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Cronache Economiche. N.299-300, Novembre - Dicembre 1967

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(1)

CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLTURA

DI TORINO

2~

300

SPEOIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE (III GRUPPD)

CRONACHE

ECONOMICHE

(2)

(do un sigillo del ·600)

da

annz

la fiducia

.

.

rzsparmzatorz

dei

ISTITUTO BANCA

RIO

SAN PAOLO DI TO

RINO

DEPOSITI E CARTELLE IN CIRCOLAZIONE: 1100 MILIARDI 200 FILIALI IN ITALIA· RAPPRESENTANZE

A FRANCOFORTE LONDRA PARIGI ZURIGO

BANCA BORSA CAMBIO CREDITO FONDIARIO CREDITO AGRARIO FINANZIAMENTI OPERE PUBBLICHE

(3)

cronache

economiche

mensile a cura della camera di commercio industria artigianato e agricoltura di torino

numero 299300

novembre·dicembre 1967

Corrispondenu., manOSCritti, pubblicaZioni deb· bono essere Indirizzati alla Direzione della R,· 'lista.. L'accettazione degli ardcoli dipende dal giudizio insindacabile della Direzione. Gli scritti firmati e siglati rispecchiano sol canto il pen· siero dell'autore e non impegnano la Dirczione della RIVista nè "Amministrazione Camerale. P~r le recensioni le pubblicazioni debbono es-sere Inviate l" duplice copia. È vietata la ri-produzione degli articoli e delle note senza l'autorizzazione della Direzione. I manoscritti, anche se non pubbliCati non si rCHlcuiscono.

Direttore responsabile: Prof. Dott. Giuseppe Carone

.

sommano

L. Mallè

3 All'insegna delle « Muse Inquietanti» C. Costantino

14 Il Mercato Comune attira Paesi dell'EFTA M. G. Ambrosini Tenaglia

18 Lo stato attuale della teoria quantitativa della moneta H. G. Johnson

29 Trade Preferences and Developing Countries A. Scortecci

48 Ricerca applicata e artigianato artistico C. Fregola

54 Meccanizzazione agricola e dimensioni aziendali E. Battistelli

57 La politica agraria i n Italia T. Gagliardi

60 Stima dell'occupazione derivante dall'attività turistica in Italia L. lamana

68 Informations sur les investissements étrangers en Espagne

P. Becchino

73 La Raccomandazione OIL n. 117 sulla formazione professionale G. Lega

83 Caccia internazionale al petrolio nel Mare del Nord P. Condulmer

85 Torino è ancora viva R. Zezzos

87 Vita della bottega G. M. Vitelli

93 « Reddito e consumi nei Comuni del Piemonte» - Presentazione 95 Tra i libri

1 02 Dalle riviste 1 07 Indice dell'annata

Direzione, redazione e amministrazione

(4)

CAMERA DI COMMERCIO

INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLTURA

E UFFICIO PROVINCIALE INDUSTRIA COMMERCIO E ARTIGIANATO Sede: Palazzo Lascaris - Via Vittorio Alfieri, 15.

Corrispondenza: 10121 Torino - Via Vittorio Alfieri, 15 10100 Torino - Casella Postale 413.

Telegrammi: Camcomm. Telefoni: 55.33.22 (5 linee). Telex: 21247 CCIAA Torino Cfc postale: 2/26170.

Servizio Cassa: Cassa di Risparmio di Torino - Sede Centrale - Cfc 53.

BORSA VALORI

10123 Torino - Via San Francesco da Paola, 28. Telegrammi: Borsa.

Telefoni: Uffici 54.77.04 - Comitato Borsa 54.77.43 - Ispettore Tesoro 54.77.03.

BORSA MERCI

10123 Torino - Via Andrea Doria, 15.

Telegrammi: Borsa Merci - Via Andrea Doria, 15. Telefoni: 55.31.21 (5 linee).

GABINETTO CHIMICO MERCEOLOGICO

Laboratorio analisi chimiche -10123 Torino -Via Andrea Doria, 15. Telefono: 55.35.09.

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inquietanti)}

da « Pittori d'oggi Francia-Italia»

agli Amici torine i dell'm'le contemporanea

Luigi Uallè

In copertina a cofori: Max Ernse - Paesaggio dal germoglio di grano.

Sdl'ollobl'l' /OS1 la cil/ti di 'l'orillo pOI/l'r:a sotto il suo allo }latl'ollato la prima lIIostra I( Pit-tori d'ogr!,i Prancia-Italia H, ill;-:ia/iva .\'ol'ta per f!.cllia/e suggeri-II/l'llio di Jlario Bl'cchis, accolto con slal/eio da riltorio riaIt, dil'cllor(' dI'i .lEusci civici, Il Co-11/ i/a/o proll/olorc, prcsiedl/lo da

CIIII}('rla .vasi. attiancalo da dIII' ('0111/11 is.\'iol1 i i/alial/(( ('

lrall-l'/'Sl' - pCI' "li im·ili, m'Cl'a iII al/imo III/a 11l11:l,a a/tit'ità di

I/W-llill'staziol1i ({11/l/udi, chl' parre poi pill giusto Inutal'c i/l bic/ll/ali, sottolineanti gli sviluppi via 'i:ia detrrmillantisi nella situazione artistica contemporanea di Fran-cia e d'Ilalia, legando - /lcl nOI/1(' di Torino, tradizionalmente /lodo d'incontro di due culture, ilalialla l' francese appunto - il

quadro in divenire di due mondi dùwsi l'affini sHI pialla del-l'arie come Slt un l)i(t gl'llcrall' piallO umano, evidenziando il

Gusnve Moreau - (Perseo e Andromeda) - Acquarello.

loro apporlo ad IIn f( l'qllilibl'io spirituale ('uro}Jl'o ».

Quella prima lIlostra - come testimonia il catalogo allora l'l'-dallo da Luigi Carl71ccio c J acques Lassaiglle, ch'aollo gli esponenti maggiori ilei lararo di scelta, compara-::.ionl', l'quilibrio - l'i-sposc otlimmnentl' all'assunto. Ll' successil'c ricercarono, di <'alta in volta, l'aria:::ioni della formula iniziale, perjl':ional!rlo singoli ele-menti, Sl'ziOIl i e rapporti, ma

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J. H. Flissli - « Titania trova sulla spiaggia l'anello magico».

(7)

quella rimase, crediamo, la 7nn omogenea, la pÌlt 1'ispondente al doppio tdolo stesso, ,in un'estesa e solida rassegna dove s'inseri-l'ano giovanissirni, a qt~el mo-II/I'nto rivelazioni o 7J/"omesse lu-singhiere, altri giovani o nel primo matura.re d'un linguaggio già enucleato e notoriamente af-famato, altri in pieno corso e a 121'111' 111 aestri anziani d'altis-sima fama, rutti acc0111~mati nella tensione di ricerca del-l'" aujo'wrd'hu'i», Fu allora come una « int".odt~zione» )"'iassuntiva, delle esperienze maggiori della prima metà di secolo, parte con-dizionanti le esperienze ultime, parte 1'ichiedenti uno sgancia'rsi di queste da quelle, ofjrendora-gionatamente tbn qu,adro anche 7JÌll largo di quel che intendesse l'cc insegna II della manifestazione, ad un pubblico P('1" lo piu non ben prepa1"CLto ma che era appunto chiamato a farvisi l'occhio e il gindizio, Un p1'incipio serio, da l'Mi t'ran'e le prime conseguenze critiche, defìnendo gli orienta-menti,

L'anno seguente, « Pittori d'og -gi II volle q'uindi snellirsi, Si ritenne che la presentazione di contemporanei già divenuti pa-dri II dell' (brte d'oggi, fosse da evitm'e, almeno in quella fOi'ma di inserimento, si PW) dire, ad ugual titolo, Si punto senz' altt'o Sll giovani, o /nen giovani, tutti di tendenze di recente o recentis-sima confìg'w'azione, Ne derivo un a certa concent1'azione ast?'at-tistica, affiancandovisi tuttavia parecchi fìgurativi, Il tentativo d'aggiungerc alc'uni scultori, buo-no in teoria, si ?'ivelo pratica-mente di scarsa portata ave non si potesse dall'inizio adeguarne la comparizione a quella dei di-pinti, La pitt~tra presento un qtwdro non tutto sufficientemente signifìcante, specie per la Fmn-eia; l'u in ogni caso tm avviso perentorio alle esigenze di sele-zione qualitat'iva, sembrando che la relativa scesa di livello non andasse interpretata come esatta immagine d'nno stato di cose,

Carlo Carrà -« Natura morta metafisica» (1919).

bensi come non c01'1'ispondenza a questo,

La terza edizione, 1953, ef-fettuo lJartieola?'i revisioni, Si distinse in due pCl!rti,: una prima di ntrospettive o - come si volle chiamarle - qttando emno piu stretti ?'iass'Unti, « omaggi ll, ad artisti di maggio'r nome, o di cui si ritenesse ut'ile una b?'eve rimeditazione, o anche scomparsi; una seconda, 1'iservata alla massa dei veri e propri « aujourd' lwi ll, Att01'no alla densa rest'l'Ospettiva di Villon e ai dignitosi nove «( omaggi», s'apriva una t'assegna nut?'ita, va1'ia di tendenze, esente in cio da accuse, Se di nuovo la Fmncia - esclusi pa?'ecchi ot-timi - po?'tava qttalche delu-sione, un' altra osservazione s'im

-poneva, Larga pa?'te era fatta al fìgurativismo, al neo?'ealismo, a 100'me vagamente defìnibili (( neo-tradizionaliste», E q1.Leste

CO?'-l'enti, o controco'rrenti, ofjrivano, salvo felici eccezioni, un quadro magro e stanco, Si voleva che «( Italia-Francia» non fosse esclu-sivista: giusta esigenza, garan:::!:a P1'Ù1W?'ia, Ma q1Lei fìgurativi

-dalle elue parti - si elifendevano male, lassI' per polemiw epi der-micr:t o per pura. e semplice 7)0-ve?,tà fantastica o modesta pudica pitto1'ica,

N on sappiamo se spinti da tale rilievo, gli organizzato?'i im-postarono la quarta edizione, 1955, sopratttdio sull' astmttismo, Inevitabile da 111,olte pw,ti una levata di scudi, ma una levata. a?'gomentata male, Poiché l'a p-porto delle d'Ue nazioni era espo-sto d'anno in anno a recar sor-prese quanto a novità e livello, non em giusto pretendere ogni volta 'Un « indice generale ll, Pos-sono esse?' buone anche antologie pa?'ziali, sempre a condizione

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di massima accortezza; l'avvicen-damento completerà gli sviluppi,

« Pittori d'oggi» 1955 diede, nono-stante 1'ipiegamenti forzati, qual-che invito dimenticato o non vo-luto o non pOtHtO accettaTe, qual-che punto morto o di 1'ipetizione, tma visione criticamente con-vincente, Se ce1'te assenze si 1'im-piangevano, altre emno vantag-giose, Ritenevo allora conveniente l'allargare in futwo i termini di accoglimento qtLClnto a indirizzi e l'eliminare ulterio1'1nente singole inutilità: meglio tm' ancor pi·u scarna sintesi,

L'iniziativa em dunque effi-ciente, assic"lL'rando alla Città, sempre un po' chiusa in 1ma sua atmosfera d'isolamento, incontri di lw'go mggio, cOnfltLenze di interessi, favorevoli scambi e ve-1'ifìche di idee e di linguaggi:

61

CRONACHE ECONOMICHE

Max Ern't - Senza titolo -Guazzo (1920),

trama ogni volta da antivedere in sviluppi la cui confìgu'l'Clzione piena non era sempre tutta, dal principio, precisabile, matwando non senza cont1'asti, mutazioni, inceTtezze, PaTve allora che la FTCmcia si facesse piu sollecita., cosi da CltLspicm'si una gmnde 1nostm a PaTigi, accogliente tutti gli italiani pTesenti alle prime qtLattro mostre t01'inesi; deside-mta apertum ad un approfon-dimento di conoscenza, di Teci-proca collabomzione, Scrivevo in quell'occasione: « Pitt01'i d'oggi ftL dtmque un assunto azzeccato, por-tante e sopmttutto coraggioso poi-ché Torino non fu laTga d'ap-poggi, cio sia detto per la verità,

L'accoglienza sOTtita q"lLest' anno nella cerchia artistica e della critica nazionale fu lusinghiera e stimolante: e di qtLeste mostre si

incomincia a parlare all' estero con stima, L'accoglienza del p"lLb-blico invece non è ancor giu-ntcL a quel ptmto che signifìchi tma valida adesione agli sf01'zi degli 01'ganizzat01'i »,

L'edizione '57 mantenne, nelle gmndi linee, l'accento del '55, D'a.lto conto le dtLe 1'etrospettive: Léger e Licini, qtLest'ultima, fatto rilevante nellcL st01'ia delle mostre in Italia nel secondo dopoguerra, g?'azie anche all'impegno tenace e polemico del Cm'luccio, Gli

(9)

intrave-Salvador Dali ~ « Femme à Cete de roses» -( 1935).

(10)

M.x Ernst -« L'.nge du foyer» -(1937).

ch'era tul glwrda.re in faccia obiettivamente una situazione, sn due pian i, quello cioè d'ul! cl i 11/ a artistico generale del momento nelle due nazioni e quello della misllra d'llna persistenza o d'lln rinforzo di significato - 0P7Jlll"e di dis1Jersione - delle selezion i già avventlle, obbl'igandosi ad li IL mwvo (e rischioso) consllntivo alla luce delle 1'innovate espc-rienze e di sitna.ziol1 i in traSlnll-tamento. In quest'ordine critico e morale, la (( mostra del de-cennio)) scoperse un suo tessuto pit!ttosto saldo; e f01'se certt pole-miche e riserve d'allom. cedereu-be1'o oggi a più pacati e im-parziali giudizi, poiché qlwlche aspetto deh!dente o imbarazza Il te veniva a pO'rsi - lo si i'ide meglio pi'ù ta.1·di - come dichia-razione d'tmo stato generale.

Ragioni particolari, in buona pw·te estranee all' entusiasmo e volontà di lavoro del Comitato, obbligarono a rimandare la bien-nale 1963; ma quellc! materiale p1'oroga venne a coincideTe con una mtliata situazione pratica e momle che fece meditare sulla possibilità, o meglio sull'oppor-tunità, di continttaTe a ripropo1"re dere q'ualche frettolosità e

inu-guaglianza di cr·iteri.

Le sHccessive edizioni del '59 e del '61 confenna1'ono la validità ed insieme i limiti del progmmma. Il Comitato p'l"Omotore, 1'icono-scendo i secondi e sonetto dalla fiducia nella prima, s'impegno ad tm lavoro pi'u sottile di ac-cordi e contmpposizioni, di con-dotta del discorso generale e di illuminazione dei particolari. Il 1J1"of· Giuseppe Grosso, allora pre-sidente della provincia, sottoli -neava il carattere di volta iII volta, settorialmente, rappresen -tativo di «( Francia-Italia » e la StUl volontà di presentare «( non degli schemi ma degli artisti)), mentre il critico francese J acq'ues Lassaigne, rilevando l'interesse delle proposte offerte dalla mostra, le chi.m·iva come risultati d'una scelta nell' ambito d'una « 7)our-suite multiforme d'un idéal in-décis )), enti'O il quale la situa-zione particola1'e del tempo nostro cost1'ingeva rapidamente anche le 1)iu audaci estetiche a divenire

sistemi. .

E nel '61, soito la nuova presi-denza di .Marella Agnelli, il

81

CRONACHE ECONOMICHE

Comitato riteneva opportuno, pur p1'oponendo la presenza di nomi nuovi, r-ievocaTe il decennio tra-SC01'SO, presentando - a sag-giare il cammino compiuto -un complesso di opere dei pittori già selpzionati in antecedenza:

(11)

Yves Tanguy -« Palais aux rochers de fenétre» - (1942). (Museo Nazionale -Parigi)p

(12)

Giorgio De Chirico -«II Piccore» - (1927).

una formula nata felice, che aveva r'esistito con lo scn~polo di r'ivivificarsi e flettersi spontanea -mente senza veni1' meno all'as-Stmto fondament·ale, ma. che mi-nacciava d'ù'1'igidini in sigla

fissa e, in conseguenza, ovvia, scontata: cio che non inficiava comunque il già fatto.

La vita in genemle - e la vita dell'arte, in essa - è sempre pù~ soggetta ad una feroce usum del tempo e dell'impiego; ed è saggezza riconoscere il conS1~­ marsi d'un modo d'essere e di .fare, anzi pr'evedere e prevenire il giorno in cui esso perderà la forza di elemento attivo, di

m-10

I

CRONACHE ECONOMICHE

gione integmlmente giustificata e giustificante. Il Comitato se ne r'ese bcidamente conto e, pur con un mmmarico di fondo nel chiudere una fase della propria attiv'ità, volle che qt~esto non si-gnificasse chiudere tm' esistenza,

Si è cosi, nel 1967, r'icostituito ufficialmente, r'innovato nei nomi e negli intenti, un Comitato che, ritenuto chit~so - per mater'iale esaurirsi della « necessità»

ini-ziale di progr'amma - il ciclo d'attività sulla base « Fmncia-I ta-Zia)) con scelte « d' auiour'd' hui »,

ben pr'ecisa ma un po' troppo

limitante come formula di mani-festazioni periodiche, si è dato

tln nuovo titolo più flessibile e aperto: « Amici Torinesi de[-l'Ar'te Contemp01'anea)), intell-dendo lo stesso termine « contem-poraneo)) non nella più rigida (ma di continuo slittante) acce-zione, cosi da concedersi altm li-bertà di movimenti: che consenta. come le rassegne di sitt~azioni di pwnta, cosi anche riasstmzioni di fatti acqt~isiti, materialmente chit~si come evento st01'ico ma tutt01'a produttivi come elemerlto vitalizzante di cultU1'Ct stimola-tr'ice, atttwlizzata. Potrà esserci oggi il mordente polemico, domarli la pacata infonnazi,one, la spinta del ntWVO fatto eversivo o il ri-torno mediante St~ esperienze tra-scone e ancor pr'egne di fermento o 'utili da r'iproporre a mutate possibilità di giudizio.

Di più: il Comitato « Amici T01'inesi dell' Ar'te Contempor'a-nea)) ha dichiamto dal primo incontro sotto la presidenza di M arella Agnelli - che, già pr'e-sidente di « FTemcia-Italia )), assi-cu1'cl una continuità di entusiasmo e di volontà - un'intenzione di aderire in termini molto aperti a quella che puo esser la r 'ispon-denza concreta d'una cittadinanza o anche d'tm pi{~ vasto pubblico nazionale e stmniero. Ci dichia-r'iamo, in questo, d'accordo nel modo pi{~ pieno, convinti come siamo che oggi - ed è difetto non d'una o d'altra città o na-zione ma d'un difjuso modo ge -nerale d'esser'e, artificioso, par-ziale e SOp1'Clttutto egoistico -ampia par'te delle mostre d' m'le moderna, pr'oprio quelle che do-vrebber'o di più pr'opoTsi di creare un contatto vivo e vitale, con-vincente, umanissimo, tra arti-sti e pubblico, siano le piu sfug-genti a tale esigenza.

(13)

René Magri'te -« Les cornes du désir» - (1960).

(14)

quanto quasi un club di pochi dorati monopolisli di situazioni, prima ancora che ctdturali, di prezios1:smo cultu,ralistico, Non è da tacere che - e da tma città all' altra le p1'oporzioni un poco

variano, senza mutare la so-stanza - gli afjezionati di tali mostre, dai quali spesso dipende l'approvazione o il rifiuto

'LLffi-ciale, anche anticipato, siano al 7Jiu una cinquantina, i medesimi sempre, variamente combinati

se-condo occasioni e prefe1'enze; e

attorno ad essi non piu d'un centinaio di abituati (in pa1'te

indifje1'enti) mentre a poche

mo-stre si incontra, nel loro corso per lo pù~ disertato, uno scw'no ma vero e proprio « pubblico »:

non di « coinvolti» che

trasc01'-rana 'Lm'ora tra cose a loro già conosciutissime in anteprime, in incontri d élite, quando non

-1

2

1

CRONACHE ECONOMICHE

Satvador Dali -«Violettes Imperiales» - (1938).

prima ancora - in gestazione

negli studi stessi d'artisti, 'ma di « gente » nel più genemle senso, che intenda entrare in rapporto

vitale con la cultura artistica in

divenire,

U n pubblico questo, magari diffidente, non privo di pregiu-dizi ma sostanzialmente onesto che, specie a Torino, è duro da conq'LListare ma che «

Francia-Italia» aveva già iniziato ad attrarre e che la GallC1'ia Civica d'arte moderna, da alcuni anni, s'è im,p'untata tenacemente a sti-molare con regolari visite guidate

alle proprie manifestazioni, poi-ché riteniamo che il primo as-S'Lmto d'una Q1'ganizzazione

cul-turale abbia da esse1'e la difjusione della conoscenza al di fuori di

fortunati - e già alt1'i1nenti

favo-l'iti da altre piu immediate e privilegiate occasioni - circoli

(Museum or Modern Art - New York)

chitLsi, di cui non si intende

afjatto diminuire l'importallza,

per altri a.spetti capitale e diret-tamente incidente, con stimolo

sottile, non soLo sulla valutazione

d'H/W produzione artistica, ma

a volte sul SHO stesso orien ta-mento,

Continua a rimanere bloccata al di là, e con la sgradevole sCl/sa-zione d'essere nn'esclusa, la massa eli quelli che sono solo cc spetta-tori» ma potrebbero, in altre

con-dizioni, divenir parte integrante

d'un corpo vivo compartecipe ed

al quale - è semplicistico dirlo occorre largamente dare per

rice-vere, È chiaro che a questo

com-pito siano pÌll precisamente ob-bligati i vari e proprii istituti pubblici o le associazioni eli

cu/-tUTa, in atteggiamento diverso da

quello di organizzazioni distinte

(15)

preS1/pposti, costituendo piuttosto cerchie di iniziati inserite neI-/' el aborazione stessa della si tua-zione culturale,

Oli .,lmici Torinesi d'Arte Contempora nea sono eccellente oc-casione, per Torino, a ?'ealiz -zare questo più pieno e spontaneo, oltre che pii/' facile, rappo?'to tm, arie (' pubblico, su altro piano, quindi, sia da quello del circolo intellettuale - e non mi si fra-intenda per qtLesto termine -che è la seria galleria privata, sia da quello dell'impostazione abi-t'llale di attività di mostre del jlJ lIseo, divisa fra qtLelle di pùi, spiccato a.spetto scientifico (pill difficile per il pubblico che d i-mostra però, se aiutato, di ap-prezzarle, p?'onto anche allo sforzo (' al coscienzioso tirocinio) e quelle di carattere « sperimentale» che, 7J1"ima di rivolgersi a 1WW gene -mlitò ancor molto imprepamta ma che occorre sollecitare, si inse-risco/w in climi di punta, ?'isve-glianti le simpatie di paTticolari settori o S07Jmttutto d'tma gio -l'el/ili, inqtLieta, acutamente re -ceUiva,

In quest'ordine di idee si è appunto progulmmata la mostra « Le illuse inq'uietanti» ed effe t-tuata la sua preparazione che tuttavia ha proceduto col massimo rigore di studio e costante so tti-gliezza critica nella sintesi come ?lella presa in considerazione del fatto singolo, E anche, questa prima mostra. non potrebbe meglio aderire al concetto che fu già di « Francia-Italia», d'un inse -rimento in ambito di alta cul-tllra « etl1"opea», esigenza ancor pill attuale e indispensabile oggi, 1<'or/11 uliamo l'augurio che, co -)/le già per « Francia-Italia», il lm'oro del Comitato sia ltmgo e ricco di fertili raggiungimenti, 1Ila, in questa sede, cosa pos-siamo o z'ogliam,o dire, in p ili, preciso riferimento a « Le muse inqu'ietanti »? Preferiamo non de-dicare a questa mostra 1M2 com-mento specifico: è una manife

-Joan Miro -« Ricraeto di una dama nel 1820» - (1929),

stazione di eccezionale livello e di eccezionale portata, che nel suo pC1'Corso, folto di ben 280 opere, ?'ise?'va al visitat01'e con-tinue sor7J?'ese, sia pe?' dipinti singoli, sia per mgg?'uppamenti, È tm corpus di tele, guazzi, collages, rilievi, disegni, « obiets», Taccolti gmzie alla gene?'osità di ben novanta prcstalori circa, fra. mnsei e privati collezionisti di tutto il mondo, con cose spesso - olt1'e che importa.ntissime e singolannente rappresentative -anche retrissime e che in molti casi c0/111Jaiono pcr la prima volta

(Museum o( Modern Art -New York),

in I tcdia, alcune anzi peT la pri-ma volta in EtLrOpa, Il letto?'e di queste pagine non si Tisenta d'una mancata illust?'azione della mo-st?'a; la visiti: è senz'alt?,o l'« av-venimento dell' anno » fra le mo -st?'e in Italia ed una delle pÙl salienti esposizioni internazionali negli tdtimi anni, 1Ila non solo bella: è varia, sottilmente artico-l ala, CClr,ica di sU:Jgestione e di attrazioni, una btwna occasione pel' i torinesi di mtwversi, pcr poter poi magari, se aedono, dirne male, ma t( onestamente» e cioè, almeno, « a. cose 'ciste »,

(16)

Il

Mercato Comune attira

l

Paesi dell

'EFTA

Considerazioni su alcuni effetti dell'integrazione economica europea

1. Int1·oduzione.

« L'associazione di un gruppo di Paesi a un oro'anismo già in atto presuppone il

funzio-nameI~to

di tale organismo. Se prima il funzio-namento non ha luogo e non si consolida, l'associazione degli altri Paesi non può atten-derne benefici: forse non può sorgere nemmeno viva e vitale». Cosi scriveva il Papi sul finire del 1958 (l), quando non pochi erano coloro che lasciavano trapelare l'intimo convincimento che il Trattato di Roma non sarebbe mai stato tradotto in pratica se prima i Sei governi non fossero di nuovo seduti attorno a un tavolo per modificarlo alle radici.

Il Trattato di Roma, già allora una realtà O'iuridica, è divenuto ora una realtà economica

~

h

e

non poco ha contribuito all'aumen.to .del tasso di sviluppo dei sei paesi comumtan e vieppiù preoccupa i paesi europei facenti parte dell' Associazione di libero scambio.

Economisti, politici e uomini d'affari dei paesi dell'EFTA vanno, sia pure con diffe~'ente

linguaggio, asserendo che occorre naVIgare

nella corrente principale del progresso uma-no, pena la perdita di velocità che lasce-rebbe le rispettive industrie incagliate sulle rive o in una sacca mentre i concorrenti discen

-dono il fiume in piena corrente.

Tralasciamo in questa breve disamina di argomentare intorno al Regno Unito perché o'li effetti del Mercato europeo comune sulla lO>

sua economia e le ragioni pro e contro una sua entrata nel MEC sono' assai note; ci soffer-miamo invece a considerare la posizione dei più importanti altri associati e cioè dei paesi scandinavi, della Svizzera e ad argomentare intOl'no ad alcuni problemi economico-sociali degni di particolare rilievo che la nuova orga-nizzazione europea pone ai paesi che ne sono estranei.

2

.

La posizione degli stati scandinad

.

Il l\Iercato comune attira i paesi scandinavi. Il recente passo svedese presso la commissione esecutiva della Comunità europea era atteso,

14

I

CRONACHE ECONOMICHE

Costanza Costantino

ma nessuno sospettava r.he questa iniziativa sarebbe stata cosi prossima (2).

Infatti, la Svezia segui, senza ritardo la sua vicina occidentale, la Norvegia, la cui Dieta ayeva poco prima deciso - a larga maggioranza -di imitare l'esempio della Danimarca, la quale aveva posto la sua candidatura alla CEE l'indomani stesso del passo britannico.

In questo comportamento similarc dei tre paesi scandinavi, l'unità geografica e l'affinità di costumi e di tradizioni hanno avuto una funzione naturale. I legami economici e cultu-rali con la Gran Bretagna hanno del pari influenzato la politica dei tre governi alleati. Ma esistono sfumature per quanto riguarda i moventi immediati che hanno spinto successi-vamente la Danimarca, la Norvegia e la S __ ezia ad un avvicinamento al Mercato comune.

Giustamente è la comunità economica

eu-ropea che interessa i paesi scandinavi; il lato politico dell'unione europea li preoccupa meno. Per la Danimarca, la partecipazione al }Ier-cato comune è divenuta una neccssità. Questo paese vende gran parte dei suoi prodotti agri~

coli alla Germania e l'unificazione del mercati aO'ricoli in seno alla CEE porta con sé una

i~evitabile

discriminazione dei prodotti danesi. Ciò spiega perché il governo di Copenaghen per primo domandò di far parte della Comunità, non come mero associato, ma come membro effettivo.

La Norvegia - che è economicamente legata ai paesi atlantici e in primo luogo al Regno Unito, più che ai paesi del Mercato comune.-pose la sua candidatura a membro eI.fettlvo della CEE in parte per solidarietà con la sua

vicina Danimarca, ma soprattutto a causa

(l) GlUSEPPE UCO PAPI, Problemi del ,llfercato c01nu.ne Ilei 1'llpp01·ti con i Paesi terzi. Relazione ~l IX Convegno .dl ~tudl di economia e di politica industriale, San Rcmo 15, 16, l ( no·

vembre 1958. « Rivista di politica economIca ",

gennalo·feb-braio 1959, p. 128 e segg. Cfr. anche lo. lo., L'Italia di j1'onte a qualche forma di integrazione economica europea, Accademia

dei Lincei, 1958.

(2) La richiesta di associazione al MEC venne. presentata

(17)

degli stretti rapporti economici con l'Inghilterra.

Prima del passo britannico, l'interessc della

orvcgia per il Mercato comune non cra molto

manifesto, mentre al contrario regnava una innegabile diffidenza nei confronti della CEE

che si temeva fosse troppo poco con ti n en tale e

non abbastanza atlantica. Una partecipazione hritannica dovrebbe, agli occhi norvegesi, rim e-diarc a questo inconveniente economico e politico.

Circa la Svezia, la sua neutralità condiziona

la sua politica. Per quanto la partecipazione al Mercato comune sia conforme ai suoi inte

-ressi economici, il suo statuto politico la tenne

fino ad ora fuori della CEE (come la Svizzera).

Il recente passo del governo svedese a Bruxelles fu dettato anzitutto dalle necessità della politica inter-scandinava e da un certo orientamento atlantico e britannico della sua politica generale, non uscendo tuttavia dai limiti della neutralità. Non si tratta per la Svezia - a differenza

della Danimarca e della N overgia - di una adcsione alla CEE. Il governo svedese, nella sua lettera al Consig'lio unificato delle

istitu-zioni europee a Bruxelles chiede soltanto « di entrare in negoziato con la Comunità al fine

di aprire la via alla partecipazione del suo

paese - in una forma compatibile con la con

ti-nuazione della sua politica di neutralità

-all'allargamento della Comunità europea». In

sostanza, la Svezia visti ridursi i proprii mercati, vuole accostarsi al tavolo dei Sei, con la

spe-ranza di trarre vantaggi che - sia pure sostan

-ziosi - non la compromettano troppo nei

confronti del blocco orientale.

Ecco i punti fondamentali della richiesta svedese:

l) diritto ad una forza militare propria che renda la Svezia indipendente sia dal blocco

occidentale, sia da quello orientale per l'ap

prov-vigionamento di materiale bellico;

2) diritto ad uscire dalla comunità in

caso di guerra;

3) diritto a contrarre impegni economici

con altre nazioni, senza ingerenze della comunità, sempre che tali accordi non esulino dagli impegni

stipulati con il MEC. Questa richiesta defi

-nita da vVilhelm Paues, presidente degli

indu-striali svedesi, « ingenua e aleatoria (3) rischia, se accettata, di mettere la Svezia in posizione di netta inferiorità nei confronti degli altri

paesi aderenti al MEC. Infatti, essa rima r-rebbe e elusa da tutti gli enti europei di vario

carattere.

3.

La

posizione

della Svizzera.

Nella Confederazione elvetica è molto VIVO l'interesse ad os ervare le conseguenze del passo

svedese verso il Mercato comune, cosi come

l'evoluzione della politica dei paesi scandinavi associati all'EFTA.

Né lievi, né sopite sono le correnti di opi -nione che temono con ragione certe forme d'iso -lazionismo elvetico. Occorre « réformer plut6t

que consoli del' les situations acqui cs OLI les privilèges », scrive la « Tribune de Gcnève» (4),

e piu oltre « si la Suisse se tient à l'écart du mouvement d'integration européenne, elle aura à en souffrir ».

In Svizzera gli avversari dell'integrazione europea hanno sempre sostenuto che il loro

paese non può accettare, dato il carattere delle sue istituzioni nazionali fondate sul sistema di democrazia diretta, di far parte del Mercato

comune. Il timore degli avversari del MEC

si basa sul fatto che una legislazione nazionale svizzera possa essere loro imposta dai Sei nel

caso in cui la Confederazione facesse parte del Mercato comune. L'idea che una norma

qual-siasi possa essere imposta dall'esterno è orri -pilante per una parte importante dell'opinione

pubblica elvetica. È orripilante come lo era. per i « cantonalisti» e i tradizionalisti, prima

del 1848, l'idea di una norma comune emanante dal potere federale e suscettibile di essere applicata a tutta la Svizzera.

Tuttavia politici eminenti come il ministro

Gérard Bauer, uomo - scrive la « Tribune de Genève » - che merita il titolo di riformatore, nella sua generazione essenzialmente preoc cu-pata di conservare il benessere materiale e il

patrimonio culturale ereditato senza molta. fatica, hanno di recente (5) agitato la pozza. stagnante dell'immobilismo con dichiarazioni illuminate ed oneste sulla posizione della Sviz-zera nei confronti del Mercato comune. « La. législation du Marché commun - scrive ancora.

la « Tribune de Genève » (6) - va affecter, sans aucun doute, la législation interne hel

ve-tique. En effet, ainsi que le démontre Gérard Bauer, il faut éviter que la Suisse s'engage

dans des voies qui rendraient plus tard les

réconciliations avec les "Six" encore plus di fficiles. Nos descendants se demanderont peut-etre un jour s'il n'eut pas mieux valu, pour la Suisse, participer à l'élaboration de la. législation européenne nouvelle en ayant yoix

au chapitre et en l'influençant de l'intérieur (3) Perplessità e critiche in Svezia per la l'ichiesta d'assoc ia-zione al NIEC, « Corriere della Sera >l, 28 luglio 1967.

(4) "La Tribune de Genève", 24 agosto 1967.

(5) GéUARD BAUER. Dichiarazioni fatte dal ministro G. Bauer, a titolo personale, sulla posizione della Svizzera nei confronti del Mercato comune alla « Tribune de Genève >l, 24, 25, 27, 29 agosto 1967.

(6) "La Tribune de Genève li, 25 agosto 1967, docllmcnts, perspcctives.

(18)

de la maison, plut6t que de se tenir à l'écart pour s'apercevoir ensuite que nous ne pouvons

pas nous payer le luxe de suivre nos propres Toies? ».

Questo passo mette in luce chiarissima i timori che agitano quella parte della classe dirigente svizzera che è maggiormente in grado

di valutare la vasta portata economica e poli-tica dell'integrazione europea, che sta attuan

-dosi attraverso il Mercato comune. Ma vi è di

più. Anche un senso di timore, quasi di inf e-riorità ci pare colga la vicina Confederazione rispetto ai Sei quando si legge (7) il brano scguente: « Les Confédérés n'ont jamais été prcssés d'élargir le cercle de leur alliance. La

Confédération des XIII cantons fCtt pendant cles siècles un gl'oupe fermé où personne ne pouvait entrer. .. La meme tendance, qui

cor-l'cspond à ce qu'on sait de la nature humainc un peu égoiste, s'est perpétuée par la suite l).

« En 1967, les "Six " ont vis-à-vis de la Confédération suisse, dans la mesure où elle dé.;ire s'associer au Marché commun, la meme attitude qu'avaient autrefois les Suisses eux-mcmes quand on leur demandait d'élargir le cercle de leur alliance. Les " Six " nous boudent

comme nous avons autrefois boudé, par exemple,

Strasbourg et Mulhouse. Lcs "Six" sont en

possession d'un " gateau " et fort peu désireux

d c le partager! ».

4. L'integl'w<:ione ewropea non è soltanto un pl'oblel'na eli elazi clogana1'i.

I passi riportati riflettono senza incertezza la gl'a ve preoccupazione degli ambienti

eco-nomici e politici svizzeri. Ci pare valga la pena di fare un breve esame del primo dei molti

problemi cile il Mercato comune pone soprat -tutto ai paesi europei che vi sono estranei e

precisamente di argomentare sul fatto che l' in-tegrazione europea non è soltanto un problema

·di dazi doganali (8).

Nel momento in cui l'unione doganale fra i

paesi del MEC sta avvicinandosi alla sua integrale applicazione ed il Kennedy Round ha permesso di ridurre in misura apprezzabile la

discriminazione tariffaria di cui soffrono sui

mercati dell'Europa dei Sei i paesi europei

fuori della Comunità, ci si può chiedere se esiste ancora un problema importante e dura-turo per ciò che riguarda le relazioni economiche - lato sensu - tra il MEC cd i paesi ad esso estranei.

Nonostante tutta la soddisfazione per il

uccesso del Kennedy Round, mi pare che si

possa opinare che questo problema esiste, ancorché il suo aspetto tariffario stia perdendo d'importanza relativa.

16/

CRONACHE ECONOMICHE

La protezione doganale comunitaria - dcl-1'8

%

in media per i prodotti industriali - chc esisterà dopo l'applicazione delle riduzioni n ego-ziate al Kennedy Round, non sarà in vero

insormontabile per i fornitori concorrcnti situati

fuori del Mercato comune. Tuttavia, la sua incidenza non dovrebbe essere trascurata, so-prattutto quando si sa che a partire dal lO luglio 1968 i dazi intercomunitari saranno ridotti a. zero. È noto che l'importatore paga volcnticri il prezzo della m:'!rce ed assai meno volentieri

il dazio relativo (9).

Le riduzioni doganali avvenute rllìo ad ora

tra i Sei non mancano perciò di di. ·turbare

materialmente e psicologicamente i numerosi fornitori situati fuori della Comunità. Infatti, tutti i paesi membri dell'EFTA, eccettuata la Gran Bretagna, hanno visto diminuire, in

questi ultimi anni la partc della CEE nelle loro esportazioni totali.

Dal 1960 al 1966 la quota della CEE ncllc csportazioni totali svizzere è discesa dal .J,1 al 38

%

e ciò, nonostante vi sia stata una con-giuntura ritenuta particolarmente favorevolc, mentre gli acquisti svizzeri dalla CEE

rap-presentano circa il 61

%

dellc totali imp orta-zioni svizzere sia nel 1960 che nel 1966. Come l'Austria, la Confederazione cl vetica è il solo membro dell'EFTA le cui importazioni dalla

Comunità europea siano aumentate molto più velocemente delle esportazioni verso la

Comu-nità medesima. Per cui, il deficit della bilancia commerciale svizzera nei confronti del MEC è pari, grosso modo, al deficit totale di tutti gli altri membri elell'EFTA nei riguardi elel

:lVIercato comune, escluso il caso particolare

dell' Austria. Vista que ta evoluzione dei r ap-porti commerciali Svizzera-CEE, nclla vicina

Confederazione, il Bauer si chiede (lO), con

ragione, se la discriminazione risultante dal-l'apertura del mercato intra-comunitario fra dieci mesi potrà essere a sufficienza compensata

dalle riduzioni tariffarie ottenute con il Kennedy Round, tanto piti che questc ultime non entre-ranno in vigore che progressivamente nel corso

del prossimo quinquennio.

È ben vero che l'abolizione totale degli ostacoli alla libera circolazione dei bcni all'

in-(7) "La Tribune de Genève li, 29 agosto 1967, document., perspeetives.

(8) Ci riserviamo di esaminar~ in un artic lo succe;sivo il

problema della società europea e quello della ricerea scie ll-tifica.

(9) La riduzione dei rlazi doganali ha oggi - (Ltto il sistema attuale eli fissazione dei prczzi c dei salari - corne effetto principale non la diminuzione dei prezzi, ma il sostegno

dell'espansione economiC':t con l'allargamcnto chc nc conscgue del mercato.

(19)

temo della CEE, non significa ancora certa -mente la creazione nel suo seno di uno spazio economico europeo omogeneo e in espansione, tuttavia, i Sci sono in marcia, sia pure con altcrna fortuna e passo a passo, verso un'uni -ficazione dci mercati. La prossima integrazione dei mercati agricoli ne è una dimostrazione. I vantaggi che la CEE ne otterrà aggrave-ranno ulteriormente la posizione degli agri-coltori dei paesi terzi, nei confronti del Mercato comune.

Una tappa importante è stata da poco rag-giunta nel campo dell'armonizzazione fiscale, con l'adozione da parte dei Sei di un sistema europeo cii imposte sul valore aggiunto, che entrerà in vigore entro il lO gennaio 1970. L'imposta sul valore aggiunto, indicando chia -ramente il carico fi cale che ha gravato ciascun bene o servizio, permette di compensarne con esattczza l'ammontare al momento del pas-saggio della frontiera e assicura cosi una neu -tralità (teoricamente) completa del tributo negli scamhi all'interno del Mercato comune. Gli eJ:fctti di questo nuovo sistema sui paesi terzi sono ben evidenti: eccettua ti i rami stretta -mente integrati, tutte le industrie della CEE don'anno ricevere dei ristorni all'esportazione più elcvati di prima, mentre le importazioni saranno più fortemente gravate. In effetti, que. ta innovazione rappresenta un peggiora -mento dei « terms of trade» nei confronti dei paesi situati fuori del MEC che viene para-gonata (11) a una quasi svalutazione monetaria.

:\Ia, come è noto, le mire dei Sei nell'impor-tante campo fiscale sono ancora più vaste, poiché esse rivolgono particolare attenzione ai tri bu ti suscettibili di falsare la concorrenza sul mercato dei capitali, cosi come agli altri ostacoli fiscali atti ad impedire la concentrazione delle imprese dei Sei e di frenare la formazione di gruppi europei di dimensione sufficiente per potersi affermare sul mercato mondiale. L'ar -monizzazione dei tributi suscettibili di eserci-tare un'influenza rilevante sulla localizzazione o la circolazione dei beni, dei servizi e dei capi

-tali è un compito delicato, ma attuabile. I sistemi economici dei paesi dell'EFTA sono vivamente interessati a tutte queste riforme

in fieri; ne è prova l'accanimento con cui viene difesa negli ambienti politici inglesi la parte -cipazione della Gran Bretagna al MEC (12) e le non lievi preoccupazi(mi dei paesi neutrali dell'EFTA per tutto quanto si fa o si farà, in questo campo, all'interno della CEE.

Per tutte queste ragioni non pochi eco-nomisti e politici, specie nei paesi neutrali dell'EFTA, furono sempre dell'opinione che sarebbe stato preferibile fare un grande sforzo per associarsi all'Europa in formazione fin dal 195,*, cioè fin dal tempo in cui gli « europei» avevano bisogno del maggior numero di con-sensi. Allora, il concorso dei paesi neutrali sarebbe stato per i paesi - di quella che fu poi la Comunità europea - di grande valore morale e la posizione dei neutrali nelle trattative ben migliore. « Ne pas alleI' à la Conference de Messine (sous prétexte que nous n'étions pas invités, mais alors que nous avions dit à chacun que nous ne voulions pas récevoir d'invitation) était une erreur », scrive la « Tribune de Genève ». Ma, ogni recriminazione è oggi inutile. La sola strada che gli stati neutrali possono battere per uscire dal progressivo deterioramento dei loro sistemi economici, ci pare, sia quella di un riavvicinamento urgente al Mercato comune, per quanto difficile, per ragioni storiche ed umane, tale strada possa sembrare.

Non si deve tuttavia dimenticare che i Sei sono oggi in una posizione di forza e non desiderano molto un riavvicinamento con i paesi dell'EFTA che porrebbe le due organiz-zazioni su un piede di quasi parità.

(11) GÉRARD BAUER, Art. cit., « La Tribune de Genève li,

24 agosto 1967 . .

(12) GEORGE BROWN, Ministro degli esteri del gabinetto vVilson, disse in occasione del congresso del partito laborista tenutosi all'inizio dell'ottobre 1967: « Penso che lo sviluppo dei commerci e della potenza economica del continente dal '66 ad oggi potrebbe rappresentare in un prossimo avvenire,

una pericolosa sfida, se noi rimanessimo separati dall' Eu-ropa li. Cfr. « Corriere della Sera li, 6 ottobre 1967.

(20)

Lo stato attuale della

teoria qua ntitativa

1.1. Introduzione.

È noto che la teoria quantitativa della moneta, nella sua formulazione piu rigida, afferma l'esistenza di un rapporto di causalità e di un rapporto di proporzionalità diretta ed esatta tra variazioni nella quantità di moneta

in circolazione e variazioni nel livello generale dei prezzi.

Essa è una teoria macroeconomica, che fa riferimento a valori aggregati; perciò indicando con M la quantità di moneta in circolazione, con P il livello generale dei prezzi, con T il

volume degli scambi effettuati (nella

formu-lazione fisheriana), con R il reddito (nella for-mulazione della Scuola di Cambridge), con V

la velocità di circolazione della moneta o con k la percentuale di reddito tenuta in forma monetaria., tale teoria può essere espressa attra-verso la relazione:

M V = P T, da CUI P = M V/T, I) oppure

M

=

le P R, da cui P

=

M/le R. II) In realtà le due formulazioni sopra indicate presentano delle differenze (l); ma poiché non

sono contraddittorie e pervengono agli stessi risultati circa i rapporti tra moneta e prezzi, possono essere entrambe assunte come valida

espressione della teoria quantitativa della mo-neta.

In questa sede, pertanto, non intendiamo riper.correre il cammino compiuto dal pensiero economico nell'elaborazione della teoria quan-titativa della moneta, dalle prime embrionali

formulazioni del secolo XVI, già presenti nella polemica tra Bodin e Malestroit (2), dalle

affermazioni di Davanzati e Montanari (3), agli

importanti contributi del Cantillon (,I.), eli Ricardo. di Petty e Locke (5), fino alla

formu-lazione « pura» della teoria quantitativa da parte dello Hume (6).

181

CRONACHE ECONOMICHE

della moneta

M. Guglielmina

Am

brosin

i

Tenaglia

Ci limitiamo a ricordare, molto brevemente, che la teoria quantitativa ha ricevuto una trattazione ma.tura e rigorosa da parte del Fisher (7) nel 1911, che una differente impo

sta-zione, nel senso che sopra abbiamo visto, le è

stata data dagli economisti della Scuola di Cambridge (8), e che infme Keynes (9) con la

(l) ì\'Ientl'e l'equazione dello scambio pone l'accento s

ul-l'offerta di moneta, l'equazione di Cambridge mette in evi-denza la domanda di moneta, introducendo cO'1 un elemento psicologico nel l'igido meccanismo causale della teoria quan-titativa.

Poiché, però, la velocità di circolazione della moneta e la domanda di moneta, cioè la frazione di reddito tenuta in

forma monetaria, sono legate da una relazione inversa tale che V =

2..,

sembra che le due equazioni vengano a co

in-k

cidere. Tuttavia, l'identità è soltanto formale poiché la velo-cità di circolazione della moneta è intesa dalla Scuola di Cam blidge in senso piti restrittivo, in quanto è riferita al reddito (income-velocity): indica il numero medio di volte in cui ogni lmità monetaria è spesa per l'acquisto di beni e servizi di conSilino, cioè che entrano nel computo del reddito na, -zionale,

Come la velocità di circolazione dell'equazione dello scambio, anche la domanda di moneta è ritenuta costante (elasticità unitaria): si ammette la detenzione di moneta ma solo al fine dello scambio, non per se ,tessa, nell'intervallo tra. gli incassi e i pagamenti, tra gli acqlListi e le vendite. (2) Si veda: H. HAUSER, La 1'esponse de Jean Bodin cì ;VI,de ll1alesl'l'Oit, Paris, Colin, 1938; P, HARSIN, Doctrines

monétai1'es et ,financières en Fmnce du XVI au XVIII s'iècle, PaTis, Alcan, 1925; L. TABACCHI, Della prima !ormtilaz'ione

della teo1'ia quantitativa della moneta, in « Atti della R. Acca-demia delle Scienze di Torino", Torino, 1934.

(3) B. DAVANZATI, Lezione delle monete, in "Economisti classici italiani", Parte Antica, 2.

(4) R. CANTILLON, Saggio sulla natura del commercio in

generale, Torino, Einaudi, 1955.

(5) Si veda: C, RIST, Histoù'e des doctl'ines rélatives (Il/.

Crédit et cì la l\1onnaie, Paris, Sirey, 1938; J. 'iV. ANGELL, The theol'y oj international pl'ices, Cambridge, Harvard Un i-versity Press, 1962.

(6) Il pensiero di Hwne è stato ampiamente esposto da: A. MO:NROE, Nlonetary the01'y bejote A. Smith, Cambridge, Harvard University Press, 1923.

(7) L FISHER, The pUl'chasing powel' oj money, Ncl\' York, :.\Iacmillan, 1911.

(21)

funzione della preferenza per la liquidità e con la contrapposizione della « income theory» alla « quantity theory» (lO) ha inferto un gl'ave colpo alla sua validità.

Infatti, com'è noto, per gli economisti c las-sici c ncoclassici la moneta costituisce un bene privo di utilità diretta e per essi esiste una dicotomia tra settore reale e settore monetario dell'economia: la moneta si comporta come se fosse ncutrale nei confronti dei fenomeni reali, perciò variazioni in essa influenzano soltanto il livello gencrale dei prezzi e non la produzione, il tasso di interessc e i prezzi relatiyi. La teoria quantitativa della moneta riveste particolare importanza in quanto piega il valore della moneta in relazione alla sua funzione di mezzo d'intermediazione degli scambi e serve a deter -minare il livello generale dei prezzi nel settore puramente monetario dell'economia, presuppo -nendo una teoria monetaria a sé stante e sepa-rata dalla teoria economica generale.

Keynes, invece, da un lato considera la moneta come bene utile, come forma partico-lare di possesso di ricchezza, ponendone in rilievo l'importante funzione di riserva del

valorc; dall'altro, sviluppa il concetto di do-manda di moneta, già presente in parte nella c.d. equazione di Cambridge, e, introducendo la domanda di moneta per scopo speculativo, che egli pone in funzione del saggio di interesse, determina una profonda innovazione con la sua particolare interpretazione che i fenomeni mone -tari hanno nella dinamica del reddito e della occupazione (11).

Mentre per i teorici della quantità di moneta, quest'ultima ha un'importanza dominante nella determinazione dei prezzi, per Keynes sono invece determinanti la propensione al consumo,

la preferenza per la liquidità e l'efficienza

mar-ginale del capitale. Egli infatti ritiene che il livello dei prezzi dipenda piuttosto dal volume della spesa e della produzione che non dalla quantità di moneta, la cui azione sui prezzi

sarebbe soltanto indiretta attraverso la domanda

effettiva. Nello stesso tempo egli limita la ,-alidità della teoria quantitativa all'ipotesi del pieno impiego dei fattori di produzione e all' ipo-tesi di un'elasticità unitaria sia della domanda

globale che dei prezzi.

Pertanto, il problema che si pone attual-mente è quello di individuare gli sviluppi post -keyne iani della teoria quantitativa della mo-neta, cioè di cogliere le linee di indagine verso le quali si è indirizzata la teoria economica dopo Keynes e l'influenza del pensiero di quest'ultimo sulla prima, allo scopo di stabi-lire se e con quali limitazioni oggi la teoria quantitatiya pos a essere ritenuta "alida. Qual è

lo stato attuale della teoria quantitativa della

moneta?

Dopo un periodo di quasi totale abbandono, che ebbe inizio con la grande crisi del 1929 e che fu causato dalla mancata corrispondenza tra la teoria e la realtà economica (12), r

ceen-temente si è avuta una sostanziale ripresa di interesse nei confronti di essa nella direzione, indicata dal Keynes, di un inserimento della teoria quantitativa e piti genericamente della

teoria monetaria nell'ambito della teoria

eco-nomica generale.

Tra gli economisti che si sono dedicati ad

un riesame della teoria quantitativa della

moneta, due soprattutto si pongono in evidenza:

Patinkin e Friedman.

Il primo, con la teoria del « real balance effect ", intende riconfermare la teoria qua nti-tativa tradizionale.

Il secondo, insieme agli economisti della Scuola di Chicago, alla quale anch'egli appar-tiene, si fa portavoce di una teoria quantitativa

rinnovata e vivificata.

È sull'opera di questi due autori che in particolare intendiamo soffermarci, per poi accennare ai recenti sviluppi della teoria mone-taria con le relative implicazioni nei confronti della teoria quantitativa.

l .?

Patin

l

fin

e la discussione sulla dicotomia

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,.e monetario e settore ,,'cale

del-l

'economia

.

Patinkin non contesta i risultati raggiunti dalla teoria economica classica, bensi il proce-dimento attraverso il quale vi si giunge. In particolare egli intende indagare la validità del meccanismo di determinazione dei prezzi e

nel fare ciò si riallaccia alla controversia sulla

dicotomia esistente nel mondo economico tra fenomeni reali e fenomeni monetari.

Al dibattito circa l'esistenza o meno della dicotomia tra il settore reale e il settore mone-tario dell'economia, diede inizio Oscar Lange

nel 1942 (13), con l'affermazione che la legge

di Say e la legge di Walras precludono ogni teoria monetaria, poiché comportano l'indete r-minatezza del livello assoluto dei prezzi. L'a

r-prime opere, in cui è ancora legato alla formulazione della Scuola di Cambridge, alla Teoria Generale, dove è formulata la teoria dcI reddito, della produzionc e dell'occupazione. (lO) A. H. HANSEN, Monetal'y theory and fisco l policy, ~ew York, McGraw-Hill, 1949, p. 83 e sego

(11) Si veòa: D. DJLLARD, Guida all'economia keynesiana,

Milano, ETAS/KoMPASS, 1964.

(12) Sull'argomento cfr. H. H. VILLARD, La (eoria monetaria,

in L'Economia Contemporanea, Torino, UTET, 1953, p. 373 e sego

(13) O. LANGE, Say's Law: a restatement and criticism, in

(( Studies in l\lathematical Economics and Econometrics », Chicago, 194.2, p. 4 e sego

(22)

go mento, fu ripreso in successivi numeri della rivista « Econometrica» (14), da Modigliani nel 1944, da Patinkin nel 1948, nel 1949 e nel 1951, da Leontjef, Phipps e Braddock Hickman nel 1950, e infine da Brunner nel 1951 (15).

Prescindendo dal riportare qui i termini analitici della discussione, che coinvolge que -stioni matematiche molto complesse, e dalle polemiche tra i vari autori, ricordiamo soltanto il contributo critico del Brunner, al quale spettò il compito di dire l'ultima parola, limi-tatamente a quel periodo di tempo: egli affermò la possibilità di costruire una teoria coerente senza attribuire alcuna utilità alla moneta (16). Patinkin, in particolare, si vale della dico-tomia per denunciare la contraddizione insita nella formulazione classica e neoclassica della teoria quantitativa della moneta, contraddi-zione che egli supera sviluppando la teoria del « real balance effect )) e pervenendo cosi ad una integrazione della teoria monetaria con la teoria del valore.

Gli economisti classici e neoclassici, egli afferma, considerano le funzioni di domanda dei beni omogenee di grado zero nei prezzi assoluti, cioè indipendenti dal livello assoluto dei prezzi: variazioni in quest'ultimo non in-fluenzerebbero le prime, che dipendono solo dai prezzi relativi, e ciò è necessario perché la moneta mantenga la sua neutralità nei con-fronti dei fenomeni reali dell'economia (17).

Ma tale affermazione reca in sé una pro-fonda contraddizione: variazioni nella quan-tità di moneta in circolazione in tanto agiscono sul livello assoluto dei prezzi, in quanto influi-scono, modificandolo, sul valore reale cioè sul potere d'acquisto dei fondi monetari detenuti dai soggetti, inducendo questi ultimi a spen-dere di più o di meno. In ciò consiste il (( real balance effect l), altrimenti noto come effetto

di Pigou.

Pertanto, l'asserita insensibilità delle fun-zioni di domanda dei beni a variazioni nei prezzi assoluti è in contraddizione con il (( real balance effect l), che è per l'appunto il mecca -nismo attraverso il quale variazioni nella quan-tità di moneta agiscono sui prezzi assoluti, e verrebbe a smentire la teoria quantitativa stessa. n 'altra parte, immaginiamo pure che le ipotesi poste dalla dicotomia classica siano valide e che vi sia un allontanamento da una iniziale posizione di equilibrio, tale da modi-ficare il livello generale dei prezzi. Poiché i prezzi relativi non mutano, e poiché, in base al postulato dell'omogeneità anche le funzioni di domanda dei beni non mutano, dal momento che il mercato dei beni non viene turbato, non potranno crearsi le forze di mercato

neces-20

I

c R o N A C H E E C o N o M I C H E

sarie a ricondurre i prezzi assoluti al loro livello iniziale, non si crea né eccesso di domanda né eccesso di offerta tale da influenzare i prczzi. Di conseguenza, se ogni livello dei prezzi è livello di equilibrio, esso è indeterminato (18). Di qui sorge l'accusa di indeterminatezza nei confronti del sistema classico.

Affinché la teoria quantitativa sia valida, bisogna ammettere che le funzioni di domanda e offerta dei beni siano sensibili a variazioni nella quantità di moneta e quindi dipendano non solo dai prezzi relativi, ma anche dal valore reale dei fondi di cassa, altrimenti non si comprende come possa essere influenzato il livello dei prezzi.

D'altra parte, se è vero che la gente può ottenere moneta solo vendendo beni (se si esclude il credito), cioè la domanda di moneta equivale ad un'offerta di beni, e se l'offerta di beni dipende solo dai prezzi relativi, neces-sariamente anche la domanda di moneta deve dipendere dai prezzi relativi, e quindi i prezzi assoluti non compaiono in questo schema e non possono essere determinati. Il solo modo per determinare i prezzi assoluti è di farli com-parire anche nel settore reale.

In realtà i prezzi relativi, i prezzi assoluti e il saggio di interesse sono simultaneamente

(J4) i\10DlCLIANI, Liq'Widity preference amI the theor!) al

i'l1terest and mon,ey, in (e Econon1etrica li, 1944, p. 5:'5; PAl.'INK[N, Relative prices, Say's law and the demand far mone!), in « E co-nometrica)l, lD48, p. 135; PATINKIN, The indeterminacy of absolute pl'ices in cZass'ical economics, in « Econometrica )l. 1949, p. l; PATINKIN, The invalidity of classical monetc/1",Ij

them'y, in « Econometrica n, 1951, p. 134; V, LEONT,JCF, T/w

consistency of classical Iheory oj money and pl"'ices,in « Econo-metrica)l, 1950, p. 21; \V. BllADDOCK HICK~IAN, The deter-rninacy of absolute prices in classical economie theory, in " Econometrica ", 1950, p. 9; G. PnIPPs, A noIe on Patinkin's

nlative prices, in "Econometrica ", 1950, p, 25; K, BRUNNEIl,

I nconsistency and indeternbinacy in classical economics, in « Econometrica ", 1951, p. 151.

(15) Piu recentcmente l'argomento è stato ripreso da: S. V ALAVANIS, A denial oj Patinlcin' s conlTadiction, in

« Kyklos)l, 1955; J, ENCARNACION, Consislency between Say's

identUy and the Cambridge equalion, in "The Economie Journal)l, settembre 1958; e dallo stesso PATlNKIN, Financial intermediar'ies and t/w logical sll'uclu7'e of monetary Iheol'y, in « The American Economie Review)l, 1961. Si veda anche:

B. J OSSA, Della pretesa invalidità dei modell'i neoclassici di

teoria monelaria, in « Economia Internazionale ", agosto 1963.

(16) Si veda: 1-1. G, JOHNSON, Monelar!! Iheor!! and policy, in « The American Eeonomic Review ", giugno lD62, p. 338. (17) Il concetto clelia ncutralità della moneta è ampiamente sviluppato da Hayek (Prices and pl'oduction, London, 1935).

L'Autore aflerma che in un'economia naturale, priva cii moneta, (economia ciel baratto), non si verificano quei fen o-meni che clanno luogo a fluttuazioni cicliche e che sono: il risparmio forzato, causato da un abba samento ciel saggio di interessc attuale al eli sotto clcI saggio naturale o cii cq ui-librio, a sua volta causato da lll1 aumento nella quantità di moneta. Ciò può essere impeclito qualora venga creata una moneta "neutrale)l, che funzioni come se non esistesse, le

cui variazioni nominali non influiscano sulle grand~zzc reali dell'economia, slùla produzione, sul tasso di intere,Be.

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