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Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze. 1993, Anno 52, dicembre, n.4

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DICEMBRE 1993 Pubblicazione trimestrale Anno LII - N. 4

RIVISTA DI DIRITTO FINANZIARIO

E S C I E N Z A D E L L E F I N A N Z E

Fondata da BEN VEN UTO G RIZIO TTI

(e R IV ISTA ITALIANA DI D IR IT T O FINANZIARIO)

D I R E Z I O N E

ENRICO ACCORR) - EMILIO GERELLI

COMITATO SCIENTIFICO

ENRICO DE MITA - ANDREA FEDELE - FRANCESCO FORTE AMEDEO FOSSATI - FRANCO GALLO - SALVATORE LA ROSA IGNAZIO MANZONI - GIANNINO PARRAVICINI - ANTONIO PEDONE

SERGIO STEVE

COMITATO DIRETTIVO

ROBERTO ARTONI - FILIPPO CAVAZZUTI - AUGUSTO FANTOZZI G. FRANCO GAFFURI - DINO PIERO GIARDA - EZIO LANCELLOTTI ITALO MAGNANI - GILBERTO MURARO - LEONARDO PERRONE

ENRICO POTITO - PASQUALE RUSSO - GIULIANO TABET

FRANCESCO TESAURO - GIULIO TREMONTI - ROLANDO VALIANI

(2)

Pubblicazione sotto gli auspici del Dipartimento di Economia pubbhca e territoriale dell’Università, della Camera di Commercio di Pavia e dell Istituto di diritto pubblico della Facoltà di Giurisprudenza dell Università di Roma. Questa Rivista viene pubblicata con il contributo finanziario del Consiglio Nazionale delle Ricerche.

Direzione e Redazione: Dipartimento di Economia pubblica e territoriale del­ l’Università, Strada Nuova 65, 27100 Pavia; tei. 0382/387.406, (Fax) 387.402.

Ad essa debbono essere inviati bozze corrette, cambi, libri per recensione in dupbce copia.

Redattori: Silvia Cipollina, Angela Fraschini, Giuseppe Gh essi. Segretaria di Reda­ zione: Claudia Ranchieri.

L ’Amministrazione è presso la casa editrice Dott. A. GIUFFRÈ EDITORE S.p.A ., via Busto Arsizio, 4 0 - 2 0 1 5 1 Milano - tei. 3 8 .0 8 9 .2 0 0

Pubblicità:

dott. A. Giuffrè Editore S.p.a. - Servizio Pubblicità via Busto Arsizio, 4 0 - 2 0 1 5 1 Milano - tei. 3 8 .0 8 9 .3 2 4

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All’Editore vanno indirizzate inoltre le comunicazioni per mutamenti di indirizzo, quest’ultime accompagnate dall’importo di L. 500 in francobolli.

Per ogni effetto l’abbonato elegge domicilio presso l’Amministrazione della Rivista. Ai collaboratori saranno inviati gratuitamente 50 estratti dei loro saggi. Copie supplementari eventualmente richieste all’atto del licenziamento delle bozze verranno fornite a prezzo di costo. La maggiore spesa per le correzioni straordinarie è a carico dell’autore.

Registrazione presso il Tribunale di Milano al n. 104 del 15 marzo 1968 Iscrizione Registro nazionale stampa (legge n. 416 del 5.8.81 art. 11)

n. 00023 voi. I foglio 177 del 2.7.1982 Direttore responsabile: Emilio Gerelli

Rivista associata all’ Unione della Stampa Periodica Italiana Pubblicità inferiore al 50%

(3)

INDICE-SOMMARIO

P A R T E P R I M A

Am e d e o Fo ssa ti- L ’opera scientifica di Aldo Scotto ...

Carla Ma r c h e se - I condoni fiscali come strumenti selettivi nella distribu­ zione del carico tributario ... Fra n c e sc o Pu l it in i - A proposito di un recente libro sull intervento pubblico

Salva to reLaRosa- Le agevolazioni fiscali alle imprese: aspetti giuridici ...

Franco Fo rm ica - Lo scioglimento di società di persone senza formale liqui­ dazione e l’imposta di registro... Ale ssa n d r o Gio van n in i- Bilancio civile e variazioni fiscali ...

475 529 544 560 576 588 NUOVI LIBRI 648

RASSEGNA DI PUBBLICAZIONI RECENTI

P A R T E S E C O N D A

Ale ssa n d r o Gio van n in i - La Cassazione supera l’equivoco sulla natura della soprattassa. Ipotesi di riforma ... Giu s e p p e Vanz - Sull*assoggettamento ad imposta di registro della caparra

confirmatoria prevista in un contratto preliminare... SENTENZE ANNOTATE

Riscossione delle imposte dirette - Privilegi - Crediti d imposta - Art. 2752 c.c. - Estensibilità ai crediti per soprattasse - Inammissibilità.

Sanzioni amministrative - Soprattassa - Qualificazione - Prestazione inte­ grativa del tributo - Inammissibilità - Sanzione a carattere punitivo - Configurabilità (Cass., SS.UU. civ., 6 maggio 1993, n. 5246) (con nota di A. Gio va n n in i) ...

Imposta di registro - Contratto preliminare - Versamento di somma a titolo di caparra confirmatoria - Imposta prevista per le quietanze - esclu­ sione (Cass., Sez. I, 13 marzo 1992, n. 3084) (con nota di G. Vanz) ...

79

(4)

Guida ai periodici

per le professioni

dell’ammimstrazione

pubblica locale

Testate di grande tradizione e più recenti iniziative editoriali classificate e presentate

a funzionari

e amministratori pubblici

D

DIRITTO: FONTI E ATTIVITÀ’

Legislazione Giurisprudenza Ordinamento giudiziario Ricerche e studi'giuridici A ASSETTO E ORGANIZZAZIONE

A

D E L LE AUTONOMIE LOCALI Organizzazione e personale Informatica

Tributi e finanza locale

Prenotate presso:

JP REGIONE LOMBARDIA RIVISTA CONFRONTI Via Fabio Filzi 22

20124 Milano - tei. 02/67654740 e versate la somma , sul c/ctp#Sfii% . 10| LA jfPO G R A FIC . VijjtTonale 49 21*00 Varese

E

SERVIZI SOCIALI

Assistenza e sicurezza sociale Sanità

A ttività e beni culturali Istruzione

Informazione Ricerche e studi sociali

SVILUPPO ECONOMICO Agricoltura Industria * Commercio e Turismo Assicurazione e previdenza Lavoro Sindacato

Ricerche e studi economici

ASSETTO TERRITO RIA LE

Urbanistica Trasporti Laifori pubblici

Edilìzia economica e popolare Ecologia

E n l-g ia

RICERCHE E STUDI POLITICI

Attualità e interventi Ricerche e studi §

(5)

Manlio Sechi

TEORIE

DEL VALORE

LA TEORIA DEL COSTO DI PRODUZIONE

E LA TEORIA DELLA DOMANDA

E DELL’OFFERTA

*

Da Smith a Ricardo e Marx

Nell’opera vengono analizzate approfonditamente le con­ dizioni che hanno contribuito alla formazione di una scis­ sione nella teoria del valore, quindi lo svolgimento storico del confronto che ne è conseguito fra la teoria del costo di produzione e la teoria della domanda e dell offerta. In particolare nel corso dello stesso viene effettuato un esame comparativo di queste teorie dal punto di vista della correzione apportata da Sraffa alla teoria del sovrap­ più, congiuntamente con la critica alla teoria marginale dell’equilibrio fra domanda e offerta.

8°, p. XVI-490, L. 55.000

(6)

ASSOCIAZIONE FRA LE SOCIETÀ ITALIANE PER AZIONI ROMA

GIURISPRUDENZA

DELLE IMPOSTE

a cura di CLAUDIO BERLIRI

La rivista si divide in cinque parti, di cui tre concernono, rispettivamente, le imposte sul reddito, le tasse sugli affari e i tributi locali; la quarta è dedicata al diritto penale tributario mentre la quinta contiene articoli di dottrina.

La rassegna pubblica le più importanti decisioni della Corte costituzionale, della Corte di cassazione e della Commissione centrale, che per novità di tesi o particolari motivazioni mag­ giormente incidono sul panorama tributario.

Nel 1988 è stata introdotta la parte quarta, a seguito della recente normativa penale - tributaria che prevede sanzioni di particolare gravità non soltanto nell’ipotesi di evasioni fiscali

ma altresì di infrazioni agli obblighi contabili tributari. Caratteristica di questa rivista è quella di fa r seguire ad ogni pronuncia una nota nella quale sono richiamati i precedenti giurisprudenziali e, se del caso, sono esposte le ragioni per le quali le soluzioni accolte o le motivazioni addotte sembrano o meno da condividere.

Nella parte quinta sono pubblicati articoli di studiosi partico­ larmente qualificati.

Q uota di abbonam ento aim ua: L. 1 0 0 . 0 0 0 (estero L . 1 5 0 . 0 0 0 )

F ascico li in saggio a richiesta

(7)

U N IV E R SIT À DEGLI STUDI D I M ILAN O

FACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA

PUBBLICAZIONI DELL’ISTITUTO DI DIRITTO PUBBLICO

31 ---GIOVANNI BOGNETTI

LA COSTITUZIONE

ECONOMICA

ITALIANA

INTERPRETAZIONE E PROPOSTE

DI RIFORMA

Sommario:

La costituzione econom ica tra ordinamento nazionale e ordinamento comunitario - Il bilancio dello Stato e i principi del m odello “sociale” - Quattro proposte di legge di revisione costituzionale in materia di costitu­ zione econom ica.

8°, p. X-206, L. 25.000

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U N I V E R S I T À DEGL I S T UDI DI G E NO V A

F A C O L T À DI S C I E N Z E P O L I T I C H E

5

---LUCA GANDHI I TA

CIRCOLAZIONE DEI CAPITALI

E D E R E G O L A M E N T A Z IO N E

VALUTARIA

L’opera ha per oggetto lo studio della disciplina regolamen- tativa della circolazione dei capitali sotto il profilo valutario. Tema che viene affrontato secondo una prospettiva istituzio­ nale, ponendo in evidenza gli effetti delle diverse regola­ mentazioni sui comportamenti economici degli operatori. Sotto il profilo teorico, il libro si colloca nell’ambito del dibattito sulla deregolamentazione amministrativa in italia, intesa come limitazione dell’intervento pubblico nell’econo­ mia. Sotto il profilo sostanziale, offre un quadro, evolutivo e prospettico, dell’attuale sistema istituzionale (italiano, inter­ nazionale e comunitario) della disciplina valutaria, in partico­ lare della disciplina regolante la circolazione dei capitali nei ra p p o rti in te rn a zio n ali, q u ad ro che risulta m ancante nell’attuale panorama della letteratura istituzionale a partire dall’aw enuta liberalizzazione dei movimenti di capitale a breve termine risalente all’aprile del 1990.

8°, p. X-158, L. 20.000

(9)

IGNAZIO MANZONI

POTERE

DI ACCERTAMENTO

E TUTELA

DEL CONTRIBUENTE

NELLE IMPOSTE DIRETTE

E NELL’IVA

Il lavoro affronta l’ampia problematica in tema di

accertamento nelle imposte dirette e nell’IVA, in

un’ottica essenzialmente garantista, di difesa e

tutela del contribuente. In tale prospettiva sono

esaminati i requisiti di validità degli avvisi di

accertamento, con particolare riguardo alla loro

motivazione, al regime delle prove, all’esercizio dei

correlativi poteri istruttori, nonché al corretto uso

dei diversi metodi o criteri di accertamento. Il tutto

con costante, attento riferimento alle concrete esi­

genze della pratica operativa.

8°, p. XIV-362, L. 42.000

_________ ________ ____ 1047

(10)

F I N A N Z A L O C A L E

SILLA d i CIACCIA

LE TASSE DI

CONCESSIONE REGIONALE

Sommario-,

POTERI DELLE REGIONI: Potestà legislativa e funzioni amministrative delle Regioni a Statuto ordinario - Autonomia finanziaria delle Regioni a Statuto ordinario - Regioni e province ad autonomia differenziata. SIN­ GOLE TASSE DI CONCESSIONE: Esercizio di farmacia - Commercio di acque minerali e gassate - Gestione di stabilimento termo-balneare e case di cura - Attività turistico-ricettizia - Produzione e commercio del latte e suoi derivati - Produzione e commercio di condimenti e mangimi; attività di fecondazione degli animali - Arte ausiliaria di professioni sanitarie - Esercizio della caccia ed attività venatoria - Esercizio della pesca e attività ittica - Attività ricettive complementari dell’industria alberghiera e agenzie di viaggio - Svolgimento di fiere e mercati - Attività in materia di agricol­ tura - Ricerca e coltivazione di acque minerali e cave - Pubblici servizi tranviari in genere - Servizio pubblico di autotrasporto - Pubblico esercizio di navigazione interna - Iscrizione all’albo degli artigiani - Coordinamento della tariffa regionale dello Stato con le altre tariffe. APPENDICE: Autonomia locale (stralci).

8°, p. XV-380, L. 40.000

(11)

Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, H I , i , I, h75-528 (1993)

L ’OPERA SCIENTIFICA DI ALDO SCOTTO (*)

di Am e d e o Fo s s a t i

Università degli studi di Genova

1. Il 12 dicembre 1992, in Genova, Aldo Scotto, studioso insi­ gne di economia pubblica, è mancato dopo che una lenta malattia lo aveva già di fatto estraneato dalle consuetudini, ma non dal ricordo affettuoso, del mondo accademico.

Nato a S. Pier d ’Arena (Genova) il 12 febbraio 1916, aveva frequentato la Facoltà di Economia e Commercio dove era stato al­ lievo di Cabiati e di Fasiani, e aveva iniziato a collaborare con il la­ boratorio economico e finanziario dell Università di Genova pro­ prio mentre minaccioso si profilava 1 inizio della seconda guerra mondiale. Tale flagello si ripercosse indubbiamente sulla sua car­ riera accademica, ma non sulla sua capacità di studio e di medita­ zione, così che se non potè pubblicare allora, i frutti del suo intenso lavoro videro la luce tutti assieme a guerra finita. Purtroppo tali primi lavori vennero pubblicati da editori locali, non essendo anco­ ra riorganizzati i circuiti normali, ed ebbero quindi diffusione rela­ tivamente limitata (1). In effetti nel dopoguerra la sua carriera fu assai rapida: nel maggio 1948 prese 1 abilitazione alla libera docen­ za e nell’ottobre-novembre dello stesso anno risultò primo classifi­ cato nel concorso a professore straordinario dell Università di Sassari. Da allora la sua vita si snodò praticamente tutta nell’ambito universitario, fatta di studio operoso prima, e poi di cure pazienti e pensose nell’ambito della sua Facoltà di cui fu preside per più di tre lustri, del Cn r e del Consiglio Superiore della Pubblica Istru­

(*) Un caldo ringraziamento al Professor Domenicantonio Fausto per l’aiuto

fornitomi nel migliorare la prima stesura di questo lavoro. I riferimenti Eliografi­ ci delle opere scottiane citate si trovano in Appendice.

(1) Una parte di tali lavori sono stati recentemente rieditati in ristampa anastatica, a cura degli allievi in: Scotto A., Saggi di finanza pubblica, Giuffrè, Milano, 1991.

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— 476 —

zione. In un certo senso appartenne all’ultima generazione dei « baroni » universitari, di quella specie di « baroni della scienza » dal tratto squisitamente signorile, umano e comprensivo che rende­ vano gli Istituti dell’università italiana luoghi piacevoli da frequen­ tare, dove la frequenza insegnava l’impegno assiduo e quest’ultimo guidato con delicatezza conduceva alle frontiere della conoscenza scientifica, come ben sanno coloro che ebbero la ventura di essergli allievi o collaboratori, come Egli diceva.

Dal 1 dicembre 1948 al 31 gennaio 1951 fu titolare della catte­ dra di Scienza delle finanze e diritto finanziario delle Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Sassari, e dal 1 febbraio 1951 fi­ no al 31 ottobre 1986 è stato titolare della stessa cattedra nella Fa­ coltà di Economia e Commercio di Genova. Contemporaneamente, dal 1 gennaio 1950 fino al 31 ottobre 1984 fu anche Professore inca­ ricato di Scienza delle finanze dell’Università Bocconi; a Sassari, Genova e Milano Egli trasmise le sue conoscenze economico-finan- ziarie alle generazioni di studenti che si sono avvicendati tra il 1949 e il 1986, che ancora ne ricordano il tratto umano ed il profondo sapere.

Il Professor Scotto fu chiamato a far parte della Commissione che preparò la riforma tributaria del 1971. Fu membro eletto dal 1970 al 1977 del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (ora Cu n) e del Comitato per le scienze economiche sociologiche e stati­ stiche del Consiglio Nazionale delle Ricerche dal 1965 al 1972; fu Preside della facoltà di Economia e Commercio dell’Ateneo Geno­ vese dal 1968 al 1984, guidando la Facoltà che si sviluppava in tempi non sempre tranquilli con la sua tipica signorilità verso i per­ corsi tattici e strategici che la sua vivacissima intelligenza e la sua eccezionale capacità di meditazione gli suggerivano. Era socio cor­ rispondente dell’Accademia nazionale dei Lincei ed infine socio ef­ fettivo della Accademia Ligure di scienze e lettere.

(13)

— 477

I Suoi interessi di studioso hanno spaziato dall’economia pura per tutto il campo dell’economia pubblica, alla storia e al diritto tri­ butario, talvolta rivisitando con spunti originali temi classici, ma più spesso affrontando con intuizioni profonde tematiche nuove. Egli fu continuatore diretto della scuola di Luigi Einaudi e di Mau­ ro Fasiani di cui era stato allievo, nell’ambito della quale aveva po­ sto particolare interesse agli aspetti analitici. Intellettualmente si era formato alla lettura attenta del Pareto economista e sociologo, la cui lezione lo aveva indotto ad accettare da un lato il rigore astratto degli equilibri economici generali, e dall’altro l’impostazio­ ne sociologica mediata anche attraverso il Borgatta ed il Sensini. Egli si considerava prima di tutto allievo di Fasiani, come effettiva­ mente era, ma amava pensarsi allievo anche di Einaudi (2), ed ef­ fettivamente dal grande Maestro aveva quanto meno derivato l’ap­ proccio metodologico del più rigoroso liberismo economico, come implicitamente è affermato dalla sua penetrante e affettuosa com­ memorazione dell’opera scientifica di Einaudi. Non per nulla co­ sa rara in Lui, così controllato nelle sue emozioni pur profonde si mostrava orgoglioso della fotografia che lo mostrava in conversa­ zione con Einaudi, a lui accomunato dalla toga che entrambi indos­ savano all’inaugurazione della « nuova » Facoltà di Economia di Genova (3). Scientificamente era nato come economista: e come ta­ le si considerava, con una punta di snobismo, prima che finanziere, in effetti era stato « avviato alla carriera universitaria » da Federi­ co Chessa, e solo in un secondo tempo si era « specializzato » in Scienza delle finanze (4), sotto la determinante influenza formativa di Fasiani (5).

In effetti dei circa settanta lavori scientifici complessivamente pubblicati « soltanto » la metà circa riguardano argomenti specifici di finanza pubblica, mentre sette o otto devono essere considerati di economia teorica o applicata, e sono generalmente quelli più giovanili. Gli altri lavori spaziano dalla storia delle istituzioni

pub-(2) Ricordo che Fasiani (così come Scotto) si discostava da Einaudi in par­ ticolare per il ripudio dell’impostazione edonistica, che facilmente, a quei tempi, poteva portare a quella sociologica. . . „ . . , . „ ■ .

(3) Facoltà progettata e curata dall’allora preside hasiani, che tuttavia do­ veva morire prima di vederla finita.

(4) Cfr. Federico Chessa, 1962. . „ . .

(14)

— 478 —

bliche alla storia delle dottrine finanziarie, mentre circa una decina riguardano temi di diritto tributario.

T utti questi lavori hanno in comune la meticolosa assimilazio­ ne della letteratura disponibile, la ponderata meditazione dei vari aspetti della problematica ed il rigore logico delle argomentazioni. In sintesi, Scotto scienziato era prima di tutto un loico, e ciò gli permetteva — assieme alla sua capacità di concentrarsi e di padro- neggiare gli aspetti tecnici delle questioni — di muoversi con risul­ tati brillanti daH’economia alla finanza, dalla storia al diritto. Ma la capacità di concentrazione ed il lucido rigore che metteva in tutte le sue attività, impegnavano completamente il suo tempo, senza che Egli mostrasse di preoccuparsene: in un certo senso, Egli vive­ va in una dimensione sua propria in cui il tempo era dimenticato, come ben sapevano i suoi familiari ed i suoi allievi.

Per meglio illuminare la traettoria di Scotto scienziato, accade­ mico e uomo, ricordo che 1 ultimo suo lavoro propriamente scienti­ fico è del 1968 (6), cioè risale a quando aveva solo 52 anni: scher­ zosamente una volta Egli disse che era stato il matrimonio a farlo smettere di lavorare. In realtà rallentamento dell’attività di ricerca va spiegato con lo spostamento dei suoi interessi — come spesso accade nel mondo universitario — su altri impegni accademici quali il Cn r, il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione ed infine la presidenza della Facoltà, la quale in particolare lo impegnò fino al 1984, e cioè praticamente fino alla fine della sua parabola attiva.

Nel seguito, avvalendomi il più possibile di brani testuali (7), commenterò brevemente alcuni saggi, distinguendone gli apporti alla teoria economica, alla storiografia, alla metodologia finanzia­ ria, alla teoria finanziaria, alla teoria dei diversi livelli di governo, ed infine alla finanza applicata, augurandomi semplicemente di ri­ chiamare all’attenzione degli studiosi l’opera scottiana, così che al­ tri possa eventualmente tenerne conto nel ricostruire la continuità del divenire storico del pensiero finanziario italiano (8).

2. Scotto fu un neoclassico ortodosso, come appare evidente a

(6) L ’applicazione dell’Iva sul settore dei servizi, 1968.

(7) S eg an d o in ciò le Sue indicazioni: « secondo il mio costume, o meglio secondo il mio meditato criterio metodologico, mi avvarrò il più possibile di passi testuali », m A proposito dello sviluppo economico e della connessione tra sviluppo

e guerra, 1957, p. 4. "

(15)

— 479 —

partire dalla triologia iniziale (9) fino all’impostazione finale dell’ul­ tima versione del suo testo universitario (10), che è un vero e pro­ prio manuale introduttivo di economia. Anche se una delle prime opere che il giovane Scotto lesse fu certamente la General Theo­

ry (lì), egli non fu mai keynesiano; se non sollevò puntuali critiche

all’impostazione keynesiana (12), fu probabilmente perché, essen­ do microeconomica la sua visione della finanza pubblica, era con­ vinto che la macroeconomia potesse essere fondata solo sulla mi­ cro, e che quindi potesse apportare pochi elementi conoscitivi od esplicativi.

Nell’ambito dell’ortodossia neoclassica egli considerava l’equi­ librio generale come paradigma essenziale dal punto di vista cono­ scitivo, malgrado la sua complessità. In effetti lavorò a lungo ad una versione dell’equilibrio generale che, invece dell’input-output considerava i consumi intermedi sotto forma di successivi stadi pro­ duttivi, cosa che lo rendeva ancora più complesso della versione walrasiano-paretiana. Ma l’equilibrio generale, pur affascinandolo, lo interessava solo come schema teorico, e cioè come solida ossatu­ ra di riferimento; poiché il principio ispiratore che lo muoveva era quello di spiegare la realtà, sentiva in effetti la necessità di condur­ re l’analisi concreta sostanzialmente negli equilibri parziali (13). A tale fine l’impressione è che scegliesse solitamente il fenomeno da spiegare con grande attenzione, in modo da poter assumere, alla base dei suoi ragionamenti, ipotesi ragionevolmente vicine alla realtà.

La problematica affrontata da Scotto giovane economista è quella che ruota attorno alle scelte imprenditoriali rispetto al tem­ po: scelte inerenti al capitale monetario, alla durata ottimale degli impianti produttivi, o ai costi di manutenzione. I suoi scritti Sulla

domanda di capitale degli imprenditori nuovi (1942), Aspetti econo­ mici e finanziari della durata degli impianti produttivi (1947) e Con­ tributo alla determinazione delle velocità degli effetti delle imposte

(9) Sulla domanda di capitale degli imprenditori nuovi, Aspetti eco­ nomici e finanziari della durata degli impianti produttivi, 1947 Contributo alla de­ terminazione delle velocità degli effetti delle imposte in regim e di monopolio, 1948.

(10) Introduzione allo studio dei sistemi finanziari pubblici 196».

(11) Essa è infatti citata nel suo primo lavoro significativo Sulla domanda

di capitale degli imprenditori nuovi, 1942, p. 238.

(12) Da lui accomunata ad « alcune altre mode piu o meno effimere » in

Appunti sui rapporti fra strumenti della finanza pubblica e sviluppo economico delle aree arretrate con particolare riferimento al Mezzogiorno d Italia, p. 24 .

(16)

— 480 —

in regime di monopolio (1948) si può dire costituiscano una trilogia

ruotante attorno alla tematica economica appena menzionata, af­ frontata a livello teorico ma al tempo stesso di interesse concreto.

Lo specifico problema esaminato in Aspetti economici e finan­

ziari della durata degli impianti produttivi è quello della determina­

zione della domanda di capitale monetario da parte dell’imprendi­ tore « nuovo »: « Dal punto di vista teorico... [è]... utile e necessa­ rio conoscere la curva... di domanda del capitale » (p. 338). Si trat­ ta di uno studio sostanzialmente ispirato ad un precedente lavoro dello Schneider, ma le conclusioni di Scotto sono assai interessanti e « moderne »: non tanto in quanto cerca di determinare la forma della curva di domanda di capitale monetario (in particolare, no­ tando l’esistenza di intervalli di discontinuità, ecc.) ma sopra tutto in quanto le ipotesi che assume sono — nell’ambito del modello neoclassico — molto generali, dalla concorrenza (intermedia tra la perfetta ed il monopolio, anche se senza la considerazione di strate­ gie) alla possibilità di prendere a prestito qualsiasi somma, solo li­ mitata dalla diminuzione dell’efficienza con il crescere delle dimen­ sioni dell’impresa.

La domanda di capitale dipende dalle aspettative di profitto o di rendimento dell’imprenditore e dal tasso di interesse di mercato; la prima e fondamentale distinzione operata è tra operatori che in­ tendono investire in una impresa e quelli che investono in più di una impresa. Lo strumento concettuale utilizzato è il tasso di rendi­ mento interno, che Scotto chiama « redditività prevista... secondo il soggetto considerato », definita come « tasso di sconto che ugua­ glia al capitale investito la somma dei valori attuali dei vari utili e del capitale stesso alla fine dell’investimento » (14), p. 237.

Dato il saggio di interesse di mercato (i), poiché il tasso di ren­ dimento interno (r) varia in relazione alla quantità di capitale inve­ stito (C), l’intuizione scottiana è che la massimizzazione (rispetto alla quantità di capitale) della differenza tra il valore attuale dei

(14) È interessante la sottile discussione circa la coincidenza o meno con il concetto keynesiano di efficienza (marginale) del capitale, e con il rate o f return del Fisher (nota 7, alle pp. 238-241). Soltanto nel successivo Contributo alla deter­

minazione della velocità degli effetti delle imposte in regime di monopolio, nella

lunghissima nota a p. 6 che occupa anche le pp. 7 e 8, afferma « l’internai rate of

return si risolve in nient’altro che nel tasso di rendimento che l’investitore preve­

(17)

— 481 —

rendimenti previsti e l’investimento, corrisponde alla massimizza­ zione di Q — C (r —i) rispetto al capitale C. In altri termini l’im­ prenditore si comporta come se massimizzasse Q, ossia la differen­ za tra il tasso che renderebbe nullo il rendimento ed il tasso di inte­ resse di mercato, moltiplicata per il capitale investito. La curva di domanda di capitale da parte dell’imprenditore nuovo resta allora determinata (15), consistendo sostanzialmente nella curva di reddi­ tività marginale, con qualche complicazione se l’imprenditore può scegliere tra più imprese (o investimenti) alternative.

Nella seconda parte del lavoro, viene affrontato il problema della determinazione della curva di domanda di capitale quando l’imprenditore intende costituire simultaneamente due imprese non alternative: qui Scotto raggiunge un notevole grado di virtuosismo estendendo l’analisi grafica al caso in cui l’investitore possa investi­ re contemporaneamente capitali in più imprese (16).

Negli Aspetti economici e finanziari della durata degli impianti

produttivi, che è il secondo lavoro importante sotto l’aspetto teori­

co (17), elaborato ancora durante gli anni di guerra anche se pub­ blicato nel 1947, il tratto caratteristico è che sono due lavori distin­ ti: la prima parte economica, la seconda di applicazioni finanziarie.

Per qanto riguarda la parte economica, essa riguarda ancora il tempo ed il comportamento dell’impresa come si desume A&Winci-

pit: « L ’analisi dei fattori economici della durata degli impianti pro­

duttivi... è importante... soprattutto perché è pregiudiziale per una teoria rigorosa del comportamento dell’impresa lungo il tempo ». Chiaramente questa tematica è collegata a quella del saggio del 1942, in quanto si tratta sempre di tempo e impresa, ma qui l’atten­ zione è rivolta ad una scelta dell imprenditore subordinata ad altre

(15) Considerando il tasso di rendimento interno (r) come ricavo medio unitario corrispondente al ricavo totale R = r C, a cui corrisponde un ricavo mar­ ginale s = (drC)ldC, l’imprenditore troverà il proprio punto di equilibrio quando è massimo il suo utile netto Q = R — i C (p. 271), ossia per dQ = dRIdC — i — 0, ed in definitiva quando il tasso di interesse di mercato è uguale al ricavo margina­ le (rispetto al capitale C), e pertanto è i = s. Da tale relazione si ricava la curva di domanda di capitale C = (Hi), che è poi 1 obiettivo di Scotto.

(16) La difficoltà della trattazione non riguarda tanto la terza dimensione, che è aggirabile tramite la usuale convenzione dell uso di curve di livello, quanto la complessità delle interazioni esistenti tra i tassi di rendimento interno di ciascu­ na impresa considerata, e quindi le curve marginali inerenti al rendimento totale.

(17) Ristampato nel 1950 con il titolo La durata del capitale fisso e gli ef­

fetti dei tributi nel Giornale degli Economisti, identico salvo l'eliminazione di

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scelte che si suppongono già effettuate: si tratta di « un’impresa do­ tata d ’un impianto di tipo già determinato » che deve sceglierne « la durata ottima ». Risolto e discusso brillantemente tale proble­ ma (18), si rivolge al successivo e più rilevante quesito della deter­ minazione della durata ottima di più impianti identici successiva­ mente impiegati in un periodo di tempo determinato; la letteratura su cui si basa (19) considera invece la durata ottima degli impianti successivi nel caso in cui ne sia stato già deciso il numero. L ’indica­ zione della scelta della durata ottima è completata dalla discussione degli elementi che la condizionano e la determinano, e dalla lucida discussione delle ipotesi semplificatrici sulla quale l’analisi è basata.

Mentre nel lavoro precedente lo strumento formale è utilizzato in modo subordinato alla rappresentazione grafica, qui accade l’in­ verso: è la rappresentazione grafica che è in generale meramente illustrativa degli sviluppi analitici. Il punto di partenza scottiano è una letteratura già abbastanza consolidata (20), la cui strumen­ tazione deriva direttamente dall analisi matematico-finanziaria, e non da quella matematico-economica. Ma l’estensione scottiana di considerare un orizzonte temporale determinato (ovvero la reda­ zione di un piano d investimenti) non è comunque di poco momen­ to, in quanto tale considerazione non solo è assai più vicina alla realtà di quanto non sia l’ipotesi (assunta dalla letteratura prece­ dente) di ripetere n volte lo stesso investimento, ma anche la tec­ nica analitica appare assai più complessa. In effetti si passa da un problema di massimo semplice ad un problema di massimo vin­ colato, a sua volta implicante la soluzione di equazioni trascenden­ ti, quelle, cioè, la cui incognita è anche all’esponente. Tale dif­ ficoltà è peraltro aggirata brillantemente con un escamotage, in quanto considera, anziché le soluzioni rispetto alla durata di cia­ scun impianto successivo, il rapporto tra la durata di due impianti successivi, che è in grado di fornire lumi sufficienti. E così anche il numero dei successivi impianti viene determinato semplificando

(18) Su questo punto l’apporto scottiano consiste principalmente nella di­ mostrazione più elegante di risultati già noti in letteratura.

(19) Fondamentalmente si tratta di Pr e in r e ic h G ., The Economie Life of Industrial Equipment, in Econometrica, 1940, p. 9, ed Sc h n e id e r E., Die wir­ tschaftliche Lebensdauer industrieller Anlagen, in Weltwirtschfatliches Archiv

1942, p. 90.

(20) L ’articolo iniziale sembra essere: Ta ylo r J., A Statistical Theory of

Depreciation Based on Unit Cost, in Journal o f the American Statistical Society

(19)

483 —

drasticamente il problema, e cioè in particolare ponendo uguale a zero l’interesse (21).

I risultati ottenuti portano ad affermare che, se l’imprenditore massimizza il valore attuale di un unico investimento, la sua durata produttiva « è determinata dall’istante in cui la produzione margi­ nale temporale si annulla », e che tale istante dipende: a) dal reddi­ to iniziale; b) dalla decrescenza media del reddito; c) dal valore iniziale del recupero dell’impianto e dalla sua descrescenza media;

d) dal tasso di interesse. Nel caso lineare, l’ottimo tempo aumenta

all’aumentare del reddito e della sua decrescenza, e al diminuire del tasso di interesse, del valore del recupero e della sua decre­ scenza; se l’imprenditore massimizza « il valore attuale dei redditi ottenibili durante un determinato intervallo di tempo finito », tutto è assai più complesso (22).

II Contributo alla determinazione delle velocità degli effetti

delle imposte in regime di monopolio, del 1948, costituisce il terzo

lavoro della trilogia impianti, imprese e tempo. Apparentemente, infatti, è un saggio finanziario (23) ispirato direttamente da Fasiani, ma in realtà è opera principalmente economica (24), che costituisce

(21) Il problema è complicato non tanto dalla presenza di equazioni tra­ scendenti, quanto dalla necessità di derivare la funzione lagrangiana (che è una somma di n termini) anche rispetto a tale numero n. In tutti i modi il tipo di pro­ blemi affrontati da Scotto in questa trilogia può adesso essere affrontato con le tecniche del controllo ottimale, ed in particolare con il principio di Pontryaghin: cfr. Lisei G ., Sull'applicazione del principio di massimo di L.S. Pontryaghin ad un problema di manutenzione, Bozzi, 1974. Cruciale è comunque 1 ipotesi che sia

predeterminato il costo di gestione dell’impianto, e che esso non sia quindi una delle incognite del problema imprenditoriale, in quanto tale ipotesi condiziona il tipo di tecnica matematica: a tale proposito la discussione scottiana appare note­ vole per la ragionevolezza delle giustificazioni delle ipotesi adottate.

(22) Conclude Scotto: « mediante la considerazione di curve del reddito lordo e del valore di recupero rette, siamo giunti ad esprimere la durata ottima di un’utilizzazione come una funzione determinata di quelle dell utilizzazione imme­ diatamente successiva, e del reddito iniziale, della decrescenza media del reddito, del valore di recupero iniziale e della decrescenza media del valore di recupero dell’impianto, nonché come una funzione del tasso dell interesse. Risulta inoltre che ogni durata è minore della successiva ». Per quanto riguarda poi il numero ottimo delle utilizzazioni ripetute, esso varia « nello stesso senso della portata del piano e della decrescenza media della produttività [temporale], e in senso opposto a quello della durata critica [dell’impianto], e della produttività [marginale] tem­

porale iniziale » (p. 37). .

(23) Si può osservare però che sulle 43 pagine complessive del saggio le 10 dell’appendice sulla distribuzione temporale del costo di manutenzione costitui­ scono un piccolo saggio economico a se stante, e le prime 20 pagine sono egual­ mente di economia teorica, così che le considerazioni finanziarie occupano « sol­ tanto » 14 pagine.

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una continuazione delle due opere scottiane discusse precedente- mente, in quanto vengono considerate problematiche dell’impresa che riguardano sempre gli impianti e la loro ottimizzazione dal pun­ to di vista della realizzazione del profitto. Lo scenario considerato è identico a quello del secondo lavoro: un imprenditore che utilizza un macchinario per « successive lavorazioni... [che] abbiano identi­ ca durata », tale che « alla fine d ’un numero intero di esse, rim ­ pianto risulti completamente inutilizzabile, e sia rinnovato integral­ mente » (p. 5); ma a differenza del lavoro precedente, la problema­ tica affrontata qui è la scelta del tipo dì impianto, che allora veniva considerato un dato.

Nella parte iniziale del saggio è descritta graficamente la posi­ zione di equilibrio dell’imprenditore che, in condizioni stazionarie, utilizza successivamente una serie di impianti identici, ciascuno per un numero di successive lavorazioni di identica durata, in vista di « conseguire, entro la portata del piano, una successione di utili tali che, scontati al tasso corrente dell’interesse, il loro valore attuale sia il massimo possibile », dove il piano ha una lunghezza data nel tempo che è « multiplo esatto della durata deH’impianto » (p. 6). A tale fine distingue il costo fisso deH’impianto dalle spese che l’im­ prenditore sostiene « dopo » in riferimento alle singole lavorazioni. Tali spese sono a loro volta distinte in spese fisse per lavorazione (« costo fisso d una data lavorazione » e « costo di manutenzione della stessa lavorazione »), e costi variabili per la stessa lavorazio­ ne che denomina « primo costo della stessa lavorazione ». Mentre ovviamente le spese fisse per lavorazione non variano ai variare della quantità prodotta, il « primo costo » dipende dalla quantità prodotta ed è assunto « nel caso più generale, decrescente nel trat­ to iniziale, e indefinitamente crescente in quello successivo » (p. 11). In tale modo Scotto costruisce usuali curve del costo medio e marginale riferite a ciascuna singola lavorazione-, tali curve sono sempre più alte per le successive lavorazioni fino all’utilizzazione completa deirimpianto da cui provengono. Passa quindi alla costru­ zione delle analoghe curve dei costi medi e costi marginali riferite all impianto, attualizzando al tasso corrente di interesse « in

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spondenza a un dato valore della quantità prodotta » tutti i costi « che corrispondono a tale quantità in ognuna delle successive la­ vorazioni eseguibili con rimpianto », e « aggiungendo la differenza tra il costo dell’impianto e il valore attuale » (p. 15) di recupero dell’impianto stesso. Dal costo totale (in funzione della quantità prodotta) si possono quindi ricavare le corrispondenti curve margi­ nali e medie riferite a ciascun impianto.

La scelta tra impianti diversi è fatta nelle ipotesi restrittive che « impianti di diversa dimensione abbiano la stessa durata » e che « passando successivamente da impianti di dimensioni piccole a im­ pianti via via di dimensioni maggiori, le rispettive curve in un pri­ mo tempo vadano via via abbassandosi e successivamente alzando­ si » (p. 16). In tali condizioni si arriva alla costruzione dell’usuale curva dei costi medi « di lungo periodo », che costituisce l’invilup­ po delle curve dei costi medi di ciascun impianto, a cui corrisponde poi la curva dei costi marginali « di lungo periodo », con le usuali caratteristiche. La sovrapposizione con le curve di ricavo medio e marginale « di lungo periodo », ottenute attualizzando la somma dei ricavi per ciascuna lavorazione, consente infine di ottenere 1 e- quilibrio e quindi di determinare la quantità da produrre (eguale per ciascuna lavorazione) e l’impianto da acquistare (identico per ciascuna delle n volte comprese nel piano). Ovviamente tale equili­ brio è ottenuto dall’eguaglianza tra i ricavi marginali ed i costi mar­ ginali « di lungo periodo ».

Sembra opportuno ricordare ancora, tra i lavori economici più significativi I principali elementi dei costi di distribuzione, del 1951, nel quale, anche se il proposito è concreto (25) la parte eco­ nomica è volta ad una sistemazione teorica alla problematica della distribuzione. In tale lavoro Scotto distingue il punto di vista « del­ l’intera collettività nazionale » da quello « della categoria commer­ ciale »; nell’ambito del primo distingue ulteriormente tra il « grup­ po di questioni che sorgono quando si consideri il sistema distributi­ vo spoglio del ‘‘velo monetario e il gruppo di questioni che sorgo­ no quando si tenga conto della moneta ». Ciò gli permette di identi­ ficare gli « assetti reali » e gli « assetti monetari » dei sistemi di­ stributivi, dove i primi sono le combinazioni dei fattori produttivi

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attuate « in un certo numero di imprese, aventi ognuna una certa struttura produttiva... una certa dimensione... una certa durata del ciclo di investimento... una certa specializzazione, un certo rappor­ to di complementarietà con le imprese rimanenti, una certa ubica­ zione » (p. 332). Il sistema distributivo ha poi un dato assetto mo­ netario in quanto « ognuna delle imprese che lo costituiscono... compie, nell’unità di tempo, pagamenti e incassi determinati in quantità o qualità » (p. 333).

In questo lavoro Scotto si pone nell’ottica normativa, ovvero si pone il quesito di quale sarebbe la caratteristica dell’assetto reale che possa « rendere massimo il benessere della collettività », e lo risolve senza addentrarsi in « sottili disquisizioni teoriche » osser­ vando che gli assetti reali dovrebbero a tal fine « contemperare in un certo modo ottimo due esigenze fondamentali in parte contra­

stanti: a) quella di distrarre la minor quantità possibile di fattori

dal sistema produttivo in senso stretto...; b) quella di distribuire i beni finiti in modo tale che, data... la quantità degli stessi beni fini­ ti, e dati dall’altro i gusti e i redditi dei consumatori... ne risulti la massima soddisfazione dei rispettivi gusti » (p. 332, corsivo aggiun­ to). La prima esigenza viene chiamata « economicità dell’assetto reale »; la seconda « efficienza del sistema distributivo ».

Per prima cosa è da osservare che per quanto riguarda l’eco­ nomicità si tratta di una condizione di efficienza produttiva, come diremmo adesso, ossia di minimizzare i costi in senso reale dell’ap­ parato distributivo. La seconda esigenza potrebbe essere identifica­ ta con l’efficienza distributiva, così che assieme considerate potreb­ bero far pensare che venga definito un ottimo paretiano. Così non sembra, tuttavia, perché Scotto concepisce un trade-off tra la « economicità » e la « efficienza » del sistema distributivo, come appare evidente dalla parte della citazione precedente riportata in corsivo. In effetti quella condizione che Egli chiama di efficienza è più restrittiva di quella che chiama di economicità, ma sopra tutto lo schema che ha in mente è assai più complesso del modello neo­ classico (26).

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artigia-— 487 artigia-—

Scotto rileva ancora che: « condizione necessaria affinché quel dato assetto reale ottimo sia attuato in un certo momento è che i di­ versi fattori produttivi percepiscano esattamente quelle remunera­ zioni monetarie appena sufficienti a farli affluire in quel momento in quelle certe quantità e qualità in un certo dato numero d ’imprese costituenti il sistema distributivo: e il movimento di denaro consi­ stente in tali remunerazioni appena sufficienti costituisce un certo assetto monetario. Ma accanto ad esso, che potremo denominare assetto “necessario” , possono concepirsene altri che consentano a uno o più fattori produttivi remunerazioni monetarie superiori al minimo sufficiente menzionato sopra... [ossia che consentono] ren­ dite più o meno ampie a questo o quest altro fattore. Chiameremo “ipernecessari” questi altri assetti monetari » (p. 333). Sicché « le questioni delle quali dobbiamo occuparci sono di ricerca di quel­ l’assetto dei costi monetari della distribuzione che meglio contem­ peri l’economicità con l’efficienza, e che elimini tutte quelle rendite e quasi rendite dei fattori impiegati nella distribuzione che non pre­ sentano qualche specifica giustificazione dal punto di vista della collettività » (p. 334).

La seconda parte del saggio è rivolta all applicazione concreta di tale sistemazione teorica (27). In essa non mancano considera- * 27

nali, sistemi di self-serving, ecc. », mentre la nota 2 precisa che, per quanto ri­ guarda « l’efficienza» « a parità delle altre circostanze, una riduzione del numero delle imprese distributrici tende a risolversi in una maggiore scomodità per il consumatore (a parte, naturalmente, le ripercussioni che può avere sui prezzi a parità di costo)... che la sostituzione di sistemi di vendita su larga scala, ai sistemi artigianali può privare i consumatori dei benefici psicologici e pratici derivanti dalla conoscenza personale del dettagliante, ecc. ecc. ». Inoltre, più avanti, preci­ sa che, « a un dato “ assetto reale” del sistema distributivo^ ottimo dal punto di vista dell’intera collettività, possano corrispondere parecchi “assetti monetari di­ versamente apprezzabili dallo stesso punto di vista » (p. 333). Nel sistema neo­ classico, come è noto, i teoremi sulla dualità assicurano che un certo assetto reale ha come soluzioni certi prezzi che comportano un unico assetto monetario, e il se­ condo teorema del benessere afferma bensì che qualunque possibile assetto può

essere ottenuto, ma con trasferimenti lump-sum. .

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ap-— 488 ap-—

ziom tutt ora attuali, come ad esempio quella che « in Italia i costi del denaro siano in media troppo alti, nel senso che una riorganiz­ zazione del sistema bancario ne potrebbe consentire una diminu­ zione... [non solo, ma anche] sembra probabile che una parte più che proporzionale del complessivo costo dell’organizzazione banca­ ria tenda a ripercuotersi sui tassi specifici concessi al commercio » (p. 349). E interessante notare che molti dei motivati auspici in ma­ teria di riforma dei tributi troveranno poi più ampio spazio nei la- v ori per la riforma tributaria e quindi nella riforma stessa.

3. Per quanto riguarda gli apporti di storia delle istituzioni fi­ nanziarie mi piace qui ricordare Verso il centenario della Finanza

Pubblica italiana, del 1961 (28), che costituisce un ampio scorcio il­

lustrativo delle vicende delle Amministrazioni finanziarie dalla uni­ ficazione fino al I960. Esse sono ricostruite con dovizia di partico­ lari in una sicura prospettiva storica; il corpus più denso del lavoro è poi la discussione in appendice dell’abbondantissimo materiale di documentazione statistica.

Questo aspetto della personalità scientifica di Scotto risulta an­ cora maggiormente evidenziato da quella che appare uno sviluppo ideale del lavoro appena ricordato, e cioè dalla Analisi critica delle

statistiche fiscali attualmente disponibili del 1965, in cui la ricostru­

zione delle fonti di documentazione statistica dell’unità in poi costi­ tuisce una opera paziente e faticosa, di importanza non solo per lo studioso di finanza, ma anche e sopra tutto per lo studioso di storia economica e di storia finanziaria. In proposito afferma consapevol­ mente Scotto: « Ho ritenuto perciò utile, anzi in un certo senso do­ veroso, compilare preliminarmente una bibliografia ragionevol­ mente completa delle fonti di statistica finanziaria apparse in Italia dall’unità ad oggi » (29) (p. 2).

Tornando al saggio precedente, la sua conclusione è che la sto­ na politica e sociale italiana non solo è contrappunto della nostra

profondità descrizione della situazione italiana dei principali elementi del costo di distribuzione, con particolare attenzione ai trasporti, alla pubblicità e, sopra tutto a a C° t!'i’0n):.Ilie trli:)utarla' dettagliatamente descritta e discussa criticamente.

(iS) Il lavoro fu occasionato dalla lezione inaugurale dell’a.a. 1959/60 della scuola centrale tributaria.

... (~9) ,Sl„traÌ.ta So fiUe, Pafcrme. divise in due parti: « Materiali per una

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storia finanziaria, ma « anche se la consideriamo con spirito critico, deve esserci tutta cara; perché riassume la vita dei nostri padri, dei nostri nonni, dei nostri avi, in una parola la vita della nostra Pa­ tria » (p. 34). Al di là della retorica di uomo d’anteguerra, si può forse inferire da ciò che nella Sua visione dopo l’ultimo gradino del­ la conoscenza razionale, in termini paretiani, appare potente l’ope­ rare dei residui e delle derivazioni: in particolare, tra i residui quello della persistenza degli aggregati e quelli in relazione alla so­ cialità, e tra le derivazioni quelle della autorità della tradizione e quelle dell’accordo con sentimenti o principi di interesse collettivo.

L’apporto scottiano alla storia delle dottrine finanziarie appare rilevante per ricostruzione critica e garbo espositivo, nonché effica­ cia dialettica, principalmente nei saggi critici su Fasiani, Borgatta, ed Einaudi e nella recensione a Del Vecchio; ed è tale che difficil­ mente si può scrivere sull’apporto italiano tra le due guerre alla fi­ nanza pubblica senza meditare attentamente la Sua sistemazione e i Suoi illuminanti commenti critici (30).

Il saggio su Gli scritti di Mauro Fasiani, del 1950, è un com­ mosso omaggio alla memoria del suo maestro prematuramente scomparso, anche se è molto parziale come copertura, in quanto, mentre commenta diffusamente i Principii, accenna rapidamente ad una sola parte delle pubblicazioni di Fasiani (31). Mettendo in risalto l’apporto di Fasiani, evidenzia in particolare anche la sua propria capacità di sintesi: il riassunto che fa dei Principii è esem­ plare, riuscendo non solo ad indicare i punti salienti, ma anche a spiegarli in modo comprensibilissimo a chi non li conosce. 30 31

(30) Spiace dover osservare che una recente monografia mostra di non aver assimilato la lezione scottiana, come pure il fondamentale scritto di Fasiani (la cui traduzione dal tedesco è ormai disponibile dal 1980) e, apparentemente, anche gran parte degli apporti tipici della scuola italiana tra le due guerre; vero è che il lavoro non vuole essere — a parte il titolo — propriamente una sistemazio­ ne ed un commento critico alla letteratura finanziaria, ma lo svolgimento di tesi sostanzialmente metaeconomiche. Si veda Bella n c a N., La teoria della finanza pubblica in Italia, 18S3-1H6. Saggia storico sulla scuola italiana di economìa pub­ blica, Olschki, Firenze, 1993.

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Nell’Opera scientifica di Gino Borgatta, aneli esso scritto nel 1950, Scotto dà prova — forse ancora più del solito — della sua grande abilità dialettica ed espositiva (32), mettendo altresì in risal­ to la sua approfondita conoscenza della letteratura finanziaria tra le due guerre ed in particolare della posizione dei singoli studiosi, nonché, ovviamente, dell’opera del Borgatta, a partire dai suoi ap­ porti di metodologia della scienza. Nel saggio viene ricordato, a ta­ le proposito, che il Borgatta partì dalle critiche alla teoria edonisti­ ca (puntigliosamente elencate da Scotto, che ne fornisce a sua volta una interpretazione critica) per arrivare alle posizioni in qualche modo condivise idealmente, sia pure con sfumature non poco diffe­ renti tra loro, anche da Fasiani e dallo stesso Scotto.

Nella valutazione dell’approccio sociologico di Borgatta la di­ scussione scottiana e un continuo alternarsi di valutazioni positive a elementi parzialmente negativi o comunque riduttivi (33), il cui motivo conduttore appare sostanzialmente quello che non permise alla « finanza sociologica » di proseguire nella sua intuizione, e cioè la sostanziale inadeguatezza della sociologia a fornire supporto ai ragionamenti economici, come avevano già notato Fasiani (34) e lo stesso Scotto, che qualche anno più tardi constaterà che « i sociolo- ghi... lavorano in modo suggestivo sì, ma per il suo temperamento fdell economista, ma in senso traslato, di Scotto stesso], non troppo sicuro » (35).

Tralasciando per motivi di spazio di riferire su spunti peraltro interessanti (36), vale la pena di ricordare il commento di Scotto

(32) Degna di nota è la tecnica scottiana di far parlare il piu possibile l’A., riportando lunghissime citazioni testuali, di non facile gestione e pur tuttavia assai efficace; utilizza inoltre note assai lunghe, conducendo di fatto due testi paralleli, di cui spesso il più importante è quello in nota.

(33) Ad esempio; « formulazione d una nuova teoria (o almeno dei suoi li­

neamenti principali) » (p. 454); ma in verità tutte le pagine da 457 e 460 (per la

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contraria-— 491 contraria-—

sull’applicazione di Borgatta della rendita del consumatore come strumento di analisi degli effetti delle imposte, in particolare delle accise. Questo scritto di Borgatta, essendo stato stampato nel 1921 (appena sei anni dopo Slutzky), rappresenta una anticipazione ge­ niale della letteratura odierna, sopra tutto se si tiene conto che il Borgatta si rendeva conto dei limiti dello strumento, e praticamen­ te quasi ne suggeriva l’uso con le curve di domanda compensate. A proposito di questo scritto Scotto avanza delle critiche a due rap­ presentazioni grafiche del Borgatta. Nel primo caso sobriamente afferma « È, secondo B[orgatta] inaccettabile — ma per motivi che non ci sembrano, quanto meno, opportunamente formulati — l’af­ fermazione dell’Edgeworth che “un’imposta su una delle due merci complementari innalzerà il prezzo di quella colpita, e l’ultimo effet­ to superi tanto il primo che in definitiva ne risulti un guadagno per il consumatore” ». Si tratta del c.d. « paradosso di Edgeworth », per il quale, come correttamente nota Scotto, « l’Edgeworth consi­ derava... una ipotesi diversa da quella considerata dal Bforgatta] » (p. 479, nota 100).

Nel secondo caso « il Bforgatta] applica all’ipotesi di tassazio­ ne di beni complementari o succedanei lo strumento delle curve di indifferenza, traendone conclusioni che — se il metodo col quale sono ottenute non suscitasse dubbi assai gravi, che esponiamo in nota — , sarebbero oltremodo interessanti; e cioè principalmente:

a) dati due beni X e Y “la quantità di Y cui l’individuo rinuncia se

si tratta d ’un bene succedaneo in seguito all’imposta che lo colpi­ sce, in rapporto all’altro succedaneo, è grandemente superiore a quella cui rinuncia nel caso che X e Y siano beni complementari »;

b) « quando si mette un’imposta su un bene surrogato [è opportu­

no] colpire i tipi di surrogati più fini e costosi di imposte proporzio­ nalmente superiori, altrimenti il sacrificio determinato dall’imposta è massimo pei consumatori più poveri e quasi nullo pei gruppi più ricchi” » (p. 479-480).

In nota riproduce i grafici di Borgatta e confuta separatamente le due affermazioni ciascuna con un suo controesempio grafico. Sic­ come Borgatta usa la maggiore (minore) concavità delle curve d ’in­ differenza per individuare i beni complementari (succedanei), 1

o-m ente a quanto affero-m ato dalla letteratura precedente che sosteneva una dio-m inu­ zione.

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biezione di Scotto è fondata, ed i suoi contro esempi corretti. Tutta­ via intuitivamente Borgatta ha ragione: per convincersi basta con­ siderare la definizione di complementarità come segno positivo del termine di Slutzky. Certo, tutto ciò adesso può sembrare naturale, ma nel 1921 o nel 1950 questi problemi non erano così ovvi (37).

Scotto rivendica poi al Borgatta il merito di essere stato il pri­ mo in Italia ad occuparsi di finanza congiunturale (a parte il Baro­ ne), affermando: « Fin dal 1915 infatti egli tracciò per grandi linee — svolgendo alcuni concetti enunciati dal Pareto... una teoria di prima approssimazione dei rapporti tra movimenti del sistema eco­ nomico e movimenti del sistema finanziario ». Segue poi una lunga serie di citazioni testuali, anche in nota, da cui emerge questa inte­ ressante constatazione: « Se si tien conto che tali concetti furono enunciati prima della ricca esperienza accumulata tra le due guerre mondiali in materia di fluttuazioni economiche... non si può negare ch’essi sono assai notevoli... In tale interpretazione si attribuisce, è vero, alle forze politiche e sociologiche un peso maggiore di quello che normalmente venga loro riconosciuto nella letteratura posterio­ re suH’argomento: ina è difficile giudicare se tale spostamento di at­ tenzione e valutazione della dottrina prevalente costituisca da ogni punto di vista un miglioramento effettivo ».

Passa poi ad illustrare l’importante opera borgattiana in mate­ ria di finanza di guerra; dopo aver espresso riserve sull’analogia borgattiana tra finanza congiunturale e finanza di guerra « princi­ pio assai interessante, se anche a prima vista un poco sconcertan­ te », si sofferma a commentare specificamente due concetti borgat- tiani in materia di finanza di guerra: « il primo è quello che possia­ mo denominare “della peculiarità dei problemi teorici della finanza bellica” ; il secondo è il “principio della tassazione bellica” » (p. 496).

Per quanto riguarda la peculiarità dei problemi teorici della fi­ nanza bellica si tratta sostanzialmente del fatto che, per Borgatta, la differenza tra finanza di pace e di guerra era che ciascuna è retta da principi fondamentali differenti. L’attualità del problema scatu­ riva dal fatto che D'Albergo (38) aveva recentemente criticato tale

(37) Un'altra osservazione di Scotto (p. 484 e nota 108) sui beni a offerta composta (nel senso di Marshall) è poi una corretta rettifica teminologica.

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posizione, sostenendo che si trattava, al contrario, di una mera questione di quantità, e non di qualità, mentre il Borgatta aveva ri­ badito che non si trattava di differenze di grado, ma di qualità. Agli occhi scottiani ciò sembrerebbe un falso problema: egli non prende aperta posizione nel merito della controversia, ma ricorre ad ampie citazioni di Borgatta scelte in modo che il lettore possa farsi una idea diretta della questione. E tuttavia, per quanto riguarda l’affer­ mazione di Borgatta « Non esiste una teoria della finanza norma­ le” delle economie regolate... né ritengo sia logicamente costruibile nei limiti in cui la finanza osserva e rispetta il principio del pareg­ gio di bilancio », Scotto annota « Ci sembra che tale affermazione — formulata, per di più, in modo così reciso — sia tutt altro che in­ controvertibile » (p. 498).

Il principio di Borgatta della tassazione bellica nella guerra to­ tale ricorda nettamente il Von Clausewitz: « l’imposta deve essere distribuita in modo da prelevare tutto il reddito... eccedente la somma necessaria al mantenimento di un tenore minimo appropria­ to ai vari gruppi della popolazione ». L esegesi scottiana porta a considerarlo alternativamente come « un ideale che sarebbe desi­ derabile fosse attuato nella finanza di guerra, o come la meta alla quale di fatto tendono le politiche finanziarie concrete, o come la meta che si raggiungerebbe se si seguissero i consigli della dottrina tradizionale, o semplicemente come un’ipotesi astratta assunta a scopo di studio » (p. 498). Personalmente mi chiederei semplice- mente se si tratta di un principio normativo o positivo: mi sembra infatti — a parte l’uso dei termini — che tre dei punti scottiani (che il principio di Borgatta sia un ideale desiderabile o la meta raggiun­ gibile seguendo la dottrina o l’ipotesi astratta a scopo di studio) pos­ sano essere considerati come normativi, mentre solo « la meta alla quale di fatto tendono le politiche finanziarie concrete » può essere considerata come avente valenza positiva. A Scotto sembra più probabile l’interpretazione eclettica che per il Borgatta il principio abbia valenza normativa (sia l’ideale) e positiva al tempo stesso « a questo ideale le politiche concrete tendano invito <j rossola n a infitti’ » (p. 498): in tale caso le posizioni di Borgatta e di Fasiani — nota an­ cora Scotto — tenderebbero ad « avvicinarsi molto ».

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Infine, Scotto prende in considerazione gli studi di Borgatta in tema di misurazione della pressione fiscale, da cui appare che il nocciolo della questione che premeva al Borgatta era di integrare la considerazione del prelievo fiscale con gli effetti dell’impiego del gettito relativo; non era un problema nuovo perché — come fa no­ tare Scotto risaliva per lo meno al Pantaleoni, e aveva coinvolto in qualche modo De Viti De Marco, Einaudi, Ricci, D ’Albergo, Co- sciani ed altri.

Di grande interesse è anche il saggio del 1954 Note in margine

ad un nuovo libro di finanze, che è formalmente una recensione cri­

tica ad un libro di Gustavo del Vecchio (39). Pur in una forma squi­ sita (40), Scotto critica « la tesi principale... e una... tesi secondaria — nello stesso tempo corollario e parziale fondamento della princi­ pale. La tesi principale è quella... dell’identità fra scienza delle fi­ nanze ed economia; la tesi secondaria è quella dell’impossibilità di risolvere (o fondare) la scienza delle finanze nella (o sulla) sociolo­ gia » (p. 6). Entrambe queste tesi sono commentate e respinte con argomentazioni come al solito lucide, calzanti, efficaci e assai ben documentate da opportune citazioni. In particolare poiché Del Vecchio fa riferimento alla « teoria della selezione » di Pantaleo­ ni (41), Scotto fa una approfondita esegesi dell’opera pantaleonia- na, giustificandosi come storico delle dottrine finanziarie.

Per quanto riguarda poi in particolare la seconda tesi, sembra si possa affermare che Scotto reagisca alla affermazione di Del Vecchio che l’indirizzo sociologico della finanza pubblica a cui Scot­ to appartiene è inconsistente; vale forse la pena di riportare il com­ mento di Scotto a proposito della sua appartenenza alla impostazio­ ne sociologica: « Il Del Vecchio ha voluto... citare il nostro nome, accanto a quelli del Borgatta e del Fasiani, come sostenitori della finanza sociologica. La sua citazione, in così illustre compagnia,

as-(39) Introduzione alla finanza, Cedam, Padova, 1954.

(40) « Ci rendiamo conto di non essere del tutto equi... nei confronti del­ l'opera di Del Vecchio: perché annotando alcuni dubbi, inevitabilmente rinuncia­ mo ad elencare i moltissimi punti, i moltissimi aspetti dell’opera a proposito dei quali senz'altro aderiamo, ammirando, ai pensieri dell’Autore. Ma, in Gustavo Del Vecchio, l’illustre Maestro non ha bisogno di adesioni, e il sottile critico e ge­ neroso incitatore ascolterà volentieri, ne siamo certi, i dubbi che un giovane pone, più che altro, a se stesso » (p. 11).

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