sull’insolvenza: cenni di disciplina e criticità di sistema
Dopo circa tre anni, è stata adottata la Direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, all’esito dei negoziati sulla originaria Proposta COM (2016) 723 final del 22 novembre 2016.154 La Direttiva155 si inserisce sempre nell’obiettivo di contribuire al corretto funzionamento del mercato interno e eliminare gli ostacoli all’esercizio delle libertà fondamentali, garantendo agli imprenditori sani che sono in difficoltà finanziaria, la possibilità di accedere a quadri nazionali efficaci in materia di ristrutturazione preventiva, che permettano loro la possibilità di continuare ad operare.156 Il suo recepimento deve avvenire entro il 17 luglio 2021, ad eccezione di una serie di disposizioni che concernono l’uso dei mezzi di
153Dall’analisi dell’art. 2 lett. n) della legge delega, ad una prima fascia alta,
concernente i tribunali sede delle sezioni specializzate in materia di impresa, avrebbero fatto capo sia la competenza per le procedure di amministrazione straordinaria, sia quella per le procedure proprie dei gruppi di imprese di grandi dimensioni (n.1) e parte della delega risulta attuata dall’art. 27 comma 1 C.C.I.I. Dovevano poi essere mantenuti i criteri vigenti (nell’ottobre 2017) circa la competenza per le procedure di crisi ed insolvenza del consumatore, del professionista e dell’imprenditore sotto soglia (n.2). Si doveva individuare, tra i tribunali esistenti, quelli competenti alla trattazione delle procedure concorsuali diverse da quelle predette, secondo criteri qualitativi e quantitativi, idonei a costituire sezioni specializzate dedicate esclusivamente alla materia (n. 3). Tale parte della delega tuttavia non ha trovato attuazione, con la conseguenza che i tribunali
concorsuali ordinari restano 140, destinati a scendere a 136, quando scadrà la proroga dei quattro del distretto di L’Aquila, soppressi ma mantenuti in attività fino al 2020. C.f.r M. Ferro, Codice della crisi d’impresa: la parziale attuazione della delega su allerta e composizione assistita, in www.quotidianogiuridico.it.
154 La direttiva è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea con L.
172/18 del 26 giugno 2019.
155 Il cui testo è consultabile in https://eur-lex.europa.eu/legal-
content/IT/TXT/PDF/?uri=OJ:L:2019:172:FULL&from=EN.
comunicazione elettronica, per le quali i tempi di recepimento sono allungati.157
Ai nostri fini, uno dei primi temi trattati dalla direttiva risulta essere la disciplina della allerta precoce, contemplata dall’art. 3, il quale si allinea, tutto sommato, alla previsione contenuta nella Proposta di Direttiva del 2016. Gli Stati membri devono, infatti, consentire ai debitori l’accesso ad uno o più strumenti di allerta, chiari e trasparenti, al fine di individuare situazioni che potrebbero comportare la probabilità di insolvenza e far sì che il debitore possa agire senza indugio. Tali strumenti possono consistere in meccanismi di vario tipo, attivabili nel momento in cui il debitore non abbia effettuato specifici tipi di pagamento158, servizi di consulenza forniti da organizzazioni pubbliche o private159 e meccanismi di incentivi rivolti a terzi in possesso di informazioni (come i contabili, le autorità fiscali e di sicurezza sociale) affinché segnalino al debitore gli andamenti negativi. Si contempla anche l’accesso alle informazioni pertinenti e aggiornate sugli strumenti di allerta disponibili (da rendere pubblicamente disponibili online, facilmente accessibili e di agevole consultazione); l’accesso è previsto sia per il debitore e, novità di tale direttiva, anche per i rappresentati dei lavoratori, per i quali gli Stati membri possono fornire sostegno nella valutazione economica del debitore.
157 L’art. 34 stabilisce che “Gli Stati membri adottano e pubblicano, entro il 17 luglio
2021, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva, ad eccezione delle disposizioni necessarie per conformarsi all'articolo 28, lettere a), b) e c), che sono adottate e pubblicate al più tardi entro il 17 luglio 2024 e delle disposizioni necessarie per conformarsi
all'articolo 28, lettera d), che sono adottate e pubblicate al più tardi entro il 17 luglio 2026. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali
disposizioni.”
158 Il nuovo Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, all’art. 15, tipizza
l’importo rilevante dell’esposizione debitoria che obbliga i creditori pubblici ad attivare la cd. allerta esterna.
159 Il riferimento al sistema italiano è rappresentato dalla costituzione dell’OCRI
presso ciascuna camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, con il compito di ricevere le segnalazioni, gestire il procedimento di allerta e assistere l’imprenditore.
L’art. 4, relativo alla disponibilità dei quadri di ristrutturazione preventiva, include alcune differenze rispetto alla previgente proposta. Gli Stati, infatti, possono mantenere o introdurre una verifica di sostenibilità economica, con la finalità di escludere il debitore che non abbia prospettive di far fronte alla ristrutturazione, così come limitare, nell’arco di un determinato lasso temporale, il numero di possibilità di accesso del debitore a un quadro di ristrutturazione preventiva. Inoltre, le procedure di ristrutturazione preventiva possono essere aperte solo su istanza del debitore, salva la facoltà degli Stati membri di consentirne l’accesso anche su richiesta dei creditori e dei rappresentanti dei lavoratori, a condizione che vi sia l’accordo con il debitore.160 Non sempre è necessario un provvedimento formale di apertura, né l’omologa di un piano di ristrutturazione da parte del tribunale, ad eccezione del caso in cui questo incida sugli interessi delle parti dissenzienti, preveda l’erogazione di nuova finanza o comporti la perdita di oltre il 25% della forza lavoro.161 A lato di queste disposizioni a carattere generale, la direttiva contempla disposizioni inerenti il mantenimento totale o parziale del controllo dell’esercizio dell’attività durante la procedura di ristrutturazione e la nomina di un professionista in circostanze specifiche162, il blocco delle azioni esecutive163, i
160 Si veda l’art. 4, commi 7 e 8.
161 In tal senso dispone l’art. 10, primo comma. 162 Così come stabilito dall’art. 5.
163 L’art. 6 si allinea alla medesima disposizione della Proposta di direttiva,
stabilendo che al fine di agevolare le trattative deve essere garantito il blocco delle azioni esecutive individuali per tutti i tipi di crediti (compresi quelli garantiti o privilegiati), per un periodo di tempo non superiore a 4 mesi, prorogabile fino ad un massimo di 12 mesi (qualora siano stati compiuti progressi nelle trattative del piano, non si arrechi pregiudizio ai diritti delle parti interessate e qualora non siano state aperte procedure di insolvenza nei confronti del debitore). Il giudice ha la facoltà di revocare il blocco prima della scadenza, quando vi sia una richiesta del debitore o del professionista, quando la sospensione non soddisfa più l’esigenza di agevolare le trattative, in caso di pregiudizio a uno o più creditori o laddove la sospensione possa comportare l’insolvenza del debitore.
I creditori durante tale periodo non possono richiedere l’apertura della procedura di insolvenza, né rifiutare l’adempimento dei contratti pendenti essenziali, o risolverli, anticiparne la scadenza o modificarli a danno del debitore, così come stabilito dall’art. 7.
contenuti del piano164, la divisione in classi dei creditori165, il diritto di voto, l’adozione del piano e la nuova finanza.
Quanto agli obblighi degli amministratori, tema sicuramente centrale rispetto ai nostri fini, l’art. 19 assorbe i principi della proposta, riportando la necessità che i dirigenti tengano conto, qualora sussista una probabilità di insolvenza, degli interessi dei creditori, soci, lavoratori e
stakeholders, si attivino per evitare l’insolvenza ed evitino condotte
negligenti che possano comportare la messa in pericolo della sostenibilità economica dell’attività di impresa. È vero i doveri di corretta gestione per gli amministratori dovrebbero già sorgere prima dell’allerta attivata dagli organi di controllo, tuttavia, qualora sussista una ipotesi di crisi incipiente, ecco che gli amministratori sono tenuti a considerare non solo l’interesse dei soci, ma anche di altri soggetti (si pensi ai creditori, lavoratori). Siamo sempre nell’ottica di anticipare la soglia di intervento e tutelare la posizione dei terzi già in una fase di indizi di crisi. Per concludere questa breve analisi dei contenuti della Direttiva, essa ripropone sia l’esdebitazione del debitore166, sempre nell’ottica di agevolare la prosecuzione dell’attività di impresa167, sia le misure per aumentare l’efficienza delle procedure (con disposizioni che riguardano l’autorità giudiziaria e amministrativa e i professionisti), grazie anche all’introduzione di mezzi di comunicazione a distanza e strumenti elettronici.
164 Si veda l’art. 8.
165 L’art. 9 sottolinea che occorre sempre suddividere i creditori in classi, perlomeno
per differenziare i privilegiati dai chirografari, con la facoltà delle PMI di derogarvi.
166 In forza dell’art. 20 gli Stati membri dovranno fare in modo che gli imprenditori
persone fisiche possano essere liberati dai debiti che eventualmente residuano dopo una procedura di insolvenza o di ristrutturazione entro tre anni dall’apertura della procedura, senza che sia necessaria una istanza all’autorità giudiziaria
167 Per una analisi approfondita sui nuovi paradigmi dell’esdebitazione, si veda S.
Pagliantini, L’esdebitazione tra normativa vigente e codice della crisi di impresa e dell’insolvenza (Dlgs. N. 14/19), in Le nuove leggi civili commentate, 2019, III; L. Panzani, La proposta di Direttiva della commissione UE: early warning,
L’ultimo tema che deve essere menzionato si riferisce ad alcune criticità e disapprovazioni che sono state mosse nei confronti della Proposta di direttiva prima e della direttiva poi, le quali hanno enucleato disposizioni di difficile recepimento, considerata anche la struttura delle legislazioni nazionali, in particolar modo dell’ordinamento italiano. Da un punto di vista generale, le critiche che vengono sollecitate, molto diffuse nel panorama tedesco168, toccano il tema della convenienza e della legittimità nel predisporre una procedura diretta alla ristrutturazione dell’impresa in crisi. Viene rimarcato, infatti, come la maggioranza delle imprese in crisi finanziaria, in realtà, mostra anche una crisi di carattere economico-strutturale, perciò, nelle ipotesi più frequenti, la ristrutturazione non riesce e si fa luogo alla liquidazione (la quale può avvenire anche con la cessione dell’azienda ad un terzo, con prosecuzione dell’attività). Le ristrutturazioni, infatti, dovrebbero portare alla massimizzazione del valore dell’attivo nell’interesse dei creditori, con la conseguente indifferenza della titolarità dell’impresa, sia essa imputabile in capo all’originario imprenditore o nelle mani di un terzo che si renda acquirente dell’azienda. Tuttavia, si osserva come la vendita dell’azienda in funzionamento permette il massimo realizzo del soddisfacimento dei creditori, dati i suoi tempi brevi e costi ridotti (strumento molto utilizzato nel modello statunitense).169 La direttiva, invece, non la contempla, rinunciando ad uno strumento di ristrutturazione vantaggioso.170
168 Si veda H. Eidenmuller, Contracting for a European Insolvency Regime (January
9, 2017). European Corporate Governance Institute (ECGI) - Law Working Paper No. 341/2017
169 C.f.r L. Panzani, Conservazione dell’impresa, interesse pubblico e tutela dei
creditori: considerazioni a margine della proposta di direttiva in tema di armonizzazione delle procedure di armonizzazione, in www.ilcaso.it
170 Più precisamente, contempla la vendita dell’azienda in funzionamento nell’art. 2,
È vero che la proposta di direttiva predisponeva nel Considerando n. 2 e n. 39 la liquidazione delle imprese non sostenibili economicamente171, ma tale disposizione non si è poi tradotta in disposizioni specifiche. Secondo parte della dottrina, inoltre, tale approccio del legislatore europeo volto a limitare l’intervento dell’autorità giudiziaria e la conseguente disciplina che ne consegue, si rivelerà fonte di attrazione per i debitori in difficoltà che cercano di guadagnare tempo, perdendo di vista la funzione di filtro che in materia di insolvenza la legge deve svolgere, assicurando che solo le imprese sane possano proseguire la propria attività.172 Quanto alla ristrutturazione trasversale dei debiti173 viene anch’essa messa in discussione: se il principio per cui il piano adottato dalla maggioranza è vincolante per la minoranza e può essere imposto ai creditori dissenzienti è ragionevole in caso di insolvenza, dal momento che i dissenzienti non hanno prospettive di ottenere di più, ciò non vale nel momento in cui l’insolvenza sia solo probabile. Inoltre, i crediti derivanti dalla nuova finanza possono essere assistiti dalla prededuzione174: questo potrebbe apparire ragionevole se il piano di ristrutturazione si fondasse su un solido accertamento, (invece nella direttiva si prevede che sia accompagnato dall’attestazione di un esperto scelto dal debitore). Ne scaturisce un’indebita compressione dei diritti dei vecchi creditori ed una disciplina che non chiarisce quale sia il rapporto tra i vecchi crediti privilegiati ed i crediti assistiti da prededuzione.
C’è da aggiungere che l’esito dell’elaborato dell’UE è stato quello di aver previsto una disciplina sulla ristrutturazione incentrata sull’aspetto extra-giudiziale, riguardante soprattutto i profili finanziari, quindi
171 Il riferimento del secondo considerando della proposta “nel contempo le imprese
non economicamente sostenibili che non hanno prospettive di sopravvivenza dovrebbero essere liquidate il più presto possibile” è stato espunto dalla direttiva.
172 Così L. Panzani, Conservazione dell’impresa, interesse pubblico e tutela dei
creditori: considerazioni a margine della proposta di direttiva in tema di armonizzazione delle procedure di armonizzazione, in www.ilcaso.it
173 Art. 11 della Direttiva.
connotata da un’assenza di regole su alcuni aspetti fondamentali, come la graduazione dei crediti, la tutela dei crediti privilegiati e la disciplina degli atti revocabili. Così come affermato da Eidenmuller riguardo alla proposta di direttiva, questa “crea un rifugio per imprese in dissesto che dovrebbero essere liquidate”.175 Occorre, quindi, segnalare che esiste anche la corrente che vorrebbe restringere la risanabilità ad una minoranza di casi (la regola sarebbe la irreversibilità della crisi) e segnalare la realizzabilità di questa anche con l’autonomia contrattuale, senza ricorso del giudice. La procedura di ristrutturazione, quindi, potrebbe anche non essere necessaria, essendo possibile, anche in caso di fallimento, vendere l’azienda in attività o risanarla per mezzo del concordato fallimentare. La conservazione delle imprese in difficoltà può costituire un’alterazione dei principi della concorrenza, entrando l’impresa in crisi in competizione alle imprese sane, alterando le condizioni del mercato.176
Andando ad evidenziare critiche specifiche, e non di sistema, l’ottica dell’UE è quella di rendere gli strumenti di ristrutturazione accessibili in modo paritetico sia agli imprenditori commerciali, che agli imprenditori agricoli, andando, in parte, contrasto con il nostro sistema giuridico interno;177 ciò comporterebbe, come conseguenza, la difficoltà
175 H. Eidenmuller, Contracting for a European Insolvency Regime (January 9,
2017). European Corporate Governance Institute (ECGI) - Law Working Paper No. 341/2017.
176 A tal proposito si veda F. D’Alessandro, Conservazione o dissoluzione
dell’impresa in crisi: ancora su un vecchio dilemma sempre attuale, lezione tenuta l’11 luglio 2017 nell’ambito di un corso di Alta formazione organizzato dall’Ordine degli avvocati di Roma; F. D’Alessandro, La crisi dell’impresa tra diagnosi precoci e accanimenti terapeutici, in Giur.comm., 2001, I, 411; F. D’Alessandro, Interesse pubblico alla conservazione dell’impresa e diritti privati sul patrimonio
dell’imprenditore, in Giur. comm., 1984, I, 53
177 Nel Panorama giuridico italiano l’art. 85 C.C.I.I., in continuità con la legge
fallimentare, fonda il presupposto soggettivo del concordato preventivo, nel renderlo accessibile all’imprenditore assoggettabile alla liquidazione giudiziale, ponendo un raccordo con l’art. 121 C.C.I.I. Deve cioè trattarsi di un imprenditore commerciale, con esclusione dell’imprenditore agricolo che, invece, ha accesso alle procedure del sovraindebitamento.
L’accordo di ristrutturazione dei debiti è, invece, ammesso anche all’imprenditore agricolo, in forza dell’art. 23 comma 43 D.L. 98/2011 che estendeva a quest’ultimo
di mantenere in attività imprese agricole che spesso sono dotate di una organizzazione e struttura che si presta male ad una ristrutturazione.178 Si segnala, sempre nell’impostazione di fondo della direttiva, il possibile venir meno della figura del professionista attestatore, che rende la dichiarazione in una fase anticipata (ciò dovuto allo scarso affidamento che l’autorità giudiziaria ha riposto nei confronti dell’attestatore, il quale doveva consentire a questa di adottare decisioni rapide grazie al quadro da lui fornito)179. Inoltre, ha suscitato alcuni dubbi la disciplina di matrice europea del blocco delle azioni esecutive. Innanzi tutto, data la struttura dell’art. 6 della direttiva, sembra che si richieda un provvedimento del giudice per ottenere il beneficio della sospensione, anche in caso di apertura di una procedura giudiziale.180 Nel Codice della crisi di impresa, ai sensi dell’art. 54, le misure protettive, tra cui il divieto per i creditori per titolo o causa anteriore, sotto pena di nullità, di iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore, operano se richieste nel ricorso, escludendo l’automatismo precedentemente previsto nella disciplina del concordato preventivo dall’articolo 168 L.F. quale effetto della presentazione della domanda.181 Inoltre, e come già accennato, sempre in forza dell’art. 6 della Direttiva, il blocco non può essere disposto per più di quattro mesi,
l’utilizzabilità dell’art 182-bis L.F. e oggi come stabilito dall’art. 57 C.C.I.I che richiama anche “l’imprenditore non commerciale”.
178 C.f.r. L. Stanghellini, La proposta di Direttiva UE in materia di insolvenza, op.
cit., 878.
179 A tal proposito, tuttavia, l’art. 87 C.C.I.I. ritiene come necessaria l’attestazione di
un professionista circa la veridicità dei dati aziendali, la fattibilità del piano, e la funzionalità del piano al miglior soddisfacimento dei creditori (in caso di concordato in continuità aziendale).
Sul possibile venir meno della figura dell’attestatore si veda L. Stanghellini, La proposta di Direttiva UE in materia di insolvenza, op. cit., 878.
180 L’art. 168 L.F. stabilisce, infatti, che “dalla data di pubblicazione del ricorso nel
registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore, non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore”.
181 L’art. 55, comma 3 C.C.I.I. afferma che “Nel caso previsto dall’art. 54, comma 2,
il giudice, assunte, ove necessario, sommarie informazioni, conferma o revoca con decreto le misure protettive, stabilendone la durata, entro trenta giorni dall’iscrizione della domanda nel registro delle imprese.”
rinnovabile per due volte fino ad un massimo di dodici mesi. Parte della dottrina ha criticato tale previsione, dal momento che tale limite massimo potrebbe porre problemi qualora si voglia mirare ad una completa ristrutturazione dell’indebitamento dell’impresa. Essa, infatti, necessita, nella maggior parte dei casi, lunghe trattative, un complesso piano, cavilli procedurali e tale periodo di dodici mesi potrebbe rivelarsi stretto, considerando come le procedure di concordato nella prassi abbiano una durata maggiore.182
È doveroso concludere menzionando, in estrema sintesi, il rapporto tra il nuovo Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza con la direttiva e segnalare eventuali lacune di questo o aree che potrebbero entrare in contrasto con essa.183 Ai nostri fini, occorre, tuttavia, fare una premessa: gran parte delle disposizioni della direttiva trovano già recepimento nel nuovo Codice, in particolar modo in riferimento alle procedure di allerta e agli strumenti utili alla rilevazione anticipata della crisi. Eppure, il nostro legislatore, dovrà integrare la disciplina dell’allerta nel codice della crisi di impresa, sia sul versante dell’esigenza dell’accesso alle informazioni aggiornate, sia per includere tra i destinatari di informazioni sugli strumenti di rappresentanti dei lavoratori.184 Vi sono, tuttavia, dei settori in cui il legislatore nostrano potrebbe mettere nuovamente mano, in quanto mostrano una difficile coesistenza con le raccomandazioni contenute nella direttiva pocanzi vista. Si segnala che l’art. 97 C.C.I.I., in tema di contratti pendenti nella procedura di concordato preventivo, stabilisce che i “rapporti pendenti proseguono anche durante il concordato”. È una disposizione ambigua, ben lontana dall’art. 186 bis L.F., recante un vero e proprio divieto di risoluzione per
182 L. Stanghellini, La proposta di Direttiva UE in materia di insolvenza, op. cit.,
878.
183 Si ricorda che in data 08/03/2019 è stata approvata la L. 8 marzo 2019, n. 20, la
quale conferisce al Governo la delega per l’adozione di disposizioni integrative e correttive del D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14. Sarà interessante capire quali aree del codice potranno essere riformate, anche alla luce della direttiva.
184 In tal senso si veda P. Vella, L’allerta nel Codice della crisi e dell’insolvenza, alla
i contratti in corso di esecuzione, dalla quale sarebbe difficile pretenderne l’ottemperamento tramite il richiamo previsto dall’art. 3 C.C.I.I, che sancisce l’obbligo di collaborare lealmente con il debitore. La direttiva risulta, invece, più chiara, stabilendo che gli Stati membri assicurano che ai creditori non sia consentito rifiutare l’adempimento dei contratti pendenti, né di risolverli, di anticipare la scadenza o di modificarli in altro modo a danno del debitore.185 Un ulteriore elemento di lontananza tra la nostra riforma e la direttiva è rappresentato dalla