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L’importanza delle procedure di allerta in un ordinamento giuridico e le loro possibili conseguenze

CAPITOLO II IL SISTEMA DELL’ALLERTA NELLA CRISI D

1. L’importanza delle procedure di allerta in un ordinamento giuridico e le loro possibili conseguenze

Negli ultimi anni stiamo assistendo ad un maggiore interesse verso il fenomeno della crisi di impresa, mostrato sia a livello nazionale che a livello europeo, rafforzato anche dell’avvento delle problematicità economiche che stanno colpendo il nostro Paese e l’economia in generale.189 Come già ampiamente illustrato, la spinta europeistica verso la prevenzione e la ristrutturazione delle imprese in crisi rappresenta un

189 U. Tombari, Principi e problemi di “diritto societario della crisi” in Riv. Soc.,

punto di partenza di nodale importanza per comprendere il fenomeno dell’allerta e la sua eventuale necessità in un ordinamento giuridico. È proprio sul concetto di anticipazione delle soglie di intervento e di emersione anticipata della crisi che deve essere spostata l’attenzione, al fine di aumentare le probabilità di recupero, a vantaggio dei creditori, dei finanziatori, dell’imprenditore stesso e del sistema imprenditoriale in generale.190 Nell’ambito dell’opportunità di introdurre la disciplina delle procedure di allerta nell’ordinamento italiano, si è segnalato come le regole di comportamento degli organi sociali sono state configurate in termini di alternativa necessaria tra la continuità (situazione di normale gestione societaria) e la discontinuità (contesto in cui gli organi stessi sono tenuti ad interrompere l’attività e liquidare la società). Ciò ha comportato l’incentivazione a ritardare l’emersione della crisi, con un conseguente uso distorsivo e indiscriminato delle azioni revocatorie in sede fallimentare. È sorta, quindi, l’esigenza di valicare uno modello binario che vede come alternative la continuità e discontinuità, preferendo uno schema tripartito, che comporterebbe l’inserzione della emersione della crisi tra le due alternative precedenti, venendo a rappresentare non un semplice presupposto per l’accesso agli istituti di superamento della crisi, ma una fattispecie regolata e tipizzata, un vero e proprio antecedente nell’applicazione di una disciplina dell’impresa, la c.d. fase crepuscolare.191

Per molto tempo è venuto a mancare un disegno complessivo di armonizzazione e sistematicità della disciplina concorsuale, soprattutto per quanto concerne la gestione della crisi della piccola media impresa, muro portante dello sviluppo economico italiano.192 L’altro limite del

190 C.f.r. F. D’Alessandro, La crisi di impresa tra diagnosi precoci e accanimenti

terapeutici, in Giur. Comm., 2001, IV, 411.

191 Si veda A. Zoppini, Emersione della crisi e interesse sociale (spunti dalla teoria

dell’Emerging Insolvency), in www.juscivile.it, 2014, II, 55.

192 C.f.r. M. Fabiani, Misure di allarme per la crisi d’impresa, in Fall., 2004, VII,

825; M. Paoloni, Il problema del risanamento delle piccole imprese in crisi, in Fall., IX, 2003, 1013.

nostro ordinamento che veniva spesso richiamato dalla dottrina era rappresentato dalla difficoltà di far emergere tempestivamente la crisi dell’impresa, prima che questa comporti un vero e proprio dissesto.193 Sicuramente con l’introduzione dell’allerta il sistema va a perseguire obiettivi di gestione precoce della crisi ed alla sua pronta rilevazione, ma tali intenti erano già stati inseguiti con la disciplina del concordato preventivo, degli accordi di ristrutturazione dei debiti e dei piani di risanamento. Essenzialmente, il nostro sistema vantava già misure per soddisfare tali finalità.194 Come già trattato195, perciò, la volontà di inserire le procedure di allerta nel nostro ordinamento nasce, più che per sopperire la carenza di misure volte alla prevenzione della crisi di impresa, per trovare una soluzione proprio all’uso distorsivo di tali strumenti.196 Le procedure concordatarie, infatti, sono percepite dagli imprenditori come un “male necessario”197, per cui, questi ritardano notevolmente la presentazione della domanda di concordato, assumendo, il più delle volte, comportamenti opportunistici, dovuti anche dal timore di innescare una perdita di fiducia degli stakeholder, che finiscono con il peggiorare la crisi fino allo stato di insolvenza.198 Inoltre, l’imprenditore non sempre riesce a realizzare il piano: per molti il tentativo di insistere sull’applicabilità di schemi legali preordinati, potrebbe portare il giudice a dubitare sulla buona fede dell’imprenditore

193 S. Fortunato, Recenti sviluppi della riforma sulla disciplina della crisi, in Riv.

Dir. Comm., 2003, I, 587; G. De Ferra, Il rischio di insolvenza, in Giur. comm., 2001, I, 2001.

194 F. Ferrandi, Sentieri normativi verso l’introduzione delle misure di allerta e

prevenzione della crisi di impresa nell’ordinamento Italiano, op. cit., 340.

195 Si veda infra. Cap. I, par. 1.

196 A tal proposito F. Barachini, Le procedure di allerta e di composizione assistita

della crisi nel progetto di legge delega di riforma della legge fallimentare, op. cit., 44.

197 Così si esprimono le conclusioni aziendalistiche nella ricerca dell’O.C.I. sulle

imprese in concordato, dalle quali emerge “la natura di un’azienda decisamente situata in fase terminale, affaticata, routinaria e inerte”. Si veda il Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione – La soluzione negoziale della crisi di impresa: dalla domanda al piano all’attuazione operativa. I progetti aziendali e le scelte processuali, a cura di M. Ferro - P.Bastia – G.M. Nonno, Milano, 2013.

198 Si veda P. Vella, La riforma organica delle procedure concorsuali: un nuovo

e emettere un giudizio negativo sulla validità del piano, ritenendo che il comportamento dell’imprenditore si sia rivelato un abuso processuale.199 Nei recenti dibattiti sulla riforma e l’introduzione del codice della crisi di impresa, infatti, c’è chi ha sostenuto come, in realtà, la soluzione migliore non sia una configurabilità di una pluralità di procedure giudiziali, in quando l’imprenditore deve essere lasciato libero di attuare un risanamento senza troppi obblighi di schemi preventivi, preclusioni o limitazioni. Un unico schema processuale, in sostanza, determinerebbe un risultato più efficace.200

Se è vero che l’introduzione dell’allerta dipende da una prassi distorsiva dell’utilizzo degli strumenti destinati alla prevenzione, occorre interrogarsi circa l’opportunità e la tenuta nell’ordinamento delle procedure di allerta. C’è chi da tempo ha avanzato la necessità di erigere un assetto procedurale interno all’impresa, contemplato dal legislatore, in grado di segnalare con adeguata tempestività i sintomi della crisi agli organi amministrativi (e con conseguente presa di conoscenza dei soci), affinché si attivino rimedi prima che la crisi diventi irreversibile.201 Altri ritenevano che agli stessi organi di controllo, non solo contabile, ma anche amministrativo e organizzativo (almeno nelle società per azioni), data la loro disciplina, si sarebbe potuto già riconoscere un ruolo di allerta e prevenzione in ordine all’insolvenza.202 Altra dottrina, ancora, auspicava una riforma tutta incentrata sul versante interno al diritto societario, dal momento che un intervento legislativo che miri all’introduzione dell’allerta, si sarebbe rivelato illegittimo, per contrasto

199 Sugli abusi del concordato preventivo si veda G. Lo Cascio, Percorsi virtuosi ed

abusi nel concordato preventivo, in Fall., 2012, VIII, 891; A. Penta, L’abuso dello strumento concordatario, in Dir. Fall., 2014, I, 116; A.M. Perrino, Abuso del diritto e concordato fallimentare: un tentativo di affermare la giustizia contrattuale, in Foro it., 2011, 2018.

200 G. Lo cascio, La nuova legge delega sulle procedure concorsuali tra diritto e

economia, in Fall., 2017, XII, 1256.

201 Si veda P. Montalenti, Amministrazione e controllo nelle società per azioni:

riflessioni sistematiche e proposte di riforma, in Riv.soc., 2013, I, 71.

con il principio della libertà di iniziativa economica privata203 ed il principio di riservatezza nello svolgimento delle attività economiche. Tali misure non devono infatti rappresentare una intrusione nella sfera di discrezionalità dell’imprenditore e deve essere trovato il modo di scongiurare il rischio che, una eventuale ingerenza nell’attività imprenditoriale, possa tradursi in un pregiudizio per il debitore stesso e le sue possibilità di recupero.204 Sempre secondo questa ricostruzione, inoltre, un qualsivoglia intervento autoritativo che espropri i poteri governativi e i diritti del debitore, non potrebbe essere considerato legittimo, a meno che non si sia di fronte ad una appurata incapacità di adempiere, altrimenti non sarebbe giustificata una siffatta compressione delle prerogative imprenditoriali.205 Del resto, la libertà di iniziativa economica privata non è l’unico baluardo costituzionale da inneggiare nel tema delle procedure di allerta. Se da un lato l’art. 41 Cost. è stato richiamato come limite all’intrusione autoritativa nelle scelte discrezionali imprenditoriali, dall’altro lato si potrebbe considerare l’early warning come un’opportunità per limitare le condotte opportunistiche dell’imprenditore, concretizzando, quindi, il principio di utilità sociale, di cui all’art. 41 Cost.206

Un altro aspetto oggetto di critica risiede in una possibile conseguenza pratica che scaturirebbe dalla disciplina delle procedure di allerta. Tali strumenti, a meno che non venga predisposta una disciplina ispirata ai principi di confidenzialità e riservatezza, potrebbero finire per dare

203 L’art. 41 Cost. stabilisce che “L’iniziativa economica privata è libera. Non può

svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.”.

204 A. Jorio, Le esigenze di una nuova disciplina delle crisi d’impresa, in Dir. Fall.,

2003, I, 553.

205 F. D’Alessandro, La crisi di impresa tra diagnosi precoci e accanimenti

terapeutici, op. cit., 411.

206 S. De Matteis, L’emersione anticipata della crisi d’impresa. Modelli attuali e

prospettive di sviluppo, Milano, 2017, 347, il quale sottolinea l’intervento del legislatore volto a intervenire sull’attività di impresa per perseguire valori di utilità sociale e correggere il mercato.

notorietà alle difficoltà economiche, entrando in conflitto proprio con gli scopi da questi perseguiti.207 Susciterebbero, in sostanza, le preoccupazioni dei creditori presenti e futuri, allertando anche coloro che con il loro apporto e con il loro rischio, permettono all’impresa la continuazione in una situazione di normale attività.208 Inoltre, si correrebbe il rischio di assistere ad una corsa al “si salvi chi può”, con una smisurata adozione di azioni conservative e di recupero sul patrimonio dell’imprenditore, le quali comporterebbero un peggioramento del ciclo operativo , compromettendo la situazione in una misura assai più grave rispetto alla crisi iniziale divenuta nota ai terzi.209

È da prendere in considerazione, sulla discussione relativa all’introduzione della disciplina dell’allerta, anche il profilo inerente la responsabilità degli organi sociali. Gli amministratori, a maggior ragione se sono stati allertati, rischiano di imbattersi proprio in responsabilità, a meno che non siano in grado di dimostrare che abbiano agito considerando lo stato di crisi e l’avvenuta allerta. Ovviamente, essi non potrebbero esibire l’esimente di non essere stati allertati, così come non sono responsabili a priori in caso di attivazione dell’allerta.210 Tuttavia, la tipizzazione, stabilita dalla legge, delle condotte degli organi sociali nella fase crepuscolare della crisi di impresa potrebbe

207 Ed è per questo motivo che parte della dottrina ha scongiurato l’intervento del

tribunale in una fase ancora lontana dalla conclamata insolvenza. G. Santoni, I sistemi di allerta e prevenzione e le procedure anticipatorie della crisi nel progetto di riforma della legge fallimentare, in Dir. Fall. e Soc. Comm., 2004, III, IV, 731.

208 Le potenzialità lesive della circolazione di informazioni riservate sullo ‘stato di

salute’ dell’impresa potrebbero, infatti, compromettere l’accesso al credito e creare in via artificiosa uno stato di insolvenza, evitabile in difetto dell’applicazione di questi meccanismi. C.f.r. F.Ferrandi, Sentieri normativi verso l’introduzione delle misure di allerta e prevenzione della crisi di impresa nell’ordinamento italiano, op. cit., 344; G. Bertolotti, Poteri e responsabilità nella gestione di società in crisi, Torino, 2017, 174.

209 M. Sandulli, I controlli delle società come strumenti di tempestiva rilevazione

della crisi, op. cit., 1102.

210 G. Bertolotti, Responsabilità e poteri da allerta: uno scenario possibile per

amministratori, sindaci e revisori contabili (anche alla luce del progetto Rordorf di riforma delle procedure concorsuali), in Crisi di impresa e insolvenza. Prospettive di riforma, Atti del convegno 5 settembre 2016, a cura di L. Calvosa, Pisa, 2017, 253.

rappresentare un’opportunità per fare chiarezza sulla responsabilità degli amministratori e degli organi di controllo.211

Nonostante un ampio dibattito e l’opposizione di una parte di dottrina, quindi, è stato assegnato alla commissione Rordorf il delicato compito di predisporre una disciplina degli strumenti di allerta, prestando attenzione alle critiche mosse sia in quell’occasione, sia qualche anno prima, con il tentativo di inserimento di queste da parte della commissione Trevisanato. Ha prevalso l’idea di cambiare un sistema forse troppo sbilanciato sul debitore212 e di andare a tutelare anche i creditori già nelle fasi iniziali della crisi, tramite strumenti di segnalazione al debitore del superamento di determinate soglie di esposizione debitoria (si tratta della c.d. allerta esterna, contemplata dall’art. 15 C.C.I.I.). Accanto a questa, si è voluto superare un ruolo passivo dei sindaci, i quali non dovrebbero limitarsi ad un mero controllo contabile, ma vigilare anche sul contenuto della gestione. Si appronta, quindi, un superamento della prospettiva classica dell’inquadramento dell’attività sindacale come controllo ex post su atti già posti in essere, privilegiando la prospettiva della vigilanza sull’attività nel suo complessivo svolgersi, vicino al controllo just in

time di matrice aziendalistica.213 Si tratta, in sostanza, di considerazioni che vanno a spiegare il fenomeno della c.d. allerta interna, ovvero di un sistema di segnalazione di fondati indizi di crisi all’organo amministrativo, su iniziativa degli organi sociali (organo di controllo, revisore contabile e agenzia di revisione).214 Accanto a queste due

211 L’art. 14 comma 3 C.C.I.I. prevede, infatti, per l’organo di controllo che abbia

effettuato la segnalazione all’organo amministrativo, un esonero di responsabilità per le conseguenze pregiudizievoli delle omissioni o azioni successivamente poste in essere dal predetto organo.

212 F.Ferrandi, Sentieri normativi verso l’introduzione delle misure di allerta e

prevenzione della crisi di impresa nell’ordinamento italiano, op. cit., 344.

213 A.Pelegatta, Prevenzione della crisi d’impresa e procedure di allerta, in

Judicium.it.

214 L’art. 14 C.C.I.I. stabilisce anche l’obbligo, per gli organi di controllo, di

verificare che l’organo amministrativo valuti costantemente, assumendo le idonee iniziative, se l’assetto organizzativo dell’impresa è adeguato, se sussiste l’equilibrio economico finanziario e quale è il prevedibile andamento della gestione.

diverse tipologie, il nuovo codice contempla anche il fenomeno dell’allerta del debitore, al quale viene data la possibilità di adire direttamente l’organismo di composizione della crisi, al fine di individuare, dopo aver adito l’organo di controllo (ove presente), le misure idonee a rimediare la crisi.215

Gli elementi caratterizzanti il lavoro della Commissione sono stati la riservatezza del procedimento e il suo carattere confidenziale, l’estraneità dell’autorità giudiziaria e la previsione di una figura di ausilio per la ricerca della soluzione concordata tra il debitore e i creditori. Come è stato segnalato dalla dottrina, gli aspetti critici iniziali vertevano soprattutto nella scelta di quali dovessero essere i segnali dell’allerta ed il rischio di predisporre un eccesso di procedimentalizzazione, con il timore di burocratizzare eccessivamente un procedimento che, al contrario, dovrebbe emergere per la sua flessibilità e non tanto per creare un corto circuito nelle relazioni tra gli organi sociali.216

In conclusione, optare per l’inserimento delle procedure di allerta in un ordinamento giuridico, significa dare la precedenza a forme di risoluzione della crisi di impresa che, comunque, perseguono la continuità aziendale, nel tentativo di intervenire in una fase precoce, proprio per scongiurare l’esito liquidatorio. Come già ricordato, il codice della crisi di impresa e dell’insolvenza entrerà in vigore decorsi diciotto mesi dalla data della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale (art. 389 C.C.I.I.).217 Sarà perciò opportuno attendere come la prassi recepirà l’utilizzo di tali strumenti e come le piccole medie imprese si

215 Si veda l’art. 18 circa l’audizione del debitore dinnanzi all’organismo e l’art.19

C.C.I.I. sulla composizione assistita della crisi di impresa, che analizzeremo in maniera dettagliata nel Cap. IV.

216 M. Fabiani, Riforma organica delle discipline della crisi di impresa e

dell’insolvenza: di un ordinato ma timido disegno di legge delega sulla crisi di impresa, in Fall., 2016, III, 267.

217 L’art. 389, secondo comma, C.C.I.I. fa tuttavia salve alcune disposizioni che sono

entrate in vigore il trentunesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del presente decreto.

doteranno di assetti organizzativi adeguati. Nel mentre, non possiamo che augurarsi che il ceto imprenditoriale si adoperi, anche dal punto di vista culturale, non per reagire ai sintomi della crisi negandola o tentando di occultarla il più possibile, cogliendo, piuttosto, l’opportunità di questo nuovo istituto e dei vantaggi che può fornire, soprattutto nel ruolo di supporto che la composizione assistita potrà conferire all’imprenditore nel dialogare e intentare prospettive di accordo con i propri creditori. Sarà fondamentale, anche, che gli appositi organismi istituiti presso le camere di commercio, che hanno il delicato ruolo di ascoltarle l’imprenditore in crisi e aiutarlo, svolgano il loro delicato ruolo con professionalità e diligenza, in forza del ruolo di confidenzialità che è stato loro assegnato.218 Si è preferito, infatti, a differenza del sistema Francese219, dare preferenza al carattere della stragiudizialità delle procedure di allerta, non tanto per sfiducia nei confronti della giurisdizione, quanto per evitare l’effetto di deterrenza che l’imprenditore in crisi potrebbe avere nel comparire dinnanzi ad un giudice e sapere di confrontarsi con un pubblico ministero che, comunque, indaghi sulla sua situazione patrimoniale.220 È previsto, dunque, che tali organismi siano istituiti presso le camere di commercio e abbiano obblighi di riservatezza. Ciò che ha suscitato qualche perplessità nel dibattito concernente la riforma, riguarda semmai il difficile equilibrio che va ricercato tra l’evitare l’ingerenza dell’autorità giudiziaria (contro la libertà dell’attività di impresa)221 e il garantire un grado di autorevolezza che comunque l’organismo deve vantare. Se è apprezzabile che il procedimento si svolga fuori dai tribunali, al fine di incentivarne l’accesso, è altrettanto vero che i caratteri di professionalità

218 L’art. 16 e 17 C.C.I.I. prevedono, appunto, disposizioni volte a tutelare la

posizione di indipendenza e professionalità dell’organismo di composizione della crisi di impresa.

219 F.Ferrandi, Sentieri normativi verso l’introduzione delle misure di allerta e

prevenzione della crisi di impresa nell’ordinamento italiano, op. cit., 344.

220 C.f.r. R. Rordorf, Prime osservazioni sul codice della crisi e dell’insolvenza, in I

contratti., 2019, II, 133.

221 Cfr. G. Santoni, I sistemi di allerta e prevenzione e le procedure anticipatorie

e specializzazione vadano coltivati e non dispersi, anche per poter favorire l’autorevolezza dell’organismo stesso.222 Vedremo come una parvenza di ingerenza dell’autorità giudiziaria rimane con la scelta di prevedere che, in caso di esito negativo della composizione assistita della crisi, debba esserne data la notizia al pubblico ministero, in vista di eventuali iniziative di sua competenza.223 Tale scelta risulta essere criticata da una parte di dottrina, sia perché potrebbe disincentivare l’utilizzo dello strumento dell’allerta e della composizione assistita, sia perché il mancato raggiungimento di soluzioni concordate con i creditori apre comunque la strada alla iniziativa di ciascuno di essi, senza aggiungere la previsione di un intervento pubblico.224

È doveroso concludere con una proposta della dottrina per evitare il “fallimento” delle procedure di allerta. La soluzione deve essere

ricercata nel limitare il numero di casi di applicazione della norma, non tanto alzando l’asticella delle soglie dell’allerta, quanto, invece,

limitare la platea delle imprese che vi ricadono. In sostanza andrebbe graduata la decorrenza dell’entrata in vigore della disciplina

dell’OCRI, differendola per le piccole imprese, in quanto sono la parte delle imprese più interessate alla disciplina dell’allerta, presentano una maggiore frequenza di situazioni di anomalia. Sarebbe, perciò,

sufficiente differire di ulteriori mesi l’entrata in vigore della parte relativa all’OCRI per le piccole imprese, in modo tale da ritardare l’ondata di segnalazioni in un momento successivo (quando tale

istituto sarà più rodato e saranno nate le best practice che ne assicurino speditezza di azione e efficacia intervento), da focalizzare i primi interventi dell’OCRI su realtà che presentano flussi informativi affidabili, da permettere di superare diffidenze nei confronti

222 Così M. Fabiani, Riforma organica delle discipline della crisi di impresa e

dell’insolvenza: di un ordinato ma timido disegno di legge delega sulla crisi di impresa, op. cit, 267.

223 Si veda l’art. 22 C.C.I.I.

224 C.f.r. R. Rordorf, Prime osservazioni sul codice della crisi e dell’insolvenza, op.

dell’istituto e da incentivare la propagazione della cultura della pianificazione dei fabbisogni finanziari anche presso la piccola impresa.225

2. Il sistema francese come guida all’azione del legislatore

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