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1.1 SCOPO DELLA TESI 1 INTRODUZIONE

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Academic year: 2021

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1 INTRODUZIONE

1.1 SCOPO DELLA TESI

L’interesse del mondo scientifico ed industriale verso i nanotubi in carbonio (NC) è stato fin dalla loro scoperta elevato ed è cresciuto esponenzialmente quando si sono conosciute le particolari proprietà che questa nuova forma di carbonio presenta, soprattutto per il loro impiego nella sintesi dei nanocompositi caratterizzati da notevoli incrementi di conducibilità elettrica, conducibilità termica, modulo elastico e tensione a rottura. Sono stati condotti numerosi studi sull’impiego dei nanotubi in carbonio in combinazione con tutte le tipologie di polimeri finora conosciuti (termoplastici, elastomeri, termoindurenti e fibre) e su materiali nanocompositi ottenuti con vari meccanismi di sintesi e con diversi processi di produzione, come ad esempio la miscelazione nel fuso, in soluzione o in emulsione, ovvero la polimerizzazione in presenza di nanotubi variamente dispersi.

Nel presente lavoro di tesi è stata studiata la possibilità di ottenere nanocompositi di MWNT a partire da dispersioni colloidali ibride preparate mediante la tecnica di polimerizzazione in miniemulsione. La scelta di questa tecnica è stata guidata dalle peculiari caratteristiche relative da un lato alle dimensioni tipiche della fase dispersa, dall’altro alla semplicità del meccanismo di nucleazione ed accrescimento che offre la possibilità di trasformare le gocce di monomero in particelle polimeriche. L’obbiettivo principale di questo lavoro di tesi (ossia la preparazione di dispersioni colloidali stabili contenenti particelle polimeriche e nanotubi) richiede come condizione preliminare la messa a punto di una metodologia efficace per introdurre i MWNT nelle gocce di monomero e successivamente trasformarle in particelle polimeriche costituenti un lattice nanocomposito dal quale ottenere un film o comunque un materiale a matrice polimerica caratterizzato da una dispersione nanometrica dei nanotubi.

In alternativa, i nanotubi avrebbero potuto essere dispersi nel mezzo acquoso di lattici polimerici. Per tale scopo, sarebbe stato necessario studiare le modalità di dispersione dei nanotubi in acqua e in mezzi organici come stirene e acrilati, poiché la capacità di disperdere i nanotubi in una o nell’altra delle due fasi può influire in modo cruciale sulla stabilità finale del sistema colloidale, e determinare in ultima analisi le proprietà del materiale nanocomposito ottenibile dal lattice ibrido tra polimero e nanotubi.

Le dispersioni ottenute sarebbero state infatti utilizzate per la sintesi di nanocompositi acrilici e stirenici mediante polimerizzazione in miniemulsione da condurre secondo diverse

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modalità di esecuzione, per cercare di ottenere lattici polimerici costituiti da particelle di polimero a contatto o contenenti i nanotubi in carbonio.

Un ulteriore obbiettivo della tesi, che doveva costituirne la parte finale, è rappresentato dallo studio delle caratteristiche morfologiche mediante microscopia a scansione elettronica (SEM) e dalle proprietà dei materiali nanocompositi ottenibili a partire dai lattici polimerici ibridi, mediante caratterizzazione, in funzione sia della composizione sia delle eventuali differenze nella metodologia preparativa, dal punto di vista termico, attraverso analisi termogravimetrica (TGA) e calorimetria differenziale a scansione (DSC); meccanico tramite test tensili e analisi dinamico-meccanico (DMA) ed infine elettrico mediante misure di conducibilità della corrente elettrica.

1.2 NANOTUBI IN CARBONIO

Le origini dei nanotubi in carbonio (CNT) si possono attribuire alla scoperta del fullerene nel 1985 [1], la cui struttura comprende 60 atomi di carbonio organizzati in 20 facce esagonali e 12 pentagonali; questa combinazione conferisce al fullerene una forma sferica (fig. 1A).

Nel 1991, studiando la struttura del fullerene, lo scienziato giapponese Sumio Iijima [2] scoprì dei cilindri concentrici di tipo grafitico con le estremità chiuse da anelli pentagonali, l’equivalente della forma molto allungata del fullerene (fig. 1B). Questi furono i primi nanotubi in carbonio a multistrato (Multi Walled Nanotubes MWNT) osservati al microscopio elettronico (fig. 2). Oltre ai MWNT esistono i nanotubi in carbonio a strato singolo (Single Walled Nanotubes SWNT): la loro forma può essere immaginata come un foglio grafitico Fig. 1 (A) Rappresentazione schematica del fullerene con 60 atomi di

carbonio; (B) Rappresentazione schematica di un nanotubo a parete multipla.

Fig.2 Vista al microscopio elettronico: CNTs aggregati in modo eterogeneo (centro destra) ed in gruppi pressoché equivalenti l’uno con l’altro (in alto).

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arrotolato a formare un cilindro con le estremità chiuse da due semisfere di anelli pentagonali ed esagonali come nel fullerene. Il rapporto tra lunghezza e diametro, detto anche rapporto di forma (aspect ratio), è in genere maggiore di 100, infatti la lunghezza può variare da meno di 1 µm a qualche decina di µm, mentre il diametro può variare da 0,7 nm (corrispondente al doppio della distanza interplanare della grafite) fino a 50 nm.

In dipendenza della tecnica utilizzata nella produzione, si possono formare maggiori percentuali dei MWNT o SWNT disposti in aggregati eterogenei da 10-100 unità, oppure aggregati in gruppi pressoché equivalenti con morfologia mutuamente simile, tutti orientati, dal diametro e lunghezza molto simili tra loro (fig. 2).

Prendendo in esame un singolo SWNT, si ritiene che la struttura molto simmetrica costituita da atomi di carbonio ibridati sp2 sia responsabile della elevata resistenza alla trazione nonostante la sua bassa densità. Sono state osservate anche eccezionali proprietà elettriche e termiche, che hanno stimolato un’intensa ricerca per lo sviluppo di materiali ad alte prestazioni con applicazioni in molti settori: tessile, spaziale, elettronico, biomeccanico, ecc..

1.2.1 Struttura e morfologia

La struttura del nanotubo in carbonio può essere paragonato ad una lamina di grafite arrotolata attorno ad un asse in modo da formare un cilindro; le estremità sono chiuse da due semisfere costituite da atomi di carbonio organizzati in pentagoni ed esagoni. A differenza del diamante, dove gli atomi di carbonio ibridati sp3 formano una struttura cristallina cubica in cui ogni atomo forma 4 legami σ con altri 4 atomi, nella struttura grafitica gli atomi sono organizzati in esagoni formando un foglio in due dimensioni, dove ogni atomo di carbonio è ibridato sp2 e forma legami π con altri tre atomi.

Le proprietà dei nanotubi dipendono dall’arrangiamento degli atomi (cioè come la lamina Fig.3 Rappresentazione del vettore chirale, θ sul foglio grafitico a due

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di grafite è ruotata intorno all’asse del cilindro), dal diametro, dalla lunghezza dei tubi e dalla loro morfologia. I nanotubi esistono come singolo strato (SWNT) o strato multiplo (MWNT), questi ultimi sono semplicemente dei SWNT concentrici se visti da una sezione perpendicolare al loro asse longitudinale, tenuti insieme da interazioni di tipo Van Der Waals.

La struttura dei nanotubi in carbonio è descritta in termini di chiralità o elicità del tubo, la quale è definita dal vettore chirale e dall’angolo di elicità, o angolo chirale θ,

(fig. 3). è definito come la congiungente di due siti del foglio grafitico corrispondenti a due punti simmetrici e quindi cristallograficamente equivalenti nella struttura cilindrica del nanotubo, mentre θ è l’angolo tra e la più prossima stringa di esagoni affiancati (fig. 3). Un altro modo di esprimere il vettore chirale è tramite la somma di due vettori, dove n e m sono indici di transizione del reticolo esagono n-esimo o m-esimo della “stringa” di esagoni rispettivamente lungo l’asse a

h

C

h

C

h

C

1 o a2, mentre a1 e a2 sono la base del vettore del reticolo esagonale:

C

na

1

ma

2 h → → → + =

L’angolo chirale θ determina il grado di rotazione del tubo, si noti che lungo gli assi a1 e a2 gli esagoni grafitici sono affacciati con un lato in comune normale all’asse stesso. Esistono due casi limite: θ = 0°, θ = 30°: il primo caso prende il nome nanotubo “zig-zag”, mentre il secondo prende il nome di nanotubo “sedia”. La differenza tra le configurazioni si nota in fig. 4(A), in termini di vettore chirale, nel caso zig-zag si hanno gli indici di

transizione (n, 0), nel caso a sedia (n, n), mentre in tutti gli altri tipi, dove è osservata una Fig.4 (A)Tre tipi di chiralità dei CNTs: in alto conformazione a “sedia”, al centro conformazione “zig-zag” ed in basso CNT

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chiralità, si hanno gli indici di transizione (n, m) con n ≠ m. Una volta determinata la chiralità del nanotubo possiamo risalire al diametro, poiché le distanze interatomiche sono note. La chiralità influisce significativamente sulle proprietà del materiale, in particolare, le proprietà elettriche possono variare da un comportamento di tipo metallico ad uno di tipo semiconduttore [1].

Riguardo alle proprietà meccaniche, Yakobson [3,4], svolgendo studi sulla stabilità allo stiramento lineare, ha rilevato che questi composti hanno un comportamento elastico. E’ stato osservato come i provini utilizzati siano in grado di sopportare stiramenti estremi senza mostrare segni di fragilità o plasticità. E’ stata anche rilevata una bassa influenza della chiralità per quanto riguarda queste prove, mentre la capacità del nanotubo di effettuare la trasformazione “Stone-Wales” (fig. 4B), in cui si ha uno scambio reversibile tra 2 atomi (da 4 esagoni adiacenti si passa a 2 pentagoni e 2 ettagoni in coppia) gioca un ruolo chiave sulle deformazioni plastiche sotto pressione dei nanotubi. Questo tipo di trasformazione introduce un difetto nell’ordinata struttura dei CNT: l’ettagono prende il posto dell’esagono, creando un’area concava all’interno del nanotubo e così distorcendone la struttura. Questa proprietà porta i nanotubi ad assumere molteplici configurazioni di equilibrio che differiscono dallo schema elementare di cilindro retto con semisfere di estremità.

1.2.2 Produzione

Il grande interesse suscitato dalle proprietà dei CNTs ed il loro possibile impiego su scala industriale hanno portato alla ricerca di metodi per la loro produzione in quantità sempre maggiori con produttività e livelli di purezza sempre più elevati, visto che in natura questo stato d’aggregazione del carbonio non è presente. Sono stati quindi messi a punto svariati metodi di produzione che sono stati poi ottimizzati dal punto di vista della resa, della specificità e della selettività. I metodi utilizzati per la produzione [5] sono i seguenti: arco a scarica elettrica, ablazione laser, energia solare, decomposizione catalitica di idrocarburi, elettrolisi, sintesi da aggregati polimerici, in sito catalitico ed in continuo su larga scala. Di seguito una breve descrizione dei processi più usati: Fig.5 Rappresentazione schematica di un apparato ad arco elettrico

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Arco a scarica elettrica

Esistono due tipi di sintesi all’arco elettrico: evaporazione di grafite pura e co-evaporazione di grafite e metallo. Entrambi utilizzano un arco di scarica elettrica generata tra due elettrodi di grafite sotto atmosfera inerte di elio o argon [6] (fig. 5). La distanza fra i due elettrodi, regolata da un meccanismo di traslazione dell’anodo, si mantiene al di sotto di 1 mm, in modo tale da permettere il passaggio di una corrente di circa 100 A, che crea così un plasma alla temperatura di 4000°C. In queste condizioni il carbonio sublima e l’elettrodo positivo si consuma. Il diametro dell’anodo è più piccolo di quello del catodo ed entrambi gli elettrodi sono raffreddati ad acqua. Controllando il voltaggio (30-35 V) e la distanza tra gli elettrodi, è possibile ridurre le fluttuazioni del plasma.

Con il primo metodo (evaporazione di grafite pura) si hanno due prodotti all’interno del reattore: un deposito d’agglomerati sul catodo [2] e della fuliggine sulle pareti del reattore. Il deposito sul catodo contiene nanoparticelle di carbonio e MWNT con un diametro da 2 a 25 nm ed una lunghezza di oltre 1µm, mentre il prodotto sulle pareti del reattore non contiene nanotubi.

Con il secondo metodo (co-evaporazione di grafite e metallo), l’anodo è caricato di una miscela di catalizzatore metallico e polvere grafitica. Utilizzando alcune miscele di sali metallici ridotti allo stato metallico (Co/Ni, Co/Fe, Ni/Fe) si ottengono [7], sia nel deposito sul catodo sia sulle pareti del reattore, quantità di SWNT con diametro di 1,2-1,4 nm e lunghezza di circa 1 µm. Il prodotto ottenuto sul catodo contiene un’alta percentuale di SWNT. Variando le condizioni operative, quali la concentrazione del metallo [7-8], il tipo di metallo, la pressione e la natura del gas inerte [9], la corrente e la geometria del sistema, si possono variare la quantità e la qualità dei nanotubi.

Ablazione laser

Questo metodo consiste nella vaporizzazione di carbonio da un cilindretto di grafite tramite irradiazione con un raggio laser in atmosfera inerte di elio o argon [10-11]. Il cilindretto di grafite è posto al centro di un tubo di quarzo mantenuto a temperatura controllata all’interno di una fornace (fig. 6). Dopo che nel tubo è stato creato il vuoto, viene raggiunta la temperatura a 1200 °C, il tubo si riempie di gas inerte e il cilindretto di grafite viene irradiato con un fascio laser, producendo così varie specie di carbonio, le quali, trasportate dal flusso di gas inerte, si depositano su un cono di rame raffreddato ad acqua.

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Un miglioramento di questa tecnica [12] consiste nell’uso di due impulsi laser per minimizzare la quantità di depositi carboniosi sotto forma di fuliggine: il secondo impulso rompe le particelle più grandi formate nella prima ablazione, aumentando la percentuale degli agglomerati di nanotubi. Anche in questo caso possiamo utilizzare un cilindretto di pura grafite, oppure un misto tra metalli di transizione e grafite. Nel primo caso si ottengono solo MWNT [10], mentre nel secondo caso si producono SWNT [13].

Fig.6 Rappresentazione schematica di un apparato di vaporizzazione laser usato alla Rice University (Huston, Texas, USA)

Con questo metodo è possibile ottenere diametri molto uniformi ed aggregati di 100-500 SWNT con un diametro variabile tra 5 e 20 nm, a seconda dei metalli utilizzati e di lunghezza tra 10 e 100 µm. L’estremità di tutti i nanotubi così prodotti è perfettamente semisferica senza nessun metallo inglobato all’interno ed inoltre il prodotto ottenuto è molto pulito, senza coperture di carbonio amorfo.

Decomposizione catalitica di idrocarburi

Questo metodo consiste [14-15] in una decomposizione catalitica di acetilene su particelle di ferro a circa 700 °C. Il catalizzatore è posto in un crogiolo di ceramica posizionato all’interno di un tubo di quarzo come illustrato in fig. 7. La miscela di reazione, contenente approssimativamente il 10% di acetilene e il 90% di azoto, scorre sopra il letto catalitico per diverse ore ad una temperatura compresa tra 500 e 1100 °C; il sistema è poi raffreddato a temperatura ambiente.

Fig.7 Rappresentazione schematica di un apparato per la decomposizione catalitica di idrocarburi (Namur, Belgio)

Fig.8 Rappresentazione schematica di un reattore per la produzione in continuo di CNTs.

Con tale metodo si ottengono 4 forme di carbonio: strati di carbonio amorfo sulla superficie del catalizzatore, filamenti di carbonio amorfo, strati di grafite sulle particelle di catalizzatore e MWNTs

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ricoperto di carbonio amorfo. In questo processo è stato osservato che la natura del supporto [16-17], il metallo di transizione usato[15-18], la dimensione delle particelle attive [15] e il tempo di reazione, possono influenzare la produzione di CNT, la lunghezza, l’omogeneizzazione del diametro e la forma del nanotubo (elicoidale o random) [18-19].

Produzione in continuo su larga scala

Questo metodo [20] prevede l’utilizzo di un reattore alimentato ad azoto liquido, elettrodi in grafite e una fonte di energia. La reazione può essere condotta in continuo per una produzione a livello industriale (fig. 8). L’anodo, costituito da un’asta di grafite scorrevole, è immerso nel reattore contenente azoto liquido e un piccolo catodo in rame o grafite. Quando i due elettrodi sono quasi in contatto si genera un arco elettrico in cui si ha la formazione dei nanotubi, che cadono accumulandosi sul fondo del reattore dove vengono asportati tramite apertura periodica di una valvola. L’anodo in grafite è alimentato continuamente da un contatto elettrico scorrevole. La quantità di azoto nel reattore è mantenuta costante tramite un sensore di livello. Con questo metodo si ottiene una resa molto alta, addirittura vicina al 100% se si effettuano ricicli. Utilizzando un’intensità di corrente di 60 A con voltaggio di 20-25 V e consumando circa 0,2 l/min di azoto liquido, si producono 44 mg/min di materiale ricco di MWNT, per ogni cm2 di superficie anodica consumata. I MWNT ottenuti (fig. 9) presentano da 4 a 8 strati perfettamente paralleli tra loro, lunghi tratti rettilinei e superficie solo occasionalmente contaminata da altre particelle. Questo metodo può essere facilmente adattato alla produzione degli SWNT tramite introduzione di particelle di Ni e Co all’interno dell’anodo [11,21]. Fig.9 Immagine ad alta risoluzione al microscopio a

trasmissione elettronica di un MWNTs prodotto tramite metodo in continuo.

1.2.3 Proprietà meccaniche

Il comportamento osservato è di tipo elastico, vale a dire che questo materiale è in grado di subire una deformazione se sottoposto a una forza di trazione e di tornare alla forma originale quando la forza si annulla. Questo comportamento segue la legge di Hooke:

E

T =ε×

σ

doveσTè la tensione applicata per unità di superficie espressa in Pascal (Pa), E è il modulo

elastico in Pascal (Pa), detto anche modulo di Young, ed ε rappresenta l’allungamento relativo (∆L/L0).

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La prima determinazione del modulo elastico di un MWNT isolato risale al 1996 ed è stata effettuata tramite l’osservazione dell’ampiezza delle vibrazioni termiche viste con microscopio a trasmissione elettronica [22], ottenendo valori medi di 1,8 TPa.

Le prime misure dirette del modulo di Young e della tensione di snervamento (cioè il valore della sollecitazione alla quale il materiale passa dal comportamento elastico a quello plastico) di un singolo MWNT sono state ottenute mediante microscopio a forza-atomica (AFM) [23]: le estremità del nanotubo sono state fissate a due punte della sonda AFM rivestite di disolfato di molibdeno; la trazione è stata misurata in funzione dell’allungamento del nanotubo, ottenendo un valore medio di modulo elastico di 1,26 TPa e una tensione media di 14,2±8 GPa. Tali risultati mostrano la capacità dei nanotubi di sostenere elevate sollecitazioni senza rompersi, abilitandoli ad applicazioni che richiedono un assorbimento considerevole di energia senza causare deformazioni permanenti.

Fig.10 Apparato AFM per misure elastiche di MWNTs

Adottando il precedente metodo, sono state effettuate misurazioni su fasci di SWNT e i risultati mostrano un netto calo del modulo elastico con l’aumentare del diametro del sistema [24], causato probabilmente dallo scorrimento tra gli SWNT che compongono l’aggregato. Altri studi di misurazioni dirette di tensione e modulo elastico [25,26], eseguiti mediante l’attacco delle estremità del nanotubo a due opposte punte di un AFM (fig. 10), mostrano valori di modulo elastico e tensione di rottura per i MWNT rispettivamente da 0.27 a 0.95 TPa e da 0.11 a 0.63 TPa, mentre per gli SWNTs da 0.32 a 1.47 TPa e da 0.13 a 0.52 TPa. E’ stato anche osservato che durante il test lo strato esterno Fig.11 (a) Microapparato per misure dirette delle proprietà elastiche

dei MWNT; (b) MWNTs attaccato alle pareti dell’apertura del dispositivo di misurazione

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del MWNTs cominciava a rompersi e l’allungamento medio prima della rottura era del 12%. Un altro tipo di misura diretta, utilizzata per ottenere il modulo elastico e la determinazione della tensione di snervamento di nanotubi non più lunghi di 10 µm, prevede l’utilizzo di un apparato in microscala (fig. 11) in silicone [27]. Prima di inserire il nanotubo, si deposita un sottile strato di oro intorno alla regione di apertura dell’apparato, per facilitare l’adesione, oppure, migliorare l’aderenza del nanotubo al sistema di misurazione. Si applica quindi una forza tramite un manipolatore piezoelettrico di tensione, costruito in sito [28,29], che, in seguito all’applicazione di un potenziale elettrico, conferisce un determinato spostamento al campione esaminato. Dopo la calibrazione del dispositivo, è possibile determinare la forza applicata al nanotubo per un dato spostamento, conoscendo la costante della molla. Prima di effettuare i test, si procede alla calibrazione collegando il sistema ad una molla di cui sia nota la costante di forza, eseguendo una serie di prove di estensioni della molla a diversi voltaggi per avere una migliore regressione lineare di dati. Il campione viene inserito nel congegno tramite deposizione di una soluzione di nanotubi dispersi ultrasonicamente. Le prove effettuate consistono in vari allungamenti e varie curvature osservate tramite microscopio a scansione elettronica. Per un allungamento del 5% dei MWNT, si possono notare le trasformazioni “Stone-Wales” che per la maggior parte dei casi sono reversibili. Con questa tecnica, è stato osservato che la tensione applicata al MWNT si ripartisce su ogni strato del CNT e le immagini ottenute mostrano che la superficie della frattura non è ortogonale all’asse del nanotubo, ma si tratta di una rottura progressiva dallo strato esterno a quello più interno, con lo scorrimento di uno strato sull’altro: i MWNT si comportano quindi come dei tubi telescopici. Tale comportamento è stato osservato anche da un gruppo di ricercatori [28], i quali sono stati in grado, aprendo un’estremità di un MWNTs, di far scorrere più volte gli strati interni senza causare danni alla struttura del nanotubo. La tensione di rottura del nanotubo ottenuta con la tecnica sopra descritta, è stata di 18 µN per una sezione di 123 nm2, corrispondente quindi a 0.15 TPa, valore soggetto ad incertezze a causa della calibrazione (20%) e alla Fig. 12 Sequenza dei movimenti effettuati sui CNTs

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risoluzione delle immagini del SEM (5-10%). Dati comunque abbastanza in accordo con i metodi precedenti.

Le prove di curvatura dei MWNTs, come possiamo vedere nella sequenza di movimenti in fig. 12, mostrano una notevole resistenza alla flessione, infatti, dopo molte ripetizioni della sequenza, non si notano segni di danni alla struttura. Tramite simulazioni di dinamica molecolare [30] è stato studiato il comportamento dei CNTs sottoposti a stiramento lungo l’asse longitudinale a diverse temperature. I risultati mostrano che i nanotubi a “sedia” possono sopportare un maggiore allungamento, dovuto alla spontanea trasformazione “Stone-Wales”. E’ stato osservato inoltre che i nanotubi sono fragili per elevati allungamenti a basse temperature. Ad alte temperature e modesti allungamenti il comportamento varia con la struttura: i nanotubi a “sedia” e “zig-zag” con n<14 sono duttili, mentre nanotubi “zig-zag” con n>14 sono fragili. I risultati di queste simulazioni si sono dimostrati in buon accordo con osservazioni sperimentali del comportamento degli SWNT e MWNT sottoposti a compressione, ottenendo flessioni perfettamente reversibili con angoli massimi di 110° [31].

Fig.13 Calore specifico a bassa temperatura si fasci di SWNTs vs. temperatura. Valori sperimentali: triangoli [34], cerchi [35], quadrati [37]. Calcolati: linea tratteggiata grafite, curva tratteggiata-pallino grafene, curva a pallini infiniti fasci di SWNTs, curve intere numerate finiti fasci di SWNTs da 1 a 7 nanotubi

La media dei valori del modulo elastico e della tensione di rottura dei nanotubi visti precedentemente è rispettivamente di 1000 GPa e 500 GPa. Nel grafico1 possiamo confrontare le prestazioni dei CNT con quelle delle fibre di carbonio (700GPa, 300GPa), di Kevlar (135GPa, 3.6GPa), dell’acciaio temprato (200GPa, 0.76GPa) e delle fibre di vetro (85GPa, 4GPa).

E’ evidente come i CNT possano essere utilizzati come materiali di rinforzo, date le loro prestazioni assai superiori rispetto ad ogni altro materiale considerato. Misurando la risposta alla trazione di fili macroscopici ottenuti tramite un opportuno assemblamento di SWNT [32], ricercatori cinesi hanno osservato un primo comportamento elastico, seguito da un

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comportamento plastico che precede la rottura. Durante lo stiramento si determina una variazione di diametro con lo scorrimento dei singoli nanotubi che compongono il filo. Il valore di modulo elastico stimato nel tratto lineare della curva trazione-allungamento è tra 49 e 77 GPa. Il basso valore di modulo elastico ottenuto nei fili di SWNT, rispetto ai valori ottenuti sui singoli CNT, è dovuto al fatto che i fili non sono strutture monolitiche di SWNT, ma sono aggregati di nanotubi paralleli separati da spazi interstiziali e capaci di scorrere se sottoposti ad elevate trazioni.

0 200 400 600 800 1000 GPa

CNTs Fibre carb. Acciaio Kevlar Fibre di vetro

Materiali

Confronto tra materiali

Modulo elastico Tensione di rottura

Grafico1: Confronto tra vari materiali del modulo elastico e Tensione di rottura.

1.2.4 Proprietà termiche

Inizialmente è stato possibile prevedere il comportamento termico dei nanotubi in carbonio tramite la conoscenza delle proprietà della grafite. La conducibilità termica sul piano grafitico è molto alta, seconda solo a quella del diamante. Invece la conducibilità termica lungo l’asse di un filamento di grafite è bassa, a causa della presenza dei deboli legami, costituiti dalle forze di van der Waals, presenti tra ogni strato grafitico che è orientato perpendicolarmente rispetto all’asse delle fibre. Data l’elevata regolarità della struttura dei nanotubi in carbonio lungo l’asse e l’elevato rapporto lunghezza diametro, è possibile che la loro conducibilità termica assiale possa superare quella del diamante.

Un gruppo di ricercatori cinesi [33] ha misurato la conducibilità termica e il calore specifico di MWNT allineati in fili di 1-2 mm di lunghezza, con una sezione apparente di 10 -10-10-8 m2 (circa 10-100 µm di diametro). Il fattore di riempimento dei MWNT è di circa 1,5%, stimato tramite microscopio a scansione elettronica. Tale valore è affetto da un errore che può determinare un’incertezza sul valore assoluto della conducibilità termica e del calore specifico, non tale tuttavia da influenzare in modo significativo l’andamento rispetto alla

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temperatura. I risultati ottenuti mostrano che le interazioni tra gli strati del tubo sono piuttosto deboli se confrontate con quelle degli strati grafitici. La dipendenza della conducibilità termica dei MWNT con la temperatura risulta circa lineare oltre i 120 K e quadratica sotto i 120 K. La conducibilità termica ottenuta risulta bassa, indicando la presenza di difetti nei MWNT. Il calore specifico del campione misurato mostra inoltre una dipendenza lineare con la temperatura, scostandosi significativamente dal comportamento della grafite.

Altri ricercatori [34-39] hanno trovato che il calore specifico e la conducibilità termica dei nanotubi in carbonio sono determinati principalmente dai fononi, quanti di onde sonore che si propagano all’interno dei reticoli cristallini rigidi di un solido, responsabili della conduzione del calore. Questi ricercatori hanno misurato il calore specifico di diversi tipi di CNT: SWNT isolati, SWNT in fasci e MWNT. Le misure, effettuate in intervalli di temperatura variabili, sono state confrontate con i risultati ottenuti da modelli teorici di calcolo. Nella figura 13, in cui sono confrontate le misure effettuate su fasci di SWNT con i valori ottenuti mediante modelli di calcolo, è possibile vedere che i dati sperimentali sono relativamente in accordo con i risultati dei modelli di calcolo, infatti il calore specifico misurato risulta proporzionale a T1/2, mentre dai modelli di calcolo si ha T0,62.

P. Kim e suoi collaboratori [39] hanno confrontato la conducibilità termica di MWNT misurata a temperatura ambiente su singoli nanotubi, usando sia un sistema microfabbricato sia su campioni macroscopici di MWNT e ottenendo rispettivamente 3000 W/mK e 35 W/mK.

Prove dirette sull’espansione termica dei CNT [40] rivelano che il coefficiente di espansione termica dei MWNT è costante lungo l’asse del nanotubo, diversamente da quanto accade per la grafite. Questo è dovuto al fatto che i nanotubi in carbonio sono paragonabili a fogli grafitici arrotolati su se stessi e l’espansione termica è governata principalmente dai legami covalenti del reticolo di carbonio, mentre le interazioni di van der Waals incidono sull’espansione termica radiale dei nanotubi. Quindi possiamo prevedere che il coefficiente di espansione termico dei MWNT e SWNT sia anisotropo.

Alcuni ricercatori americani [41] hanno effettuato prove termogravimetriche su SWNT prodotti tramite ablazione laser a doppio impulso. La temperatura di degradazione termica degli SWNT ad alta purezza, conducendo la misura in un flusso di aria con una velocità di 5°C/min, è di circa 600 °C. Tale valore è significativamente maggiore rispetto a quello ottenuto per il fullerene (425°C) [42] e minore rispetto sia ai MWNT (700°C), sia alle fibre di carbonio ad alta percentuale di struttura grafitica (800°C) [43,44]. Il valore intermedio

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di temperatura di accensione degli SWNT è in accordo con l’intermedia morfologia di tale sistema rispetto alle morfologie degli aggregati carboniosi considerati.

1.2.5 Proprietà elettriche

La combinazione tra l’elevato rapporto di forma e l’assenza di difetti macroscopici, conferisce inusuali proprietà elettriche ai CNT. A seconda del diametro e della chiralità essi possono avere caratteristiche proprie dei materiali conduttori (resistività media 10-2 Ω·m) o semiconduttori (resistività media 10-7 Ω·m) [45]. Significativi cambiamenti di conducibilità elettrica possono essere indotti tramite piccole distorsioni geometriche o variazioni di condizioni esterne.

Alcuni ricercatori [46] hanno scoperto che i nanotubi a “sedia”, ossia con indici chirali n = m, possiedono proprietà simili ai conduttori metallici, mentre nanotubi con indici chirali (n ≠ m) ed (n,0), possono mostrare due tipi di comportamento: quando n-m = 3p, dove p è un numero intero, il nanotubo possiede proprietà elettriche proprie di un materiale semiconduttore, mentre per n-m ≠3p i CNT si comportano da conduttori metallici.

Studi sulla resistività elettrica di aggregati di SWNT, hanno mostrato che la resistività varia con la temperatura [47]. In particolare, ad alte temperature la resistività misurata (tra 2·10-5 e 4·10-5 Ω·m) ha valori caratteristici dei conduttori metallici, mentre per temperature inferiori la resistività misurata ha valori caratteristici dei materiali semiconduttori. La temperatura in cui si è registrato il passaggio tra i due comportamenti è di 35 K.

Le proprietà elettriche dei nanotubi dipendono anche dall’esposizione ad alcuni gas [48], ottenendo un rapido e reversibile abbassamento di resistenza passando da sotto vuoto ad aria. Effettuando le stesse prove in presenza di diverse percentuali di gas anidri (O2, N2), si nota che la resistenza elettrica diminuisce molto per SWNT saturati di ossigeno (miscela iniziale ad elevato rapporto O2/N2), rispetto a SWNT con poco ossigeno adsorbito (miscela iniziale a basso rapporto O2/N2). Ripetendo le prove a diverse temperature si nota che l’esposizione ad ossigeno produce diminuzioni di resistenza elettrica quasi irreversibili con l’abbassamento della temperatura: infatti non è più possibile deossigenare completamente questi sistemi a temperatura ambiente e sotto vuoto. Tale comportamento può essere sfruttato per la produzione di sensori di ossigeno estremamente sensibili.

Usando un dispositivo a quattro punte, sono state effettuate misure di resistività elettrica di fili macroscopici formati da aggregati paralleli di SWNT [33] in un intervallo di temperatura da 5 a 300 K. Tali misure mostrano il passaggio da un comportamento di

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conduttore metallico a un comportamento semiconduttore alla temperatura di 90 K. Tra i 90 K e i 300 K la resistività assume valori tra 5·10-6 e 7·10-6 Ω·m. I risultati ottenuti sono qualitativamente in accordo con quelli misurati sui singoli aggregati di SWNT.

In fine è stato notato che, in determinate condizioni, gli elettroni possono passare all'interno di un nanotubo senza scaldarlo (fenomeno chiamato conduzione balistica) [50].Queste proprietà rendono i nanotubi molto interessanti per lo sviluppo di nanocavi, che potrebbero sostituire il silicio nel campo dei materiali per l'elettronica, passando dalla microelettronica alla nanoelettronica.

1.2.6 Proprietà ottiche

Per la caratterizzazione dei nanotubi in carbonio un punto molto importante è rappresentato dalle proprietà ottiche e relative strutture elettroniche che questi sistemi presentano.

M. J. O’Connell e collaboratori [50] sono stati in grado di determinare la band gap di SWNT semiconduttori mediante misure di fluorescenza di nanotubi isolati sotto forma di micelle cilindriche ottenute mediante sonicazione di una dispersione di SWNT in H2O e sodio dodecil solfato (SDS). Un punto molto delicato di queste misure consiste nel riuscire a separare gli aggregati dai singoli nanotubi, infatti i nanotubi tendono a formare delle micelle con il tensioattivo in acqua, in cui sono presenti più nanotubi sotto forma di aggregati paralleli. E’ stato trovato [51-52] che questi aggregati instaurano interazioni di tipo Van der Waals con un’energia di stabilizzazione di circa 500 eV ogni micrometro di contatto tubo-tubo e perturbano la struttura elettronica dei nanotubi. Per minimizzare la presenza delle micelle costituite dagli aggregati di nanotubi, il gruppo di ricerca di O’Connel, ha miscelato per 1 ora una soluzione acquosa o in acqua deuterata di SDS (1% p/p) con gli SWNT grezzi; la risultante sospensione è stata sottoposta

Fig. 14 Spettri di assorbimento UV/Vis di sospensioni di SWNT in SDS-D2O. La traccia D è tipica di nanotubi

preparati in sospensione senza centrifugazione. L’aspetto allargato e il red-shift degli assorbimenti mostrano che la maggioranza dei nanotubi nel campione sono aggregati in piccoli fasci. La traccia C è relativa ad un campione di una dispersione di SWNT individuali coperti da SDS dopo addizione di poli(vinilpirrolidone). Le tracce B e A sono campioni di SWNTs individuali separati e solubilizzati da micelle di SDS. I nanotubi della traccia A hanno un diametro più piccolo rispetto al B.

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ad ultrasonicazione per 10 minuti alla potenza di 540 W e centrifugata a 122000g per 4 ore. Prelevando il 75-80 % del surnatante così ottenuto, hanno una dispersione acquosa con un contenuto di SWNTs da 20 a 25 mg/l. Mediante analisi TEM, raggi X e Raman, gli autori hanno visto che questo trattamento causa il taglio dei nanotubi a parete singola, ma non il danneggiamento della struttura elettronica delle pareti.

Da queste dispersioni hanno potuto individuare che la band gap diretta monodimensionale di nanotubi semiconduttori fluoresce in un intervallo di lunghezze d’onda compreso tra 800 e 1600 nm, una regione importante per le applicazioni in dispositivi di comunicazione tramite fibre ottiche.

Nelle tracce A, B e C della figura 14 sono riportati gli spettri di assorbimento elettronico delle dispersioni precedentemente descritte, mentre la traccia D

rappresenta quello della dispersione senza il trattamento di ultracentrifugazione. Gli autori interpretano lo spettro come una sovrapposizione di distinte transizioni elettroniche da una varietà di nanotubi isolati all’interno delle micelle colonnari di SDS. Le predizioni teoriche della struttura elettronica degli SWNT includono un carattere da semiconduttore a metallico in dipendenza del diametro e dell’angolo chirale di avvolgimento. La quasi monodimensionalità dei nanotubi causa la formazione delle cosiddette singolarità di van Hove, livelli energetici con una significativa densità di stati con energie che dipendono dal diametro del tubo. Lo spettro di assorbimento ottico di un particolare nanotubo dovrebbe essere caratterizzato da una serie di transizioni tra bande ad energie denotate come E11, E22, ecc. associate con le singolarità di van Hove [53]. Lo spettro di figura 14, in accordo con questi studi teorici, mostra la prima transizione di van Hove, E11, con la band gap dei nanotubi semiconduttori che cade nell’intervallo di lunghezze d’onda tra 800 e 1600 nm (12500-6250 cm-1), debolmente sovrapposta alla regione della seconda transizione van Hove E22 tra 550 e 900 nm. Infine è possibile osservare la transizione di van Hove dei nanotubi metallici tra 400 e 600 nm. Questi

Fig. 15 Spettro di emissione (rosso) di singoli SWNTs dispersi in micelle di SDS inD2O eccitate mediante un impulso laser di 8 nanosecondi alla

lunghezza d’onda di 532 nm, sovrapposto dallo spettro di assorbimento (blu) del campione nella regione della band gap della prima transizione di van Hove. La dettagliata corrispondenza dei due spettri in assorbimento e in emissione indica che l’emissione è la fotoluminescenza di band gap da una varietà di strutture di nanotubi semiconduttori.

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nanotubi dispersi in acqua esibiscono una brillante e strutturata fotoluminescenza nel vicino infrarosso. La figura 15 riporta lo spettro di emissione di micelle di nanotubi e SDS in D2O dopo eccitazione con impulsi laser a 532 nm. Tutti gli assorbimenti nella regione della band gap della prima transizione di van Hove dei nanotubi semiconduttori, E11, sono presenti nello spettro di emissione spostati a frequenze più basse di circa 45 cm-1. Inoltre è stato trovato che l’intensità di fotoluminescenza è estremamente ridotta dall’aggregazione dei nanotubi o dalla acidificazione della sospensione delle micelle di SDS. Inoltre O’Connel e i suoi collaboratori pensano che la presenza di nanotubi conduttori all’interno degli aggregati dei nanotubi, abbattano l’eccitazione elettronica degli adiacenti nanotubi semiconduttori, impedendone la loro luminescenza.

Un possibile modello teorico qualitativo delle fasce dei picchi di van Hove [54] può essere quello mostrato in figura 16 in cui sono schematizzati gli stati elettronici di SWNT semiconduttori. L’assorbimento di un fotone ad energia E22 è seguito da un’emissione fluorescente di energia E11. I valori di E11 ed E22 varieranno con la struttura dei nanotubi [55].

La scoperta della band gap di questi sistemi, ha aperto la porta ad una serie di approcci sperimentali dai quali sarà possibile estrarre le proprietà spettroscopiche delle specifiche strutture dei nanotubi.

Uno studio condotto da S. M. Bachilo e suoi collaboratori [54] ha portato all’identificazione di oltre 30 diverse specie di nanotubi semiconduttori, avvenuta grazie all’elaborazione di misure spettrofluorimetriche delle transizioni elettroniche in assorbimento ed in emissione di SWNT dispersi in soluzioni acquose con SDS. Attraverso la combinazione di questi risultati fluorimetrici con dati di risonanza Raman, ogni transizione ottica è stata assegnata ad una specifica struttura del nanotubo assegnando i due vettori chirali n ed m. Grazie a questo lavoro è così possibile determinare sia il diametro dei nanotubi sia l’angolo

Fig.16 Rappresentazione schematica della densità di stati elettronici di SWNT. Le frecce in linea continua rappresentano le transizioni ottiche di eccitazione ed assorbimento interessate, le frecce di linee tratteggiate rappresentano i rilassamenti non radiativi degli elettroni (nella banda di conduzione) prima dell’emissione.

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chirale. In figura 17 sono riportate le misure di intensità di fluorescenza in funzione del diametro dei nanotubi e dell’angolo chirale. La forma ottenuta nel grafico è stata assunta dagli autori come la distribuzione dei nanotubi nel campione analizzato. Questa assunzione è basata sull’approssimazione di mantenere costante la variazione della resa quantica di fluorescenza al variare dell’angolo chirale e del diametro dei nanotubi, poiché tali valori non sono ancora conosciuti. L’intensità di fluorescenza relativa alla distribuzione dei diametri degli SWNT misurati presenta un massimo a 0,93 nm e un intervallo da 0,6 a 1,3 nm. Per quanto riguarda le dimensioni degli angoli chirali, si ha un’intensa diminuzione dell’intensità di fluorescenza passando da angoli elevati (quasi nanotubi a sedia) ad angoli bassi in cui si ha il minimo (nanotubi zig-zag). Da queste misure è quindi possibile affermare che il metodo di produzione degli SWNT dovrebbe privilegiare i nanotubi a sedia con diametro medio di 0,93 nm.

Fig.17 Grafico dell’intensità della fluorescenza in funzione del diametro dei nanotubi e dei loro angoli chirali (30° nanotubi a sedia, 0° nanotubi zig-zag)

Le informazioni illustrate fino ad ora riguardo alle proprietà ottiche dei nanotubi riguardano solo gli SWNT, mentre per quanto riguarda i MWNT la loro minore simmetria e ordine della loro struttura rispetto agli SWNT porta alla scomparsa della band gap.[56]

(19)

1.2.7 Purificazione e funzionalizzazione dei nanotubi in carbonio

Come riportato nei paragrafi precedenti, ogni metodo di produzione di nanotubi in carbonio produce CNT contenenti mediamente un’elevata frazione di impurità quali: carbonio amorfo, carbonio grafitico e particelle metalliche del catalizzatore impiegato. Per rimuovere il catalizzatore si impiegano miscele di acidi in soluzioni concentrate o diluite, mentre per rimuovere il carbonio amorfo e grafitico si impiegano miscele di acidi ossidanti a varie concentrazioni oppure trattamenti termici in aria che degradano principalmente queste forme allotropiche di carbonio rispetto ai CNT. Comunque i metodi di purificazione possono essere raggruppati in due categorie: metodi che non portano modifiche ai nanotubi e metodi che producono danni strutturali ai nanotubi come il taglio delle estremità, riduzione della lunghezza, difetti sulle pareti e l’introduzione di gruppi carbossilici ed idrossilici.

Le differenze sperimentali delle due categorie sono principalmente sul metodo di rimozione del catalizzatore. Infatti le purificazioni che non portano modifiche ai nanotubi, generalmente prevedono il trattamento a riflusso con soluzioni di acido cloridrico o nitrico 2-5 M e tempi variabili da 1 a 24 ore [107, 123-125], mentre nel caso delle purificazioni che portano l’ossidazione parziale dei nanotubi prevedono l’impiegano miscele di H2SO4 e HNO3 concentrati in rapporto 3:1 a 50-60 °C per 16-20 ore o a riflusso per 2-3 ore [126] oppure l’impiego di ultrasuoni in soluzione di HNO3 fino al 30 % [86]. Per quanto riguarda la purificazione dal carbonio amorfo e grafitico, in parte viene rimosso durante il trattamento acido, il resto viene solitamente allontanato mediante trattamenti termici in aria tra 300 e 700 °C e tempi variabili da una a 4 ore, sfruttando la maggiore stabilità termica in tali condizioni dei nanotubi rispetto alle altre forme allotropiche di carbonio presenti. In figura 18 sono riportate delle immagini TEM di nanotubi a diversi stadi di purificazione ed è possibile vedere che partendo da un prodotto iniziale con molte impurità, si arriva ad ottenere dei nanotubi

molto ad elevata purezza senza modifiche strutturali dei nanotubi [125].

Fig. 18 Immagini TEM di tre step di purificazione di MWNT prodotti mediante deposizione chimica di vapori di acetilene (CVD): (a) prodotto grezzo, (b) MWNT dopo trattamento con HNO3 3M a 60°C per 24 ore, (c) MWNT dopo trattamento con HCl 5M a riflusso (120°C)

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Quindi il processo di purificazione è un passaggio importante e critico sia a livello delle proprietà dei nanotubi, sia a livello di costo del prodotto finale. Infatti se durante il processo di purificazione si ha il danneggiamento delle pareti, il taglio o l’accorciamento dei nanotubi, le proprietà meccaniche, elettriche e termiche cambieranno ed inoltre per ottenere nanotubi ad elevata purezza si può perdere fino al 99 % in peso del prodotto grezzo iniziale causando un incremento notevole del prezzo.

Le reazioni di funzionalizzazione che si possono effettuare sui nanotubi in carbonio possono essere divise in tre categorie [57] (figura 19):

• attacco covalente di gruppi funzionali attraverso reazioni sullo scheletro π-coniugato o sui difetti dei CNT;

• adsorbimento non covalente o il wrapping di svariate molecole funzionali; • riempimento della cavità interna cilindrica vuota.

Fig.19 Possibili funzionalizzazioni dei CNT [59] : A) funzionalizzazioni dei gruppi difettosi, B) funzionalizzazioni delle pareti covalenti, C) funzionalizzazioni non covalenti esterne con surfatanti, D) funzionalizzazioni non covalenti esterne con polimeri, E) funzionalizzazioni interne ad esempio con C60. Per i metodi B-E, i tubi sono disegnati in forma ideale, ma in realtà sono presenti difetti.

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Fig.20 Funzionalizzazioni con approccio covalente. A) Schema di reazione per la fluorurazione di nanotubi e successive derivatizzazionie; B) Reazione di addizione con generazione di diclorocarbene; C) Generazione fotoindotta di nitrene reattivo in presenza di nanotubi; D) Cicloaddizione 1,3-dipolare di ilide azometinica; E) cicloaddizione 1,3-dipolare di ammina ai nanotubi; F) Reazione [2+1] ciclopropanazione su nanotubi e successivo attacco di nanoparticelle di oro (DBU: 1,8-diazobiciclo[5,4,0]-undecene; G) Miscela diretta a caldo di nanotubi ossidati e ammine a lunghe catene; H) Reazione di derivatizzazione di nanotubi ossidati attraverso difetti sulla superficie grafitica.

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Nella prima categoria sono comprese tutte quelle reazioni in cui si introducono gruppi funzionali mediante trasformazioni che coinvolgono la struttura grafitica delle pareti dei nanotubi, oppure difetti che si possono avere già dopo la produzione dei nanotubi, come buchi nelle pareti con atomi di carbonio ibridati sp3, oppure gruppi carbossilici che si formano nella fase di purificazione.

Nella seconda categoria, sono presenti tutte quelle reazioni in cui si fanno interagire molecole alla superficie dei nanotubi mediante interazioni non covalenti, basate sulle forze di van der Waals o interazioni π-π stacking.

Nella terza categoria, sono presenti tutte quelle reazioni in cui si inseriscono all’interno delle cavità dei nanotubi molecole come fullerene, sali metallici, proteine oppure molecole di sostanze che in condizioni normali siano gas o liquidi.

Alcune delle reazioni che fanno parte della prima categoria (figura 20), riguardano l’alogenazione delle pareti dei nanotubi, cicloaddizioni, addizione di composti inorganici ed infine l’ammidazione o esterificazione dei gruppi carbossilici derivanti dall’ossidazione dei difetti e delle

estremità del nanotubo durante la purificazione.

Nel secondo gruppo di reazioni, si fanno reagire i nanotubi principalmente con polimeri di varia natura (tale argomento sarà illustrato in seguito più dettagliatamente quando

verranno trattati i nanocompositi a base di nanotubi in carbonio), ma sono stati ottenuti sistemi anche con molecole diverse da polimeri, come quello illustrato nella figura 21. In questo esempio una molecola bifunzionale si adsorbe in modo quasi irreversibile sulla superficie grafitica del nanotubo, grazie alle interazioni di van der Waals che si stabiliscono tra la parte pirenica della molecola bifunzionale e la superficie del CNT. In un secondo step, su tale sistema potrà essere attaccato covalentemente un enzima per ottenere un sensore di attività enzimatica quale ad esempio H2[59].

Fig.21 Interazioni tra nanotubi e derivati pirenici.

Nel terzo gruppo si sfrutta la possibilità di riempire le cavità dei nanotubi per produrre nanofili o per stoccare efficientemente carburanti liquidi [60].

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1.2.8 Disperdibilità in acqua e in solventi organici

Fig.22 Spettri UV/vis di dispersioni di SWNTs in: (A) migliori solventi o 1° classe; (B) 2° classe di solventi.

Un punto critico dei nanotubi in carbonio è la loro solubilità sia in solventi organici sia in acqua; infatti risultano praticamente insolubili in entrambi. Questo fatto comporta una difficoltà nella loro manipolazione sia finalizzata alla loro caratterizzazione sia alla produzione di compositi con una buona dispersione della nanocarica. Per risolvere questo problema, molti ricercatori si sono impegnati per trovare il solvente migliore oppure un terzo componente che funzioni da disperdente dei nanotubi con l’acqua o con il solvente organico.

Per quanto riguarda l’impiego del miglior solvente per i nanotubi, Ausman e suoi collaboratori [61], hanno effettuato uno studio sistematico sul solvente organico da impiegare per disperdere efficacemente degli SWNT non modificati. I nanotubi da loro impiegati sono stati purificati mediante lavaggio con una soluzione acquosa di un tensioattivo non ionico, il triton X-100, successivamente sono stati filtrati con un filtro con pori Fig.23 Assorbanza UV rispetto al tempo di nanotubi (a) in dimetilformammide, (b)

dimetilsolfossido, (c) in acqua. (a), (b), (c) rappresentano rispettivamente i gruppi: dispersi, rigonfiati e sedimentati. L’inserto a sinistra è la foto del vial subito dopo le 20 ore di sonicazione, mentre la foto a destra dopo 480 ore dalla sonicazione.

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po di ricercatori coreani [63] ha effettuato uno studio di disperdibilità di SWNT

da 20 nm, lavati con metanolo e tenuti 15 minuti a 130 °C. Questi nanotubi sono stati dispersi mediante bagno ad ultrasuoni in tredici solventi diversi, e centrifugati 30 minuti. Il surnatante è stato analizzato mediante spettrofotometria UV/vis e nel vicino infrarosso (NIR). I solventi investigati possono essere divisi in tre gruppi in base agli spettri UV/vis ottenuti dai surnatanti di centrifugazione. I migliori solventi sono stati (in ordine di densità ottica registrata) N-metilpirrolidone (NMP), dimetilformammide (DMF), esametilfosforamide, ciclopentanone, tetrametilensolfossido e ε-caprolattone. I surnatanti ottenuti con questi solventi erano grigio chiaro e tutti sono basi di Lewis senza essere donatori di legame ad idrogeno. Lo spettro UV/vis di questi sistemi presenta una struttura non risolta tra 300 e 600 nm e un picco allargato a 650 nm (figura 22A). La seconda categoria di solventi ottenuti, in cui lo spettro UV/vis presenta un graduale incremento di estinzione verso la regione ultravioletta (figura 22B), comprende il dimetilsolfossido (DMSO), acrilonitrile, 4-coloroanisolo e l’etilisotiocianato. Infine la terza categoria di solventi, in cui allo spettro UV/vis si vedono solo assorbimenti del fullerene, comprende 1,2-diclorobenzene, 1,2-dimetilbenzene,

bromobenzene, iodobenzene e toluene, solventi che sciolgono molto bene il fullerene [62]. Un grup

Fig.24 Tabella dei risultati delle dispersioni di nanotubi in vari solventi (conc. 6,7·10-5 % in peso) con diversi valori dei parametri di

Hansen (δd componente di dispersione, δp componente polare, δh componente del legame ad idrogeno, δt parametro di solubilità totale di

Hildebran)

in solventi organici in base ai parametri di solubilità di Hansen e in soluzione acquosa con l’impiego di diversi tipi di tensioattivi. Le prove di disperdibilità in solventi organici sono state condotte sonicando una miscela di nanotubi nel solvente scelto, in concentrazione di 6,7·10-5 % in peso, per 20 ore, impiegando una sonda da 100 W. La dispersione così ottenuta, è stata trasferita in una provetta e tenuta in osservazione per 480 ore, fotografandola ogni 24

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ore, e determinando la stabilità della dispersione mediante variazione dell’intensità di assorbimento UV rispetto al tempo. I tre parametri di solubilità che caratterizzano i solventi scelti (il parametro di dispersione δd, il parametro polare δp e il parametro del legame ad idrogeno δh), sono molto diversi da solvente a solvente. Inoltre essi possono essere descritti dal parametro di solubilità di Hildebrand δt, definito come la radice quadrata della somma dei quadrati dei primi tre parametri. Gli stati di dispersione dei nanotubi nei vari solventi sono stati classificati dagli autori in tre gruppi: disperso (dispersed), rigonfiato (swollen) e

sedimentato(sedimented) (figura 23). I risultati delle dispersioni sono elencati nella figura 24. I solventi classificati nel gruppo dei disperdenti hanno una moderata o bassa Fig. 25 Tabella dei risultati delle dispersioni di nanotubi (conc. 1·10-4 % in peso) in acqua con i vari tensioattivi usati (conc. 0,1M). a Il

numero HLB è stato calcolato mediante l’equazione di Davies in accordo con le loro strutture [118]. HLB =Σ(numero di gruppi idrofili) + Σ(numero di gruppi idrofobi) + 7. il numero HLB dei gruppi sono su altri articoli [118-120]. Le funzionalità amminiche (-NH2) sono state considerate come ammine terziarie [121]. b Nel caso di ODA e SODS, la viscosità delle loro soluzioni acquose era molto alta e

formavano un gel durante la sonicazione.

componente di legame ad idrogeno e una componente di dispersione tra 17 e 18 MPa1/2, mentre il parametro di solubilità totale non influenza la disperdibilità dei nanotubi, perché i valori più alti sono presenti in tutti e tre i gruppi. Possiamo dire che questi dati sono in accordo con i risultati presentati dal gruppo di ricerca di Hansen e quindi che i solventi migliori per disperdere i nanotubi in carbonio sono quelli che non hanno atomi di idrogeno disponibili per fare legame ad idrogeno mentre presentano doppietti elettronici disponibili per interagire con la struttura grafitica delle pareti dei nanotubi.

Fig.26 Immagine SEM di MWNTs dispersi in una soluzione di SBS in THF. Il campione è stato preparato mediante casting della dispersione di MWNTs su una superficie di mica.

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Va comunque sottolineato che dispersioni stabili in solventi e nanotubi senza l’aggiunta di un terzo componente sono ottenute solo con bassi valori di concentrazione; infatti le concentrazioni nominali riportate in questo studio non vanno oltre il 6,7·10-5 % in peso.

Per quanto riguarda l’impiego di un terzo componente per disperdere i nanotubi in acqua, il gruppo di ricercatori coreani precedentemente menzionato [63], ha effettuato uno studio di disperdibilità dei nanotubi a parete singola in acqua in base al tensioattivo usato, scegliendo diversi tensioattivi, variando la lunghezza delle catene idrofobiche dei tre tipi di tensioattivi maggiormente usati: anionico, cationico e non ionico. Le prove sono state condotte sonicando una miscela acquosa di tensioattivo e nanotubi (1·10-4 % in peso) con pH 3 per le prove con tensioattivo anionico e pH 10 con tensioattivo cationico. Le dispersioni ottenute sono state trasferite in una provetta e tenute in osservazione per 480 ore, fotografandole ogni 24, e determinando la stabilità della dispersione mediante variazione dell’intensità di assorbimento UV rispetto al tempo. Anche in questo caso i vari tensioattivi sono stati classificati in base all’aspetto delle dispersioni ottenute: disperso, rigonfiato e sedimentato. I risultati delle varie prove sono riportati nella tabella in figura 25. Dai risultati ottenuti possiamo dire che i nanotubi sono ben disperdibili in soluzioni acquose con tensioattivo se questo ha una catena alchilica lipofila lunga almeno 10 gruppi metilenici, mentre se il tensioattivo ha più di 17 gruppi metilenici, come l’ottadecilammina o il sale di sodio dell’ottadecilsolfato, durante la sonicazione, si ha gelificazione della dispersione.

Per quanto riguarda l’impiego di un terzo componente per la dispersione di nanotubi in solventi organici, si impiegano principalmente polimeri [64-66], come nel caso riportato da Liu Y.T. e collaboratori [64], in cui disperdono dei MWNT in tetraidrofurano (THF) con l’ausilio del copolimero a blocchi stirene-butadiene-stirene (SBS). La dispersione è stata ottenuta mediante l’aggiunta di MWNT (30 mg) ad una soluzione di SBS in THF (3g/100ml) seguita da 4 ore di ultrasonicazione, infine, dopo centrifugazione a 3300 rpm per 1 ora per eliminare gli aggregati grossolani, è stato prelevato il surnatante. Così facendo gli autori hanno ottenuto una dispersione stabile e omogenea di MWNT senza osservare macroscopiche precipitazioni per svariate settimane. Dalle immagini di microscopia a scansione elettronica SEM si vede che i MWNT dispersi non presentano aggregati (figura 26). Gli autori pensano che la buona dispersione così ottenuta sia imputabile al fatto che l’SBS può adsorbirsi selettivamente sulle pareti dei MWNT, mediante interazioni π-π stacking tra gli anelli aromatici dei blocchi stirenici dell’SBS e le pareti grafitiche dei MWNT, e agire da tensioattivo, stabilizzando i MWNT isolati nel solvente organico.

(27)

1.3 NANOCOMPOSITI CON NANOTUBI IN CARBONIO

1.3.1 Definizione e proprietà

I materiali compositi derivano dalla combinazione di due o più materiali che, rimanendo fisicamente distinti, danno luogo ad un materiale con proprietà diverse da quelle dei singoli componenti di partenza. In particolare i composti a matrice polimerica sono costituiti da una fase polimerica (matrice) e da una fase dispersa (carica) che in questo caso è rappresentata dai nanotubi in carbonio CNTs.

Alcuni dei motivi che spingono verso l’uso dei compositi polimerici a base di nanotubi in carbonio in luogo dei semplici polimeri omogenei sono:

• Maggiore rigidità, resistenza e stabilità dimensionale; • Modificazione delle proprietà termiche ed elettriche; • Modificazione delle proprietà reologiche;

• Modificazione delle proprietà di permeabilità a gas o liquidi; • Riduzione del costo

Non è sicuramente possibile riunire i singoli benefici in un unico composito, ma occorre trovare un giusto compromesso tra le proprietà che maggiormente interessano ed eventuali effetti indesiderati, quali ad esempio un più complesso comportamento reologico e una maggiore difficoltà di lavorazione. Nei compositi convenzionali la carica ha dimensioni microscopiche e fattore di forma variabile in un ampio intervallo. Tuttavia, la disomogeneità della fase dispersa limita la possibilità di miglioramenti delle prestazioni del composito.

I nanocompositi sono il risultato di una ricerca indirizzata a superare tale limite. Essi rappresentano una nuova classe di materiali caratterizzati da una dispersione ultrafine delle fasi, tipicamente dell’ordine dei nanometri. In virtù di questa dispersione, i nanocompositi sono caratterizzati da proprietà uniche non condivise dai convenzionali compositi o microcompositi e offrono nuove opportunità tecnologiche ed economiche. Nell’ultimo decennio infatti, i nanomateriali sono stati oggetto di enorme interesse ed è comunemente diffusa l’idea che possano provocare una vera e propria rivoluzione tecnologica al pari dell’avvento dell’elettronica e dell’informatica.

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formazione di cavità nel materiale durante la fas

za tra le predizi

1.3.1.1 Proprietà meccaniche

La bassa densità, l’elevato rapporto di forma e le straordinarie proprietà meccaniche che caratterizzano i nanotubi in carbonio, rendono questi sistemi particolarmente attraenti come materiale di rinforzo da impiegare nella produzione dei materiali compositi [67]. Le potenzialità dei nanotubi in carbonio come rinforzanti in compositi polimerici risultano evidenti dalle fibre di materiale composito ottenute da Dalton e collaboratori [68]. Tramite l’ottimizzazione del processo di coagulazione mediante spinning, è possibile produrre diverse centinaia di metri di fibra composita con il 60 wt % di SWNTs e poli(vinil alcool) (PVA), la quale ha una tensione a rottura di 1,8 GPa, comparabile alle tele dei ragni. Al fine di avere anche i vantaggi dei materiali polimerici (trasparenza, flessibilità, ecc..) sarà indicato usare una bassa concentrazione di carica nei compositi e quindi molto minore rispetto al 60 wt % impiegato da Dalton e i suoi collaboratori.

In generale, il modulo elastico e il carico a rottura dei compositi polimerici contenenti nanotubi aumentano con la quantità di CNT, la dispersione e l’allineamento con la matrice. Comunque i risultati a basse concentrazioni di CNT tipicamente rimangono lontani dalle predizioni teoriche (ad es. regole di miscelazione [69]). Per esempio Haggenmuller e suoi collaboratori ottengono un aumento del modulo elastico delle fibre di poli(etilene) PE da 0,65 a 1,25 GPa con l’aggiunta del 5 % in peso di SWNT [71], mentre la predizione del modello teorico (Halpin-Tsai [70] è di circa 16 GPa con quella percentuale di nanotubi (assumendo un modulo elastico degli SWNT di 1000 GPa). Aumentando la percentuale di nanotubi, l’aumento delle proprietà meccaniche è limitato dall’elevata viscosità del composito e della

e di lavorazione nel fuso [72]. Il motivo della differen

oni e i risultati sperimentali è da imputare alla dispersione imperfetta e lo scarso trasferimento dello sforzo dalla matrice al CNT. Anche piccoli agglomerati di nanotubi influenzano la distribuzione del diametro e della lunghezza della carica diminuendo il rapporto di forma (un parametro considerato nei modelli predittivi). Inoltre gli agglomerati di nanotubi riducono il modulo elastico della carica (un altro Fig.27 Curve sforzo-allungamento di compositi a base di

MWNTs: A: PMMA non caricato, B: PMMA con 1 wt % in MWNTs, C: PMMA con 1 wt % di MWNTsOX e D: PMMA con 1,5 wt % di MWNTsOX.

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entalmente, Geng e collaboratori [74], hanno ottenuto il 145 % di incremento di modulo

6] hanno fatto uno studio sull’influenza di poli(etilenossido) ammin

77], hanno confrontato i risultati delle prove tensili di

z

parametro nei modelli predittivi) rispetto al nanotubo isolato. Wagner e suoi collaboratori [73] hanno trovato che lo stress interfacciale medio necessario a rimuovere un singolo MWNT da una matrice di poli(etilene-butene) è 47 MPa, circa 10 volte più alto del livello di adesione raggiunto tra lo stesso tipo di polimero e le fibre di carbonio, questo esempio dimostra l’importanza della dimensione della carica sulla forza interfacciale.

Sperim

elastico e il 300 % nella tensione a rottura con 1 % in peso di SWNT florurati in una matrice di poli(etileneossido).

Wang e collaboratori [7

o terminato (PEO-NH2) come compatibilizzante tra MWNT carbossilati (MWNTsOX) e PMMA, in cui il gruppo amminico interagisce con i carbossili dei MWNTs e la parte del poli(etilenossido) con il PMMA. L’influenza del compatibilizzante è stata osservata dalla variazione del modulo elastico. Miscelando in fuso i MWNTsOX al PMMA con o senza PEO-NH2, gli autori hanno ottenuto il 30% di incremento del modulo elastico senza il compatibilizzante e il 2 % in peso di MWNT, mentre alla stessa % di MWNTsOX e con il 5 % p/p di PEO-NH2 hanno un incremento del 50%. Infine i risultati migliori sono stati ottenuti con il 10 % in peso di MWNTsOX e il 5 % in peso di PEO-NH2 registrando il 95% di incremento del modulo elastico.

Santos e collaboratori [

nanocompositi costituiti da una matrice polimerica di PMMA caricati con MWNTs o MWNTsOX mediante polimerizzazione in situ del metilmetacrilato (MMA) in presenza della nanocarica. I risultati delle prove tensili mostrano (come possiamo vedere in figura 27) che non si ha una considerevole differenza di incremento della tensione a rottura tra l’impiego di MWNTs a MWNTsOX, infatti, si ha rispettivamente un aumento del 54 e ione dei nanotubi non porta un elevato aumento dell’adesione all’interfaccia matrice-CNT.

Fig.28 Tabella in cui sono riportati i moduli elastici e i relativi incrementi percentuali registrati dal gruppo di ricerca di Dufresne.

(30)

Dufresne e collaboratori [76] hanno ottenuto fino al 581% di incremento del modulo elastico (figura 28) con l’aggiunta ad un lattice poli(stirene-co-butilacrilato) di una dispersione acquosa di MWNT in quantità tale da ottenere un film finale con un contenuto di MWNT variabile dallo 0 al 15 % in peso.

Xia e collaboratori [78] hanno incrementato l’adesione interfacciale dei nanotubi con la matrice polimerica di nylon-6 incapsulando dei MWNT con un copolimero acrilico mediante polimerizzazione dei monomeri in presenza dei MWNT in emulsione iniziata da ultrasuoni. I nanotubi coperti di polimero acrilico sono stati successivamente miscelati in fuso al nylon-6 in quantità tale da

avere un contenuto di MWNT di 1 % in peso e confrontato le loro prestazioni tensili con un composito analogo di nylon-6 e MWNT non incapsulati. I risultati mostrano che si ha un maggiore incremento della tensione a rottura e del modulo elastico impiegando MWNT incapsulati rispetto ai non incapsulati (tensione a rottura: +31 contro +11% e modulo elastico: +34,5 contro 13% ).

I precedenti esempi hanno mostrato come sia possibile aumentare le prestazioni meccaniche dei nanocompositi aumentando le interazioni all’interfaccia tra la nanocarica e la matrice polimerica impiegando un terzo componente affine sia ai nanotubi sia alla matrice.

Un altro modo per aumentare l’adesione interfacciale nanotubi-Fig.29 Profilo sforzo-allungamento di fibre composite di

SWNTs-nylon-6 a diverse % in peso di SWNT caricati.

Fig. 30 (a) Conducibilità elettrica di nanocomposito a base di poli(carbonato) e SWNT in funzione del contenuto % in peso di nanotubi, mostrando un tipico comportamento percolativo. Le linee tratteggiate rappresentano i limiti inferiori di conducibilità elettrica richiesti per specifiche applicazioni. (b) Conducibilità elettrica in funzione della massa ridotta dei nanotubi, caratterizzati da una soglia percolativa di 0,11 % in peso.

(31)

matrice può essere legare covalentemente il nanotubo al polimero come nell’esempio riportato successivamente. Gao e collaboratori [79] hanno effettuato una polimerizzazione in situ di apertura di anello del caprolattame in presenza di SWNT carbossilati e hanno ottenuto un composito con le catene di nylon aggraffate agli SWNT. In figura 29 possiamo vedere il grafico sforzo-allungamento di questo composito con 1 % in peso di SWNT carbossilato, in cui si ha il 153% di aumento del modulo elastico e il 103% per quanto riguarda il carico a rottura. Inoltre a basse concentrazioni di SWNT caricati (<0,5 % in peso) il modulo elastico registrato è circa uguale al valore ottenuto dal modello di Halpin-Tsai, mentre il carico a rottura registrata è maggiore di quella predetta dal modello teorico delle regole di miscelazione. Questo indica che i legami covalenti all’interfaccia del polimero-nanotubo possono favorire l’instaurarsi di interazioni di tipo sinergico nel rinforzo dei materiali.

1.3.1.2 Proprietà elettriche

Dalle particolari proprietà elettriche dei nanotubi in carbonio, era presumibile aspettarsi un loro intenso impiego come cariche conduttrici in polimeri multifunzionali per ottenere compositi con notevoli variazioni di conducibilità elettrica anche a basse concentrazioni di CNT. Infatti, sono stati ottenuti dei materiali polimerici con un aumento della conducibilità elettrica di diversi ordini di grandezza mediante aggiunta di basse percentuali di CNT (0,1 % in peso o anche minori) riuscendo a mantenere pressoché inalterate le caratteristiche del polimero (come ad esempio trasparenza, proprietà meccaniche, bassa viscosità di flusso allo stato fuso, ecc) [67]. Questi compositi conduttori hanno molte applicazioni come dissipatori elettrostatici, pitture elettrostatiche, scudi di interferenze elettromagnetiche (EMI), circuiti elettrici stampabili e coperture trasparenti conduttrici. La Figura 30a mostra la conducibilità elettrica di un composito costituito da poli(carbonato) PC e SWNT in funzione della quantità di SWNT caricato. Contenuti di CNT tra lo 0,3 e il 3 % in peso sono sufficienti per rendere idoneo il risultante nanocomposito ad applicazioni nel campo della pittura elettrostatica e della protezione EMI.

Compositi contenenti cariche Fig.31 Grafico dell’andamento della resistività elettrica a

temperatura ambiente di nanocompositi costituiti da P(S-co-BA) e MWNTs in funzione del contenuto wt % di nanotubi.

(32)

conduttrici in polimeri isolanti diventano conduttori elettrici quando il contenuto della carica supera un valore critico, noto come soglia percolativa. La soglia percolativa è caratterizzata da un repentino salto di conducibilità elettrica di alcuni ordini di grandezza attribuibile alla formazione di un reticolo tridimensionale conduttivo della carica all’interno della matrice. Tale soglia è tipicamente determinata mediante un grafico in cui si riporta la conducibilità elettrica del composito in funzione della massa ridotta dei nanotubi: il fitting con una legge esponenziale fornisce il valore della soglia percolativa (figura 30b). I compositi polimerici a base di CNT esibiscono una soglia percolativa della conducibilità elettrica molto bassa dovuto all’elevato rapporto di forma e alla scala nanometrica delle dimensioni dei nanotubi in carbonio. Per nanocompositi con SWNT, la soglia percolativa riportata oscilla tra 0,005 vol % e qualche unità percentuale di volume [80], mentre si sono raggiunti valori di soglia

percolativi di circa 0,002 vol % per quanto riguarda nanocompositi costituiti da matrici epossidiche e MWNT allineati caratterizzati da elevata lunghezza e flessibilità [81]. Valori più tipici sono dell’ordine dello 0,1 % in peso, mentre valori ancora più elevati sono stati riportati per la soglia percolativa di nanocompositi costituiti da una matrice di P(S-co-BA) e MWNT ottenuti mediante miscelazione di una dispersione acquosa di MWNT e lattice polimerico di P(S-co-BA) [75]. Infatti, come possiamo vedere dalla figura 31, la soglia percolativa di questi compositi si colloca tra il 2 e il 3 % in peso corrispondente a circa 1,5 vol %. Tali notevoli differenze registrate per la Fig. 32 (a) Conducibilità elettrica di un composito di PMMA con SWNTs al 2 wt %

in funzione della direzione di allineamento con aumento dell’isotropia dei nanotubi. L’allineamento dei nanotubi è assegnato mediante scattering a raggi-X dove fwhm = 0 corrisponde ad un perfetto allineamento, mentre fwhm = 180 corrisponde all’isotropico. (b) Conducibilità elettrica di compositi epossidici in funzione del contenuto della carica impiegata

Figura

Fig. 14 Spettri di assorbimento UV/Vis di sospensioni di  SWNT in SDS-D 2 O. La traccia D è tipica di nanotubi
Fig. 15 Spettro di emissione (rosso) di singoli SWNTs dispersi in micelle di  SDS inD 2 O eccitate mediante un impulso laser di 8 nanosecondi alla
Fig. 18 Immagini TEM di tre step di purificazione di MWNT prodotti mediante deposizione chimica di vapori di acetilene (CVD): (a)  prodotto grezzo, (b) MWNT dopo trattamento con HNO 3  3M a 60°C per 24 ore, (c) MWNT dopo trattamento con HCl 5M a riflusso (
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