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Cronache Economiche. N.355, Luglio 1972

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CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLTURA

(2)

(da un sigillo del "600)

da

anni

la fiducia

dei risparmiatori

I S T I T U T O B A N C A R I O

SAN PAOLO DI TORINO

(3)

cronache

economiche

mensile della camera di commercio industria artigianato e agricol-tura di forino numero 3 5 5 - luglio 1 9 7 2

sommario

L. M a l i e

3 Architettura sacra nel Piemonte gotico

V . M a l f a t t i

15 Economia politica e ricerca applicata nel settore dei servizi

G . Biraghi

24 Riflessioni sul « piano chimico » e qualche critica

S. Sivieri

36 II Pert: uno strumento per raggiungere una logica economia di gestione

C. B e l t r a m e

41 Le società intercomunali di sviluppo economico in Belgio

P. C o n d u l m e r

46 II Gran San Bernardo dieci anni dopo

A. V i g n a

52 Parata d'ali nei cieli di Torino

U. Bardelli

57 Nuove sedi per l'industria 62 Tia i libri

69 Dalle riviste

Corrispondenza, manoscritti, pubblicazioni deb-bono essere indirizzati alla Direzione della Ri-vista L'accettazione desìi articoli dipende dal giudizio insindacabile della Direzione. Gli scritti firmati o siglaci rispecchiano soltanto il pen-siero dell'Autore e non impegnano la Direzione della Rivista né l'Amministrazione Camerale. Per le recensioni le pubblicazioni debbono es-sere inviate in duplice copia. È vietata la ri-produzione degli articoli e delle note senza l'autorizzazione della Direzione. I manoscritti, anche se non pubblicaci, non si restituiscono.

Figura in copertina:

Chieri - Veduta laterale del Duomo

Direttore responsabile: Primiano Lasorsa

Vice direttore:

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C A M E R A DI COMMERCIO

I N D U S T R I A A R T I G I A N A T O E AGRICOLTURA

E UFFICIO P R O V I N C I A L E I N D U S T R I A COMMERCIO E A R T I G I A N A T O Sede: Palazzo Lascaris - Via Vittorio Alfieri, 15.

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G A B I N E T T O C H I M I C O MERCEOLOGICO

(presso la Borsa Merci) - 10123 Torino - Via Andrea Doria, 15.

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Architettura sacra nel Piemonte gotico

o

Luigi Malie

Con quante limitazioni delle caratteristiche fondamentali ori-ginarie il gotico attecchisse in Italia è noto. Il senso meridio-nale di misura, proporzione, con-cretezza, non condivise mai a fondo una visione tanto trascen-dentale e fantastica; le opere gotiche italiane anche pili audaci escludono il superamento della materia come massa e peso, al pari del senso dell'illimitato. Ri-mane a fondamento un richiamo di spazi e cose verso l'uomo, non proiettandosi questo in una dimensione extra-umana. Il Pie-monte, terra di gente quadra, positiva e chiusa, anche se più d'altre regioni si mantenne su forme gotiche per secoli, spinto da più attive vicinanze e rela-zioni oltremontane, fu tra quelle che meno ne accolsero le scalate favolose, fossero pure le già epu-rate e trattenute del gotico di Provenza.

Rarissimi i casi di fervido afflato gotico genuino. A lungo si mantiene un linguaggio goti-cheggiante che è prosecuzione, corretta, del romanico. Più tardi anche il gotico piemontese ac-coglie — con limiti di zone e di casi — fantasie, movimenti, fio-riture più accesi ma assorbendoli da uri tardogotico, da una stiliz-zazione « flamboyante », compo-sita e manieristica flessione finale del gotico puro. Il lungo per-corso, comunque, è di grande interesse. I)a S. Maria di Casa-nova presso Carmagnola, ini-ziata verso il 1160, alla cap-pella marchionale del castello di Revello verso il 1510, per rima-nere in campo architettonico, ecco l'ampio quadro.

Al penetrare del gotico furono propulsive le relazioni con la

Francia meridionale attraverso la Savoia e il cantone ginevrino 0 attraverso il Saluzzese, nemico dei Savoia e appoggiato in tutti 1 modi alla Francia, o attra-verso la penetrazione angioina in parte del Cuneese, nell'Albese, nelVAlessandrino, nel Monfer-rato. Si tengano però presenti le continue influenze lombarde, apertamente accolte o fredda-mente fronteggiate, per lo più fuse in una sensibilità orientata in duplice direzione, deducendo secondo una sua esclusiva sobria riduzione. E se si considera poi come ogni penetrazione francese sia dal Piemonte sempre accet-tata con riserva, anche in valle d'Aosta, tanto e troppo decan-tata come punto d'appoggio d'una confederazione spirituale ed arti-stica aostana-savoiarda-ginevri-na, si attenuerà l'abituale giu-dizio acritico che orienta il Pie-monte in prevalenza verso la

zona transalpina di lingua fran-cese.

Nomi d'architetti gotici sono raramente tramandati, solo a partire dagli inizi del sec. XIV e sono nomi di laici (ma vi erano anche monaci) ma i ter-mini che li designano (« ma-gistri muratores », e sia pure « principales ») fanno pensare più che a veri e propri ideatori, a capomastri dirigenti l'impresa. Nel 1322 a Pinerolo, città pro-clive al gotico vivace, compare al campanile di S. Donato un Pietro da Milano; nel Saluzzese restano ignoti gli architetti ma

i nomi di « lapidimi cisores » e scultori che con essi collabora-vano sono di gente locale o lom-barda. Alla collegiata di Carma-gnola, nel 1492 comparirà un (architetto?) Giorgino di Costi-gliole. Già nel primo quarto del '400 era comparso a Vercelli un nome di architetto, d'un

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architetto anzi, proprio a con-fermare quanto affreschi quattro-centeschi vercellesi, in verità un po' più tardi, illustrarono rap-presentando due frati costruttori al lavoro ( Vercelli, museo Leone), c precisamente Fra' Antonio Ver-neto che nel 1423 costruì il bel campanile della più antica chiesa di S. Francesco, rallegrandone la cella con ariose bifore a coppie.

Le chiese gotiche piemontesi mantengono facciata a capanna romanica (dal S. Andrea di Ver-celli del primo '200 a S. Antonio di Ranverso del tardo '400) op-pure a fastigio; spesso si ornano — ne fanno anzi elemento tipico, specie nel '400 — di « cloche-tons », pinnacoli che eliminano Voriginaria funzione statica di impiego nel gotico francese, a concentrazione e nodo di spinte e controspinte, per farsi motivo decorativo, ora in forma

circo-lare, ora ottagonale, con l'ag-giunta o meno di cuspidi, colon-nine, archetti e con andamento di superficie liscia o più spesso con rivestimento di mattoni a taglio curvo e a file sovrapposte con giunti sfalsati, ottenendo festoso effetto pittorico, anzi pit-toresco. Mentre nelle facciate sono rari i veri e propri strombi di portali e protiri, è caratteri-stica la « giamberga » o timpano acuto che ingloba il portale e si spinge fino a metà facciata o al tetto. Tutto il Piemonte ne ha esempi, per lo più in cotto, di caldo effetto, ma anche in marmo, gli uni e gli altri non dividendosi topograficamente ma verificandosi i due casi a brevi distanze in medesime zone.

Raro il nartece e in collega-mento palese o probabile con preesistente nartece romanico a S. A?itonio di Ranverso, al

duo-Chieri, Duomo: facciata.

mo di Alba, all'Abbazia di Staf-farda, in quest'ultima assumendo l'aspetto non d'atrio interno die-"~l.ro il paramento frontale ma di

portico antistante. Un vero e proprio vestibolo corrisponden-te all'alcorrisponden-tezza della chiesa offre. S. Giovanni d'Avigliana. AT

es-sunci nuova cripta s'annovera, salvo la quattrocentesca sotto la cappella marchionale in S. Gio-vanili di Saluzzo; non si hanno nuovi battisteri.

Le absidi, di minor risalto nel primo gotico, senza le ampiezze di sviluppi, gli slanci di mem-brature, le risoluzioni diafram-mate delle superfici traforate dei prototipi, oltralpini, acquistano spicco nel. gotico tardo Quattro-centesco, per lo più in forma pen-tagonale e su cotto (a San Giovan-ni di, Saluzzo, invece, in pietra). Rarissimo il caso d'archi ram-panti, non richiesti per inutilità di controspìnte laterali a navate mediane che non si permettono grandi altezze o che, se acqui-stano slancio, già lo costringono con navate laterali di non forte dislivello. S. Domenico d'Alba anzi elimina all'interno il disli-vello, con una soluzione tipica delle nordiche cosiddette « Hallen-kirchen » cioè chiese-sala in cui, pur mantenendosi lo slancio ci-scensionale — e in S. Domenico una certa tipicità di chiesa gotica degli ordini mendicanti — viene esclusa la graduazione di questa ascesa e fra le navate si costi-tuisce una integrazione spaziale e dilatazione orizzontale, in luogo dei parallelismi e delle subordi-nazioni verticali, quest'ultime so-stituite da equivalenze.

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antichi e sobri esempi (Chio-mante, S. Caterina, c. 1218) si svolge secondo un gusto popola-resco con piacevoli abbellimenti, cui verranno sovrapponendosi pittoresche riduzioni paesane di gusto rinascimentale ma spin-gendo l'impronta gotica fino agli inizi del '600. Le forme più complesse di portali, di arcate in porle interne, di arcosoli in nicchie si hanno, nell'ultimo '400, a Saluzzo e zona, affian-cando o combinando svariati tipi di arco tardogotico: ribassato, spezzato, ad ansa.

Numerosi i chiostri: purtroppo trasformati quelli delle abbazie di Casanova presso Carmagnola e di Rivalla Scrivia che, per la datazione intorno al 1160, pote-vano formare prototipo; in parte conservato quello di Vezzolano a ogive moderate; rimaneggiato con volte cinquecentesche, il chiostro splendido di S. Andrea di Ver-celli, i cui archi originari sono però a pieno centro. Ogivali in-vece, con riserbo, le arcate del chiostro di Staff arda, a colonne binale, su di esso aprendosi le splendide trifore in cotto della sala capitolare (fine sec. XIII o inizio XIV). Di bella sem-plicità nel porticato a due piani ma rimaneggiati, i chiostri fran-cescani di Cuneo e Cassine; raf-finato quello a colonne in marmo grigio, dei domenicani di S. Gio-vanni di Saluzzo, chiudendosi la serie col chiostro a crociere della Certosa di Chiusa Pesio, che però si sposta verso un timbro rinascimentale.

I numerosi campanili spesso mantengono i caratteri precedenti correggendone l'effetto con mode-rate ogive di aperture o di sole inquadrature riassuntive d'aper-ture, o con guglie. Di rado ot-tagonali, per lo più a pianta quadrata, portano lesene di rin-forzo agli spigoli e il loro svi-luppo è rastremato verso l'alto. In genere ogni chiesa ha un campanile solo. Ogni valle dà

qualche accento tipico; i valdo-stani continuano redazioni alla romanica, con aggiunta di cu-spidi e « lucarnes » fino al sec. XI* e inizio del X17; la chiesa di

Villanova Bulica, oltre al cam-panile romanico-gotico porta un

• clocher-arcade »; soluzioni cam-pagnole tutte affini s'hanno nel-l'alta vallata, a decine. Anche la valle di Susa ha un suo tipo, imponendosi il campanile lapi-deo di Chiomante, a quattro piani e cuspide con cinque file

diabbai-Pinerolo, Cattedrale: la facciata e il campanile (con completamento più tardo).

i

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ni, ma le bifore e trifore sono ancora di tipo romanico; la data è incerta, probabilmente dell'ini-zio del '200, con rimaneggiamen-to quattrocentesco; strettamente affine è quello di Sauze di

Ce-sarea; il tipo continua fino al

'500 (Brusson) e oltre, in una fioritura di campaniletti vivaci e asciutti di piccoli paesi. Il proporre un collegamento Delfi-nato-Piemonte-Liguria non deve far deviare unilateralmente fatti autentici ma parziali, poiché anche qui la penetrazione lom-barda è palese.

(1423), di S. Paolo, inolio simili nel partimento e nelle proporzioni ma non nelle aperture, più acute nella prima che manca poi di cu-spide, ricoprente invece, in forma ottagonale, quella di S. Paolo.

L'archidiocesi torinese conta elementi austeri o raffinati ed eleganti lungo il '300 e il primo '400 ad Avigliaìia, COÌI tre

cam-panili: di Santa Maria, il più antico, forse ancora dell'ultimo '200, con tre piani di bifore ogivali sovrastate da cuspide (ot-tagono.), presente anche nei due più tardi, di S. Giovanni, mas-siccio e con trifore terminali a tutto sesto, incluse in arco timi-damente ogivato, mentre la cu-spide è a pianta quadrata; e di S. Pietro, chiuso e rustico, aperto in bifore solo all'ultimo piano. Il campanile di Coazze, pure dischiuso da bifore solo all'estre-mità, gli è analogo per questo oltre che per la cuspide e per il rapporto di essa con i pinnaco-letti.

Questi esempi manifestano, anche più tardi, tenace adesione al tipo romanico e costituiscono una varietà regionale (che non manca di consonanze con casi canavesi e della vai di Susa). Ancora in prossimità di Torino, il campanile di S. Francesco di Moncalieri spicca per ricchezza decorativa del corpo.

Il campanile di Santa Maria della Stella a Rivoli, con inserti di scodelle in terracotta maioli-cata, è quasi massiccio ma assai Ma è opportuno, in un esame

sintetico delle realizzazioni più significative e di più alta qua-lità, isolare come fatto senza confronto ed anche di grande rilievo per la più antica data-zione, quello che risalendo alla zona nord-orientale, Vercelli of-fre, facendone cardine alla fac-ciata, con le due torri (non pre-cisamente campanarie) di S. An-drea: e sono certo le più belle del primo gotico in Piemonte. Create da Benedetto Antelami, cui si sosterà più innanzi in riferimento alla chiesa,

ripren-dono il tipo romanico verticaliz-zandolo, svolgendo le cristalline superfìci come involucro di leg--gere cubature, dando risalto lirico

all'intelaiatura, veramente « os-satura » in senso gotico per i piani quasi velari. Il sistema di queste torri farà scuola a

Vercelli, anche nel '400 e basti l'esempio del grande campanile isolato sorto a fianco della chiesa in tal secolo.

Più tardi, fr ala piccola schiera delle bellissime torri gotiche civili, di Vercelli, sgetterà qualche bella torre campanaria: dì S. Francesco

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aerato dalla progressione da mo-no/ore a tutto sesto fino a bifore e trifore archiacute ; le terminali si aggraziano d'una lobatura in-terna al profilo e giocano sui vuoti dei vani col ritmo rapido delle capillari colonnine; le deco-razioni marcapiano in colto sono ricche, ad archetti su più filari in successione moltiplicata dì frequenza. I pinnacoli angolari esili sono scanalati e attorniano la cuspide esagona. Forte l'affi-nità — quasi uguaglianza — di schema col campanile di S. Anto-nio di Ranverso, però meno ricco.

Ampio di proporzione, un po' corto nei singoli piani, sobrio nelle profilature di archetti, il campanile di S. Domenico di Chieri, di fine '300, ha però una sua snellezza grazie ai pro-fili tesi e magri dei costoloni e soprattutto si allegra di vaste bifore a forti strombi pittoreschi e di quattro esilissimi pinnacoli.

Quattrocentesca è la termina-zione del poderoso campanile ro-manico — serrato da insolita-mente larghi costoloni — di S. Giusto di Susa che molti cam-panili gotici della regione ram-memorano ingentilendolo e re-stringendolo; tale terminazione consta di un complesso gioco sfrecciatile di sfaccettature della gran cuspide ottagona a doppia gittata e dei quattro insoliti pin-nacolctti, arricchiti di una corona a metà altezza.

Passando ad altra zona emer-gono i campanili di Pincrolo, dal più antico di S. Maurizio, del 1328, il più slanciato, a quello del Duomo, torrione grave a sole manofore e con marca-piani ad archettaturc formanti fìtta galleria (1425) con effetto d'insieme neoromanico, al più tardo di S. Domenico, del 1438, molto pittoresco nel variare le aperture.

Saluzzo conserva esemplari tardi: a S. Giovanni, forse del 1376, a S. Agostino già toccante il '500 e cosi a S. Bernardo, con la particolarità di una cuspide a dischi in smalti policromi. Alle

soglie del '500 è il campanile della collegiata di Revello, di grande effetto perché, sull'altezza di otto piani, distribuisce sem-pre accoppiate le aperture, ri-sultandone ariosità ma non vera e propria agilità, perché quel ritmo e quel metro ribadiscono l'allargamento orizzontale e la terminazione senza cuspide ferma l'ascesa. È invece più antico, comunque già del '400, il cam-panile di Staff arda, singolare per pianta fortemente rettangolare e cuspide ad imbuto.

Scarsa l'esistenza originaria nel Cuneese; bloccato e di bel rap-porto tra le grandi finestre

ogi-vali il campo unico in cui esse stanno, il campanile di S. Fran-cesco di Cuneo, alterato. Del '400 quelli delle parrocchiali dì

Dro-ncro e dì Rossana; più antichi: a Caraglio (S. Paolo, '200; S. Giovanni, '300), Saluzzo (Con-solata, '200), Busca (Assunta), Carassone Mondovi (S. Evasio, S. Giovanni); eccellente, a quat-tr'ordini di bifore, quello di Vil-la franca Piemonte ('300).

Passando alle zone orientali, la cattedrale d'Asti presenta — ed è anteriore alla chiesa — uno dei più antichi campanili pie-montesi del primo gotico, dovuto ad un Devoto Ghigo (architetto o

mr—i

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direttore dei lavori?) ma se lo slancio del nitido fusto è già nuovo e cosi il senso sottile di ;profili delle aperture e del cor-nicione, l'impianto e lo spirito misurato, largo nelle distanze, segnano una permanenza tradi-zionale. Quello di Mombaruzzo, lombardo-ogivale nella parte in-feriore, sta ad un momento estre-mo già all'aprirsi del '500. Fram-mezzo, ecco l'asciutto esemplare trecentesco di S. Francesco in Monmlvo (splendida veduta con le gentili absidi): la partitura a due zone per piano segue mo-duli allungati conferenti, in ac-cordo con l'intelaiatura filata, uno sgetto rapido pur essendo quasi senza aperture.

A Casale Monferrato è singo-lare la elegantissima torre cam-panaria di S. Domenico: già del priììio '500, altissima, ad cdlungati campi verticali binati, spartiti da lucide lesene, mani-festando chiarezza e agevolezza distributiva e di spaziature già rinascimentale, però inserendo bifore terminali inquadrate in ogiva; la cella aggiunta più tardi, sminuisce la purezza d'insieme, pur costituendo un bell'esempio di nuovo gusto.

Più ad oriente ancora, il cam-panile di S. Giovanni di Sale, pur alternando piani slanciati e bassi, riesce a sgettare salendo con minime monofore per aprirsi di colpo nelle longilinee bifore

S. Antonino di Ranverso, Abside.

finali, il cui effetto chiaroscurale è ripreso e fatto vibrare, frasta-gliato, dalla balaustrata a giorno _ incardinata da quattro «pignons».

Più in basso Acqui ha, nel Duo-mo, la parte superiore della cella campanaria di gusto trecentesco.

Negli sviluppi del gotico sacro l'abbazia di S. Maria di Casa-nova è punto di partenza, nono-stante i rimaneggiamenti, per l'interno del 1160 circa, a cam-pate quasi quadrate; il sistema dei supporti è alternato, varia-bile la pianta dei pilastri; le imposte della nave centrale par-tono da livello superiore a quello delle laterali. La nave mediana ha vòlte a crociere d'archi tra-sversali e laterali; le crociere delle navi minori non hanno ner-vatura. Da sottolineare analogie con le abbazie, di tipo cister-cense, di Rivalla Scrivia (circa 1180), Vezzolano [e. 1180-89), S. Andrea di Vercelli (1219-27) munite d'una torre d'incrocio al transetto. S. Maria di Vezzolano ebbe una prima fase costruttiva verso il 1180 segnando, in con-fronto ai precedenti, un irro-bustimento di forme, di più mas-siccio squadro; ma in un secondo tempo, già inoltrandosi nel '200, subì non solo una grave altera-zione, con l'annullamento del-la navata destra, sacrificata per provvedere il chiostro d'un quarto braccio, ma anche rimaneggia-menti, di spiccata impronta bor-gognona, secondo un più nervoso goticismo, in parti delle absidi e nella sistemazione delle arcate e delle volte del pontile.

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Per purezza di stile e origina-lità s'isola S. Andrea di Vercelli, il più bel monumento del nostro primo gotico. Accantonate le dia-tribe attributive che chiamarono in causa costruttori monastici della Francia del Nord o addi-rittura inglesi, è generalmente accolta la paternità di Benedetto Antelami architetto e scultore, in relazione alla sua tarda attività quale si manifesta nella catte-drale di Borgo S. Donnino. Netta balza la sua impronta. Emiliano è il senso delle nette supcrfici stese, lombardo il rapporto fra i piani e gli elementi che li ser-rano, specie nei limpidi cristal-lizzati campanili di facciata, ad efficace e lieta dicromia, gotico lo slancio, ardito nel getto pur con riserbo, coinè lo è lo stacco forte di livello tra le navate come l'uso di contrafforti che dalla recinzione esterna sgettano in controspinta sulla nave di mezzo.

In marmo verde-grigio di Va-rallo, la facciata ha superfìci lucide, battute con frequenza di ritmo dai vuoti, se non preva-lenti materialmente, predominan-ti nell'effetto: dai vani d'ombra dei tre portali a forte strombo (ma arcuati a tutto sesto) al rosone alle due gallerie immediatamente sovrapposte e che attraggono l'in-tero parametro murario, accom-pagnato nel suo elevarsi dal ve-loce getto sottilissimo delle co-lonnine filate. La galleria infe-riore abbraccia, in sviluppo ar-monioso e aggraziato, facciata, lati, testate di transetto, abside. L'abside, come le cistercensi, è piana, come le testate di tran-setto che ripetono la configura-zione stilistica della facciata. I contrafforti gettano un'infilata di archi rampanti grandiosi; sul-l'incrocio di transetto sorge non un semplice tamburo ma una vera torre-cupola ottagonale. L'inter-no, semplice ed energico, equi-librante con rara misura il senso di membratura portante — di gravità — con quello di nervatura — di impulso ascendente — reso più caldo dal timbro del cotto.

Staffarda (Saluzzo), Abbazia: incerno della Chiesa.

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Staffarda (Saluzzo), Abbazia: finestre della sala capitolare vedute dal chiostro.

accorda, con perfetto ritmo, ra-gionato sviluppo e libera fanta-sia. Il chiostro subì forti alte-razioni ina rimangono intatte la sacrestia e la sala capitolare, divisa in tre navate da quattro colonne, arcuandosi a pieno cen-tro. Rimane di fronte alla chiesa il porticato esterno ogivale du-gentesco dell'ospedale maggiore di S. Andrea, con due ambienti affiancanti l'androne.

Le chiese sorte intorno alla metà del '200 (S. Francesco di Susa, S. Maria di Castello in Alessandria, S. Francesco di Cuneo, ecc.) furono tutte o quasi rimaneggiate poi, compresi i rin-novamenti gotici quattrocenteschi. All' abbazia di Staffarda com-piuta, con le sue dipendenze, tra il tardo sec. XIII e il XIV, ma rimaneggiata ampiamente nel rinascimento rimangono, del

pe-riodo gotico mediano, il chiostro e la sala capitolare. Le navi minori della chiesa ricevono dal-l'esterno — ed è un caso singo-lare — una controspinta da tozzi archi rampanti, partenti dal li-vello terreno, mentre ne è esente la nave centrale.

Lunga è la trafila di costru-zioni trecentesche; vi continua, più o meno corretto, un senso di forme chiuse, gravi, con pre-dominio dei pieni sui vuoti, con effetti di massa, particolarmente agli esterni, mentre gli interni, più volte, assumono a contrasto un più sottile e svettante ritmo. Se l'inizio del S. Domenico di Torino è del 1257, la sua vicenda costruttiva prosegui nel corso del '300 ma l'interno fu poi profonda-mente rimaneggiato. La facciata ha tipico modulo nostrano — dif-fuso lungo quasi tre secoli — nella sua forma primitiva tra fine '200 e inizio del '300, con staglio asciutto e assai rilevato di costoloni sul prospetto mo-nocuspidato riassunto dall'alta, schematica ghimberga; alla som-mità, « pignorisi) esagonali scarni. Due alte monofore ai lati della ghimberga accompagnano l'asce-sa ma anche alleviano la con-centrazione.

Schema affine a questo — senza monofore — ha la facciata trecentesca di Santa Maria della Scala a Moncalieri, a costoloni continui — e addolciti nel ta-glio — mentre S. Domenico li aveva spezzati, a tre quarti di altezza, da un taglio a scarpa, molto efficace. Il portale di Mon-calieri, a strombo e già con ghim-berga, fu alterato poi illogica-mente.

La cattedrale di Asti (1309-54; completamenti del '400) non re-cede dal dispositivo di facciata a capanna: blocco disarticolato in rapporto alla quasi completa in-differenziazione in alzato delle navate interne, ma superficie ar-ticolata con già insolita ric-chezza nelle partiture di costo-loni (i centrali snelli, sottili, di spigolo) di rosoni, di portali a

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forte strombo, inserti in una sorta di galleria cieca più tarda, ricevendone cosi la parte infe-riore tiri accento fra i più carichi di spirito gotico in Piemonte.

L'interno, pur sotto l'esube-rante decorazione pittorica ba-rocca, rivela un alacre e folto slancio di profili nella corsa dei pilastri polistili, ma con dilata-zione di spazio verso le navi late-rali per via dell'altezza quasi uguale alla mediana, mancando cosi il potente effetto di ascensio-nalità graduata: ed altrettanto per i valori luminosi. Di raffinata eleganza il portale sud — cui è coeva la zona inferiore dei portali in facciata — della se-conda metà del sec. XI", vero e proprio protiro, su fasci di semi-colonne e colonnine, addossati a pilastroni. Questa elegantissima edicola-portale, dove influenze francesi, lombarde orientali, si compenetrano, è fra i momenti più brillanti e aggraziati — di una ricchezza che non tradisce la chiarezza strutturale — del nostro gotico regionale. Stilisti-camente, essa cresce quasi come fioritura estranea, architettonica-mente non assorbita. Su fasci di semicolon ne e colonnine, addos-sati a pilastroni, rinchiude il fortissimo strombo; una crociera lo ricopre, aperta in fronte da una bellissima ogiva a polilobi c cordonature, fiancheggiata da nicchie con statue, mentre altre nicchie con statue si dispongono ai lati in profondità; un secondo ordine superiore stringe la ter-minazione a guisa di torrioncino rettangolare fra edicolette a bi-fore, da cui si dipartono archi « en accoladc » con finissimi ri-lievi a girali.

Pittoresca, nella serie di ghim-berghe, la facciata della par-rocchiale di Rossana nel Cuneese (ch'ebbe pure a Verzuolo, 1389, una parrocchiale poi deturpata); eleganti le chiese pinerolesi, spe-cie S. Donato, dalle terse stesure in sobria trama partita da leg-geri costoloni, con pinnacoletti poligonali a doppio ordine e

gustose cornici in cotto; singo-lare S. Francesco di Cassine nel-l'Alessandrino, poi rinforzato in facciata da costoloni a scarpa, aggressivi come elementi di for-tificazioni; di ampia dilatazione spaziale, S. Domenico d'Alba (secc. XIV, XV) dalle vòlte a cordonature pronunciate.

La cattedrale di Chieri, sul-l'area della precedente romanica landolfina, fu ricostruita nel 1405-36. La sua facciata a ca-panna fasiigiata, segna nella multipla graduazione di altezza la divisione interna in cinque navate. Il vasto paramento grave è animato dagli energici, nudi

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Saluzzo, Chiesa di S. Giovanni: interno del coro.

una delle facciate gotiche pie-montesi più originali e, per la frequenza ritmica nel salire di scarto in scarto fino ai pinnacoli, la più genuina.

L'interno, il più vasto del gotico nostrano, serba generica maestà dopo radicali alterazioni. Armo-nico l'accordo cattedrale-batti-stero, all'ombra dell' altissimo campanile ; il battistero romanico ottagonale, ad alternanza di nic-chioni emicicli e rettangolari, subì un aggraziato, leggero, slan-ciato rivestimento nella prima metà •del '100, con eleganti costo-loni tagliati superiormente a scarpa, reggenti « pignons » gu-gliati, in cotto, a conci a scac-chiera (« à billettes ») mentre le limpide superfici intermedie del-l'ottagono, all'aspetto leggere co-me velari, s'infiorano d'un oculo tondo, con perfetto fondersi di

struttura, funzione, effetto deco-rativo. Altrettanto ariosa, ela-stica, e liynpida. la nervatura in-terna della volta.

Il Duomo di Chivasso è note-vole soprattutto per la pittoresca facciata, o meglio, per il portale che, a forte strombo ornato di statue sotto baldacchini, si com-pleta d'una bassa ghimberga e si inscrive in una grande cornice estesa in doppia fila di statue fino al tetto. Cosi, un elemento decorativo d'effetto, accentuato dal tono acceso del cotto, assume ruolo primario e quasi attrae su di sé la funzione strutturale. La data è sul 1420-30.

S. Secondo di Asti, trecente-sca, nella facciata del 1462 si propose d'imitare quella del Duo-mo con risultato addirittura più « romanico » per le proporzioni e la bloccatura indifferenziata.

S. Domenico di Casale, del 1469, poi fortemente alterata, ha pit-toresca facciata a costoloni che si rastremano ed sommo e assot-tigliano presso la cornice di ar-chetti; l'interno, a scarso slivello nelle navate, ha un animato corso di crociere in alacre prosecu-zione delle snelle semicolonne, ap-poggiate a magri pilastri su cui è movimentato il triplice scalarsi delle imposte di ogive nelle tre direzioni; lo spazio incluso ha una singolare, non certo oltre-montana, ampiezza di respiro. Alla facciata fu imposto nel '500 un bellissimo portale rina-scimentale.

Di tipico accento subalpino, invece, la collegiata di S. Orso ad Aosta (tardo '400 per la fac-ciata nuda con altissima ghim-berga, mentre l'interno roma-nico fu ricoperto di vòlte gotiche. Molto slanciata nell' interno (illo-gicamente decorato nell'800) la collegiata di Revello presso Sa-luzzo (1473); nuda e di sapore arcaico la facciata; S. Giovanni di Saluzzo, d'un gotico trecen-tesco rustico e suggestivo, ebbe a fine '400 l'aggiunta cl'un'ab-side-coro in funzione di cappella sepolcrale marchionale, di fio-rito gusto « flamboyant » con bel-l'intreccio di crociere, riassun-tivo della fitta trama di gallerie cieche a polifore lobate, finte balaustrate a quadrilobi, arco-soli, timpani e guglie fioronati, archi ribassati festonati, meda-glioni a girali, pinnacoli, edi-cole, costituenti il giro di tombe murali, risolvendo V architettura in un fiorire plastico-pittorico. In questo estremo splendere del tardogotico, con forte infiltra-zione francese (di Provenza e Borgogna) o addirittura per mano di architetto francese, interferisce nella plastica di sarcofaghi il luminoso e ricercato rinascimen-to pavese e lombardo-venerinascimen-to.

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l'abside. Ma sono elementi inte-ressanti: il basso portico roma-nico di facciata, che avvia ai tre sobri portali — pure della primitiva chiesa — a ghiere tortigliate, con capitelli a foglie di cardo e teste; la terminazione superiore piana, battuta da una fila di caditoie, in relazione alla precedente chiesa, ma il cui mo-do di ripristino è discutibile.

In questo periodo estremo sor-gono parecchie chiese grandiose da una punta all'altra del Pie-monte; mentre a l'arallo Sesia si edifica tra il 1487 e il 1501 S. Maria delle Grazie, sempli-cissima, ad una sola vasta na-vata, divisa in due ambienti successivi (il secondo rinnovato nel '700) per il pubblico e per i conventuali (cosi come in precedenza avvenne a S. Bernar-dino d'Ivrea), quasi all'estremo opposto sud-occidentale, a Sa-luzzo, si edifica il lluomo (1491-1501) fastigiato secondo uno sli-vello qui maggiormente pronun-ciato tra le navate e con distri-bu zio ne degli elementi richia-mata al motivo centrale del por-tale a ghimberga. È eccezionale la parrocchiale di Alagna in alta

Valsesia, serbante, nel coro tar-doquattrocentesco, le vòlte a com-plesse nervature di tipo austriaco. Ultime costruzioni gotiche sacre notevoli, la cappella marchionale del castello di Revello (1510 c.), la collegiata di Carmagnola (1492-1514) dell'architetto Giorgina di Costigliole, la chiesa di S. An-tonio abate di Mombaruzzo, del primo '500, con tre portali so-vrastati da ghimberghe.

In architettura, nelle valli di Lanzo, chiese di goticismo molto modesto e d'impianto elementare sorsero senza particolari inno-vazioni (Lanzo, resti di S. Croce: Ala, parrocchiale vecchia; ecc.) accanto a tipi di campanili romanico-gotici; questi, appena assottigliali, con bifore non sem-pre archi-acute e con copertura a cuspide, proseguirono fino al '600, in analogia ma in tono minore e con accenti più

im-Saluzzo, Duomo: esterno.

personali con casi della valle di Susa, con qualche affinità gene-rica, e quindi escludendo qui le-gami interregionali (in valle di Suso invece effettivi) con esempi del Del fi nato.

Molto più duttile invece I atteg-giamento delle zone canavcsane. Per l'architettura sacra, se il gotico vi ebbe qualche sviluppo diffuso, ben poche ne sono le superstiti memorie, spesso

an-nullate da molteplici rinnova-menti successivi fino all'800 o gravemente mutilate. Cos'i, un capoluogo importante come Ivrea non ha più oggi traccia di chiese gotiche fuori della chiesa con-ventuale di S. Bernardino che è già tardogotica, dopo il 1450. La grandiosa ma alterata par-rocchiale di Ciric, rinnovata su edificio più antico fra il tardo

'200 e il '400, restaurata nel

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1870 dal Ceppi, conserva un'in-teressante facciata monocuspi-data, con altissima ghimberga sguanciata —- spinta fino al tetto — sul portale, facciata di-visa da semplici lesene-costo-loni, con limpida modanatura a fil di tetto, piccoli «pignons» cu-spidati a corsi di conci in cotto e, addossato sul lato sinistro della facciata medesima, annul-landone un'ala, il possente mas-siccio campanile, gotico solo per

le ogive inquadranti, in succes-sione, bifore e trifore, e per la cu-spide fra gugliette, mentre la mas-sa serba unità e peso romanici.

Più o meno rimaneggiate — e risalenti a momenti diversi del '300 e '400 — sono la chiesa di S. Francesco di Rivarolo, del '200, con chiostro, dalla facciata rifatta nel '600, la parrocchiale trecentesca di Rivara, la chiesa di Brosso, singolare per la serie di arcate ogivali dipartentisi non

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Economia politica e ricerca applicata

nel settore dei servizi

Valeriano Malfatti

Con quanto viene scritto qui di seguito ci si propone di apportare un sia pur modesto contributo a quella corrente di studi e ricerche che tendono ad aggiornare gli strumenti di analisi in campo economico e ad adeguarli alle nuove dimensioni e caratteristiche assunte dai fenomeni economici e produttivi nei moderni sistemi ad economia mista.

Questo movimento trova la sua principale espressione nel campo dei metodi matematici di analisi e dell'informatica. Masti ricordare due esempi di fondamentale importanza: la teoria dei giochi di Von Neumann e le recenti appli-cazioni del calcolo elettronico ad opera del professor J . W. Forrester del Massachusetts Institute of Technology per quanto concerne i sistemi sociali complessi. Nel primo caso, secondo le parole di O. Morgenstern, per supe-rare l'impasse derivante dai supposti limiti di applicazione della matematica all'analisi econo-mica, si è individuato un nuovo metodo mate-matico che fosse per sua natura adeguato al fenomeno economico, anziché cercare di tra-sformare e ridurre il fenomeno stesso per ren-derlo analizzabile mediante gli strumenti mate-matici tradizionali. Gli studi del professor For-rester sono improntati ad una esigenza analoga: egli intende scoprire la struttura interna dei sistemi sociali e quindi, mediante modelli di simulazione e servendosi del calcolatore, indi-viduarne la dinamica, indipendentemente da qualsiasi legame logico, di causa-effetto o inter-dipendenza.

La stessa esigenza di adeguare i metodi di analisi alla nuova realtà economica e sociale odierna si pone anche su di un piano che po-tremmo definire meno specialistico e più descrit-tivo di quello dell'analisi matematica e stati-stica. Al fine di dimostrare questo assunto, abbiamo scelto due esempi, tratti dal settore terziario, che ci sembrano particolarmente si-gnificativi: il turismo ed i trasporti.

Il primo esempio è stato introdotto per dimostrare come possa rendersi necessaria una impostazione del problema economico in ter-mini diversi da quelli tradizionali di un equili-brio tra domanda e offerta. Il secondo per

dimostrare come anche nel campo più stretta-mente economico sia indispensabile, a volte, un approccio di tipo interdisciplinare. Entrambe queste esigenze, pur essendo riferite a casi par-ticolari, acquistano un significato molto più generale che può essere ricondotto a quel mo-vimento di studi ed a quel dibattito politico e culturale diretto ad accrescere l'operatività degli strumenti teorici di analisi.

I - I L T U R I S M O ( * )

1. Teoria economica generale e atticità tu-ristica.

Come ogni altra attività produttrice di red-dito, anche il turismo, al di là di ogni sua ca-ratteristica specifica, sembra presentare aspetti che possono venire ricondotti alla teoria eco-nomica generale. La constatazione di questa realtà non deve comunque spingere ad eselu-dere l'esigenza di una specializzazione nello studio scientifico del fenomeno, anzi questa necessità deve essere espressamente ricono-sciuta. Il ricercare nel fenomeno turistico alcune caratteristiche generali comuni ad altri rami di attività può essere utile, ma al tempo stesso è indispensabile mettere in risalto, ed inserire in un sistema coerente di proposizioni, quelle caratteristiche che fanno del turismo un feno-meno economico del t u t t o particolare.

Nonostante queste affermazioni siano ormai comunemente accettate, non si può non rile-vare una certa carenza di fondo nello studio scientifico del turismo, specialmente nel nostro paese (1), soprattutto sul piano dell'imposta

-(*) Si è ritenuto opportuno non riportare in nota riferimenti bibliografici: la bibliografia riportata a conclusione dello studio ci sembra sufficiente allo scopo. Le uniche note che compari-ranno nello studio avcompari-ranno quindi carattere esclusivamente esplicativo.

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zione generale del problema. Il p u n t o sulla situazione degli studi sul turismo viene f a t t o in modo particolarmente esauriente da R. Ba-retje, direttore del Centro studi sul turismo di Aix-en-Provence: secondo l'autore citato ci si muoverebbe seguendo tre direttrici principali. La prima, alla quale appartiene la maggior p a r t e degli studi, avrebbe un carattere p u r a m e n t e descrittivo; la seconda, che è di origine abba-stanza recente e che t e n d e a differenziarsi secondo i vari tipi di turismo, è seguita da coloro che cercano di scoprire e di analizzare il meccanismo economico del fenomeno turistico, cioè la s t r u t t u r a ed il f u n z i o n a m e n t o dell'at-tività turistica concepita come a t t i v i t à pro-d u t t i v a ; con la terza, che può essere consi-d e r a t a una conseguenza consi-d i r e t t a consi-del graconsi-duale perfezionarsi degli s t r u m e n t i m a t e m a t i c i di ana-lisi economica, si sono voluti costruire modelli econometrici per il turismo, si è voluto in altre parole costringere l'economia turistica in vin-coli di interdipendenza concepiti sotto f o r m a di relazioni funzionali di carattere p r e v a l e n t e m e n t e macroeconomico.

Già a questo p u n t o dovrebbe apparire chiaro perché riteniamo che la seconda linea di studio sia la più valida ed anche quella che acquista maggiori caratteristiche operative. Essa infatti, esaminando i processi di formazione e di qua-lificazione della d o m a n d a e dell'offerta turistica, r a p p r e s e n t a un approccio al p r o b l e m a di tipo dinamico che, come si v e d r à in seguito, è anche quello che p o r t a a risultati più vicini alla realtà.

Se ci attenessimo ai principi f o n d a m e n t a l i della statica economica, anche il t u r i s m o an-drebbe analizzato come u n qualsiasi altro feno-meno economico che possa compendiarsi nella produzione e scambio di beni e servizi e nella c o n t e m p o r a n e a formazione di u n prezzo di equilibrio sul mercato. Tale impostazione va però decisamente r e s p i n t a e ciò sulla base di u n ' a t t e n t a analisi sia di q u a n t o sta a v v e n e n d o nella r e a l t à (2), sia della n a t u r a intrinseca della d o m a n d a e dell'offerta nel settore delle a t t i v i t à turistiche. È q u a n t o ci p r o p o n i a m o di d i m o s t r a r e qui di seguito, e s a m i n a n d o d a p p r i m a s e p a r a t a m e n t e d o m a n d a e offerta e quindi ter-mini e modi secondo i quali si f o r m a u n prezzo di m e r c a t o per il servizio reso.

2. La domanda dì servizi turistici.

E v i d e n t e m e n t e la d o m a n d a turistica si dif-ferenzia per tipo di t u r i s m o ed a n d r e b b e quindi analizzata e v a l u t a t a per ciascuna delle forme che o r d i n a r i a m e n t e assume. Al di là però di queste caratteristiche specifiche, essa p r e s e n t a anche delle caratteristiche generali che

per-mettono un discorso unico per t u t t i i tipi di turismo.

Una prima caratteristica generale è costi-tuita dalla sua fòrte elasticità rispetto al reddito disponibile. Il turismo da bene di lusso riservato a pochi privilegiati, si avvia a divenire u n bene per il consumo di massa, ma risente ancora in maniera determinante delle oscillazioni della capacità di spesa globale del consumatore per cui viene ancora considerato come una spesa voluttuaria. Oltre a questo tipo di elasticità, il turismo incomincia a manifestare una certa mobilità, s o p r a t t u t t o nello spazio, per cui i flussi turistici si spostano con relativa facilità, spinti da campagne pubblicitarie, prezzi più favorevoli o anche soltanto da fattori di n a t u r a più sociale che economica come ad esempio la moda, da u n centro di attrazione all'altro.

N o n o s t a n t e quest'ultima caratteristica, la d o m a n d a turistica si presenta generalmente concentrata nel t e m p o e nello spazio. Nella stagionalità della d o m a n d a si vuol vedere uno dei principali svantaggi, da un p u n t o di vista p r o d u t t i v o , per l ' a t t i v i t à turistica. Generalmente si ritiene che forme particolari di organizzazione dei centri turistici ed un'articolazione appro-p r i a t a dei t e m appro-p i di f u n z i o n a m e n t o appro-possano ovviare a tale svantaggio. Di questo argomento si parlerà t r a t t a n d o dell'offerta; qui interessa osservare come la rilevazione di questa carat-teristica della d o m a n d a fornisca l'occasione per u n discorso di p o r t a t a più generale.

Se noi andassimo a ricercare all'interno del settore turistico i mezzi per superare questa situazione, saremmo sicuramente sulla s t r a d a sbagliata. L a d o m a n d a turistica è infatti vin-colata da legami di c a r a t t e r e politico-organizza-tivo che non rientrano t r a quelli f o r m a n t i comu-n e m e comu-n t e oggetto dell'acomu-nalisi ecocomu-nomica. T r a i vincoli di n a t u r a extra-economica imposti alla d o m a n d a basti ricordare quello derivante dalla concentrazione delle ferie e delle vacanze scola-stiche in d a t i periodi dell'anno: è certo che una diversa distribuzione delle ferie, cioè u n a loro

(19)

maggior diffusione su tutto l'arco annuale,

po-trebbe risolversi nella eliminazione, almeno

ten-denziale, di quelle situazioni di mercato

carat-terizzate da un forte controllo dei prezzi da

parte dell'offerta. Questa osservazione ha come

conseguenza logica la constatazione che gli

strumenti tradizionali dell'analisi economica non

bastano da soli a studiare un fenomeno

produt-tivo anche nei suoi aspetti più propriamente

economici.

Un'altra caratteristica fondamentale della

domanda in questo ramo produttivo, come

os-serva M. Del Viscovo, è costituita dal fatto

che essa appare quasi sempre congiunta; si

tratta cioè di una domanda composita le cui

componenti possono essere ricondotte a quattro

categorie principali. In primo luogo è domanda

di trasporti che si traduce a sua volta in

do-manda di comunicazioni stradali, ferroviarie ed

aeree a seconda del tipo di clientela, della

durata del soggiorno, dell'ubicazione del centro

turistico e del tipo stesso di turismo. Una

seconda componente, anch'essa fondamentale,

della domanda turistica è costituita dalle

at-trezzature ricettive. Per quanto riguarda questo

tipo di attrezzature, oltre alla capacità

ricet-tiva ed alla qualità del servizio reso, assume

particolare importanza l'organizzazione

comples-siva del centro turistico. Anche di questo

argo-mento si parlerà più approfonditamente nel

paragrafo relativo all'offerta; qui si può però

già avanzare l'ipotesi che un'organizzazione

unitaria e centralizzata di tutte le attrezzature

ricettive di un centro possa costituire un

van-taggio rilevante sia per i responsabili della

gestione, sia per i consumatori finali, sotto

forma, per i primi, di riduzione di costi e, per

i secondi, di riduzione dei prezzi ai quali i

servizi possono essere venduti. Infine la domanda

turistica è domanda di servizi di accesso ai

luoghi di effettivo consumo e domanda di beni

di consumo, anch'essi il più delle volte

costi-tuiti da servizi.

Ai quattro tipi di domanda menzionati qui

sopra, si aggiunge quello di un qualsiasi

con-sumatore. Bisogna però tener presente che il

turista è un consumatore dotato di una

psico-logia particolare che lo porta generalmente ad

avere una propensione al consumo più elevata

di quella del consumatore residente. A questo

proposito ci sembra infine opportuno ricordare

che la spesa del turista è una spesa autonoma

alla quale risulta applicabile il concetto del

moltiplicatore Keynesiano (3) che, secondo

cal-coli effettuati, dovrebbe aggirarsi, in un anno

e per 1.3 transazioni, su di un valore medio di 3,5.

Da quanto si è osservato sin qui, dovrebbe

risultare chiara la particolarità del fenomeno

turistico nei suoi aspetti più propriamente

eco-nomici e quindi la necessità di impostare la

ricerca in questo campo in un modo diverso

da quello tradizionale. È necessario cioè

adot-tare un metodo di analisi che sia in grado di

tener conto di tutte le interrelazioni che si

stabiliscono tra il settore turistico e gli altri

settori di attività. Questo concetto sembra

co-munque essere stato accettato, almeno in teoria,

nell'ambito della programmazione economica e

territoriale. La programmazione è nata però

sulla base della presa di coscienza di una certa

realtà, sia da parte dell'operatore pubblico che

di quello privato: in particolare, per quanto

riguarda il turismo, dell'importanza che esso

assume a livello di politica del commercio

in-ternazionale e, in genere, di politica economica

nazionale. Ci si riferisce qui alla importanza

del turismo quale voce attiva della bilancia

dei pagamenti e quale fattore di aumento di

reddito ed occupazione.

•'i. L'offerta di servizi turistici.

Ancor più della domanda, il servizio offerto

(prodotto) si differenzia in numerose categorie

tra le quali gli elementi comuni risultano

diffi-cilmente individuabili; non solo, ma l'offerta di

servizi turistici è strettamente legata alle risorse

territoriali.

La prima delle due caratteristiche citate

rende necessario un frazionamento dell'analisi

in tanti problemi particolari, caratteristici di

ogni tipo di turismo e quindi richiede una

trattazione specifica di ogni singolo problema.

Ne deriva la necessità, prima di procedere ad

un'analisi dell'offerta, di stabilire una precisa

definizione di ogni tipo di turismo, anche se le

di verse categorie di servizi offerti sono spesso

tra loro complementari. È questa una delle

principali caratteristiche specifiche dell'offerta.

(20)

Il legame poi dell'offerta alle caratteristiche territoriali fa si che l'analisi della s t r u t t u r a turistica in relazione alle risorse territoriali d e b b a necessariamente costituire u n a delle p a r t i f o n d a m e n t a l i in u n ' i n d a g i n e scientifica del feno-m e n o turistico. A. L a c a v a , considerando in particolare beni culturali e t e m p o libero da u n p u n t o di vista territoriale, osserva che i primi possono essere c o m p l e t a m e n t e definiti di per se stessi, il secondo invece risulta s t r e t t a -m e n t e legato alla distribuzione della popola-zione sul territorio e p u ò quindi essere definito s o l t a n t o successivamente alle scelte sulle s t r u t -t u r e residenziali. Sul piano -terri-toriale, dalla analisi scientifica e dallo studio del t e m p o libero si possono o t t e n e r e solo indicazioni circa le vocazioni del territorio: sulla base di q u e s t e vengono scelte poi le aree per il t e m p o libero, considerando t u t t e le interrelazioni con le s t r u t -t u r e residenziali.

S e m p r e da q u e s t o p u n t o di vista, c o n t i n u a il L a c a v a , u n ' a l t r a p a r t e f o n d a m e n t a l e del-l'analisi e della v a l u t a z i o n e dell'offerta è co-s t i t u i t a dall'eco-same delle i n t e r d i p e n d e n z e terri-toriali del t u r i s m o con gli altri r a m i di a t t i v i t à e c o n o m i c o - p r o d u t t i v a . U n esempio tipico è co-s t i t u i t o dall'agricoltura per la quale è nececo-s- neces-sario distinguere t r a aree collinari e m o n t a n e mono-stagionali (estive) ed aree m o n t a n e bista-gionali. P e r q u a n t o r i g u a r d a le prime, la prio-r i t à d o v prio-r e b b e esseprio-re d a t a all'agprio-ricoltuprio-ra salva-g u a r d a n d o d a l l ' i n s e d i a m e n t o turistico le aree a più a l t a vocazione agricola. Nelle aree m o n t a n e bistagionali, dove n o r m a l m e n t e n o n esiste com-p e t i t i v i t à com-per la destinazione delle aree mede-sime, la p r i o r i t à d o v r e b b e essere a t t r i b u i t a alle a t t r e z z a t u r e t u r i s t i c h e collettive ed alle resi-denze p r i v a t e . Questo t i p o di scelta t r o v a la sua principale ragion d'essere nel n o t e v o l e a p -p o r t o di r e d d i t o e di occu-pazione che gli inse-d i a m e n t i turistici inse-d e t e r m i n a n o in zone inse-d o v e il r e d d i t o medio è g e n e r a l m e n t e a livelli m o l t o bassi. A n a l o g a m e n t e d e b b o n o f o r m a r e o g g e t t o di analisi le a l t r e i n t e r d i p e n d e n z e di t i p o territo-riale, cioè t r a t u r i s m o e i n d u s t r i a , t r a t u r i s m o e gli altri settori del terziario, t r a t u r i s m o e residenze.

Il legame dell'offerta t u r i s t i c a alle c a r a t t e -ristiche del territorio, assieme a d altri f a t t o r i di t i p o stagionale e climatico, f a si che l ' o f f e r t a stessa presenti, nella m a g g i o r p a r t e dei casi, u n a l t o g r a d o di rigidità. D ' a l t r a p a r t e l'offerta t r o v a u n a c e r t a c o m p e n s a z i o n e ai p r o p r i f a t t o r i di rigidità nella già r i l e v a t a rigidità della do-m a n d a che favorisce situazioni di c a r a t t e r e monopolistico che, come si sa, p o r t a n o a livelli m o l t o elevati l'utile del p r o d u t t o r e .

La rigidità dell'offerta si m a n i f e s t a t a n t o verso l'alto che verso il basso, cioè nell'impossi-bilità sia di u n a m p l i a m e n t o degli i m p i a n t i in funzione e a seguito di u n a u m e n t o previsto della d o m a n d a , q u a n t o di u n a diminuzione delle a t t r e z z a t u r e e della produzione in relazione ad un calo, a t t u a l e o previsto, della d o m a n d a stessa. Come osserva R . B a r e t j e , per a t t e n u a r e il peso di tali vincoli le imprese turistiche pos-sono cercare e t r o v a r e nella concentrazione u n a parziale soluzione ai loro problemi. P u r essendo a r r i v a t a per u l t i m a allo stadio di economia di mercato, l ' i n d u s t r i a turistica n o n p u ò sottrarsi al f e n o m e n o della concentrazione; q u e s t a ten-denza costituisce un'espressione della necessità dell'impresa turistica di a d a t t a r s i alla situazione reale per poter sopravvivere e conservare il suo posto in u n a economia che sta p a s s a n d o rapi-d a m e n t e rapi-da u n m e r c a t o chiuso a rapi-d u n m e r c a t o a p e r t o .

Nel t u r i s m o il m o v i m e n t o di concentrazione assume f o r m e diverse che c o m u n q u e possono essere r i c o n d o t t e alle due categorie f o n d a m e n -tali: r a g g r u p p a m e n t i di tipo orizzontale e ragg r u p p a m e n t i di t i p o verticale. Ai primi a p p a r -t e n g o n o i cosi d e -t -t i f a b b r i c a n -t i di viaggi, ad esempio la società tedesca T o u r o p a con u n giro di affari che s u p e r a i 70 miliardi, le agenzie di viaggio, le catene di hotels e ristoranti, i « group t r u s t houses » (4) inglesi ed associazioni turi-stiche di v a r i o tipo. T r a i secondi r i e n t r a n o s e m p r e le agenzie di viaggio, i club di vacanze, imprese nazionali con a t t i v i t à polivalente, società finanziarie, compagnie aeree ed associazioni.

U n a l t r o esempio significativo del m o d o in cui l'offerta t u r i s t i c a cerca di ovviare alle proprie deficienze s t r u t t u r a l i , lo forniscono le n u o v e stazioni di s p o r t invernali dell'Alta Sa-voia. Qui si rileva i m m e d i a t a m e n t e u n a n e t t a differenziazione r i s p e t t o alle stazioni di tipo tradizionale, che costituiscono la quasi t o t a l i t à delle stazioni s i t u a t e sulle altre p a r t i dell'arco alpino. Tale diversità a s s u m e u n a s p e t t o più q u a l i t a t i v o che q u a n t i t a t i v o ; n o n si t r a t t a in-f a t t i di chilometri di piste, di n u m e r o di im-p i a n t i di risalita, di c a im-p a c i t à ricettiva, ecc., t u t t e condizioni q u e s t e che possono a n c h e ripro-dursi in decine di a l t r e stazioni italiane, svizzere o a u s t r i a c h e ; si t r a t t a di u n m o d o n u o v o di concepire lo sci e l ' a t t i v i t à p r o d u t t i v a che si p u ò s v i l u p p a r e dal suo s f r u t t a m e n t o .

L a n u o v a concezione è s o p r a t t u t t o c a r a t t e rizzata d a u n elevato livello di i m p r e n d i t o r i a

(21)

lità della gestione e da un'accezione che

po-tremo quasi chiamare industriale dell'attività

turistica. Infatti, attraverso le cosi dette tre

generazioni (5), si è passati da una attività di

tipo artigianale o commerciale che aveva come

obiettivo e limite il soddisfacimento di una

domanda spontanea di servizi inerenti allo sci,

ad un'attività di tipo industriale dove l'offerta

del servizio assume una funzione autonoma di

propulsione e di sviluppo della domanda e trova

in quest'ultima l'unico limite che ne può

deri-vare alla redditività della gestione. Da una

polverizzazione di iniziative tendenti ciascuna

a realizzare il proprio profitto individuale

sfrut-tando una domanda in continuo e costante

aumento, si è passati ad un intervento globale

con gestione centralizzata, realizzando cosi quel

dimensionamento delle iniziative verificatosi

anche negli altri rami dell'attività produttiva.

Non solo, ma le nuove stazioni francesi

sem-brano aver rinunciato, almeno in parte, a certe

forme di competitività reciproca costringendola

entro limiti dettati dalla redditività della

ge-stione. Esse risultano infatti collegate tra loro

con piste e mezzi di risalita, accrescendo cosi i

chilometri di pista del loro rispettivo demanio

sciabile, e accrescendo quindi l'interesse stesso

dello sciatore per ogni singola stazione.

Va infine rilevata un'ultima e fondamentale

caratteristica della offerta: se si considera il

fenomeno turistico a livello macro-economico,

se ne individua immediatamente l'importanza

quale fonte di reddito e di occupazione, fonte

che va ad aggiungersi, oppure può sostituirsi,

alle attività economiche tradizionali. Il turismo

può infatti contrastare notevolmente la

ten-denza allo spopolamento di certe zone collinari

o montane oppure delle zone costiere: tale

ten-denza trova la sua prima origine nel basso livello

di produttività delle attività tradizionali quali

agricoltura, pesca, artigianato, ecc., nella scarsa

o inesistente creazione di nuovi posti di lavoro

e nel forte grado di attrazione esercitato sulle

popolazioni locali dalle aree a più forte sviluppo

economico ed industriale. Nel contrastare tali

tendenze e nel fornire nuove fonti di reddito

ed occupazione, è immediatamente individuabile

una delle principali funzioni sociali ed

econo-miche del turismo. Ad una funzione diretta si

aggiunge infine un effetto indotto su altre

atti-vità di tipo tradizionale quali il commercio,

l'artigianato e l'industria delle costruzioni.

4. Il rapporto tra domanda e offerta.

Formerà oggetto di questo paragrafo

l'ana-lisi di termini e modi nei quali, da un incontro

di domanda e offerta, può formarsi un prezzo

di mercato per il servizio reso e consumato, e

di qual è la natura di tale prezzo.

Bisogna innanzitutto rilevare che il turismo,

oltre alle caratteristiche puramente economiche

testé rilevate, riveste importanti funzioni di

carattere politico e sociale: a livello politico si

può parlare di mantenimento di buone relazioni

fra gli Stati e di utilità della libertà di

sposta-mento della popolazione sul territorio nazionale;

la funzione sociale si riferisce soprattutto ai

beni culturali ed alle varie forme di fruizione

del tempo libero. Per quanto riguarda i beni

culturali, alla cui conoscenza e godibilità il

turismo contribuisce in modo particolare, è da

tutti riconosciuta la necessità e l'utilità di

carat-tere collettivo di una loro tutela e

valorizza-zione: si tratta di un problema completamente

svincolato da qualsiasi valutazione economica,

legato cioè soltanto al nostro giudizio di valore

sulla civiltà umana e sull'importanza che le

opere culturali rivestono ai fini dello sviluppo

civile della nostra società. La possibilità poi di

godere in modo adeguato del proprio tempo

libero costituisce uno dei beni fondamentali

dell'uomo moderno, un bene che qualsiasi forma

di civiltà gli deve riconoscere di diritto. Ora

lo sviluppo delle attività turistiche,

aumen-tando le possibilità di scelta per la fruizione

del tempo libero, svolge un'importantissima

funzione civile e sociale.

Bastano queste poche osservazioni a

dimo-strare che ben difiicilmente si può parlare di

formazione di 1111 prezzo di mercato sulla base

del libero gioco della domanda e dell'offerta,

tanto in situazioni di concorrenza perfetta che

di monopolio, oligopolio, concorrenza

imper-fetta, ecc. Come osserva sempre II. Barctje,

in queste condizioni un atteggiamento di

«lais-ser faire, lais«lais-ser aller » contrasterebbe

sicura-mente con gli interessi della collettività, dei

consumatori e dei produttori. Per la collettività

ciò si tradurrebbe in una dispersione di risorse

che ridurrebbero di altrettanto il livello di vita,

per i consumatori in un incompleto

soddisfa-cimento di bisogni a prezzi eccessivamente

ele-vati, per i produttori in costi proibitivi e cioè

in perdite.

Con questo non si fa che ribadire quanto

si è già detto più volte nel corso dello studio:

la teoria economica generale, soprattutto sul

piano della statica economica, deve essere

uti-lizzata con molta cautela, anche soltanto a

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