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Centro sociale A.02 n.5-6. Inchieste sociali servizio sociale di gruppo educazione degli adulti

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(1)

Centro Sociale

inchieste sociali

servizio sociale di gruppo

educazione degli adulti

(2)

Centro Sociale

inchieste sociali - servizio sociale di gruppo educazione degli adulti

anno II - n. 5-6, 1955 - un numero con tav. alleg. L. 400 - abbonamento annuo (6 fascicoli e 6 tavole 70 X 100 allegate) L. 2.200 abbonamento alle sole 6 tavole L. 900 - spedizione in abbonamento postale gruppo IV — c. c. postale n. 1/20100 — Direzione Redazione Amministrazione: piazza Cavalieri di Malta, 2 — Roma - telefono 593.455

S o m m a r i o

2 La mia contrada

L. Quaroni S Le inchieste sociali

L. Benevolo 18 Gli studi d’ ambiente e le difficoltà attuali A. Ardigò 24 Considerazioni e distinzioni a proposito

di inchieste sociali M. Calogero

Comandini 30 La piccola inchiesta non trasmissibile S. Fè d’Ostiani 36 Inchieste ed educazione per gli adulti P. Volponi 40 Inchiesta e lavoro sociale

R. Caligaro 48 L’ Ente Gestione Servizio Sociale Case per Lavoratori e la ricerca ambientale L.B. 51 Fotografie d’ ambiente

57 Documenti 64 Notizie

70 Estratti e Segnalazioni

Abitazione, famiglia, spazio famigliare - Tempo libero e televisione - Il museo mobile.

Allegati

La riforma fondiaria (2 tavole di Albe Steiner commento di G. A . Morselli)

Documentari: C’era una volta (USIS);

Encyclopédie filmée‘ Lettre A (Ambasciata francese)

Periodico bimestrale redatto a cura del Centro Educazione Professionale Assistenti Sociali sotto gli auspici dell’ UNRRA CASAS Prima Giunta Comitato di direzione: Achille Ardigò, Vanna Casara, Giorgio Molino, Ludovico Quaroni, Giorgio Ceriani Sebregondi, Giovanni Spagnolli, Angela Zucconi - Direttore responsabile: Paolo Volponi - Redattore: Anna Maria Levi copertina di Egidio Bonfante

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A I LETTORI DI CENTRO SOCIALE

« Centro Sociale » ha iniziato la pubblicazione nel settembre del 1954. Come

avviene a tutte le riviste, in ispecie a quelle che si rivolgono a un pubblico particolare e delimitato, ha dovuto agli inizi affrontare non poche difficoltà pratiche, non poche incertezze di impostazione.

Possiamo dire, con il fascicolo doppio n. 5-6, che viene ora a conchiudere il 1955, di essere usciti da una prima fase di sperimentazione, che ci ha con­ sentito di poter saggiare su quale pubblico possiamo contare, di poter constatare che cosa noi siamo in grado di offrire a questo pubblico, con il suo aiuto e con i mezzi modesti di cui disponiamo.

Dopo il numero doppio 5-6 (che porta allegate le tavole n. 8 e n. 9), la Rivista proseguirà a ritmo bimestrale con numerazione progressiva dei fascicoli. Le quote di abbonamento corrisponderanno a 6 fascicoli a partire dalla data del versamento.

Le tavole a colori della serie « Immagini e problemi » verremmo pure pub­

blicate bimestralmente anziché ogni mese, poiché il nostro impianto organizzativo non ci consente un ritmo più frequente.

Le nuove condizioni di abbonamento saranno quindi le seguenti:

— abbonamenti a 6 fascicoli e 6 tavole allegate I** 2.200

— abbonamento a 6 tavole e relative pagine di commento L. 900 Il prezzo di un fascicolo più la tavola allegata è fissato a L. 400 (L. 250 più 150),

il prezzo di una sola tavola con pagine di commento a L. 180.

Per mantenere gli impegni con quanti avevano sottoscritto l’abbonamento a 6 fascicoli e 12 tavole, ai vecchi abbonati verrà inviato il fascicolo n. 7 (con allegata tav. n. 10) considerandolo ancora compreso nella quota versata per soli 6 fascicoli.

A quanti già hanno provveduto al rinnovo secondo le vecchie condizioni (L. 2.300 per 6 fascicoli e 12 tavole), considereremo la quota versata come corri­ spondente a 6 fascicoli a partire dal n. 8 anziché dal n. 7.

Il nostro lavoro procede accompagnato da crescenti consensi — e da critiche

frequenti e costruttive — che ce ne confermano la vitalità.

Ringraziamo quanti ci sostengono, invitiamo tutti coloro che solo saltua­ riamente si sono avvicinati a noi ad aiutarci con un più stretto impegno di collaborazione.

LA REDAZIONE

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La mia contrada

« La mia contrada si chiama contrada Perolla ed è comune di Savoia

di Lucania, Potenza. Questa contrada è costituita di case sparse e trovano

la stabile dimora oltre cinquanta fam iglie di agricoltori, o dire meglio

contadini.. Le case sono form ate una porzione di sottani e soprani ed il

resto anche solo sottani o sottano. Un vano è certamente tenuto per uso

stalla, un altro per cucina, sala da pranzo, camera da letto e magazzinetto

un altro ancora (chi c’è la) tiene qualche altro letto, poiché ho da dire che

le famiglie sono numerose, composte da cinque a dieci persone, di più tiene

qualche altra robba varia. In molte di queste case abitano due famiglie, il

padrone diretto o indiretto ed un suo figlio o figlia, perché essendosi sposati

non ha avuto dove andare ed è naturale che non poteva stare in mezzo ad

una via, ed allora il padre gli ha concesso un vano della sua casa. Le cucine

sono tutte affumigate, dall’abbondante fumo prodotto dalle fascine verdi

e umide che si bruciano per cucinare e per riscaldare. In questa contrada

anche queste fascine per produrre il fumo molto spesso vengono a mancare,

poiché non c’è un immenso bosco, anzi c’è una piccola estensione di zona

boscosa di proprietà del comune, ma il prodotto di questa è di gran lunga

inferiore al bisogno della popolazione ».

« L’acqua potabile per la popolazione e per i loro animali, a varie

famiglie riunite manca pressapoco come la legna da bruciare; difatti sulla

strada mulattiera che parte da Picerno, attraversa la Perolla e va a Savoia

di Lucania, quasi al centro della contrada c’è un po’ di acqua potabile, ma

non è costruita. Qui ci sono due rischi in due 'tempi, per le nostre povere

donne che vanno a prendere l’acqua. In Inverno la grande quantità di fanchi

corre il rischio che qualcuna sprofondi fino alle ginocchia; poiché di sovente

portano i zoccoli di legno così chiamati e non le scarpai e quindi qualche

volta gli succede che non si possono neanche ritirare alle proprie case

avendo perduto nel fango i detti zoccoli, oppure ritirarsi scalze, come

successe a mia moglie l’altra sera. In Estate invece si capisce, i fanchi sono

prosciugati dal sole abbastanza caldo, ma questo gran astro celeste in

questa stagione prosciuga anche l’acqua potabile e per prenderne un barile

ci vuole un po’ di pazienza, ma le nostre donne che nell’Estate anch’esse

lavorano tanto per la campagna, la sera si ritirano di regola un po’ dopo

del tramondo del sole. Arrivati a casa chi ha lasciato i propri figli la mat­

tina da qualche zia o nonna che essendo vecchia non va più per la campagna,

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se li va a prendere; altre hanno i figli più grandi e la mattina gli hanno

(Ulto da pascolare qualche pecora o capra, o maiale, e la sera prima che

si oscuri la mamma si assicura che il figlio si sta ritirando. Dopo le donne

preparano la cena ai loro congiunti che ancora non sono rientrati dal

lavoro, ma nello stesso tempo non dimenticano di far trovare a questi un

po’ di acqua fresca e prendono un barile e vanno per riempirlo a quella

fontana che poc’anzi ho detto che in Inverno ci sono molti famchi ed in

Estate manca l’acqua in essa; si avvicina il secondo pericolo per le nostre

donne come dicevo perché davanti le f ontane già si sono riunite quasi una

diecina di cliente fisse per prendere l’acqua ma intanto il getto è piccolis­

simo e i barili non si riempiono subito. Le donne vogliono riempire una

prima dell’altra; chi perché spetta a lei come turno, chi dice che spetta

a lei perché è più lontana, urialtra dice che ha i bambini che piangono a

casa, urialtra ancora dice che si ritira suo marito e la bastona perché non

ha trovato la cena preparata. Le donne hanno tutte ovvie raggioni da parti

loro ma purtroppo qualche volta vengono alle mani e si tirano fortem ente

i carpelli ».

« La nostra produzione è soprattutto di grano, (patate), orzo, abbiada,

legumi e un po’ di formaggio, il quale non possiamo chiamarlo ne pecorino

ne caprino poiché il latte è mischiato anche con quello delle vacche. Quasi

tutte le f amiglie tengono un paia di vacche per uso di lavoro, un asino per

uso di qualsiasi trasporto e un maiale il quale dopo ingrassato si ammazza

e serve per uso di famiglia, eccetto i prosciutti e qualche poco di salsiccie

perché si vendono senz’altro. Inoltre hanno qualche casa e un po’ di pecore,

il gregge più numeroso può arrivare a trenta pecore, però di questi greggi

ce ne sono solo tre o quattro, altri minori sono form ati anche di un numero

inf eriore a dieci ».

« I cibi di questa popolazione sono: il pome di grano un po’ ordinario

che si conf eziona in casa di ogni f amiglia quasi una volta al mese di Inverno

specialmente: le patate come il più importante companatico. Come generi

di minestra, le lenticchie, i ceci, un po’ di fagioli ed anche di verdura. Nella

settimana delle volte si fanno le tagliatelle in casa e si cucinano inseme a

questi generi esclusa l’ultima. La Domenica ed altre f este si mangiano i

maccheroni di casa fatti dalle nostre donne conditi con lardo salse e

formaggio, piatto unico, ma a sazietà.

Questa popolazione, per vestirsi compra nelle fiere dei paesi citati ed

altri indumenti usati, civili e militare, gli uomini specialmente. Però tutti

tengono un vestito di velluto ben conservato per quando vanno in paese,

sebbene si va solo quando è proprio necessario che non si può fare a meno.

Calzano scarpe da montagna che hanno il peso di oltre due chili; non tutti

ne hanno un paio leggieri per quando vanno in paese. Il materasso su cui

dormono questi individui è pieno di foglie di granturco.

(6)

In Inverno le nostre attività sono ferm e nei nostri campi perché il

tempo in genere è sempre cattivo, non si fanno desiderare: l’acqua la neve

e il freddo. L’unico pensiero è di trovare un po’ di fascine per il fuoco e di

custodire qualche animaluccio. La sera si consuma la frugale cena in

famiglia verso le ore 18. Dopo le_ donne con i ferri fanno un po’ di calza

di lana, non tutte le sere certamente e prima delle ore venti si va a dormire.

Difficilm ente si fanno e si hanno visite in queste sere perché di notte le

strade sono impraticabili e quindi è scomodissimo a camminare ed anche

per il fatto che vicino al fuoco non si può stare in molti perché è poco e si

assaggia il freddo; invece si va a dormire, sicuro che si sta caldo sino verso

le sette ».

« In questa contrada quando si celebra il matrimonio si va a Savoia

di Lucania cioè da camminare per oltre tre ore. Si spera sempre che in

questi giorni che si celebrano i matrimoni non sia cattivo tempo, perchè se

piove povera sposa, il suo abito di verginità non lo ritira a destinazione;

ed anche poveri invitati che in queste occasioni ha/nno indossato il migliore

vestito e quindi lo sciupano. Quando nasce un bambino anche di notte

tempo, il povero marito corre subito a chiamare sua madre e la madre della

moglie o qualche vicina di casa per compagnia della parente. Dopo corre

subito a Savoia, o a Picem o per chiamare l’ostetrica, ma quando questa

arriva la donna già ha dato alla luce il suo bambino essendosi messa in

mano di Dio. Non sempre quest’operazione riesce bene parché delle volte per

ritardo dell’ostetrica muoiono mamma e figlio. Quando si fa il Battesimo

di questi bambini si va in genere lo stesso a Savoia oppure a Picem o. Anche

in questo viaggio povere donne che devono portare la culla in testa ed

anche povero neonato che dalla più piccola età incomincia ad avere questi

strapazzi. Lascio immaginare come é questo viaggio se essendo partita da

casa la comitiva del Battesimo si scatena un forte temporale. Quando muoia

qualcuno che non si è fatto in tempo a ricoverarlo nel paese, si uniscono

quasi tutti gli abitanti di questa contrada ed anche di altre contrade, e lo

trasportano su di una branda verso il paese; anche in quest’altro viaggio

si prega Iddio affinché non faccia fare un cattivo tempo perchè se nò si

teme che ne muoia anche qualche altro per strada. Questi righi ho scritto

di sera, dopo il lavoro, ma la mattina mi sono trovato gli occhi, il naso e

tutto il viso affumigato dal fumo di petrolio perchè qui si usano luce a

petrolio ».

(dal quaderno di un allievo dei corsi per adulti istituiti dall’Unione Nazionale per la Lotta contro l’Analfabetismo nei suoi Centri di Cultura Popolare).

(7)

Le inchieste sociali

di Ludovico Quaroni

I. Noi non sappiamo se l’uomo, nei tempi più remoti, risolvesse

bene, e facilmente, quei pochi ma grandissimi problemi di fronte ai quali

10 poneva la scelta di una vita che aveva accettato, al di sopra quasi delle

leggi naturali dell’istinto, le regole più semplici ma più mutevoli elaborate

dal suo cervello. Quello che conosciamo delle società più primitive, antiche

e moderne, è un intrico di praticissime norme di chiara derivazione

razionale e di dogmi ermetici nei quali non è possibile distinguere facil­

mente quanto appartenga alle tradizioni d’un onesto esoterismo e quanto

invece sia dovuto alla calcolata astuzia delle caste detentrici del potere.

E’ certo tuttavia che il progresso che trasformava la società poneva

questa di fronte alla necessità di risolvere sempre problemi nuovi, più

complessi e più diffìcili dei precedenti ; ma la lentezza con la quale questa

trasformazione avveniva era tanto grande, da lasciare ad ognuno tutto

11 tempo necessario per conoscere e comprendere la opportunità del cam­

biamento, e da determinare quindi l’automatica, quasi incosciente crea­

zione dei mezzi più convenienti al superamento della crisi.

II. Col passare del tempo, però, la velocità di progresso si è fatta

sempre più forte, la realtà dei problemi sempre più difficile a compren­

dere — per la loro quantità e la loro complessità — , la loro risoluzione

più ardua.

Il principio della divisione del lavoro, che fino a quel punto era stato

impiegato quasi esclusivamente per diminuire la fatica fisica e sfruttare

meglio le abilità manuali e le esperienze di lavoro del contadino e del­

l’artigiano, viene introdotto sistematicamente per risolvere i problemi

tecnici e scientifici d’ordine superiore. Si crea così, dall’università e dalla

bottega, l’istituto di ricerca scientifica e la scuola di specializzazione : è

nato il mondo attuale. Si sono potuti così separare, per una più profonda

analisi, i vari termini del discorso che stava proponendo la civiltà che

progrediva, ed è stato possibile creare una metodologia appropriata per

ogni studio di settore, nel campo della scienza pura come in quello della

tecnica.

III. Il razionalismo aveva dunque fornito contemporaneamente la

chiave per raggiungere i fini e per creare i mezzi, nella moderna ricerca

della verità e nell’appagamento di questo desiderio umano di un possibile

miglioramento verso una felicità irraggiungibile, ma la sostituzione del­

l’armonia spontanea con l’armonia cosciente, dell’adeguamento naturale

con l’adeguamento razionale scientifico, non poteva avvenire nel giro di

pochi anni : occorreva una lunga serie di errori, e tutte le tristezze che

ne sono derivate all’umanità, prima che ci si accorgesse che qualche cosa

funzionava male. Quella maniera primitiva di sfruttare in modo intensivo

le capacità del cervello umano conduceva ad una visione sezionale dei

problemi, ed ha praticamente distrutto, almeno fino ad oggi, quella visione

d’insieme che era stata mantenuta nei tempi più antichi e che era con­

(8)

dizione necessaria perché le risoluzioni parziali si inquadrassero in un

sistema di equilibrio vitale.

Praticamente tutto questo significava per tutti il distacco dalla realtà

dei problemi che non fossero quelli, angusti e particolari, del campo di

ricerca e d’azione specifico d’ognuno ; significava, accanto alla straordinaria

capacità scientifica degli uomini degli ultimi tre secoli, la infantile cul­

tura superficiale dell’uomo della strada che era stato privato, in cambio

del saper leggere e scrivere, d’ogni visione spirituale e poetica del mondo,

e d’ogni capacità di concepire l’interesse per la vita della società che non

fosse la pura difesa, attraverso i partiti, dei propri diritti, si trattasse

di privilegi o di speranze; significava, di conseguenza, una direzione

politica delle nazioni quale poteva nascere dai voti, dagli entusiasmi e

dalla sopportazione di quell’uomo della strada; significava, infine, l’inari-

dimento dell’uomo appresso ai soli problemi tecnici del conoscere, e la

confusione totale, nella cultura come nella politica e nella vita d’ogni

giorno, dei mezzi con il fine, e la conseguente perdita d’ogni profondità

meditativa, d’ogni solido carattere morale, d’ogni capacità di discerni­

mento fra la verità, la sostanza delle cose, e la loro falsa visione specu­

lare : la retorica.

Oggi abbiamo a nostra disposizione, almeno in teoria, un mare di

mezzi particolari, di conoscenze particolareggiate, di possibilità potenziali

di ricerca, di forze materiali soggiogate, che tuttavia non siamo maturi

per sfruttare a quei fini di miglioramento e di felicità di cui si stava

parlando. Incapaci di coordinare le nostre e le loro azioni abbiamo finito

solo per sostituire, all’abbrutimento del passato, una nuova forma d’igno­

ranza e di bestialità. Malgrado l’enorme progresso realizzato nella pro­

duzione, malgrado le malattie vinte, le distanze annullate o quasi, l’istru­

zione diffusa, la fatica fisica teoricamente ridotta a nulla, i due miliardi

di persone che costituiscono l’umanità seguita a soffrire, e non soltanto

per mancanza di speranza e di fiducia. Gli squilibri, la grettezza, la poca

intelligenza nel lavoro e nell’amministrazione, il permanere di leggi e di

regole in contrasto colle attuali concezioni della vita, rendono in gran

parte inoperanti tutti i benefici del progresso tecnico.

IV.

Nei tempi più recenti, tuttavia, la speranza sta fugando la triste

visione di un mondo rovinato dallo stesso progresso. Sono state le cate­

gorie più sensibili ai problemi economici che hanno compreso le ragioni

dello squilibrio ed hanno risolto, ognuna nel settore di specifica compe­

tenza, il loro problema parziale. Per la produzione, artigianale o agricola

che fosse, si era organizzati, all’origine, solo su scala familiare, e fra i

soli componenti la famiglia patriarcale, d’altra parte molto grande, veni­

vano divisi il lavoro e i frutti del lavoro, che interessava tutti i prodotti

che necessitavano alla vita della famiglia stessa, e l’equilibrio produttivo

era di conseguenza apparentemente automatico, spontaneo e naturale,

impegnando lo studio delle variazioni opportune, nella quantità e nella

qualità, tutto il lungo tempo nel quale i vari membri della famiglia stessa

si trovavano a conversare insieme : sul lavoro, nel riposo, al desco e nei

lunghi ozi nei quali era costretta gran parte dell’inverno. In un tempo

successivo, diminuito l’isolamento della famiglia ed aumentate le possi­

bilità di produzione, la specializzazione aumenta, e si produce anche per

ottenere un certo scambio di merci con altri ; ma si produce quasi sempre

dietro richiesta, o per lo meno si mantiene automatico l’equilibrio fra

(9)

produzione e smercio. In un terzo tempo la produzione si rende indipen­

dente dai consumi familiari, e si orienta tutta verso l’organizzazione

razionale del lavoro, onde diminuire al massimo tempi e costi, e migliorare

il prodotto : è il tempo del passaggio dall’artigianato moderno alla piccola

industria, e poi via via, in uno slancio di ottimismo, verso forme sempre

più selezionate, specializzate, industrializzate di fabbricazione. Ci si basa

proprio sulla produzione a grande scala e sulla fiducia cieca nel progresso,

nella libertà degli scambi, nell’integrazione a scala mondiale: un paese

dovrà specializzarsi nell’industria pesante, un altro nella meccanica di

precisione, un terzo nei manufatti, un quarto nei prodotti agricoli, e così

via. Ma ogni eccesso d’ottimismo è destinato alle delusioni : la visione

sezionale del problema aveva dimenticato che la produzione deve andar

d’accordo con la richiesta e con gli altri parametri dell’equazione : indi­

rizzo politico, materie prime, mano d’opera, concorrenza, benessere o

miseria, propaganda e commercio sono, con tante altre, le forze che, sia

pure indirettamente, determinano le possibilità di produzione. E allora

ecco gli industriali organizzarsi per la integrazione del processo di

richiesta-produzione-vendita : si impiantano i centri di studio che da una

parte studiano le possibilità di mercato e dall’altra le caratteristiche della

produzione futura, sempre guardinghi e attenti ad ogni cenno di stan­

chezza, di chiusura, di concorrenza; e accanto alla organizzazione per la

produzione si pone quella per le vendite e per la propaganda.

In questi quattro o cinque tempi si è conclusa l’esperienza produt­

tiva, almeno per quanto s’è fatto fino ad oggi : da una economia a scala

familiare, integrata, e cioè organizzata in modo completo in tutto il suo

ciclo, ma ancora spontanea e semplicissima, si è passati, dopo varie espe­

rienze, alla integrazione razionale, cosciente, e su scala più grande, ade­

guata alle esigenze che variano da un luogo all’altro. La specializzazione

che aveva permesso una maggiore perfezione è stata corretta dalla visione

generale del problema, dalla sua organizzazione scientifica.

V.

Come è stato possibile tutto questo? Evidentemente l’intelligenza

degli industriali, stimolata dall’interesse, è stata condotta a conoscere il

problema, a comprenderlo, a sentirlo, ed infine a risolverlo con una tra­

sformazione, con uno sviluppo dell’organizzazione. Evidentemente i mezzi,

per questa coscienza e questa azione, sono gli stessi che avevano prodotto

i guai che la pianificazione voleva eliminare, sono gli stessi che noi

abbiamo a disposizione per risolvere in modo analogo tutti i coordina­

menti e tutte le riorganizzazioni di cui abbiamo bisogno, e che non diffe­

riscono, nella sostanza di fondo, da quelli che le derivazioni, recenti e

remote, del razionalismo cartesiano ci hanno fornito per distruggere,

attraverso la necessaria divisione del lavoro nel campo tecnico e scien­

tifico, l’unità della cultura, la conoscenza e la coscienza dei problemi comuni

a tutti gli uomini, per distruggere le strutture, difettose quanto un tempo

vitali, d’una società che è morta. Gli stessi mezzi sono il male e la medi­

cina : è una caratteristica, questa, comune ad ogni cosa umana.

Nel nostro caso questi mezzi polivalenti si chiamano, in generale,

pensiero logico, razionalità, capacità di analizzare i problemi con l’animo

sgombro da preconcetti e da schematismi astratti. In particolare, nel

considerarli lo strumento nuovo che abbiamo per affrontare finalmente

in modo adeguato quei problemi di coordinamento che il mondo ci ha

posto oramai da tempo, si chiamano metodi della tecnologia scientifica,

(10)

ma si chiamano anche meglio storicismo e pensiero critico, e vanno

ugualmente applicati in tutte le fasi dell’opera di trasformazione. Si tratti

della ricerca e dell’esame della realtà presente, in un settore qualsiasi, al

fine di individuarne i punti deboli, si tratti della formulazione o della

applicazione delle azioni destinate a trasformare, per l’avvenire, la realtà

stessa verso lo sviluppo, si tratterà sempre dello stesso atteggiamento,

della stessa disposizione di spirito, della stessa filosofia : la filosofia critica,

a qualunque corrente vada applicato questo aggettivo.

La cosiddetta pianificazione, dunque, consiste nel prendere in esame

le cose come sono, fino ad acquisirne una chiara, profonda conoscenza,

fino a sentirle, a scoprirne le interazioni, risalendo ai loro perché ultimi,

ad individuarne i punti più importanti ed i lati facilmente aggreditali,

suscettibili, senza conseguenze dannose, d’una trasformazione-, e succes­

sivamente nel creare un programma di interventi adatto appunto a realiz­

zare, direttamente o indirettamente, la trasformazione voluta, nella con­

vinzione che dal progresso ci si deve aspettare appunto un miglioramento,

assoluto o relativo, della situazione, e che tale miglioramento non potrà

mai essere duraturo e concreto fin tanto che non sia stata rimossa la

causa prima dei difetti e dei mali.

VI.

Pianificazione e pianificare sono termini che nell’uso corrente

sono riservati ad alcune soltanto delle azioni del genere, e particolarmente,

per una certa qual priorità, a quelle che si operano o si dovrebbero operare

nel settore tecnico-economico. Ma è chiaro che non esiste differenza

sostanziale fra le necessità di coordinamento delle azioni in questo o in

altri settori della vita dell’uomo. Nell’economia come nella politica, nei

lavori pubblici come nelle trasformazioni sociali, nell’educazione come in

ogni altro campo, è necessario procedere con la mentalità del pianifica­

tore. Non basta più a nessuno, oggi, garantirsi dagli errori di giudizio

solo attraverso una massiccia, quanto debolmente fondata, convinzione

personale, come non possono più bastarci la buonafede, la fiducia in noi

stessi e la volontà d’azione a tranquillizzarci sulla riuscita d’una nostra

attività di trasformazione. Ci occorre qualcosa di più, una sicurezza mag­

giore, un controllo maggiore del processo logico, delle deduzioni d’analisi,

ed un vaglio a priori degli effetti, diretti e indiretti, di primo di secondo

di terzo grado e così via nella progettazione delle azioni di intervento.

Né possiamo solo dormire tranquilli per il fatto che nell’organizzazione

del nostro lavoro sono entrati, quasi per inerzia, alcuni mezzi moderni

di ricerca, ché matematica e statistica, macchine calcolatrici e selezio­

natrici di schede, cibernetica ed altre cose consimili finirebbero per com­

portarsi come un fucile carico nelle mani di un bambino, qualora non

fossero usate colla necessaria responsabilità scientifica, e si pretendesse

da loro, in luogo delle prove, delle risoluzioni, delle dimostrazioni, dei

controlli e delle giustificazioni che possono dare per affiancare il lavoro

del nostro cervello, la sostituzione addirittura di quest’ultimo proprio nelle

sue possibilità d’intendere e di volere. Pianificare non significa solo spen­

dere le energie necessarie alla esecuzione della trasformazione, ma anche,

e soprattutto, spendere le energie (tempo, intelligenza, organizzazione,

denaro) necessarie allo studio approfondito della pianificazione stessa.

Per arrivare a coordinare tutte le parti di una realtà in modo armonico,

cioè secondo un piano, bisogna sapere cosa si vuole e come sia possibile

arrivare ad ottenerlo; sapere cosa si vuole significa avere un’idea del

(11)

mondo quale dovrebbe essere, ed essere disposti a formare, ad usare certi

mezzi politici, amministrativi, civili (leggi, organismi, educazione). Ma

tutto questo non servirà a nulla se non partiremo dalla realtà qual’è,

studiandola e « vivendola » tanto da sentirci noi parte di essa, o sentirla

cosa nostra, che è lo stesso : ogni azione, ogni intervento sarebbe, in questo

caso, il frutto sterile di una posizione distaccata, di una mancata parte­

cipazione. La conoscenza della realtà presente, lo studio del terreno nel

quale si dovrà portare l’azione, i metodi e i mezzi relativi, la genialità

nella enucleazione finale sono già essi, nella vera sostanza, la pianifica­

zione, e come non ha senso condurre una inchiesta sociale che non sia

collegata, sia pure indirettamente, sentimentalmente, ad una azione di

pianificazione, non può esistere nessun « piano » serio che non contenga,

almeno implicitamente, una analisi ed un giudizio sulla situazione che il

piano si propone appunto di modificare.

VII.

Le espressioni indagini sullo stato di fatto, ricerche statistiche,

ornatisi della situazione reale, inchieste sociali, sono altrettanti modi di

indicare con maggiore o minore esattezza, le operazioni relative alla prima

fase, analitica, della pianificazione (1). Evidentemente nessuna di esse è

così generica da poter esser utilizzata ad esprimere in linea teorica e

generale ogni studio o lavoro che intenda realizzare appunto quei fini di

conoscenza d’una realtà che interessi la pianificazione, in qualunque set­

tore questa sia voluta ; mancando tuttavia ogni più appropriata ed univer­

sale convenzione, noi ci ridurremo, d’ora in poi, ad usare l’ultima citata,

inchieste sociali, come termine generico.

Vogliamo insistere, per quanto possa sembrare strano a qualcuno,

nel richiamare l’attenzione sul fatto che 1’« inchiesta sociale » è termine

legato indissolubilmente all’altro di pianificazione : e la ragione di questo

va cercata, come abbiamo detto, nel fatto che noi non riusciamo a con­

cepire l’analisi della realtà al di fuori dell’uso che se ne può fare, diretto

e indiretto, nella trasformazione. Anche nel caso, abbastanza frequente,

di inchieste sociali fatte solo allo scopo di studiare una metodologia di

rilevamento, si deve pensare che si tratta d’un lavoro che tende a fornire

i mezzi scientifici per la conoscenza della realtà, e che quindi finisce per

servire allo scopo. Le stesse attività, del resto, per le quali più spesso

si conducono inchieste sociali, consistono, nella sostanza, in una program­

mazione di interventi che possiamo, a buon diritto, considerare una vera

e propria pianificazione; e forse un uso più corrente di questo termine

finirebbe col dare maggiore senso di responsabilità a chi di quelle cose

si occupa.

V ili. E’ un campo nuovo di ricerche, questo, ed è quindi perfetta­

mente giustificata la mancanza di qualsiasi letteratura didattica di impo­

stazione generale, di vasto respiro, che esca dal microclima d’una ricerca

particolare. La sua stessa origine moderna e critica, del resto, spiega la

mancanza della sistematica relativa, che pure ha segnato nel passato il

primo passo d’ogni scienza; il principio di flessibilità che la caratterizza

è contrario per sua natura ad ogni chiusura, e tanto più alla rigidezza

delle classificazioni.

(l) Saranno ugualmente usati come sinonimi, a tutti gli effetti, i termini di «analisi», «inchiestane «indagine» anche se per certi autori sarebbe opportuna una esatta distinzione nelle singole accezioni.

(12)

Negli ideali di questa attività dovrebbero trovare posto l’apertura

senza limiti, il respiro vasto e profondo, lontano da qualsiasi schema,

nella concezione generale, nell’impostazione di questo lavoro che vorrebbe

mantenere sempre giovani e vive certe sue qualità d’intuito creativo; ma

accanto a questi dovrebbero essere gli opposti ideali di rigore scien­

tifico, di esattezza matematica, di precisione assoluta nei controlli, da

rispettare invece nel condurre avanti, sul piano concreto della metodo­

logia, la ricerca stessa, per ritornare poi alla libertà intuitiva nella fase

conclusiva di giudizio, ma solo per integrare questo nei punti lasciati in

bianco dalla elaborazione scientifica dei dati raccolti.

Proprio per questa « grandezza » di ideali, la realtà delle inchieste

sociali che fino ad oggi ci possono essere cadute sotto gli occhi può facil­

mente dare un senso di ingenuità, se non addirittura di superficialità.

Ma occorre distinguere l’ingenuità di certe inchieste che sono superficiali

solo perché non sono ancora provvedute nello sviluppare in modo adeguato

una impostazione seria e tutt’altro che ingenua, dall’ingenuità stupida,

di fondo, di certi altri studi, che viceversa vorrebbero nascondere, proprio

dietro un’opulenza dotta di diagrammi, di grafici, di tabelle e di formule,

la sostanziale mancanza d’ogni impostazione intelligente, la totale assenza

d’immaginazione e d’amore, di senso della poesia del mondo.

Potrà giovare, tuttavia, fare qualche osservazione sulle principali

caratteristiche di questo lavoro delle inchieste sociali, che è, come abbiamo

detto, il modo moderno d’orientare metodologicamente la ricerca sulla

realtà sociale; e queste osservazioni riguarderanno quindi i firn dell’in­

chiesta, i suoi limiti, i metodi di rilevamento, i mezzi di espressione e

Yelaborazione dei dati', la fase finale, infine, di giudizio.

IX.

Prima d’ogni altra cosa, occorre che sia precisato con molta chia­

rezza il fine che l’inchiesta sociale si propone di raggiungere. Questo

perché l’inchiesta deve essere sempre adeguata al suo fine, e occorre

prevenire il consueto pericolo di confusione fra fine e mezzo : potrà anche

darsi che una stessa metodologia parziale possa servire in più casi, ma

è certo che, cambiando il fine, è anche necessario, il più delle volte, cam­

biare il metodo, e che lo stesso fine generale può richiedere, in casi diversi

di applicazione, metodi diversi.

Se si eccettua il caso limite d’uno studio scientifico fatto esclusiva-

mente a scopo d’esercitazione metodologica (1), le inchieste sociali sono

programmate, di solito, in funzione di uno scopo concreto, che tuttavia

non sempre è presente con la necessaria limpidezza alla coscienza delle

persone che l’inchiesta stessa debbono condurre : queste hanno il dovere,

quindi, di sforzarsi nel mettere bene a fuoco la situazione, che si potrà

sempre ricondurre ad uno dei casi seguenti :

a) inchiesta che ha per fine quello di schedare, di ordinare sem­

plicemente una situazione, per aver pronto in qualsiasi momento un mate­

riale statistico già elaborato o da elaborare secondo necessità future ;

b) inchiesta diretta ad individuare, attraverso una analisi generale

della situazione, quali siano i caratteri della realtà esaminata che pos­

sono essere ritenuti normali, ai fini della pianificazione prevista, e quali

invece patologici;

(l) Come nel caso delle note opere Paris et /’agglomération parisienne, di Chombart de Lauwe (Parigi, Presses Univer­ sitaires, 1952) e Une ville française moyenne - Auxerre en 1950, di Ch. Bettelheim e S. Frère (Parigi, ed. Colin, 1950).

(13)

c) inchiesta effettuata per misurare la portata di un fenomeno già

individuato qualitativamente ; si basa principalmente sulle moderne disci­

pline dell’economefnu e della sociometría (misurazione dei fatti economici

e dei fatti sociali);

d) per verificare una ipotesi, per controllare alcuni dati poco atten­

dibili, per integrare una inchiesta già eseguita sommariamente;

e) per possedere i dati necessari alla dimostrazione di una tesi.

X.

Una volta precisato il fine, l’inchiesta dovrà essere definita nei

suoi limiti, che del fine sono la derivazione immediata, se non addirittura

una più esatta e concreta espressione.

Potremo avere bisogno, infatti, a seconda del fine che ci siamo pro­

posti, di una analisi solo qualitativa, ovvero dovremo approfondire la

ricerca fino a determinare, come s’è detto prima, la dimensione precisa

dei fenomeni studiati.

Potremo doverci preoccupare solo di rilevare le strutture fisiche e

la realtà materiale di un certo territorio (come nel caso di indagini sulle

abitazioni, sulla delinquenza, o sul reddito), ovvero potremo studiare quella

realtà attraverso gli atteggiamenti ed il comportamento della popolazione,

ovvero ancora potremo doverci spingere più a fondo, fino ad individuare

le cause di quella tale realtà fisica o di quel comportamento.

Essendo caratterizzata l’inchiesta sociale, in qualsiasi forma si pre­

senti, dall’idea di rapporto, di rapporto fra due o più dimensioni della

realtà, dovremo far ricorso, sempre o quasi, ad un confronto nel tempo

o ad un confronto nello spazio. Più spesso sarà necessario avere insieme

le due cose : storia e geografia, giacché è raro, rarissimo, il caso d’una

inchiesta che non abbia bisogno di termini di paragone. Anche in un

caso simile, del resto, sarebbe errato parlare di cifre assolute : eviden­

temente i termini di riferimento sono già nell’esperienza d’ognuno. Le

dimensioni di un fenomeno (1) non bastano, da loro stesse, a segnalare

la presenza o meno d’una situazione patologica : è solo il confronto con

altre realtà che conferisce loro tale potere essenziale (p. es., il confronto

con la media nazionale, con il massimo ed il minimo nazionali, con le

dimensioni dello stesso fenomeno in località legate con il soggetto della

inchiesta da affinità dimensionali, storiche, o geografiche).

Le realtà di soggetto, di spazio e di tempo, del resto, non sono pre­

senti nell’inchiesta solo come elementi di confronto, ma anche, per neces­

sità pratiche, come limiti di studio : costruire la curva d’accrescimento

d’una popolazione, e cioè confrontare fra loro le qualità nei diversi anni

ed osservare, con tutti gli artifici d’una statistica raffinata, come si muove

la curva stessa per desumerne constatazioni importanti agli effetti della

prevista pianificazione, è un’operazione che deve essere contenuta, perché

possa essere economicamente giustificata, entro certi limiti di tempo.

Nella definizione dei limiti dell’inchiesta rientra anche, quando sia

il caso, la scelta fra un’inchiesta che prenda in esame, per studiare un

determinato fenomeno, tutte le unità statistiche (persone, abitazioni,

vei-(l) Usiamo il termine « fenomeno » in senso gnoseologico, ad indicare tutto ciò che avviene e che può essere osservato; quindi come sinonimo di « fatto ».

(14)

coli, ecc.) che compongono quello che si chiama universo, cioè l’insieme

delle unità interessanti l’inchiesta, e, all’opposto, un’inchiesta che limiti

le indagini ad una aliquota parziale, ad un campione dell’universo, scelto

in modo tale che risulti realmente rappresentativo di quest’ultimo.

Una simile operazione richiede, di solito, l’uso di speciali precau­

zioni d’ordine metodologico. Le scienze statistiche moderne sono oggi arri­

vate a studiare certe cose con un grado di approssimazione avanzatissimo,

ma per far questo si debbono basare su considerazioni ed applicazioni

matematiche di grado superiore. Ad evitare gli errori banali nei quali

sarebbe facile incorrere servendosi solo del buon senso e delle qualità

logiche comuni è necessario quindi l’intervento di un esperto di scienze

statistiche.

XI.

Lo stesso discorso di metodologia si dovrebbe fare per quanto

riguarda la scelta opportuna dei metodi di indagine, anche se in questo

caso è escluso il linguaggio matematico, e non può quindi soccorrere

l’esperienza metodologica di uno statistico. E’ necessaria, per questa fase

dell’indagine, un’esperienza diretta della materia; a poco valgono, coi

loro angusti e particolari confini mentali, i testi di metodologia della

inchiesta che sono stati fino ad oggi pubblicati (1), né è possibile sosti­

tuir l’aiuto del manuale con quello del modello d’inchiesta pubblicata,

come spesso si è portati a fare. Questo genere di lavoro è così nuovo,

nelle esperienze e nel modo di trasmetterle agli altri, che sarà diffìcile

trovare qualche cosa che possa essere chiaramente compreso nella sua

metodologia, che possa considerarsi ancora valido e non superato dopo

solo un anno dalla pubblicazione.

Esistono diverse possibilità di conoscere la realtà di un fenomeno :

ci si può contentare dell’osservazione esterna delle cose, e tradurla in

quello che si chiama uno studio d’ambiente, che è la forma più evocativa

e letteraria dell’inchiesta, usata spesso dai giornalisti, particolarmente

opportuna quando non vi siano tempo e mezzi a disposizione e si miri

più che altro a richiamare l’attenzione di un determinato ambiente sulla

realtà d’una situazione. E’ questo, tra l’altro, il modo col quale si dovrebbe,

a nostro parere, cominciare sempre una inchiesta, anche se le intenzioni

sono quelle di condurre le cose molto in profondità. Lo studio d’ambiente

corrisponde all’abbozzo d’un quadro o al progetto di massima per una

architettura o un’opera d’ingegneria : dà la possibilità di una rapida

impostazione, di un rapido controllo dei fatti principali e dell’equilibrio

generale.

Ma volendo un lavoro più approfondito sarà necessario abbandonare

il fascino di questa visione sintetica a priori verso l’inchiesta vera e

propria. Il modo più rapido di procedere con un certo rigore è quello

della cosiddetta inchiesta indiretta, che consiste nel reperire, collegare ed

elaborare insieme i dati, statistici o meno, che sono già stati raccolti, per

altri fini da enti ed autorità diverse. Meno rapido, ma più sicuro, è invece

il metodo della inchiesta diretta, che consiste nel reperire i dati partendo

(15)

direttamente dalla base, cioè esaminando o intervistando direttamente le

singole unità statistiche dell’universo o del campione.

E’ chiaro che questo secondo sistema, che è il più diffuso, necessita

di tutta una preparazione metodologica che va dalla ideazione dell’inchiesta

e dalla definizione dei limiti, alla preparazione del personale necessario

al rilevamento (che non sarà sempre specializzato, ma dovrà sempre essere

addestrato per il lavoro specifico), alla organizzazione dei controlli e del

centro di raccolta dei dati ed alla elaborazione degli stessi. Preparazione

tutta centrata sull’elemento principale del rilevamento, che è la scheda,

la quale potrà essere solo una traccia, una guida al colloquio o al rileva­

mento perché l’inchiestatore non dimentichi qualche elemento importante,

ovvero potrà essere, come è nella maggior parte dei casi, una serie di

interrogativi che vogliono una risposta sulla scheda stessa. E questa

potrà esser compilata rispondendo per esteso alle singole domande, ovvero

tutto potrà ridursi ad un sistema di caselle da annullare, da indicare o

da numerare, con maggiore sicurezza statistica, maggiore proprietà

(spesso le schede vanno riempite in piedi, all’aperto, o comunque in posi­

zione scomoda), maggiore rapidità e possibilità di quasi automatica dedu­

zione di punteggi, di indici e di valori, di rapido trasporto dei dati e

dei punteggi sulle schede e sulle tabelle riassuntive per la elaborazione

finale, statistica e sociologica. La scheda potrà essere studiata, a seconda

delle circostanze nelle quali avviene l’intera inchiesta, perché possa essere

riempita direttamente dall’interessato (l’unità statistica di rilevamento),

ovvero possa essere riempita dall’inchiestatore, in presenza, o meno, del­

l’interessato.

Un terzo genere, intermedio, di inchiesta è quello che si potrebbe

chiamare della inchiesta semidiretta, e che consiste nel raccogliere gli

elementi per il giudizio attraverso l’intervista con un certo numero di

persone che conoscono l’ambiente per l’esperienza diretta derivante loro

dalla funzione sociale specifica (es. : il sindaco, il segretario comunale, il

parroco, il comandante la stazione dei carabinieri, la maestra, il medico

condotto, ecc., quando si tratti di cose che interessano un piccolo comune).

Evidentemente una inchiesta di tale genere non potrà mai darci dei dati

numerici, e comunque non sarà mai possibile attribuirle un valore scien­

tifico, ma potrà essere sempre un buon commento complementare ad altri

tipi di inchiesta, e un ottimo modo per iniziare i contatti con la realtà

d’un determinato luogo. Un ultimo metodo di conoscere la realtà, e che,

applicato recentemente in Germania su vasta scala per scopi precisi di

pianificazione, ha dato risultati ottimi, è rappresentato dalla cosiddetta

« conversation dirigée », che consiste nel raccogliere in una sala tutti gli

interessati ad un determinato problema e portarli ad una discussione

sull’argomento. Evidentemente sono necessari in questo caso, una accurata

preparazione ed organizzazione preventiva ed una intelligente elaborazione

di quanto è stato detto ; ma i risultati sembrano eccellenti. Bisogna comun­

que tenersi lontani dalla tentazione di determinare un indirizzo nella piani­

ficazione attraverso una indagine diretta sulle opinioni, sui bisogni e

sui desideri delle persone. A meno che non si tratti di tests, di domande

intenzionali facenti parte di uno studio sociometrico, e che si tratti di

cose semplici, senza possibilità d’equivoco psicologico, il giudizio diretto

dell’interessato non sarà mai probante. Per fare una scelta è necessario

conoscere profondamente il valore dei singoli elementi fra i quali la scelta

(16)

appunto si deve operare; e questa conoscenza richiede un’esperienza che

di solito l’interessato non possiede.

XII. Una volta raccolti i dati, questi dovranno venire elaborati perché

« parlino », perché cioè sia possibile trarne una conclusione sui problemi

della realtà studiata, ad uso degli stessi autori dell’inchiesta o di altre

persone. E’ una fase molto delicata del lavoro, che inchiede, accanto ad

una solida esperienza metodologica, notevoli capacità d’intuito. La dif­

ficoltà varia, evidentemente, con la complessità dell’inchiesta : qualora

questa sia diretta ad ottenere solo la quantità, per un certo, unico feno­

meno semplice, i problemi non saranno molti, e tutto si ridurrà alla scelta

conveniente del metodo di rappresentazione.

L’andamento del fenomeno studiato potrà venire descritto sempli­

cemente nelle righe in un articolo, ovvero potrà essere rappresentato

esprimendo le grandezze rilevate attraverso tabelle numeriche. Questi

mezzi potranno anche servire nel caso che le dimensioni rappresentate

esprimano il fenomeno per confronto; ma in quest’ultimo caso la rap­

presentazione riesce molto più evidente sostituendo alle tabelle numeriche

dei diagrammi nei quali alle cifre siano sostituite lunghezze, aree, volumi

o simboli. Qualora invece il fenomeno che interessa presenti un anda­

mento interessante, quando cioè torni comodo mostrare come una certa

grandezza varia col variare del tempo o di un altro parametro qualsiasi,

sarà opportuno ricorrere alle tabelle a doppia entrata o ai diagrammi

cartesiani, tenendo conto che è possibile, con quest’ultimo sistema, con­

frontare anche l’andamento dello stesso fenomeno in località o in occa­

sioni diverse, e che si possono anche fare diagrammi solidi a tre e a

quattro dimensioni.

Nelle inchieste sociali è molto importante curare al massimo la visua­

lizzazione dei risultati dell’indagine, proprio per agevolarne la lettura.

Tutte le volte che l’inchiesta interessa una realtà territoriale (villaggio,

quartiere, comune, provincia, regione, ecc.) sarà conveniente localizzare i

dati, al fine di poterli confrontare più rapidamente di quanto non sia

possibile fare attraverso una semplice tabella numerica, e poterci rendere

conto dell’andamento del fenomeno nello spazio. Questa localizzazione si

ottiene segnando su di una carta topografica a scala adeguata la posi­

zione reale d’ogni singolo caso del fenomeno (disegnando, per ogni caso,

una crocetta o un puntino posti esattamente sul luogo sul quale sono stati

constatati), l’intensità locale del fenomeno (disegnando sulla unità terri­

toriale relativa una barra lunga tanti millimetri, p. es., quanti sono i casi

riscontrati, o semplicemente il numero dei casi), o infine la semplice

presenza del fenomeno (disegnando il simbolo relativo sulla unità terri­

toriale interessata).

XIII. Molto più difficile si presenta la elaborazione delle inchieste

a carattere complesso, nelle quali i fenomeni esaminati sono molti e le

relazioni che interessano sono non definite, sono molteplici, o sono rela­

zioni contemporanee fra molti parametri. Spesso interessano le correla-

lazioni di due, tre, quattro fenomeni nelle loro variazioni temporali e

spaziali : soltanto una elaborazione statistica d’ordine superiore (fino alle

macchine elettroniche da calcolo) può aiutarci in casi simili servendo

punto o poco i mezzi non matematici. Ma può essere opportuno ricordare

che, in mancanza di meglio, il giudizio può venir fuori dalla semplice

(17)

lettura della descrizione letteraria dei singoli casi (interviste, colloqui),

ovvero dalla lettura di un tabellone di sintesi a doppia entrata, nel quale

siano riportate, per ogni caso, la presenza o la grandezza d’ogni singolo

fatto (per simboli o per numeri). Interessante è pure il sistema, ancora

non perfezionato, di localizzare i vari fenomeni su differenti fogli di

carta o d’altra materia trasparente, in maniera che dalla loro sovrappo­

sizione due a due, tre a tre, sia possibile individuare l’andamento spaziale

di una relazione fra i fenomeni. Volendo individuare le zone socialmente

patologiche in una città, sarà interessante sovrapporre i fogli relativi

ad ognuna delle forme patologiche (delinquenza, prostituzione, e se

vogliamo analfabetismo, ecc.) ottenuti colorando le diverse aree parziali

interessate con diverse intensità di grigio (1, 2, 3) proporzionali alla

intensità del fenomeno : i grigi si sommeranno e le deduzioni di topo­

grafia sociale saranno facilissime (è necessario, si badi, che la gradua­

zione dei grigi abbia per ogni foglio lo stesso verso, p. es. più scuro dove

è più patologica la situazione, che le tonalità, nei diversi fogli, corri­

spondano a dimensioni patologiche pressoché simili, e che, infine, le inten­

sità del grigio siano proporzionali alla loro numerazione).

Come è facile vedere, siamo passati oramai all’ultima fase : il giudizio

è già compreso, se pure non sempre in modo esplicito, nelle elaborazioni

di cui abbiamo parlato. Occorre solo renderlo evidente, esprimerlo nel

modo preciso richiesto dalla pianificazione che lo ha domandato. Non

bisogna tuttavia sottovalutare l’importanza di questa fase, che è la più

delicata e la più impegnativa. Càpita spesso di trovarci in presenza di

interessantissime e costose inchieste, ricchissime di analisi particolari,

seriamente condotte ed espresse, e che tuttavia non sono arrivate a nes­

suna definizione dei problemi che interessava conoscere, vuoi per inca­

pacità, intellettuale o tecnica, di stringere all’ultimo le fila, vuoi per un

errore di impostazione iniziale ; le ricerche erano state iniziate senza una

chiara idea di quello che si voleva e si poteva ottenere, ovvero erano state

condotte lungo strade che non avrebbero mai potuto condurre alla mèta

prefissata. Spesso è più utile un’inchiesta superficiale condotta bene fino

in fondo al risultato, che una massa di ricerche senza fondo che finiscono

per confondere le poche idee chiare esistenti. E’ altrettanto necessario,

oggi, capire l’importanza d’una inchiesta sociale per la preparazione di

una azione qualsiasi, quanto combattere la tendenza diffusa, spesso proprio

negli ambienti scientificamente più qualificati, dell’inchiesta per l’inchiesta.

Non bisogna mai confondere il fine con il mezzo, e bisogna saper bene

ciò che si vuole, fin dall’inizio. Solo così sarà possibile ottenere delle

inchieste rapide, economiche, e soprattutto « parlanti ».

XIV,

Esiste, nella metodologia delle inchieste, una precisa attribu­

zione dei compiti? In altre parole, chi farà l’inchiesta? Evidentemente

non possono esistere regole tassative : le inchieste le possono far tutti e

nessuno. Le capacità di rilevamento dovranno essere ben diverse a seconda

che si tratti di fare una inchiesta sulle strutture fisiche o una inchiesta

sul comportamento, a seconda che l’inchiesta stessa sia stata preparata

in un modo o in un altro, che sia controllata, sviluppata ed elaborata in

una maniera o in un altra. Ma esiste, ciononostante, qualche criterio che

è bene tener presente : nella divisione del lavoro richiesta dalle indagini

d’una certa ampiezza o di una certa complessità, è necessario tenere

(18)

presenti le qualità specifiche d’ogni membro costituente il gruppo o la

équipe, perché ognuno occupi effettivamente il posto che gli spetta, ed

agisca secondo la propria specializzazione e le proprie capacità, tenendo

anche il dovuto conto delle relative debolezze e deformazioni professionali

(è nota l’inclinazione che gli assistenti sociali hanno per il « case work »,

ad esempio). E’ anche molto opportuno stabilire in partenza quali svan­

taggi e vantaggi possano derivare dal fatto che i vari membri del gruppo

di studio contribuiscano ognuno con la propria particolare esperienza

eseguendo tutti insieme, contemporaneamente o quasi, lo stesso lavoro

(lavoro in gruppo), ovvero separando metodicamente le singole azioni di

specializzati (lavoro in équipe) : evidentemente quest’ultimo caso presenta

i vantaggi dell’economia, in tempo e in danaro, e una maggiore proprietà

di lavoro, ma l’altro può garantire per ogni membro una sensibilizzazione

al lavoro degli altri, e l’arricchimento di punti di vista diversi. E’ neces­

sario soprattutto distinguere, nel lavoro d’inchiesta, le persone che « con­

ducono » l’inchiesta stessa, e cioè coloro che l’hanno promossa, studiata

e pianificata, che ne trarranno le conclusioni dopo averla via via aggior­

nata e modificata a seconda delle esigenze prospettate dal lavoro pratico,

da coloro che sono solo « strumenti » dell’inchiesta stessa, e che possono

essere le persone che distribuiscono semplicemente le schede da riempire

o gli alti specialisti di metodologia e di elaborazione statistico-matematica.

Mentre questi ultimi si potranno limitare ad una partecipazione « pas­

siva », per così dire, all’inchiesta, gli altri saranno necessariamente impe­

gnati a vivere nel clima dell’inchiesta, fino in fondo. E’ chiaro che sarà

opportuno, tutte le volte che sia possibile, che la elaborazione di giudizio

sia fatta, accanto agli eventuali specialisti, dagli stessi che all’origine

avevano pianificato l’inchiesta, come sarà consigliabile la partecipazione

attiva alle fasi più importanti dell’inchiesta da parte di chi dovrà passare,

col piano, dal giudizio all’intervento per modificare la realtà esistente.

Non è possibile accettare quello che a molti sembra logico, e che consiste

nel dividere nettamente nei due tempi le attribuzioni : un sociologo non

potrà mai sentirsi profondamente impegnato in una inchiesta per lui fine

a se stessa, in una inchiesta che non lo porti poi, attraverso la pianifi­

cazione, ad impegnarsi alla trasformazione della realtà studiata, come

un pianificatore non potrà mai conoscere, comprendere e sentire i pro­

blemi della realtà sulla quale dovrà operare un intervento, solo attraverso

la lettura del fascicolo trasmessogli dal sociologo ad inchiesta ultimata.

La ideazione iniziale della pianificazione su una certa realtà è il punto

più delicato di tutta la faccenda. E’ una « cerniera », è un passaggio

quasi misterioso da una posizione ad un’altra, è la manifestazione più

chiara della capacità che l’uomo ha di trasformare, attraverso l’intui­

zione, la conoscenza in creazione. E’ il momento « artistico » che c’è in

ogni seria azione dell’uomo per l’uomo.

Di solito l’inchiesta sociale procederà per gradi : ad una inchiesta

preventiva di base e d’orientamento, brevissima e superficiale, potrà

seguire una inchiesta più approfondita, ma sempre generale, allo scopo

di individuare sommariamente i problemi più importanti, i quali saranno

poi analizzati a fondo attraverso inchieste particolari commesse a spe­

cialisti nel ramo.

XV.

Come si vede le cose non son semplici : occorre tuttavia osser­

(19)

passi, passi evidentemente molto difficili. Col progredire della materia le

cose si metteranno a posto e si chiariranno : da un lato semplificandosi,

riducendosi ad indagini ben precise e di chiara metodologia, che ogni

interessato sarà in grado di eseguire con mezzi ridottissimi; dall’altro

arricchendosi, estendendosi in profondità. Nelle altre azioni per la ricerca

della verità, dapprima ci si contenta di registrare i fenomeni, le manife­

stazioni esterne, senza preoccuparci d’altro, quindi si scende più addentro

nel problema ricercando le cause di quei fenomeni, che sono altri feno­

meni e così via fino ad arrivare alle cause, ai problemi di fondo; analo­

gamente, nella ricerca della realtà attraverso le inchieste sociali ci si è

contentati, dapprima, di registrare quei fatti che si ritengono patologici,

o comunque importanti ai fini dell’intervento di pianificazione (p. es.

sapere quante persone, in una città, non hanno una casa decente, per fare

un piano di edilizia popolare), ma in seguito si cercherà di conoscere i

motivi per cui quei fatti si sono verificati (p. es. si cercherà di conoscere

quali sono le ragioni per le quali quelle persone non hanno una casa

decente, al fine di provvedere ad una pianificazione che assicuri loro un

lavoro capace di pagargli anche l’affitto o la rata della casa, ovvero una

pianificazione che dia loro l’educazione civica necessaria per comprendere

il valore della casa nella vita d’un uomo).

Queste inchieste che cercano di scoprire le ragioni ultime (o prime)

d’una determinata situazione patologica si basano principalmente sullo

studio del comportamento ( behaviour), e necessitano d’una tecnica spe­

ciale che non è stata fino ad ora molto approfondita. Giova notare tuttavia

che uno studio del genere condotto sui principali fatti della vita degli

uomini (famiglia, educazione, istruzione, economia, impiego del tempo,

ecc.), e protratto attravèrso due, tre gradi di successivo approfondimento

(cause delle cause), dovrebbe condurre alla origine comune di tutti i

comportamenti relativi a quei fatti della vita degli uomini, mettendo a

nudo la concezione del mondo della popolazione analizzata.

Si tratta evidentemente d’un genere di inchiesta sociale del tutto

differente dalla inchiesta sulle strutture fisiche (abitazioni, scuole, ospe­

dali, ecc.) e sui casi di patologia sociale; ma ci sembra che sia proprio

la strada maestra da battere in futuro. La stessa pianificazione, infatti,

tende verso maggiori garanzie : e queste possono essere ottenute in parte

aumentando i controlli sulle inchieste e sui giudizi relativi, in parte svi­

luppando le previsioni di quella che potrà essere la realtà futura, a piani­

ficazione attuata, tenendo conto soprattutto degli effetti derivati, di primo,

secondo, terzo grado e così via (inchieste sul futuro), in parte, infine,

investendo con la pianificazione non più le conseguenze ultime d’uno stato

di cose, ma le cause prime.

E’ questo, secondo noi, l’avvenire delle inchieste sociali e della piani­

ficazione, che rappresentano l’azione moderna per raggiungere e man­

tenere l’armonia nella vita degli uomini, almeno nei suoi aspetti materiali

e psicologici da questi derivati; ché la vita dello spirito, per nostra for­

tuna, non è assoggettabile a tal genere di operazioni e di calcoli, se non

per quel tanto, di base, pochissimo, che può derivarle dalla libertà di

intendere e di volere realizzata nel clima d’una armonica, sana ed equi­

librata vita materiale.

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