non solo per quest’ultima, ma anche per l’economia degli Stati membri […]”; il considerando n. 7 sulla “opportunità di istituire un quadro giuridico più adeguato per i casi di temporanea insolvibilità di una società”; il considerando n. 8, che riporta la comunicazione della Commissione del 3 marzo 2010, la quale ha affermato che “occorre migliorare l’accesso delle PMI al mercato unico e promuovere l’imprenditoria mediante iniziative politiche concrete, tra cui la semplificazione del diritto societario […] e iniziative che consentono agli imprenditori falliti di ricominciare un’attività”; infine, il considerando n. 12, per cui “le procedure di insolvenza devono consentire soluzioni specifiche per la separazione in unità economicamente sostenibili che forniscano servizi essenziali, come i sistemi di pagamento o altri meccanismi definiti nei piani di liquidazione […]”. Il Parlamento ha specificato, nell’allegato alla risoluzione23, delle raccomandazioni particolareggiate in ordine al contenuto della proposta richiesta. Ai nostri fini, ovvero in relazione alla emersione precoce della crisi, è interessante analizzare la parte I, contenente le “raccomandazioni concernenti l’armonizzazione di aspetti specifici del diritto societario e del diritto fallimentare”. Più precisamente, ha chiesto che fosse prevista la possibilità di aprire procedure di insolvenza nei confronti di debitori, persone fisiche, soggetti giuridici o associazioni; la necessità di prevedere strumenti che consentano l’emersione tempestiva della crisi, in modo da favorire il salvataggio di un’impresa in difficoltà; la raccomandazione per cui in caso di temporanea insolvibilità ogni società può, per tutelarsi, avviare una procedura di insolvenza; la possibilità di aprire una procedura di

23 L’allegato alla risoluzione del 15 novembre 2011 è suddiviso in quattro parti: la

parte I, circa le “raccomandazioni concernenti l'armonizzazione di aspetti specifici del diritto societario e del diritto fallimentare”; la parte II “Raccomandazioni concernenti la revisione del regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alle procedure di insolvenza”; la parte III contenente “Raccomandazioni concernenti l'insolvenza dei gruppi societari”; infine la parte IV “Raccomandazione concernente la creazione di un registro unionale delle

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insolvenza anche nei confronti di un soggetto giuridico o di una entità priva di personalità giuridica; la legittimazione ad agire del creditore nel caso in cui vanti un interesse in merito e dimostri in modo credibile di vantare un credito; la possibilità di aprire una procedura laddove il debitore sia insolvente o non sia in grado di soddisfare le proprie obbligazioni di pagamento; la previsione di soglie temporali in caso di auto-fallimento; la previsione di una responsabilità del debitore in caso di mancata o inadeguata domanda e la previsione di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive. Per concludere, la parte I prosegue con alcune raccomandazioni circa aspetti connessi all’apertura delle procedure di insolvenza, all’insinuazione al passivo e alla legittimazione e esperibilità dell’azione revocatoria.

La risoluzione del Parlamento Europeo, pocanzi esaminata, rappresenta un punto di partenza per una serie di altri atti di soft law adottati in ambito comunitario. Nella comunicazione “l’Atto per il mercato unico II”, del 3 ottobre 201224, la Commissione, consapevole della crisi economica25 che si è abbattuta anche in territorio Europeo, ha proposto l’azione volta a “modernizzare le norme UE in materia di insolvenza per facilitare la sopravvivenza delle imprese e offrire una seconda possibilità agli imprenditori” e lo sviluppo di un diritto fallimentare “che consenta alle imprese fondamentalmente sane di sopravvivere, che incoraggi gli imprenditori a prendere rischi ragionevoli e che permetta ai creditori di concedere prestiti a condizioni più favorevoli”, che possa garantire “procedure rapide e di elevata qualità nell’interesse sia dei debitori che dei creditori”. Vi è l’idea, quindi, che la creazione di un

24 Il cui testo è rinvenibile in

https://ec.europa.eu/transparency/regdoc/rep/1/2012/IT/1-2012-573-IT-F1-1.Pdf

25 Proprio la crisi economica rappresenta uno dei motivi che spingono il Legislatore

Europeo a compiere attività di armonizzazione tra le legislazioni degli Stati membri. Nel testo della comunicazione si legge “La crisi economica e finanziaria ha fatto emergere altre sfide e ha reso ancora più indispensabili riforme strutturali fondamentali […]; Dobbiamo affrontare questa crisi con urgenza, ambizione e determinazione. In caso contrario vi è il rischio di un ripiegamento su se stessi dell’Europa e degli Stati membri e di perdita di fiducia nel progetto europeo.”

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mercato unico, scopo primordiale della comunicazione, passi anche dall’efficienza del diritto fallimentare nazionale, attraverso condizioni di parità per le imprese tra i vari Stati dell’UE.

Merita un cenno anche la comunicazione della Commissione “Un nuovo approccio europeo al fallimento delle imprese e all’insolvenza”, del 12 dicembre 201226, la quale cerca di mettere in luce i settori in cui le differenze tra i diritti nazionali rischiano di impedire la creazione di un assetto giuridico efficiente nel mercato interno. Il punto di partenza per risollevarsi dalla crisi e favorire l’armonizzazione comunitaria è dato dal “creare un sistema efficiente di ristrutturazione e riorganizzazione delle imprese che permetta loro di sopravvivere alle crisi finanziarie, di operare in modo più efficace e, se necessario, di ripartire da zero”, principio valevole sia per le multinazionali, che per le piccole medie imprese. Sempre nella suddetta comunicazione, si legge, che “un diritto fallimentare moderno negli Stati membri dovrebbe aiutare le società a sopravvivere e incoraggiare gli imprenditori a cogliere una seconda opportunità; dovrebbe assicurare la rapidità e l’efficienza delle procedure, nell’interesse tanto dei debitori che dei creditori, contribuire a salvaguardare i posti di lavoro, aiutare i fornitori a mantenere la clientela e gli azionisti a preservare il valore delle società economicamente solide.” Collocando tutti i diritti fallimentari nazionali sullo stesso piano, crescerà la fiducia sia degli stessi imprenditori, che delle società, e migliorerà l’accesso al credito, incentivando gli investimenti. Come iniziative, perciò, la commissione propone di modernizzare il Regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio, sulle procedure di insolvenza e intende adottare un piano d’azione per l’imprenditoria europea con iniziative per promuovere procedure fallimentari efficienti e la possibilità di offrire una seconda opportunità.

26 Il cui testo si può trovare in

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Il 9 gennaio 2013 è stato adottato il piano di azione imprenditorialità 202027, al fine di “rilanciare lo spirito imprenditoriale in Europa”.28 Ancora una volta, partendo da un’analisi della crisi del 2008, la Commissione muove dal presupposto che l’imprenditorialità sia un “possente volano della crescita economica e della creazione di posti di lavoro”. Il suddetto Piano d’azione conferisce un ruolo primario alle piccole medie imprese29, le quali rappresentano un’importante fonte di occupazione e spunto per un fattore di crescita dell’Europa. Data la loro centralità, secondo la Commissione le misure a sostegno delle piccole medie imprese continuano a rimanere insufficienti, poiché un significativo numero di Stati membri dell’UE continua a non tenere conto delle loro caratteristiche. Gli ordinamenti nazionali sono caratterizzati da una cultura diffusa che “non riconosce e non ricompensa a sufficienza gli sforzi imprenditoriali”; ciò che si chiede è quindi un vero e proprio cambiamento culturale della concezione dell’impresa, intesa sia come maggior rilievo delle piccole medie imprese, sia come esaltazione della governance imprenditoriale, in quanto motore dell’economia degli Stati Nazionali. Per raggiungere un contesto in cui gli imprenditori possono crescere, occorre intervenire in sei ambiti: l’accesso ai finanziamenti, il sostegno agli imprenditori nelle fasi cruciali del ciclo vitale dell’impresa e della sua crescita, sprigionare le nuove opportunità imprenditoriali nell’età digitale, i trasferimenti d’imprese, le procedure fallimentari e la seconda opportunità per gli imprenditori onesti e, infine, la riduzione dell’onere normativo. Il Piano di Azione Imprenditorialità 2020, in conclusione, ha rappresentato una importante tappa, che sarà poi consacrata in seguito dalle altre fonti della

27 Consultabile in

“https://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2012:0795:FIN:IT:PDF”

28 Si tratta di una comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al

Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni.

29 Come vedremo, la disciplina dell’allerta è pensata per questo tipo di imprese, dato

il catalogo di cui all’art. 12 C.C.I.I., che ne esclude l’applicazione alle imprese ivi indicate. Nel Testo del piano di azione si individua il principio del "pensare anzitutto in piccolo (think small first)” il quale “deve diventare la pietra di paragone delle politiche europee e nazionali.”

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UE, verso il sostegno delle imprese in fase di ristrutturazione precoce e di rilancio nel mercato.

Nell’area della crisi di impresa e dell’insolvenza, merita un cenno particolare la produzione di soft law a livello internazionale. Oggi, la scena mondiale risulta spartita dal financial stability board, dall’UNCITRAL e dalla Banca mondiale30, ma molti, in passato, sono stati i trattati bilaterali conclusi tra vari Stati, al fine di regolamentare gli effetti dell’insolvenza.31 L’elaborazione di standards internazionali è un cantiere ancora aperto32, ma merita una segnalazione l’attività dell’UNCITRAL, ossia la Commissione delle Nazioni Unite per il diritto commerciale internazionale, il cui lavoro si ispira principalmente all’ampia letteratura americana sul Chapter 11, in vigore negli Stati Uniti dal 1978.33 Nel 1997 ha elaborato la model law, una legge modello organizzata in un vero e proprio testo normativo, suddiviso in articoli e destinato a tutti gli Stati. Esso propone un modello di legge per l’insolvenza transfrontaliera, da introdurre nelle legislazioni nazionali, che ha come scopo quello di creare una base comune di riferimento tra Stati. Tale articolato si sta ritagliando un ruolo importante nella scena internazionale e risulta oggi adottato da ben 43 Paesi.34 L’elaborato

30 World Bank, Principles for Effective Insolvency and Creditor/Debitor Regimes,

Whashington, 2016, 9.

31 Per riportarne alcuni, La convenzione tra Italia e Francia del 3 giugno 1930, resa

esecutiva con L. 7 gennaio 1932, n.45; la convenzione tra Italia e Austria in materia di fallimento e concordato, stipulata il 12 luglio 1977 e resa esecutiva in Italia con L. 14 dicembre 1985, n. 612.

32 Si veda A. Mazzoni, Procedure concorsuali e standards internazionali, norme e

principi di fonte Uncitral e Banca Mondiale, in Giur. Comm., I, 2018, p.43.

33 Il presupposto teorico su cui si fonda il Chapter 11 è che la ristrutturazione

dell’impresa in crisi sia possibile a condizione che essa pervenga prima

dell’insolvenza, che si basi su un piano di riorganizzazione dell’attività di impresa flessibile e viable e che vi sia un abbattimento sostanziale del debito, anche con l’ausilio dello strumento del debt equity swap, grazie al quale i creditori trasformano i tutti i loro crediti o parte di essi in azioni, scommettendo sostanzialmente sulle prospettive di recupero dell’impresa. Si veda, a tal proposito, L. Panzani,

Conservazione dell’impresa, interesse pubblico e tutela dei creditori: considerazioni a margine della proposta di direttiva in tema di armonizzazione delle procedure di ristrutturazione, in www.ilcaso.it.

34 C.f.r. C. Esplugues, The Uncitral model law of 1997 on cross border insolvency:

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dell’UNCITRAL che, sicuramente, attira l’attenzione ai nostri fini, è dato dalla legislative guide, elaborata a partire dal 2004, e suddivisa in quattro parti: La parte I e la parte II risalgono al 2004 e riportano il contenuto della legge modello, illustrandone il testo; la parte III risale al 2010 e tratta dei gruppi di imprese in insolvenza; la parte IV concerne gli obblighi degli amministratori nella fase della pre-insolvenza. Da una prima analisi dei vari principi e obiettivi, rileva come la concezione dell’impresa trascende dalle sue singole componenti, per esaltare il suo valore unitario. È ravvisabile, quindi, l’obiettivo di affrontare il più rapidamente possibile le difficoltà finanziarie dell’impresa, considerando gli interessi, sia delle varie parti coinvolte, che quelli generali, come la tassazione e l’occupazione.35 I principi che possono essere riportati sono l’esigenza di assicurare certezza al mercato, la ricerca di un equilibrio tra le procedure di liquidazione e procedure di riorganizzazione, la valorizzazione degli assets (da realizzare scongiurando un prematuro smantellamento del complesso dei beni del debitore), il principio della sospensione delle azioni esecutive individuali dei creditori.36 La parte IV della guida legislativa, come già anticipato, concerne gli obblighi degli amministratori societari nella fase dell’insolvenza, rappresentando, quindi, una buona base di partenza per la comprensione del fenomeno dell’allerta, così come introdotto nel nostro ordinamento.37 Anche nella parte I e II, come fondamento della Cross-Border Insolvency Law: the stay of proocedings and adequate Protection, in Int. Insolvency Rev., 2004, 87.

35 P. De Cesari, La proposta di direttiva sulla ristrutturazione preventiva: principi e

obiettivi., in Fall., 2017, X, p. 111.; L.Ghia, Gli obiettivi della guida legislativa sull’insolvenza dell’Uncitral, in Fall., 2005, 1229;

36 Tali principi si possono leggere nella Legislative guide on insolvency law, Part one

and Two (2004), su www.uncitral.org.

37 Nella introduzione alla parte IV si legge “Part four focuses on the obligations that

might be imposed upon those responsible for making decisions with respect to the management of an enterprise when that enterprise faces imminent insolvency or insolvency becomes unavoidable”; si individuano, inoltre, gli elementi su cui si basano gli obblighi degli amministratori:“(a) the nature and extent of the obligations; (b) the time at which the obligations arise; (c) the persons to whom the obligations would attach; (d) liability for breach of the obligations; (e) enforcement of the obligations; (f) applicable defences; (g) remedies; (h) the persons who may bring an action to enforce the obligations; and (i) how those actions might be funded.”

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disciplina delle procedure di allerta e del principio della prevenzione della crisi, è rinvenibile “l’insolvenza deve essere affrontata e risolta in maniera ordinata, veloce e in modo efficiente, al fine di evitare perturbazioni indebite alle attività imprenditoriali dell’imprenditore e ridurre al minimo il costo del procedimento”.

Non è un caso, per concludere, che la legge delega 19 ottobre 2017, n. 155, all’art. 1, comma 2, prescrive al governo di esercitare la delega tenendo conto, oltre che le norme e i principi di fonte comunitaria, anche “dei principi della model law elaborati in materia di insolvenza della Commissione delle Nazioni Unite per il diritto commerciale internazionale (UNCITRAL)”. Tale disposizione, pur con alcuni difetti (quale l’aver richiamato solo il model law, quasi rimettendo al governo la scelta se adeguarsi anche agli altri standards internazionali), è significativa di come il diritto sovranazionale stia diventando un collante sempre più forte tra gli ordinamenti, e come tali indirizzi, in modo anche indiretto, stiano subentrando nella disciplina dei singoli Stati.

3. La Raccomandazione 2014/135/UE su un nuovo approccio al fallimento

Sulla scia degli strumenti di soft law esposti in precedenza38, la Commissione Europea, in data 12 marzo 2014, ha approvato la Raccomandazione n. 135 su “Un nuovo approccio al fallimento delle imprese e all’insolvenza39”, finalizzata all’introduzione, da parte degli Stati membri, di norme sostanziali fondate su principi comuni.40 La

38 Il considerando n. 6 della Raccomandazione in esame richiama la Risoluzione del

Parlamento Europeo del 15 novembre 2011, sulle procedure di insolvenza; il

considerando n. 7 richiama, invece, la comunicazione “l’Atto per il mercato unico II” del 3 ottobre 2012; il Considerando n. 8 richiama la comunicazione “un nuovo approccio europeo al fallimento delle imprese e all’insolvenza, del 12 dicembre 20212; il Considerando n. 9 richiama il Piano di azione imprenditorialità 2020.

39 La Raccomandazione è pubblicata in GUUE, con L 74/65 del 14 marzo 2014. 40Il Par. 34 prevede che “Gli Stati membri sono invitati a attuare i principi di cui alla

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caratteristica principale di una Raccomandazione Europea, come fonte derivata del Consiglio, della Commissione o del Parlamento, risiede nella sua natura non vincolante. Gli Stati membri sono, pertanto, liberi di seguire quanto suggerito dall’autorità che l’ha formulata. Una raccomandazione è, perciò, una fonte contenente l’invito, rivolto a questi, a conformarsi ad un determinato obiettivo o comportamento, sollecitando iniziative intese al raggiungimento di interessi comuni.41 Al fine di realizzare lo scopo prefissato, la Commissione ha scelto di utilizzare uno strumento che lasciasse, comunque, un margine di discrezionalità agli stati membri, al fine del raggiungimento degli obiettivi ivi preposti. Non ha, infatti, ritenuto necessario ricorrere ad un regolamento o ad una direttiva, presumibilmente per non invadere troppo il campo di quest’ultimi e permettere una attenta e mediata riflessione, eventualmente accompagnata da incontri e intese elaborate tra Stati.42 Risulta opportuno, quindi, incentivare tali riforme e iniziative nazionali, al fine di incoraggiare gli investimenti e implementare il funzionamento del mercato interno.

La base da cui partire per l’analisi della Raccomandazione è costituita dalla disparità dei quadri nazionali in materia di ristrutturazione. Il considerando n. 2 afferma come alcuni Stati membri prevedano poche procedure e la ristrutturazione sia possibile solo in una fase tardiva, ovvero nell’ambito della procedura formale di insolvenza. Quei pochi Stati che permettono una ristrutturazione precoce, a detta della Commissione, sono dotati di procedure inefficaci, soprattutto per quanto riguardo l’utilizzo della fase stragiudiziale. Lo Stesso Considerando n. 11 ritiene necessaria una maggiore coerenza tra i quadri nazionali in intervento di un anno ai legislatori nazionali; il Par. 36 stabilisce che “la

Commissione valuterà l’attuazione della presente raccomandazione negli Stati membri entro il 14 settembre 2015”,

41 Si veda P. De Cesari-G.Montella, Il nuovo diritto europeo della crisi d’impresa,

2017, Torino, 195; R. Adam-A.Tizzano, Manuale di diritto dell’Unione Europea, 2017, Torino, 183.

42 C.f.r. G. Lo Cascio, Il rischio di insolvenza nella attuale concezione della

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materia di insolvenza, al fine di scongiurare le divergenze e inefficienze che ostacolano la ristrutturazione precoce di imprese sane in difficoltà finanziaria. Spesso si tratta, inoltre, di procedure costose43, che non rendono prefigurabile un esito affidabile nell’ambito dello Stato in cui si opera e quindi sono fonte di incertezza.44

L’obiettivo della Raccomandazione45 è quello di “garantire alle imprese sane in difficoltà finanziaria, ovunque siano stabilite nell’Unione, l’accesso a un quadro nazionale in materia di insolvenza che permetta loro di ristrutturarsi46 in una fase precoce in modo da evitare l’insolvenza, massimizzandone pertanto il valore totale per i creditori, dipendenti, proprietari e per l’economia in generale. Un altro obiettivo è dare una seconda opportunità in tutta l’Unione agli imprenditori onesti che falliscono”. La ristrutturazione preventiva, sembra essere il perno della Raccomandazione e la dottrina la interpreta non come un mero intervento dell’imprenditore volto a ridurre la massa passiva e scongiurare il rischio di insolvenza manifestatosi (sarebbe un concetto limitato, data la vasta quantità di mezzi preventivi concepibili), ma ne fornisce un’interpretazione estensiva, ossia come qualsivoglia mezzo, programma o piano avente lo scopo di ricostituire una situazione di normale attività e produttività aziendale.47 L’idea è quella di anticipare

43 Il Considerando n. 4 stabilisce che “La disparità tra i quadri nazionali in materia di

ristrutturazione […] sono causa di costi aggiuntivi e fonte di incertezza nella valutazione dei rischi connessi […], frammentano le condizioni di accesso al credito e danno luogo a tassi di recupero del credito diversi. […] Più in generale, possono costituire un disincentivo per le imprese che intendono stabilirsi in Stati membri diversi”.

44 Il considerando n. 5 afferma come il Regolamento (CE) n. 1346/2000 adottato dal

Consiglio non è idoneo a sopperire le esigenze richiamate, dal momento che “disciplina esclusivamente questioni relative alla competenza, al riconoscimento, all’esecuzione, alla legge applicabile e alla cooperazione nelle procedure di insolvenza transfrontaliere.”

45 Specificato sia nel Considerando n. 1, che nel Par. n. 1.

46 Ai sensi del Par. 5 lett. b), per ristrutturazione si intende “la modifica della

composizione, delle condizioni o della struttura delle attività e delle passività del debitore, o una combinazione di questi elementi, diretta a consentire la prosecuzione, in tutto o in parte, dell’attività del debitore”.

47 In tal senso G. Lo Cascio, Il rischio di insolvenza nella attuale concezione della

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le soglie di intervento e di evitare l’insolvenza, conferendo al debitore la disponibilità di misure fin da una fase di crisi precoce. In sostanza, il debitore deve avere la possibilità di attivarsi quando l’insolvenza non si è ancora del tutto manifestata, ma è probabile che si manifesterà.48 Difficile trovare, quindi, un punto di equilibrio tra la mancanza di qualsivoglia elemento premonitore di una situazione di crisi, che non legittima alcun tipo di intervento, e, al contrario, una situazione di insolvenza già in atto che ammette una procedura fallimentare in senso stretto.49 La ristrutturazione non deve rappresentare un abuso, non va tentata ad ogni costo, né rappresentare un alibi per usufruire delle regole connesse all’ingresso in procedura. 50 La Commissione, pertanto, sembra suggerire di azionarsi in una fase in cui il complesso patrimoniale dell’imprenditore preserva la sua autonomia e i terzi non hanno ancora subito un grave pregiudizio.51

Spostando l’attenzione sull’obiettivo primario di tale Raccomandazione, ovvero la ristrutturazione in una fase precoce, è possibile rinvenire tale istanza sia nel Considerando n. 16, che nel n. 17, laddove si intende promuovere l’efficienza e ridurre ritardi e costi, contemplando “procedure flessibili che limitino l’intervento del giudice ai casi in cui è necessario e proporzionato per tutelare gli interessi dei creditori e terzi eventuali”.52 Il Par. 6 conferisce al debitore la possibilità

48 Vedremo che l’art. 14 C.C.I.I individua come elemento oggettivo dell’attivazione

dell’allerta i “fondati indizi di crisi”.

49 Infatti, il Considerando n. 16 stabilisce che “Un quadro di ristrutturazione

dovrebbe permettere ai debitori di far fronte alle difficoltà finanziarie in una fase precoce, evitando così l’insolvenza e proseguendo le attività. Tuttavia, onde evitare possibili rischi di abuso della procedura, è necessario che le difficoltà finanziarie del debitore comportino con tutta probabilità l’insolvenza del debitore e che il piano di ristrutturazione sia tale da impedire l’insolvenza e garantire la redditività

dell’impresa”.

50 L. Panzani, L’insolvenza in Europa, sguardo di insieme, in Fall., 2015, X, 1022. 51 G. Lo Cascio, Il rischio di insolvenza nella attuale concezione della Commissione

europea, op. cit., 737.

52 Lo stesso Considerando ritiene che al debitore debba essere lasciato il controllo

delle sue attività e ipotizza anche la nomina di un mediatore o supervisore, non da intendersi come obbligatoria, ma da decidersi caso per caso. Nel caso del mediatore, il fine è quello di assistere il debitore e i creditori per veicolare i negoziati sul piano di ristrutturazione ad un buon esito; qualora venga nominato un supervisore, esso

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di avere accesso ad un quadro normativo che gli consenta di ristrutturare l’impresa, scongiurando l’insolvenza e suggerisce gli elementi su cui dovrebbero poggiare tali strumenti: a) che favoriscano la ristrutturazione in una fase precoce, non appena sia evidente la probabilità di insolvenza; b) che gli consentano di mantenere il controllo della gestione del complesso dell’impresa; c) che prevedano, su richiesta del debitore, la sospensione temporanea delle azioni esecutive individuali; d) che prevedano una efficacia vincolante del piano di ristrutturazione per tutti i creditori, a condizione che il piano sia stato omologato dal giudice; e) che stabiliscano che i nuovi finanziamenti necessari per attuare il piano di ristrutturazione non dovrebbero essere dichiarati nulli, annullabili o inopponibili in quanto atti pregiudizievoli per la massa dei creditori. Inoltre, in forza del Par. 8 “il debitore dovrebbe poter avviare il processo di ristrutturazione dell’impresa senza dover iniziare ufficialmente un’azione in giudizio”. Nella visione della Commissione, quindi, la ristrutturazione potrebbe essere gestita anche al di fuori dei tribunali e sia il debitore che i creditori possono assumere, quindi, l’iniziativa della ristrutturazione.53 Si tratta di un passaggio particolarmente importante anche in riferimento alla disciplina dell’allerta, data la sua iniziale portata di confidenzialità. Vi è, quindi, la possibilità di addivenire all’adozione di misure interne prese dagli amministratori a seguito della segnalazione degli organi di controllo (seguendo un’accezione ampia del concetto di ristrutturazione) od alla ricerca di una soluzione concordata della crisi di impresa dinnanzi all’organismo di composizione della crisi di impresa (OCRI).54

dovrebbe sorvegliare l’attività del debitore e dei creditori. Si veda U. Macrì, La raccomandazione della Commissione UE su un nuovo approccio all’insolvenza, un commento a prima lettura, in Fall., 2014, IV, 401.

53 In tal senso U. Macrì, La legislazione italiana e le misure di risanamento nella

Raccomandazione Ue 2014/135 e nel Regolamento 2015/343, in Fall., 2015, X, 1049 ss.; U. Macrì, La raccomandazione della Commissione UE su un nuovo approccio all’insolvenza, un commento a prima lettura, op. cit., 401.

54 Come analizzeremo, la fase giudiziale si può aprire, in forza dell’art. 21 C.C.I.I., se

entro il termine di 3 mesi, prorogabile di altri 3, non è stato raggiunto un accordo con i creditori coinvolti e permane una situazione di crisi. In questo caso, il collegio

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È pacifico che un interesse sotteso all’obiettivo di cui al Par. 1 è rappresentato dalla massimizzazione del valore dell’impresa, nell’interesse dei creditori, anticipando le soglie di intervento. Si osserva come, tra gli stakeholders, non rientrano soltanto i creditori, ma anche i dipendenti e gli stessi proprietari. Potrebbe, quindi, esservi un conflitto di interessi, in quanto la tutela dei posti di lavoro potrebbe andare a danno dei creditori, dal momento che potrebbe consentire di proseguire l’attività a scapito dei loro interessi. Si riscontra, perciò, la dimensione non solo privatistica dell’insolvenza.55

Un altro ambito di particolare importanza su cui la Commissione si è espressa è rappresentato dalla sospensione delle azioni esecutive individuali. Il Par. 10 conferisce la facoltà al debitore di chiedere al giudice di sospendere le azioni esecutive individuali, anche di quelle proposte dai creditori muniti di un privilegio o di una garanzia. Qualora gli Stati membri subordinano a determinate condizione la concessione della sospensione, il debitore la dovrebbe ottenere in ogni modo quando i creditori che rappresentano una parte significativa dei crediti potenzialmente interessati dal piano sono favorevoli ai negoziati per l’adozione dello stesso e se il piano di ristrutturazione ha ragionevoli prospettive di essere attuato e impedire l’insolvenza del debitore.56 Tuttavia, la durata della sospensione dovrebbe essere tale da garantire un giusto equilibrio tra gli interessi del debitore e dei creditori, con uno specifico occhio di riguardo a quelli dotati di garanzia. Si ritiene, quindi, che la durata debba essere proporzionata alla complessità delle misure di ristrutturazione previste e non dovrebbe essere superiore a quattro mesi, con proroga subordinata a progressi dei negoziati sul piano di ristrutturazione e che, comunque, non superi la durata totale di dodici

dell’OCRI invita il debitore a presentare una domanda di accesso a una delle procedure previste dall’art 37 C.C.I.I nei successivi 30 giorni.

55L. Panzani, L’insolvenza in Europa, sguardo di insieme, op.cit., 1022. 56 Si veda il Par. 11.

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mesi.57 Come vedremo più avanti58, l’art 20 C.C.I.I, collocato nella fase della composizione assistita della crisi di impresa dinnanzi all’OCRI, il debitore può chiedere al tribunale alcune misure protettive, tra cui la sospensione delle azioni esecutive individuali dei creditori. Si tratta di una disciplina che segue le indicazioni della Raccomandazione, che il nostro legislatore ha voluto rivolgere non solo alle procedure previste dall’art. 37 C.C.I.I., ma anche alla procedura confidenziale dinnanzi all’OCRI. Tuttavia, è vero che il debitore può iniziare la ristrutturazione senza intentare un’azione giudiziaria, ma è sempre il giudice59 che concede il beneficio della sospensione delle azioni esecutive.60

La Raccomandazione prende in esame anche le caratteristiche del piano di ristrutturazione e la sua omologazione. Sono disposizioni che, tuttavia, trovano la loro ragion d’essere nella disciplina del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione. In estrema sintesi, la Commissione ha raccomandato che siano fornite indicazioni chiare e precise sul contenuto del piano di ristrutturazione.61 Viene, in seguito, fornita una disciplina relativa alle classi62 dei creditori, al voto63 e

57 Così stabilisce il Par. 13. 58 Si veda infra. Cap. IV, Par. 7.2.

59 Il Par. 5 lett. d) definisce il giudice come “l’organo, anche non giurisdizionale,

competente in materia di procedure di prevenzione cui gli Stati Membri hanno conferito poteri giurisdizionali e le cui decisioni possono formare oggetto di ricorso e riesame dinanzi a un’autorità giudiziaria.

60 U. Macrì, La raccomandazione della Commissione UE su un nuovo approccio

all’insolvenza, un commento a prima lettura, op. cit., 403.

61 Il Par. 15 tra i contenuti individua “a) l’identificazione chiara e completa dei

creditori che saranno interessati dal piano; b) gli effetti della ristrutturazione proposta su singoli crediti o categorie di crediti; c) la posizione dei creditori interessati in merito al piano di ristrutturazione; d) se del caso, le condizioni per i nuovi

finanziamenti, ed evidenziare i motivi secondo cui è possibile impedire l’insolvenza del debitore e garantire la redditività dell’impresa.”

62 Il par. 17 stabilisce che “i creditori con interessi diversi dovrebbero essere trattati

in classi distinte in funzione di tali interessi. Sarebbe quanto meno opportuno distinguere tra classi di creditori titolari di una garanzia e di creditori privi di garanzia”.

Il par. 18 conferisce la facoltà di adottare il piano di ristrutturazione ai creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti di ciascuna classe, prescritta dal diritto nazionale.

63 Come stabilisce il Par. 19, “qualora il diritto nazionale imponga una procedura di

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all’omologazione del piano. Questo, qualora abbia ripercussioni sugli interessi dei creditori dissenzienti o preveda nuovi finanziamenti, risulta essere vincolante solo se omologato dal giudice, a presidio della certezza del diritto e per evitare conseguenze negative sui diritti dei creditori.64 Quanto alle condizioni di omologazione del piano dovrebbero essere stabilite dagli Stati membri, ma il Par. 22 prevede, comunque, alcune garanzie da rispettare65, una su tutte la possibilità che il giudice possa respingere il piano che manifestamente non abbia nessuna prospettiva di impedire l’insolvenza del debitore, né di garantire la redditività dell’impresa66. Tutti i creditori potenzialmente interessati dal piano hanno diritto di essere informati sui contenuti di esso e poter opporsi e proporre ricorso contro il piano stesso, non sospendendone la sua attuazione.67 Per quanto concerne l’efficacia del piano68, in dottrina si sottolinea come la Raccomandazione distingua tra piani “stragiudiziali” e “giudiziali”, o perlomeno tra piani votati all’unanimità, idonei a vincolare tutti i creditori e piani con creditori dissenzienti, per i quali vi è la necessità dell’omologazione del giudice, per vincolare il singolo creditore interessato.69 Queste ultime disposizioni, come già anticipato, si ricollegano solo indirettamente con la disciplina dell’allerta, così come pensata dal legislatore italiano, anche se, in realtà, quest’ultimo ha previsto un profilo di continuità tra le procedure di allerta stesse e l’adozione di soluzioni concordate della crisi così come previste nel

con mezzi di comunicazione a distanza, ad esempio con lettera raccomandata o tecnologie elettroniche sicure”.

64 Si veda il Par. 21.

65 Il Par. 22 individua quattro garanzie: a) che il piano sia stato adottato in condizioni

che garantiscano la tutela dei legittimi interessi dei creditori; b) sia notificato a tutti i creditori potenzialmente coinvolti; c) che non limiti i diritti dei creditori dissenzienti in misura superiore rispetto a quanto questi potrebbero ragionevolmente prevedere in assenza di ristrutturazione, se l’impresa del debitore fosse liquidata o venduta in regime di continuità aziendale, a seconda del caso; d) la garanzia che qualsiasi finanziamento sia necessario per attuare il piano e non arrechi pregiudizio agli interessi dei creditori dissenzienti.

66 Si veda il Par. 23. 67 Così stabilisce il Par. 25.

68 La cui disciplina è situata nei Par. 25 e 26.

69 U. Macrì, La raccomandazione della Commissione UE su un nuovo approccio

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nostro ordinamento70. L’art. 19 C.C.I.I., inerente alla composizione assistita della crisi di impresa, stabilisce che l’accordo stipulato con i creditori dinnanzi all’OCRI è depositato presso l’organismo stesso e non è ostensibile a soggetti diversi da coloro che l’hanno sottoscritto. Questo, inoltre, produce gli stessi effetti degli accordi che danno esecuzione al piano attestato di risanamento, cioè la stabilizzazione degli atti posti in essere in sua esecuzione, l’esclusione delle azioni revocatorie e dei reati fallimentari. Il piano assume, cioè, rilievi giuridici nel caso in cui l’impresa non riesca nel proprio obiettivo di risanamento, in caso di insuccesso, di fallimento dell’impresa.71 Non si parla, quindi, di una omologa del giudice, data l’idea della confidenzialità che caratterizza tale materia. L’ipotesi dell’omologa e di un esito giudiziale potrebbe avvenire laddove, allo scadere del termine di tre mesi, dinnanzi all’OCRI non è stato concluso un accordo con i creditori coinvolti e permane una situazione di crisi. In tal caso, il collegio invita il debitore a presentare una domanda di accesso a una delle procedure previste dall’art 37 C.C.I.I. entro trenta giorni, potendo seguire, quindi, la via dell’accordo di ristrutturazione o del concordato.72

Tornando alla Raccomandazione in esame, le ultime disposizioni si riferiscono alla tutela dei nuovi finanziamenti e alla seconda opportunità dell’imprenditore onesto.73 Sul primo aspetto, si stabilisce che gli atti, compresi i prestiti, vendita di attività e conversione in capitale di debiti, concordati nei piani e approvati dal giudice non dovrebbero essere dichiarati nulli, annullabili o inopponibili in quanto atti pregiudizievoli per la massa dei creditori.74 Chi eroga nuova finanza per un piano di ristrutturazione va esente da responsabilità civile e penale,75 salvo il caso

70 A titolo esemplificativo, si veda l’art. 21, commi 1 e 2, C.C.I.I.

71 C.f.r. A. Aiello, Il piano attestato di risanamento e l’accordo di ristrutturazione

dei debiti nel codice della crisi di impresa, in ww.dirittobancario.it.

72 Si veda l’art. 21 C.C.I.I.

73 Quest’ultimo come uno dei due obiettivi del Considerando N. 1 e del Par. 1. 74 Così stabilisce il Par. 27.

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