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. Appello 2 - 26/6/2007 Fisica e Elettronica Università degli Studi di Pisa - Facoltà di Ingegneria Corso di Laurea in Ingegneria Aerospaziale

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(1)

Università degli Studi di Pisa - Facoltà di Ingegneria Corso di Laurea in Ingegneria Aerospaziale

Fisica e Elettronica Appello 2 - 26/6/2007

PROBLEMA I

Attenzione: nel seguito si prendono in considerazione solo le componenti z dei vettori, cioè tutte le relazioni vettoriali sono “proiettate” sull’asse z.

1. Per la prima legge di Laplace la forza esercitata dal campo magnetico sulla sbarretta vale:

hBI, mentre la forza di gravità vale: –mg. La risultante delle forze sulla sbarretta è quindi:

hBI mg

Fz =− + . La seconda legge di Newton o, per essere più precisi, la prima equazione cardinale della dinamica ci fornisce la prima equazione del sistema cercato:

z m hBI mg+ = &&

− .

Dalla definizione di induttanza e dalla legge di Faraday, la f.e.m. autoindotta nel circuito vale: −L &I. Il flusso di B concatenato col circuito vale: hBz, quindi la f.e.m. indotta dal moto della sbarretta nel campo magnetico esterno può essere calcolata dalla legge di Faraday come segue: f.e.m.=−hBz&. La f.e.m. risultante applicata alla resistenza R è pari alla somma dei due contributi appena calcolati e la legge di Ohm ci fornisce la seconda equazione cercata: −LI&−hBz&= RI.

La terza e ultima equazione si ottiene semplicemente dalla definizione di velocità: vz =z&. Riassumendo, il sistema di equazioni differenziali per le tre funzioni incognite è:





=

=

= +

) (

) (

) (

Ic z

v

Ib RI

z hB I L

Ia z

m hBI mg

z &

&

&

&&

Per le condizioni iniziali (non esplicitamente richieste dal testo) è necessario specificare I(0), perché la derivata di ordine massimo della corrente è la prima, nonché z(0) e z&(0), perché la derivata di ordine massimo di z(t) è la seconda.

R L

m

g h z

.

O B

I

(2)

In effetti, tutte queste condizioni sono specificate dal testo:





=

=

=

) ( 0

) 0 (

) ( )

0 (

) ( 0

) 0 (

0

IIc z

IIb z

z

IIa I

&

2. Dalla (Ia) si ricava l’espressione di I in funzione di z&& e la si sostituisce a I nella (Ib), infine si sostituisce z& dalla (Ic):

hBg z m hB

I = m &&+ ;

hB g z mR hB z mR hB hB z

mL − = +

− &&& & &&

L g v R mL

B v h

L

vz + R z + z =−

∴ && & 2 2 (III)

Per le condizioni iniziali, trattandosi di un’equazione di secondo ordine, è necessario specificare vz(0) e v&z(0). La prima è data esplicitamente nel testo: vz(0)=0, mentre la seconda deve essere ricavata dalle equazioni (I) sostituendo i valori dati dalle (II).

Sostituendo (IIa) e (Ic) in (Ia) si ottiene: v&z(0)=−g. Riassumendo:



=

=

) ( )

0 (

) ( 0

) 0 (

IVb g

v

IVa v

z z

&

3. Quando la sbarretta ha raggiunto la velocità asintotica si ha v&z =0 e v&&z =0. Dalla (III) segue immediatamente la velocità asintotica g

B h vz mR2 2

~ =− .

Sostituendo infine il valore dato nel testo:

L m h

B R 5

2

= 1 (V) e ponendo per convenienza:

2L/R = τ (VI) si ottiene:

τ g vz

5

~ =−2 (VII)

4. L’equazione caratteristica associata alla (III), con le posizioni (V) e (VI) risulta:

5 0 2

2

2 + + =

λ τ

λ τ (VIII)

Il discriminante ridotto vale 12 52 42 4 =τ τ =τ

∆ che, essendo negativo, indica una

soluzione oscillante smorzata per l’equazione omogenea associata alla (III).

(3)

Risolvendo:

τ λ =−τ1±i2

sommando la soluzione asintotica (VII) alla soluzione generale dell’equazione omogenea associata alla (III) si ottiene la soluzione generale dell’equazione in oggetto:

2 ) 2 sin

cos 5 (

) 2

( τ τ τt b τt

a e g t

v

t

z =− + + (IX)

Derivando la (IX) rispetto al tempo possiamo anche ricavare l’accelerazione:



 − − +

=

τ τ

τ τ

a t t b

a b e t v

t z

sin2 ) 2 2 (

cos ) 2 1 (

)

& ( (X)

Le costanti a e b dipendono dalle condizioni iniziali e imponendo la validità delle (IV) nelle (IX) e (X) risulta:





=

+

=

) 2 1( 5 0 2

a b g

a g

τ τ

da cui:





=

=

τ τ

g b

g a

10 5 3 2

e finalmente:



 

 

 

 −

=

τ

τ e τ τt t

g t

v

t z

sin2 4 3 cos2 5 1

) 2

( (XI)

Il disegno del grafico della funzione deve tenere conto che la pulsazione delle oscillazioni smorzate (si noti che si tratta di oscillazioni della velocità intorno al valore asintotico) vale ω = 2/τ e quindi il periodo delle oscillazioni T = 2π/ω è circa tre volte più lungo del tempo τ caratteristico dello smorzamento; in pratica difficilmente si potrà osservare più di una oscillazione:

vz(t)

O t

τ 5g

−2

(4)

5. Dalla definizione di velocità segue:

+

= z tvz t dt t

z( ) 0 0 ( )

+

=

t t

t t d e t

g t g z t

z 0 0

sin2 4 3 cos2

5 2 5

) 2

( τ τ τ τ τ (XII)

Il grafico di z(t) presenterà oscillazioni smorzate intorno a una retta asintotica parallela a t

g z

z τ

5 2

0

= (la retta asintotica differisce leggermente da questa perché l’integrale delle oscillazioni smorzate non tende esattamente a zero per t→∞):

z(t) z0

z z gτt 5 2

0

=

O t

Dalla (Ia) si ricava invece:

dt t dv hB

m hB t mg

I z( )

)

( = + (XIII)

Il grafico di I(t) presenta infine oscillazioni smorzate intorno alla retta asintotica

hB I = mg :

(5)

I(t)

hB mg

O t

6. Cadendo, la sbarretta perde una parte della sua energia potenziale gravitazionale; poiché il campo magnetico non compie lavoro, l’energia gravitazionale persa si ritrova tutta sotto le seguenti forme: energia cinetica, energia magnetica immagazzinata nell’induttanza e energia dissipata per effetto Joule nella resistenza.

Ad ogni istante t si ha dunque:

+ +

+

=mgz t mvz t LI t tRI t dt z

g

m 0

2 2

2

0 ( ) ( )

2 ) 1 2 (

) 1 (

(6)

PROBLEMA II

Siano QA, QB e QC le cariche rispettivamente presenti su ciascuna lamina. Le condizioni iniziali note per queste cariche sono:

QA = Q0 e QB = 0 al tempo t = 0 (I)

Le relazioni h >> rC > rB > rA permettono di trascurare gli effetti di bordo introducendo errori limitati. In questa approssimazione, per la simmetria cilindrica il campo elettrico in ogni punto dello spazio avrà la forma:

r r r e E Er = ( )ˆ

(II)

dove r è la coordinata radiale e eˆr il relativo versore.

Considerando la superficie S di un cilindro di raggio generico r, coassiale alle lamine e della loro stessa altezza, per il teorema di Gauss dovrà valere:

0

ˆ εin

S

dS Q n E

r ⋅ =

r (III)

dove Qin è la carica contenuta nel cilindro e gli altri simboli sono di ovvio significato. Per la (II) il campo elettrico è ortogonale al versore nˆ sulle basi del cilindro e quindi l’integrale (III) può essere limitato alla superficie laterale del cilindro fornendo:

0

) (

rhEr r Qεin

r =

(IV)

r h Er Qin 1

2πε0

=

(V)

Sezione trasversale Q0

B C

A

+

∆V

(7)

1. Per r>rC il campo elettrico si ottiene dalla (V) imponendo che la differenza di potenziale tra la lamina C e l’infinito sia nulla per definizione di messa a terra:

=0

=

γ)

r r

C

C E ds

V (VI)

scegliendo il percorso di integrazione γ lungo una direzione radiale e sostituendo la (II) e la (V) nella (VI) si ottiene:

2 0 =0

rC in

r dr h Q πε

=0

Qin e Er(r) = 0 per r>rC (VII)

In altre parole la lamina C messa a terra costituisce uno schermo elettrostatico, per cui lo spazio esterno allo schermo non “risente” delle cariche poste all’interno dello schermo;

questa condizione resta valida per tutto il problema e nel seguito si può trascurare completamente lo spazio esterno.

Dalle (I):

Qin = Q0 per rA < r < rC

Qin = 0 per r > rA

dalle quali si ricava Er(r) nelle rispettive regioni.

Riassumendo:

) ( per

0

1 per 2

per 0

) (

0

0 VIII

r r

r r r r

h Q

r r r

E

C C A

A

r





>

<

<

<

= πε

e





>

<

<

<

=

) ( per

0

) ( per

) ( per

0

0

IXc r

r

IXb r

r r Q

IXa r

r Q

C C A

A in

2. Dalla (IXc) segue Qin = QA + QB + QC = 0 e quindi dalle (I):

QC = -Q0 (X)

Poiché le lamine A e B sono isolate dalla lamina C e da terra, la conservazione della carica implica che la carica complessiva su di esse resti costante:

QA + QB = Q0 (XI)

la (X) rimane dunque valida per tutto il problema.

3. Al nuovo equilibrio elettrostatico, come già detto, saranno ancora valide (X) e (XI). Inoltre la carica sulla lamina A dovrà essere tale da produrre tra A e B la differenza di potenziale prevista dal generatore; dalla (V) si ha:

(8)





<

<

<

<

<

=

C B

B A

A

A

r

r r r r per

h Q

r r r r per

h Q

r r per

r E

1 2

1 2 0 ) (

0 0

0

πε

πε (XII)

Integrando, con formula analoga alla (VI), seguendo il solito percorso radiale da A a C:

+

=

− +

=

= C

B

r C r

B B A C A

A r

dr h V Q

V V V V V V V

0 0

) 2 (

)

( πε

B C

A r

r h Q h

V Q ln

2

4 0

0 0

0 πε

πε +

=

4. Sempre con formula analoga alla (VI), integrando la (XII) tra le lamine A e B e imponendo che l’integrale sia pari a ∆V si ricava la carica QA:

h Q r

dr h Q

B A

r r

A

0 0

0 4

2πε = πε

h Q r

r h Q

A B A

0 0

0 ln 4

2πε = πε

A B A

r r Q Q

ln 2

= 0

(XIII)

La carica spostata dal generatore attraverso la tensione ∆V è quindi:

A B A B

A S

r r r r Q

Q Q Q

ln 2

ln 2 1

0 0

=

=

e il lavoro fatto dal generatore è:

A B A B

S G

r h r

r r Q

V Q L

ln 8

ln 2 1

0 2

0 πε

=

= (XIV)

Naturalmente, per valori di rA e rB che rendono negativo questo lavoro, il generatore in effetti assorbe l’energia –LG; ciò accade per 1−2ln <0

A B

r

r e quindi per rB > erA.

5. Detta Lj l’energia dissipata per effetto Joule e dette Ui e Uf rispettivamente l’energia elettrostatica di configurazione iniziale e finale, deve valere:

Ui + LG – Lj = Uf

perciò, avendo già trovato LG, si può risalire all’incognita Lj dalla conoscenza della differenza di energia Ui-Uf.

(9)

Poiché il campo elettrico non varia nelle regioni r < rA e r > rB, la differenza di energia Ui-Uf può essere calcolata limitatamente alla regione RAB definita da rA < r < rB. Questo calcolo si può impostare integrando la densità spaziale di energia elettrica nel volume RAB

oppure, più semplicemente, riconoscendo che RAB è l’interno di un condensatore cilindrico di capacità

(

rB rA

)

C h

/ ln

2πε0

= :

C Ui Q

2 0

AB 2

) 1 R

( = , AB 2

2 ) 1 R

( C V

Uf = ∆

( )

[ ]

( )

02

2 f

i G

j 16 ln /

1 / ln

2 Q

r r h

r U r

U L L

A B A

πεB

= −

− +

=

∴ .

(10)

PROBLEMA III

Nel circuito di figura si possono distinguere tre stadi.

Uno stadio di input (S1):

uno stadio inseguitore (S2):

e uno stadio di output (S3):

Poiché l’impedenza (ideale) di ingresso dell’inseguitore S2 è infinita, esso non modifica il funzionamento dello stadio precedente S1; inoltre, poiché l’impedenza (ideale) di uscita dello stesso inseguitore è nulla, il suo funzionamento non risente

~

R

R V1

~

- + -

+

C R

R

R

Vout

- +

V1 V2

- + C

R

Vout V2

V0cosωt

V0cosωt

(11)

dello stadio successivo S3. I tre stadi sono quindi disaccoppiati e possono essere analizzati separatamente.

1. Per prima cosa determiniamo l’output di S1, V1(t). Quando il diodo è in

interdizione il circuito è aperto

e il generatore non eroga corrente, pertanto non c’è caduta di tensione attraverso la resistenza ad esso collegata e risulta V1 =V0cosωt.

La condizione per cui si verifica l’interdizione è che la tensione ∆VAC tra anodo e catodo sia negativa. Poiché nemmeno nella seconda resistenza scorre corrente, l’anodo risulta al potenziale di terra e perciò ∆VAC =−V1 =−V0cosωt; in sintesi il diodo è in interdizione durante i semiperiodi in cui il generatore fornisce una tensione positiva, cioè quando cosωt >0 (e quindi nT <t<nT +T/2, dove n è intero e T =2π /ω è il periodo del generatore).

Nei semiperiodi “negativi” il diodo si troverà invece in conduzione.

In questo caso si può determinare la tensione V1 considerando che essa viene prelevata alla metà del partitore resistivo con due resistenze uguali:

t V

V cosω

2 1

0

1 = .

A titolo di verifica, la condizione di conduzione del diodo è che la corrente che lo attraversa da anodo a catodo sia positiva. In effetti ciò si ha proprio nei

semiperiodi “negativi” del generatore.

Per lo stadio S2 si ha che la tensione di output dell’inseguitore, se l’operazionale non entra in saturazione, è uguale a quella di input: V2(t) = V1(t).

Infine l’ultimo stadio S3 rappresenta un noto circuito derivatore:

dt t RCdV t

Vout ( )

)

( =− 2 .

Sostituendo le espressioni di V2(t) e V1(t) e usando il valore di ω dato nel testo:



<

= >

0 cos

; sin

0 cos

; sin ) 2

( per

per

0 0

t ω t

ω V

t ω t

ω t V

Vout

~

R

R V1

~

R

R V1 A C

(12)

2. La condizione per cui gli amplificatori operazionali non entrino in saturazione è che le rispettive tensioni di uscita non escano dalla banda definita dalle tensioni di alimentazione: −VCCV2VCC e −VCCVoutVCC

0 2

VCC

V ≤ .

3. La soluzione di questo punto risulta più chiara dopo aver disegnato il grafico del punto (4).

Ogni qualvolta cosωt cambia segno (quindi sinωt = ±1), la soluzione Vout del punto (1) ha una discontinuità pari a V0|sinωt| = V0. Con gli operazionali in zona lineare, quindi, la tensione di uscita è continua solo per il caso banale V0 = 0.

Resta da esaminare il caso in cui gli operazionali entrino in saturazione:

0 V2CC

V > .

In corrispondenza degli istanti in cui l’inseguitore S2 entrasse in saturazione (per V0 > Vcc), il suo output presenterebbe punti angolosi e quindi discontinuità della derivata. Deve quindi essere V0VCC.

Se la tensione del generatore sta nell’intervallo VCC V VCC

< 0

2 il derivatore S3

entra in saturazione solo all’inizio e alla fine dei semiperiodi con cosωt positivo:

rispettivamente si ha Vout = -Vcc e Vout = Vcc. Affinché questi valori si

raccordino ai corrispondenti valori alla fine e all’inizio dei semiperiodi “negativi”

(Vout = -V0 e Vout = V0), deve essere V0 = Vcc.

In conclusione la tensione di uscita è continua, oltre che per il caso banale V0 = 0, anche per quello V0 = Vcc.

4. Il grafico deve illustrare almeno un periodo completo, mostrando i massimi, i minimi e le discontinuità di Vout:

2V0 V0

-V0 -2V0

t

V Vout

Vgen

2π/ω π/ω

π/2ω 3π/2ω

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