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RE DEI CUOCHI

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Academic year: 2021

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(1)

I L

R E DEI CUOCHI

TRATTATO

DI GASTRONOMIA UNIVERSALE

,

CONTENENTE

LE MIGLIORI RICETTE PER LA PREPARAZIONE DI OGNI SORTA DI VIVANDE SECONDO 1 METODI DELLA CUCINA MILANESE, NAPOLETANA, PIEMONTESE, TOSCANA, FRANCESE, SVIZZERA, TEDESCA, INGLESE, RUSSA, SPAGNUOLA, E C C .; LE ISTRUZIONI R E L A T IV E ALLA PASTICCERIA B CONFETTERIA MODERNA ECC, ; LE NOZIONI 13ULLE PROPRI E T À IGIENICHE DEGLI ALIMENTI, COLL'AGGIUNTA D’ UNA SPECIALE CUCINA PE’ C O N V A ­ LESCENTI E PE’ BAMBINI, E DI MOLTEPLICI ISTRUZIONI D'ECONOMIA DOMESTICA ;

SULLA SCELTA E CONSERVAZIONE DE’ COMMESTIBILI, DELLE BEVANDE, DELLE F R U T T A , DE’ V I N I ; SUL MODO DI APPARECCHIARE- CON GARBO BD ELEGANZA LE M E N S E , D i ORDINARE I PASTI SÌ DI LUSSO CHE CASALINGHI, DI S E R V IR E , DI TR INCIAR E, E C O .

— Op e r a i l l u s t r a t a, r e d a t t a s u l l e p i ù a c c r e d i t a t e p u b b l i c a z i o n i n a z i o­ n a l i ED ESTERE DI V lA L A R D I, LECOMTE, CARÈME, DUBOIS, BERNARD (CLASS1QUE ) SORBI A T T I, V E R Y , ROTTENHÒFER, B R IL L A T -S A V A R IN ECC., RIVEDUTA ED A R R IC ­ CHITA DI RICETTE NUOVE ED ESPERIMENTATE.

T E R Z A E D IZ IO N E RIVEDUTA, CORRETTA ED AUMENTATA

MILANO

F. LEGROS E C., ED ITO R I

1880

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^teCJ-ICltlAAUHO lOfc

9

lOOOtllUt cf&e(ti

Crederei mancare ad un sentimento non solo di rico­

noscenza ma di doveroso tributo ove non rendessi ad Ella vivissime grazie 'per la solerte e disinteressata cooperazione prestata nella compilazione del Re dei Cuochi.

Gli elogi che anche da altre città pervengono all* Edi­

tore, se sono la miglior prova del pregio incontrastabile in cui è tenuto, il nuovo trattato di gastronomia, costituiscono per Lei un ndbil vanto giacché unicamente V amore del- l arte e il desiderio di giovare altrui poterono indurla o sobbarcarsi al gravoso compito della compilazione d*un'o­

liera che, com erasi statuito nel programma, doveva esso il lavoro di molti e che richiedeva tanta dovizia di cogni­

zioni. ,

Ella ha così acquistato un titolo di piu all9 estimazione de colleghi e di quanti sanno apprezzare il buon volere c l intelligente operosità. È sotto tale egida ch'io La prego di perdonare l'arbitrio d'aver reso noto un nome che con troppo umile modestia Ella voleva rimanesse ignorato.

Colla massima stima Milano, 10 Luglio 1868.

L' Editore

F E L I C E L E G R O S .

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latióóiiuo (jiot'atuw S ce lti

Un grazie di cuore, a Lei sig. Nelli, per V intelligente e paziente cura prestata nel rivedere ed arricchire la p re­

sente edizione del Re dei Cuochi.

Le molte rettifiche ed aggiunte introdottevi varranno non v’ ha dubbio ad accrescer pregio ad un9 opera che in breve volger d9 anni acquistò celebre fama.

Mi rallegra V animo che il buon prezzo della nuova edizione nel mentre gioverà e rendere popolate il Re dei Cuochi, contribuirà non meno ad illustrare il merito del principale suo collaboratore.

Gradisca colle espressioni di riconoscenza le dichiara­

zioni di stima

Settembre 1875.

Dell*obbligatissimo suo

F E L IC E L E G R O S i

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L'idea da Lei tanto caldeggiata p er la compilazione d i un manuale di cucina che potesse rivaleggiare colle o p e re straniere e servire, p er V importanza e dottrina di m en tore a' gastronomi e di guida ed ammaestramento alle p erso n e che si dedicano all’ arte culinare, ha trovalo splendida a p ­ plicazione col Re de’ Cuochi.

Memore di quanto giovamento mi sieno riuscite le p r e ­ mure, i consigli e Vinteressamento di Lei per l'attuazione del vagheggialo pensiero e la diffusione del 'R e de’ C u o c h i, gradisca, che, rimediando ora ad una così lunga dim enti­

canza, gliene esprima pubblicamente vivissime grazie.

Colla massima considerazione, mi creda Milano, 10 Aprile 1880.

Suo Devotissimo

F E L IC E L E G R O S .

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P R E F A Z I O N E

« La cucina non é, come vorrebbero alcuni moralisti, un vizio della civiltà mo­

derna; l’ arte di preparare i cibi non solo li rende più sa­

poriti, ma anche più digeri­

bili e nutritivi. »

P . Ma n t e o a z z a.

Un'azione che, come quella del mangiare, viene ripe­

tuta piU volte al giorno dal misero proletario al sovrano, dall’ idiota egualmente che dallo scienziato, in una parola da tutti gli abitanti del globo, è soggetto certamente meri­

tevole di seria investigazione.

V hanno persone che arricciano il naso innanzi al pen­

siero d’ una dissertazione sull’ arte culinare: eppure niuno p er quanto frugale ed austet'O, saprebbe accontentarsi del piatto d’ EsaU o della salsa del Lacedemoni.

La ghiottoneria è un difetto; il mangiare una necessità dell’ individuo. La preparazione delle sostanze alimentari interessa davvicino la pubblica salute; 'mentre molti p ro ­ dotti del regno vegetale esigono quasi nessuna preparazione onde servire alla nostra alimentazione, quelli provenienti dal regno animale, salvo poche eccezioni, quali le ostriche, il latte, il miele, le uova, esigono manipolazioni e prepara­

zioni prima di poter acquistare un’ omogenea e gustosa qua­

lità alimentare.

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La gastronomia è un3 arte che il genere umano non sarà mai p er abbandonare, e checché ne dicano taluni, la gara stessa con cui si pensa a provvedere le nostre mense de cibi che più lusinghino la gola e il palato, rende necessario che gli artefici dey nostri alimenti non operino a capriccio ma siano guidati da nonne dettate dalla ragione, dall'i­

giene, e dall' esperienza.

A quest'intento il Re dei Cuochi si propone d'essere il mentore dei gastronomi, dei cuochi e delle cuciniere, non che di tutte le persone, che amano occuparsi della s e p a ­ razione della loro cucina. In esso si troveranno gli insegna­

menti per preparare un pranzo casalingo come uno signo­

rile, p er quattro, dieci, trenta e più persone ; la raccolta di ricette per altro è sì coinosa da peymiettere di propor­

zionare il dispendio della propria mensa a tutte le condi­

zioni, dalle più modeste fortune ai prediletti della sorte.

Indispensabile alle persone delf a rte,.il presente libro si raccomanda egualmente alle madri di famiglia, le quali vi rinverranno un' infinità di cose di facile esecuzione e potranno così meglio istruire le loro cuciniere avvaloraìido il proverbio che chi sa fare sa comandare. La maggior parte delle istruzioni, è vero, appartengono alla cucina propria delle case signorili, ma siccome l'essenziale in ogni cosa consiste nel conoscere i processi da impiegare per ben eseguirli nei loro particolari, così la semplificazione diviene facile quando si conoscono i veri mezzi d'operare. Al po­

stutto le spese sono relative alle vivande che si vogliono ammannire. Sonvi giorni di festa nelle famiglie, in cui la gastronomia deve avere il suo regno; in queir occasione si cspcrimenterà mediante il presente manuale, che la vera economia si trova nel saper fare.

Affinchè la nostra opera riuscisse il più possibilmente completa e perfetta abbiamo fatto tesoro de'migliori trattati d'igiene e d'arte culinare, e alle tante ricette delle cucine nazionali ed estere copiosa messene aggiungemmo di quelle gentilmente forniteci da distinti pratici che vollero eziandio giovarci di aiuto e di consiglio.

Qual a libico popolare si addice, il linguaggio vi è fa­

c ile ; tuttavia a chiarir meglio alcuni vocaboli tecnici vi facemmo precedere un piccolo dizionario dei termini meno com uni; siccome poi l'uso volle consemato a molti intin­

goli e manicaretti V appellativo francese, così il più delle volte lo conservammo accanto alla traduzione italiana, ser­

vendoci talora anche della voce vernacola.

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Lungi dall9 eccessiva raffinatezza, come dalla gretta par­

simonia, il presente trattato ha p er divisa: la gradevolezza e la salute, la squisitezza e il buon gusto. Facendo tesoro dei trovati della scienza moderna che oltre all9 arricchire la nostra mensa di nuovi cibi, iniziandoci ai segreti della natura, provvede alla loro conservazione e ci guida a r i­

conoscere i commestibili e le bevande adulterate, abbiamo . dedicato particolare studio nell9 aggruppare in separati ca­

latoli una molteplice varietà di cognizioni sulle proprietà alimentari dei cibi c dei condimenti e sulla più o meno facile digeribilità. Vi fanno seguito speciali istruzioni sulla pasticceria, sulla credenza, sulla cura della cantina, dei diversi utensili, sulla scelta delle provvisioni, sul modo di disporre sontuosamente mense e buffets, di trinciare, servire e va dicendo.

Oggidì Varie culinare non limitasi alla semplice prepa­

razione delle vivande ; Vabile cuoco è d9 uopo possegga una vasta coltura e le risorse tutte della scienza. Negli studii speciali di analisi ragionala sulla forma e decomposizione dei sapori egli rinverrà il segreto di combinazioni nuove ed ardite con cui solleticare e stimolay'e Vappetito de9 buon­

gustai e de9 gastronomi. Ci si obbietlerà che non è da un libro che possano acquistarsi tante e sì preziose preroga­

tive, e forse ci si rinfaccerà il trito proverbio: « l a pratica e l’ esperienza valer meglio d’ ogni scienza; » ma noi rispon­

diamo meglio col motto toscano che « chi vuol farsi dotto senza libro è come chi vuol attinger acqua coi cribro. > In ogni ramo i principii teoretici sono come la base d9un edi­

fìcio; fecondata da essi, la pratica spianerà la via ai più splendidi risultamenti.

L ’ Ed i t o r e.

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CENNO STORICO

sulle mense degli antichi e sui modi d’&limentazione appo i di­

versi popoli non che sullo stato e progresso dell’ arte culinare.

Nulla v’ ha di più antico dell’ arte culinare; essa può dirsi nata coll’ uomo. Gli eroi, le belle, e perfino gli Dei la pro­

fessarono con orgoglio. Elena e Penelope la illustrarono e il divino Cadmo, l’ avolo di Bacco, era il cuoco del re di Sidone, prima che fondasse la città dalle cento porte e le det­

tasse leggi.

La cucina era in gran credito presso gli Ateniesi : i re, i poeti, i dotti vi professavano uno special culto; perfino dei filosofi non credettero di dover astenersi da’ piaceri che essa loro offriva. Anche i Romani non isdegnarono di rivolgere la loro attenzione alla cucina, e lo stesso Catone ci lasciò alcune ricette sul modo di preparare certi cibi di farina e di legumi. Il dittatore Cincinnato coltivava egli stesso i suoi ortàggi. Il console Curio Dentato, di proverbiale frugalità, si preparava da sè il pranzo; ciò facevano i Romani lorchè combattevano solo per assicurare la loro indipendeza o sog­

giogare i vicini poveri quanto essi. Ma quando le loro con­

quiste si estesero all’ Africa, alla Sicilia, alla Grecia, quando s’ arricchirono a spese dei vinti, allora introdussero in Roma tutto che di piacevole avevano trovato appo gli stranieri.

La serie dei trionfi trasse a Roma le ricchezze dell’ imi­

verso: il lusso della mensa divenne sì esorbitante da richie­

dere leggi per porre un freno alle smodate spese. Si gustava di tutto, dalla tartaruga allo struzzo, dal ghiro al cinghiale.

Tutto ciò che poteva solleticare il palato s’ impiegò come condimento, adoperando sostanze delle quali noi non potrem­

mo concepir l’ uso quali Tassa fetida e la ruta (*).

L’ universo fu posto a contribuzione dalle armate e dai viaggiatori. Si portarono dall’ Africa le galline faraone ed i tartufi, i fagiani dalla Grecia, i conigli dalla Spagna, i pavoni

(*) B r illa t - S a v a r in , Physiologie <%u gout.

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dal fondo dell’ Asia, e nei giardini coltivavasi l’ albicocco d’ America, il pesco di Persia, il melo cotogno di Sidone, i lamponi delle vallate del monte Ida.

Fra i commestibili i pesci occupavano il primo posto : quelli provenienti da contrade remote si trasportavano in vasi pieni di miele’ e la gara dei compratori ne faceva salire il costo a somme favolose. Nè le bevande erano dimenticate;

i vini della Grecia e della Sicilia deliziavano i conviti dei Romani; e siccome aumentavano di pregio a seconda del paese e. dell’ anno di produzione, così una specie di certificato di nascita era impresso su ogni anfora. A renderli più soavi e profumati vi si mescevano infusioni aromatiche o di fiori;

del resto le preparazioni che gli autori contemporanei ci hanno trasmesso sotto il nome di condita dovevano bruciare la bocca ed irritare violentemente lo stomaco. È in sifatta guisa che i Romani sognavano l’ alcool, scoperto molti secoli dopo.

In Allora il grande studio dei cuochi era più di soddisfare il senso del gusto che di provvedere un nutrimento sostan­

zioso e sano ; tuttavia il principale condimento adoperato da quella cucina consisteva nell’ olio e nelle sostanze oleose.

Un buon cuciniere riceveva a Roma ventimila lire di sti­

pendio. Un giorno Cleopatra prodigò tali elogi alla perizia del cuoco, che Antonio fatto chiamare l’ artista, lo abbraccia, lo orna della propria corona, ed in ricompensa gli regala una città dell’ impero.

Un certo Filota, medico, raccontava al nonno di Plutarco d’ aver veduto la cucina di Antonio allorché lussuriava con Cleopatra. Narrava infra l’ altre cose d’ avere ivi trovato otto interi cinghiali che si cuocevano arrosto sullo schidione. Do­

mandato al cuoco quanti dovessero essere i convitati, rispose non essere che dodici; e di quei cinghiali qual prima e qual poi era stato messo ad arrostire, acciocché in qualunque ora Antonio si ponesse a tavola ve ne fossero sempre di cotti a giusta misura. Nel convito di Carano, descritto da Ateone, a ciascun convitato era stato posto innanzi uno sterminato cinghiale; imperciocché avevano la borià che fossero gros­

sissimi; perciò li pascevano largamente e sfoggiatamente

gli ingrassavano (') .

Lo scialacquo crebbe cotanto, che due o tre cinghiali si ponevano in tavola per antipasto, e poiché Tiberio d’ un mezzo si contentava, quale avaro e sordido fu proverbiato.

Quindi cominciarono a riempire il cinghiale di beccaflchi e (*) (*) Averani, Del vitto e delle cene degli antichi.

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di tordi arrosto, d’ ostriche e d’ altri, bocconi saporiti e deli­

cati. Niun animale mangiavano intero fuorché il beccafico;

degli altri quella sola parte gustavano che al palato più sa­

porita e delicata sembrava. Uccelli rarissimi e singolaris­

simi, o per la soavità del canto o per l’ umana favella in cui fossero ammaestrati, venivano imbanditi. Che più? Cleopatra sfatando le cene di Antonio, disse di volerne far una che valesse dugentocinquantamila. scudi. Contrastandole Antonio, vennero a scommessa, e fu eletto giudice Planco, e Cleopatra guadagnò. Imperocché fiinita la cena, quando Antonio sogghi­

gnando chiese il conto, ella diede di piglio ad una delle perle che le pendevano dalle orecchie, e scioltala nell’ aceto se la bevve ; e volendo far somigliantemente dell’ altra, da Planco fu trattenuta, il quale tosto pronunziò lei aver vinto, giudicando che quella sola perla costava oltre dugentomila scudi.

Ai tempi di Cesare il gozzovigliare era si spinto che si soleva prendere un vomitivo dopo mangiato, per evitare le

indigestioni. •

Aufidio Lurco, il quale sotto Pompeo aveva trovato il modo d’ ingrassare i pavoni, guadagnò in pochi anni CO mi­

lioni. di sesterzi, equivalenti a circa 42 milioni della nostra

moneta. •

Un attore di que’ tempi imbandì sulla sua mensa un piatto di uccelli che costava più di diecimila lire.

Un Apicio acquistò celebrità con parecchie invenzioni si di cibi come di utensili di cucina e fu il primo che ingras­

sasse i porci per mezzo di certi fichi venuti dalla Soria, affo- ‘ gandoli poi con una strabbochevole bevitura di vino melato.

Lo stesso celebre gastronomo narra Peignot, possedeva oltre venti milioni, e quando si vide ridotto a due milioni si uccise per paffra di morir *di fame (‘)

Celio Apicio scrisse un libro sull’ arte del cucinare e iuventò il modo di conservare fresche le ostriche. Gli stessi cibi doz­

zinali rendeva vani la fantastica golosità; la lattuga inaffia- vasi col latte; i capponi, le galline e i piccioni s’ ingrassa­

vano con cibi inzuppati e rinvenuti nel latte.

Le cene di Lucullo divennero proverbiali del pari che i pranzi superbamente meschini dell’ imperatore Eliogabalo, il quale regalava i convitati di vivande in piatti d’ argento.

D’ Eliogabalo inoltre narra Lampridio che a’ suoi cortigiani metteva in tavola piatti grandissimi pieni di coratelle, di

(«) Cantù, Storia Universale, Lib. VI, cap. 5.

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triglie, (li cervella di tordi, d’ uova di pernici, di capi di pap­

pagallo , di fagiani e di pavoni; ed in cambio d’ insalate minute faceva gran piatti di barbe di triglie. In una cena pose in tavola seicento capi di struzzolo per mangiarne le cervella.

Vitellio aveva fatto fabbricare un piatto di straordinaria grandezza, da lui chiamato Scudo di Minerva, che si riem­

piva di un immensa varietà di rarissime e delicatissime vivande. Ad una cena data a quest’ imperatore da suo fratello Lucio, al di lui arrivo in città, furono serviti 2000 dei più scelti pesci e 7000 uccelli. Vitellio era solito a far colazione, pranzare e cenare con diverse persone nello stesso giorno, e niuno de’ suoi pasti costava meno di 400,000 sesterzi cor­

rispondenti a circa 80 mila delle nostre lire. Vuoisi che nel suo regno di otto mesi spendesse ben 180 milioni di lire per la sola tavola.

Degna di curiosità è la differenza degli usi e costumi del convitare appo i diversi popoli, e ben merita farne qualche

parola. ♦

Noi siamo seduti sopra scranni mentre mangiamo; gli an­

tichi Romani stavano coricati sopra letti che circondavano le mense, chiamate triclinii dai tre letti che intorno vi sta­

vano ed in ciascuno dei quali capivano tre o quattro convitati:

lo stiparne in un letto più di quattro, poca lautezza e garbatezza si giudicava. I Giapponesi adagiavansi su stuoie; gli antichi Galli si sdraiavano su pelle di lupi o di cani o sopra fieno.

. L’ abitudine di pranzare seduti in terra durò in Francia sino quasi all’ X I secolo! Nei conviti di famiglia usavano seggiole e sgabelli e in tempi meno remoti, nelle grandi feste i convitati facevansi sedere su banchi; d’ onde l’ appellativo di banchetto. L’ uso del fieno tuttavia conservatasi ancora eccetto che invece di servirsene di cuccino lo stendevano sotto alla tavola per difendere i piedi dal freddo, e più tardi al fieno si sostituì uno strato di paglia Ciò trovavasi così sano ed elegante, che se ne faceva uso in tutti i palazzi e perfino nella reggia.

In passato, come o g g id ì, la tavola coprivasi di tovaglia, che ne’ banchetti sontuosi era a piegature e a disegni di sva­

riata eleganza. Presso i Greci le mense non erano coperte di tovaglia, ma venivano nettate per mezzo di spugne ba­

gnate d’ erbe fragranti.

Nel medio evo, quando volevasi insultare qualche distinto personaggio s’ inviava un araldo a tagliare la tovaglia, in­

nanzi a lui, oppure a porgli il pane alla rovescia.

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Il vasellame d’ oro e d'argento arricchito con smeraldi e rubini rivaleggiava colla splendidezza della mensa. Sì prima che dopo il pasto le mani lavavansi con acqua profumata.

Anche allora la galanteria esigeva che i commensali fossero disposti per coppia, un uomo ed una donna; ma le due per^

sone che trovavansi vicine dovevano mangiare in un piatto in comune e bevero nell’ istessa tazza.

Quando un sovrano voleva onorare qualcuno e dargli una prova di considerazione, dopo aver bevuto gli passava la sua tazza col resto del liquore che conteneva.

I Galli avevano un gusto pronunciatissimo pel vino. Dio­

doro ricorda che per un’ anfora di questo liquore essi da­

vano uno schiavo. Pretensiosi sempre, si vantavano di saper trionfare degli effetti del vino e riguardavano come diso­

norante il darsi vinti; cosicché per disputar la vittoria e per isfuggire i motteggi altrui si compromettevano la salute.

Carlo Magno in uno de’ suoi capitolari, impose pene a chi provocasse a bere durante il pasto. Le persone convinte di questo delitto venivano condannate ad una specie di scomu­

nica civile, all’ allontanamento dalla società, per un dato tempo od essere astrette a pane ed' acqua. Non per questo i bagordi dell’ ubbriachezza scemavano, anzi a giustificarsi del pessimo costume, tentavano persuadere che per conservare la salute fosse necessario ubbriacarsi una volta al mese. A frenare il malvagio abuso, Francesco I, nel 1536, pubblicò un editto che condannava le persone dedite all’ ubbriachezza alla p r i-

’ gione, alla dieta di pane ed acqua, ad essere frustate pub­

blicamente, e così mano mano fino a bandire dagli Stati, previa amputazione delle orecchie, gl’ incorreggibili (*). '

In Italia, in Francia, in Ispagna si mangia e si bevo a vicenda; nel nord dell’ Europa e presso i popoli orientali si beve soltanto dopo di aver pranzato.

I Lapponi seggono sul nudo suolo come i bruti, tenendo i piedi piegati-l’ uno verso l’ altro.

In Europa un sol desco servendo a molti commensali, rende piò gradito il piacere della compagnia. Nella China e nel Giap­

pone ciascuno ha la sua mensa a parte; il servo che porta le vivande s’ inginocchia ogni volta che pone un piatto sulla mensa o lo riprende. In Grecia le donne e le ragazze di casa, escluse dalla mensa, pranzano a parte o co’ servi. È questo un brutto uso che dura tuttodì in qualche paese del Napoletano. Allorché noi invitiamo a pranzo i nostri amici ci assidiamo a mensa

(4) Storia falla vita privata fa i Francesi.

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con essi e gli eccitiamo col nostro esempio alla gioia. Ai C hi- nesi invece una falsa urbanità ingiunge di uscire di casa, onde lasciar interamente liberi i commensali. Questo costume rammenta quello dei Pitagorici che davano due pranzi all’anno nei quali il padrone di casa serviva i convitati senza péro assaggiare alcuna vivanda.

Nell’ antica Roma, nei dì festivi, la sala ove maugiavasi era sparsa di gigli e di rose; i convitati ed i servi stessi avevano sul capo una corona di fiori cui pazzamente attribuivano il potere di reprimere colla loro fragranza i vapori del vino.

Noi mangiamo le carni cotte e ben condite; i Tartari le divorano crude; persuasi in vero, non interamente a torto, che la cottura le privi di sapore e le renda indigeste.

I Lapponi, i Groenlandesi, gli Islandesi e i Norvegi si c i­

bano quasi esclusivamente di grascia, di sangue, di carne porcina, di pesce putrefatto, affumicato e salato e d’ un pane misto di paglia e d’ avena. — Sonvi popolazioni che mangiano la terra, sia per mancauza d’ alimenti, sia per una deprava­

zione del gusto. Humboldt narra d’ aver veduto nell’ America del Sud, quando le alluvioni dell’ Orenoco impediscono la cac­

cia delle tartarughe, quelle tribù a consumare impunemente fino a una libra e mezza d’ una argilla grassa e ferruginosa.

Anche gli indiani sulle sponde del fiume delle Amazzoni si nu­

trono sovente d’ argilla. Sui mercati della Bolivia si vende una specie d’ argilla commestibile composta di talco e mica.

I Negri della Guinea condiscono il riso con una terra untuosa che non nuoce alla loro salute. .

Peggio di tutti i Tibetani, anticamente, mangiavano gli estinti genitori (').

Ma la digressione è abbastanza lunga; lasciamo i selvaggi e ritorniamo fra popoli inciviliti.

Nel medio evo gli Italiani, che precedettero tutte le altre nazioni europee in ogni ramo d’ incivilimento, pervennero pure per tempo ad un certo grado di perfezione nell’ arte della cu­

cina, sicché raffinatissima divenne nel secolo XVI. In Francia fino al XVIII secolo regnò P uso d’ accumulare molte vivande sul medesimo piatto ed in modo da farne una piramide altis­

sima la cui base era formata da vivande e piattelli confet­

ture e porcellane, frutta e figure.

Là cucina italiana non si scosta gran fatto da quella degli antichi Romani, ed anche oggidì in molti punti d’ Italia il modo di preparare e di condire i cibi tiene assai dell’ antico,

(0 Canti, S to r ia V n iv e rs a le % Voi. IX, Cap. *3

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facendosi ancora grand’ uso d’ olio, cosa che si vede più o meno prevalere presso tutte le nazioni d’ origine latina.

Caterina de’ Medici passata alla Corte di Francia vi tra­

piantò la cucina italiana ; ma qualunque sia stata l’ influenza di questa sulla francese, convien confessare che dobbiamo ai Francesi, l’ uso di condire ciascuna specie di carne col proprio sugo, d’ onde nasce una maggior varietà nello stesso tempo che i cibi riescono più salubri. La cucina francescé annovera pur essa i suoi Apicii e perfino i suoi martiri. Vatel ne è un esempio; la fine di lui fu resa drammatica e immortalata dagli storici. Ecco quanto narra il suo biografo ; « il gran Vatel, quest’ uomo la cui distinta perizia e il sapere lo ren­

devano capace di adempiere a tutte le cure d’ uno Stato, preferì la morte al disonore di mancare al proprio impegno in occa­

sione d’ un pranzo di Luigi XIV. Di tutti i provveditori eh’ egli aveva inviato ai diversi porti per far acquisto di pesce uno solo ritornò col carico; la disperazione s’ impadronisce dell’ animo di lui, sale nella sua stanza, vi si chiude entro e si uccide. »

Tuttavia la cucina cui i Francesi diedero l’ appellativo di classica risale solo al regno di Luigi XV. La rivoluzione trasse nel suo vortice anche l’ arte culinare, evocata ben presto dalle meravigliose vicende che mutarono l’ assetto dell’ Europa. Le splendidezze di Napoleone I e della corte de’ suoi ministri e marescialli vi diedero nuovo impulso e ne lasciarono luminosa traccia anche fra noi, cosichè i Francesi, vanno superbi di vedere il gusto della loro cucina predominare, come la loro lingua e la loro moda, dal nord al mezzodì dell’ Europa.

Gli Inglesi seguirono una via assai diversa da quella degli Italiani e dei Francesi, e la loro cucina si limita per lo più a cibi semplici e sostanziosi che meglio si confanno alla loro indole e al clima in cui abitano; l’ arte dell’ arrostire la carne fu da essi portata alla maggior perfezione, e non.havvi persona che non abbia udito le lodi del beef-steak e del roast-beef (').

La spagnuola col suo cioccolato, le fave dolci e la sua olla-podrida è cucina da gente cui manca l’ appetito ed ama il risparmio. La portoghese ha qualche analogia coll’ italiana.

La cucina tedesca si distingue pe’ suoi dolciumi e farinacei.

Quella dei Turchi per sucidume ed abbondanza succulenta.

La russa pel gran consumo di carne di maiale e d’ oca, di sostanze acide e di farine fermentate.

La civilizzazione moltiplicando i mezzi df viabilità e facili­

tando i commerci, ha modificato sensibilmente il regime dei

0) Enciclopedia Popolare, Voi. VI.

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popoli; essa che procura al colono dei Tropici le delizie della gastronomia europea, ed alimenta le nostre mense colle ghiottonerie delle più remote regioni rende sempre più neces­

sario che l’ arte del cucinare sia il portato d’ una soda istru­

zione, sicché possiamo essere sicuri che chi ci ammanisce il pranzo non ci avveleni lentamente per difetto delle più indi­

spensabili dottrine.

Un distinto scrittore d’ igiene, il professore Mantegazza, a tal proposito scrive: « L’ arte del cucinare deve raggiungere questi scopi:

1. ° Di fornire la maggiore varietà di cibi e sapori;

2. ° Di aumentare la digeribilità dei cibi senza diminuire il potere nutritivo;

3. ° Di educare insieme il senso del gusto e del senti­

mento del bello. »

Ciò posto, ove si consideri l’ arte del cuoco congiunta a quella del credenziere e del pasticciere si è indotti a confes­

sare seriamente eh’ essa esige cognizioni si estese e svariate, quali non occorrono in molte altre professioni cui il volgare pregiudizio ha collocato molto più in alto nella scala sociale:

giacché non potrà dirsi abile quel cuciniere che non posseg­

ga almeno i primi rudimenti della chimica, della botanica, della fisica e del disegno. Eppure, doloroso a dirsi, la maggior parte operano a caso o tutt’ al più per tradizione!

In un tempo in cui le scuole di pubblico insegnamento vanno moltiplicandosi, in un secolo in cui l’ utilità è il grande scopo del filosofo, non è possibile che l’ arte del cucinare ri­

manga più a lunga derelitta. D’onde mai avviene che mentre la scienza si studia ogni dì più di migliorare i prodotti del regno animale e vegetale, poca o niuna attenzione si faccia ai metodi che li rendono atti al nutrimento? Sarebbe forse un malinteso pregiudizio che distoglie uomini gravi dall’ oc­

cuparsi di cose tanto triviali? Fra la medicina e la farmaceu­

tica, ch’ hanno per compito di restaurare la salute disgustandoci la bocca e lo stomaco, pare debba meritare qualche pensiero un’ arte che sì propone la conservazione della salute stessa rallegrandoci Desistenza.

Ad avvalorare il nostro voto calzano a cappello le parole del chiarissimo igienista diansi citato, il quale nel far plauso all’ opera (*) d’ un bravissimo medico m ilanese, dopo aver accennato che il medico è in cucina cento volte più utile che in ispezieria, così soggiunge:

0) La Cucina degli stomachi deboli.

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> Tutti i cento brodi, i cento intingoli, le cento bevande che si preparano dal cuoco possono farvi un grandissimo bene, possono prevenire molte malattie e curarne molte altre;

possono trasformare un scrofoloso in un uomo robusto, una donna pallida e convulsiva in una madre polpacciuta e ru­

bizza. Si signori, la cucina può guarire una indigestione, una febbre, una tisi. Anche in spezieria abbiamo qualche buona cosa, ma i migliori rimedi sono quelli che sanno un poco della cucina, come il ferro e l’ olio di merluzzo » (').

Siccome però non tutti i medici vorrebbero scendere in cu­

cina, nè la loro presenza sarebbe sempre possibile e grade­

v o le , ne deriva la necessità di provvedere all’ istituzione di una apposita scuola in cui sieno sviluppate le più importanti nozioni di quelle dottrine eh’ anno, affinità coll’ arte culinare e col regime dietico Q .

Niun paese è più a dovizia favorito dai doni della natura;

per non parlare de’ cereali, noi abbiamo carni, pollame, sel­

vaggina saporitissima e in gran copia, mentre il suolo ci som­

ministra legumi e frutti gustosi, il mare ed i fiumi ci forniscono un’ infinita varietà di pesci squisiti che le vaporiere portano ancor freschi e saltellanti sui diversi mercati, nell’ egual guisa che i nostri formaggi e perfino il proverbiale panettone viag­

giano nelle inospiti steppe della Russia e nella lontana Ame­

rica. In breve volgere d’ anni le tante e sempre crescenti re­

lazioni che esistono fra le nazioni europee faranno sì che anche le differenze della cucina spariranno e non vi sarà più che un solo modo di cucinare, come si è già quasi ve­

nuti ad una sola foggia di vestire. La costituzione perciò d’ una cucina per così dire eclettica renderà ancor più necessario che i seguaci di Cadmo ripiglino anche fra noi il posto che loro compete; lo spirito dell’ epoca ci è arra che prima di quel giorno il nostro voto sarà realizzato; la questione è affatto umanitaria, imperocché serbiahio fidanza che quando i raggi di una savia dottrina avranno scombuiato le tenebre, molti, fatti importanti per quest'arte, finora ignorati o non avvertiti, verranno in luce con grande giovamento della salute degli uomini.

C. T.

0) P. Mantegazza, Almanacco Igienico.

el>he vita1 ^ chi fece ProPu£natore d’ una scuola pel cuochi, ma il progetto non

(22)
(23)

FISIOLOGIA ALIMENTARE

Bisogna mangiare per vivere.

Vecchio adagio.

Deir alimentazione normale.

La quantità di alimenti veramente normale che (leve avere l ’ uomo giornalmente a riparo delle sue perdite, sta di mezzo, ben si comprende.

Ira l’ insuflicienza da una parte, e l’ eccesso od esuberanza dall’ altra. Ma il difficile è di stabilire il punto preciso, dove comincia, l’ una e termina l ’ altra, in forza delle differenze individuali riguardo all’ età, al sesso, al temperamento, alla costituzione debole o vigorosa ed allo stato di salute fisica e morale. L’ uomo è conformato per modo che abbisogna d’ una ali­

mentazione mista, vale a dire fatta con sostanze vegetali ed animali avvi­

cendate più o meno fra loro. Quantunque poi tanto gli alimenti vegetali, che gli animali esclusivamente presi possano a rigore bastare all’ esi­

stenza, contenendo sì gli uni che gli altri principii azotati e principii non azotati, questi però essendo meno abbondanti negli alimenti vegetali, i cibi animali, che ne contengono assai più, intervengono sempre favorevolmente nel regime alimentare dell’ uom o, permettendo di diminuire la massa di ' nutrimento che gli è necessaria. D’ altronde un’ alimentazione esclusiva­

mente vegetale riescirebbe troppo debilitante e rilassante; un’ alimenta­

zione del tutto animale sarebbe di soverchio eccitante e riscaldante.

Fu detto che l’ uomo deve chiedere la propria alimentazione con mi­

sura dai due regni di natura; il suo cibo adunque si comporrà:

1. Di sostanze animali azotate, quali carni da macello, uova, pollame, selvaggina, pesci, formaggio, con o senza erbaggi freschi;

- o delle sostanze vegetali molto azotate, fave, tagiuoli, piselli, lenti ecc.

2. Di sostanze fecolenti, quali farine o paste, pane, riso, patate, casta­

gne ecc.

o di materie gommose e gelatinose; gomme, gelatine e lichen sotto la

forma di gelati, bianco-mangiare ecc.; ,

o di materie zuccherate, quali frutti cotti o crudi, confettati, canditi od altri composti melati.

il Re dei Cuochi. 2

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3. Di materie grasse aromatiche e Paline che costituiscono il condi­

mento necessario alla buona digestione dei cibi: burro, grasso od olio con sale e droghe in piccola dose;

o dello zucchero, che forma sovente il solo condimento d’ un cibo e rim­

piazza il sale e le droghe.

4. Finalmente a titolo di bevanda indispensabile^acqua .potabile o me­

glio vino, birra, caffè, thè ecc.

Le molte esperienze fatte da’ chimici c'insegnano quale sia il quanti­

tativo dell’ alimento necessario all’ uomo, e quali specie gli convengano per essere convenientemente nutrito. Senza perdere di vista che le dosi delle razioni alimentarie devono essere appropriate ai diversi tempera­

menti, alle abitudini sedentarie o meno, i più diligenti osservatori s'a c­

cordano nello stabilirà che un uomo sano, di media statura, facente un moderato esercizio di corpo consuma un dì per l’ altro grammi 250 di carne. 375 di pane o di qualclf altro alimento vegetale e grammi 480 d’ una qualsiasi bevanda fermentata.

Ad un uomo adulto conducente vita sedentaria occorreranno gr. 480 di alimento solido e grammi 1082 di alimento liquido; invece ad un uomo adulto conducente vita attiva abbisogneranno giornalmente gr. 1052 di ali­

mento solido e gr. 2104 di alimento liquido, osservando però che questo limite sarebbe il massimo.

Tutti gli igienisti citano nei loro trattati la storia del veneziano Cor- naro morto a cent'anni d’ età, il quale arrivato sui 40, e veduto che cogli eccessi del mangiare e del bere si andava logorando la salute e la vita, fece proposito tale di temperanza, che da quell’ epoca non si nutrì più giornalmente che con grammi 300,708 di alimeuti solidi, sani e sostanziosi, e gr. 541,0(52 di vino, e così continuò a vivere per altri 60 anni.

Non occorre far notare che la scienza non designa come nutrimento sano e sostanzioso che i cibi preparati con diligenza, ma alla casalinga, non i ricercati ed artefatti, non aventi altro scopo, secondo l’ espressione d’ un distinto fisiologo, che di adulare il capriccio, stimolare i palati af­

fievoliti e ristorare gli stomachi valetudinari. ,

Tuttavia si può levarsi leggiero di corpo e di mente da un pranzo im­

bandito di 20 vivande, così come si può fare indigestione col desinare mo­

desto dcdl’ operajo. Vale assai meglio mangiare pochissimo di molti cibi die molto di un solo. — La varietà dei cibi è una delle regole più ele­

mentari per ben digerire.

Com posizione e decom posizione degli alimenti. I

I nostri alimenti sono in parte albuminoidi, orassi e amidacei. Albu- minoidi sono F albumina animale e vegetale. La fibrina del pari animale e vegetale, la caseina similmente animale e vegetale, la gelatina, Femato­

si na (parte rossa del sangue), la legumina. Le sostanze albuminoidi en­

trano nello stomaco già coagulate e vi trovano degli acidi pronti a scio­

glierlo durante la digestione, poi una sostanza dell’ ordine dei fermenti, detta pepsina, la quale ha la {singolare proprietà di renderle solubili ed assimilabili, e disporle quindi ad entrare nell’ organismo senz’ altra modi­

ficazione ed ivi far parte dei nostri tessuti.

Alimenti grassi sono gli olii e le sostanze grasse fornite dagli animali e dalle piante.

Le sostanze amidacee non contenenti azoto, sono le diverse specie di zuccari, l’ amido, la gomma, la desterina, certi sughi vegetali, il legnoso e .simili.

Le materie amidacee o fecolenti dell’ alimentazione assorbite allo stato di zuccaro (glucosi) e le materie grasse assorbite in natura, circolano per qualche tempo col sangue e finiscono per Scomparire; tale scomparsa è un fenomeno d’ ossidazione, che si collega all’ introduzione"incessante del- Vossigeno per la via dei polmoni, ed è la principale sorgente del calore

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animale, motivo per cui queste sostanze vennero denominale alimenti r e ­ spiratomi.

Secondo i più diligenti studj, l’ uomo esala in 24 ore 250 grammi di carbonio; le sue dejezioni in ,24 ore contengono 60 altri grammi di ca r ­ bonio e 20 grammi di azoto. È adunque evidènte che per provvedere ai bi­

sogni della respirazione e per supplire alle altre perdite si richiedono 310 grammi di carbonio e 20 grammi di azoto, corrispondenti a 130 grammi di materie azotate al giorno. E la razione quotidiana di 1000 grammi di pane e di 285 grammi di carne (senz’ ossa) fornisce appunto 130 grammi di ma­

terie azotate, ossia 20 grammi di azoto e grammi 331,46 di carbonio, r i­

spondenti ai bisogni quotidiani dell'uomo.

Siccome però scopo precipuo del Re de* Cuochi, non è di provvedere soltanto al bisogno impellente della nutrizione, ma anche di rendere l ’ a ii- mentazione più gradevole e salubre, cosi nel mentre ci riserviamo di di­

scorrere partitamente dei singoli alimenti quando tratteremo del modo di cucinarli, ci limitiamo ora ad offrire un cenno sulle proprietà e sulla maggiore o minore digestibilità degli alimenti più comuni.

Del potere nutritivo . e della digestibilità de1 diversi alimenti.

Non è ciò ch« si mangia che nutrisce, ma ciò che si di­

gerisce.

Vecchio adagio.

La qualità di un alimento si misura della sua provenienza, se cioè dal regno animale o vegetale, e dalla preparazione che ha subito. Giusta il parere unanime de’ chimici, la sostanza analoga al latte sarebbe l’alimento più perfetto; esso è cibo e bevanda e ben può dirsi il prototipo degli ali­

menti. Dopo il latte, le carni macellate e le uova sono considerate come gli alimenti più importanti e più nutrienti.

Degli alimenti a base fecolenta. Il

Il glutine puro che si incontra in quasi tutti i cereali è la materia nutriente per eccellenza, giacché per molte delle sue proprietà corrisponde alle sostanze animali.

Fra le sostanze farinacee o fecolenti la semola e le paste, quali ta ­ gliatelle, maccheroni, lasagne, quando siano ben cotti ? occupano il primo posto nell’ alimentazione salubre, racchiudendo questi prodotti il Ì7 per cento di sostanza azotata, quasi quanto la carne di bue senz’ ossa, ed ognuno sa che gli alimenti contenenti una maggior quantità di azoto sono i più nutrienti. Le paste fine, come stellette, vermicelli ecc., riescono a taluni di meno facile digestione che le grosse.

I piselli, i fagiuoii, le lenti, i ceci, le fave ed altri legumi, danno un alimento ricco di sostanza nutriente e nella gerarchia gastronomica me­

ritano di essere collocati fra la carne ed il pane. È noto che durante la cozione si gonfiano molto, il qual effetto è dovuto alla fecola che assorbe l’ acqua, dimodoché se si mangiano non abbastanza cotti, il gonfiamento succede nello stomaco, il che produce incomode flatulenze. 1 fagiuoii bian­

chi ne cagionan più che i colorati; i piselli secchi meno dei fagiuoii. I legumi secchi sono più nutrienti, ma anche più pesanti allo stomaco che

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non i verdi. La parer si digerisce meglio del legume intero. Le castagne quando si abbia cura di cuocerle a suilicienza, forniscono un cibo abba­

stanza nutriente e molto più salubre di quello che generalmente credesi.

Il pane, che contiene poco piu della metà de’ materiali alimentari della carne di bue è meno digeribile di questa, tanto più se misto con butirro o con grasso. È un requisirò essenziale che il pane sia soflice; è pregiu­

dizio il credere che caldo faccia male: tutt'al più ai denti, non ài ventri­

colo. Per alcuni il pane, del giorno innanzi è più digeribile del pane fresco;

il biscotto è inferiore al pane fresco. La crosta nutre poco, e molto meno poi se abbrustolita e carbonizzata. La zuppa adunque fatta coi crostini è più leggiera ma meno nutriente. Preferite sempre il pane più semplice

alle paste dolci. >

il pane misto di frumento e grano turco, di frumento e di segale riesce a molti gustoso e leggiero. Come in tutte le cose 1*alluso genera i suoi mali, il troppo pane è cagione di ostruzioni e pletora sanguigna.

La farinata o polenta di grano turco, quando ben cotta, è sana, sebbene sia spesso causa d'acidità di stomaco.

Antepongasi sempre il riso dei nostri paesi all'orzo e a tutte le farine esotiche le cui virtù sono tanto vantate sulle quarte pagine dei giornali, quali la rrvalrnta arabica, il saffo, la tapioca, P arroirroot e va dicendo.

I pomi di terra contengono tre quarti d’ acqua ed un quarto di fecola;

è cibo di facile digestione quando sia ben cotto. Avvertite per altro di ri­

fiutare assolutamente come nocivi quelli che incominciano a germogliare.

Alimenti carnei.

La carne di bue contiene tutte le sostanze che rigorosamente bastano a mantenere la vita dell'uom o; arrostita, principalmente se poco cotta, eccita lo stomaco, facilita l'azione digestiva e fornisce tanta copia d’ ele­

menti riparatori quanta non se ne trova in nessun altro alimento. Se però l’ uso giudizioso imprime vigore, l’ abuso conduce facilmente alle infiam­

mazioni e a tutte le indisposizioni che provengono da una nutrizione troppo sostanziosa.

La carne di vacca, se ben ingrassata, diversifica poco da quella «lei bue.

La carne di vitello è più tenera, meglio digeribile, ma mono nutritiva

di quella di manzo. "

11 montone contiene meno sugo del bue e la sua carne è quasi altret­

tanto nutriente. ' '

Le carni di pecora o di capra sono più indigeste e meno nutritive di quelle di manzo e di vitello; non cosi gli agnelletti giovani, che forniscono un buon alimento.

Il maiale dà una carne saporitissima, nutriente, ma pesante; i condi­

menti la rendono meglio digeribile, ma più eccitante e riscaldante. Lo stesso dicasi del cinghiale. — Il porcelletto è di difficile digestione.

La carne di lepre è secca ed astringente; il capriolo, il daino, il cervo partecipano delle qualità del montone, ma la loro carne è più eccitante e

• riscaldante.

Secondo la dottrina d’ Ippocrate si trova una carne meno succolenta negli animali selvaggi che nei domestici, — in quelli che si pascono di frutti che in quelli che si pascono d'erbe. — nei maschi che «elle fem­

mine, — nei neri che nei bianchi, — in quelli che sono pelosi che in quelli che non lo sono.

Le carni tigliose, perchè troppo fresche, sono meno saporite delle frolle, ma più facilmente digeribili.

Le carni salate sono meno nutritive delle fresche; ottimo il prosciutto e sani i salami emidi. All'incontro indigesti i salsicciuoli, le mortadelle, i sanguinacci, la salsiccia. Guardatevi «lugli affumicati che, se putridi, ponilo

riescire velenosi. '

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1 fegati, ^>pratutto i fegati grassi (foies-g ra s), sono assai indigesti;

preferite quello di vitello: lo stesso dicasi degli arnioni, del cuore, de’ ten­

dini, del sangue e delle trippe.

I fagiani, le pernici, le beccacie, le anitre selvatiche e in generale tutta la selvaggina fornisce un alimento aromatico, nutritivo e stimolante.

II pollo, il tacchino, il piccione offre un ottimo alimento superiore d’ as­

sai alle carni dell’ anitra, e dell’ oca perchè troppo grasse, Il coniglio, se vecchio, è indigesto.

Dei pesci ed altri animali acquatici, ecc.

1 pesci delle acque correnti sono più leggieri di quelli delle acque sta­

gnanti : la oarne dei pesci è ricchissima d’ acqua contenendone 4/5 del loro peso; quanto più è ricca di grasso fosforato, tanto più riesce indi gesta.

In generale la carne dei pesci teneri è migliore e si digerisce più fa­

cilmente. I pesci a carne bianca, di consistenza media e di una mediocre proporzione di grasso, sono di più facile digestione; tali sono l’ orata, la troia di fiume, il pesce persico, Vasello, la lima, il rombo, la sogliola.

I pesci a carne solida, colorata, sapida, costituiscono un cibo eccellente mediante appropriati condimenti, ma non s’ adattano egualmente a tutti gli stomachi; fra essi s’ annoverano: lo storioney il salinone, la grossa trota, lo sgombero, il luccio, il tonno.

Le ostriche sono nutrienti; la loro acqua ne rende facile la digestione ; cotte o marinate sono più che indigeste: lo stesso dicasi del dattero di mare.

La testuggine, la lampreda, il carpo, l’ anguilla sono poco nutrienti e di difficile digestione. La cheppia, quantunque grassa, non affatica sover­

chiamente lo stomaco; l'aringa, sopratutto, se salata, è indigesta. Le rane offrono un cibo delicato e leggero; i gamberi d'acqua dolce e le lumache

lo sono meno. *

Delle uova.

L'albume mangiato crudo e freddo pesa sullo stomaco; frullato o cotto al latte si digerisce più facilmente; allo stato sodo, oltre essere poco nu­

triente, è di lunga e difficile digestione; il tuorlo è assai nutritivo e ricco di grasso; cotto al latte è meglio digeribile dell’ uovo sodo. Fritto o con­

dito con salse diverse è sempre un eccellentissimo cibo; l’ uso continuo delle uova di gallina, scrive il Mantegazza (1), rende più facili le gioie d’ amore, e fra tutti i cibi creduti afrodisiaci è uno di quelli che esercita un’ azione eccitante più sicura.

Le uova di pesce sono nutrienti ma pesanti; quelle del barbio e del luccio lo sono ancor più delle altre. Badasi che se cotte, riescono viscose e trasparenti, sono purgative e nocive.

Del latte e de’ suoi prodotti.

Il latte si digerisce facilmente, ma non conviene a tutte le costituzioni.

Le diverse qualità di formaggi che se ne cavano, danno un cibo eccellente, di facile digestione e nutritivo quanto la carne di manzo. Oli stracchini, fra cui quello noto sotto il nome di Gorgonzola, sono indigesti anzichenò.

Il burro è di facilissima digestione, e da preferirsi di gran lunga an­

che per le sue qualità nutritive, al grasso ed all* olio. .

(i) opera citata.

(28)

Funghi e tartufi.

Digestione lenta e ben poca materia nutritiva offrono i fungili. Le per­

sone delicate, i fanciulli, i convalescenti devono astenersene.

I funghi marinati o freschi sono più sani di quelli disseccati.

I tartufi, ch’ hanno fama d'essere un cibo afrodisiaco, sono anche più nutrienti, contenendo una quantità notevole di fecola.

Delle radici ed erbaggi.

Abbiamo già fatto cenno de* legumi a base fecolenta, ora diremo qualche parola di quelli che più propriamente chiamatisi radici ed erbaggi.

Tutti i prodotti di questa classe, solleticano poco la mucosa gastrica e attraversano prontamente il canale digerente e forniscono un residuo più abbondante e meno alterato. 11 loro uso indebolisce l’ energia delle funzioni

P

iuttostoché non le ecciti. Gli erbaggi mucilagginosi devono entrare nei- alimentazione de'soggetti sanguigni c nervosi, e degli abitanti d e'clim i caldi. Vantaggiosi nell’ età infantile lo sono menò nella vecchiaja e per gli abitanti delle regioni fredde e umide.

La lattuga, gli spinacci,la bietola, sono rinfrescanti, ma poco nutrienti;

— la cicoria, i cardi, la scorzonera sono alquanto più nutrienti: — l’ aspa- ragio, alimento dolcissimo, esercita un'azione che produce cattivo odore nelle orine, senz’ essere però nocivo agli organi orinarli.

L'acetosella, assai rinfrescati va, è dannosa alle persone travagliate da renella; lo stesso dicasi degli altri ortaggi aciduli; il pomo d’oro è rinfre­

scante ed acido; — il carciofo è dolce e non riscaldante; — la barbabietola,

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quantunque molto zuccherata, non è così nutriente come da taluni la si vorrebbe; la zucca, se compatta e farinacea, è discretamente nutriente; la rapa nutrisce poco, ma è nnfrescativa e di facile digestione; la caroto, è alquanto nutriente ma meno digeribile".

Il sedano eccita e riscalda; crudo è anche di difficile digestione.

La cipolla cruda è molto stimolante, ha un’ azione simile a quella del- V aglio e della senape, di risvegliare cioè gli organi intorpiditi.

Il porro, il cui bulbo è impregnato d’ un olio che sembra più acre e più volatile di quello che si contiene nell’ aglio, riesce un cibo non disprezza­

bile quando è cotto, perdendo nella bollitura il suo principio acre, h e verse o cavoli, le rape, le melanzane, i cavoli fiori del pari che le carote e dal più al meno tutti gli ortaggi, contengono un principio acre, ostico alla di­

gestione, che loro si toglie facendoli cuocere in molta acqua; le foglie delle verze sono piuttosto nocive; quelle tritate e marinate, sauer*-kraut, sono più indigeste.

11 crescione è tutt’ altro che rinfrescativo, contiene zolfo, ma si dige­

risce facilmente; i ravanelli e il rafano nero sono molto eccitanti. ( Quanto al crescione ed altri erbaggi, vedi avanti ove parlasi dei condimentiJ.

Le insalate possiedono le proprietà dolci o eccitanti delle sostanze che le compongono, ma crude sono sempre di laboriosa digestione.

Oltre l’ olio, le acciughe ecc., servono a condimento ed ornamento del­

l ’ insalata, la borraggine o bort'ana e la pimpinella. La borrana è una pian­

ticella a fiori ordinariamente celesti, le sue foglie tenere fornite di setole bianche.

P im p in e lla .

sono molto gradevoli, ma da noi se ne fa poco uso. Lo stesso dicasi della pimpinella, detta anche ^salvastrella eh’ è un’ erba saporita ed odorifera.

I citriuoli, i poponi, le angurie nutriscono poco, la loro indigestibilità venne esagerata; tuttavia non è cibo pei stomachi deboli.

(30)

Delle frutta.

, £»e frutta composti di mucilaggine, di gelatina vegetale, di zucc-aro, d’ acqua e d’ acidi vegetali, soggiornano poco nel tubo digestivo, sopratutto allo stato fresco. I frutti piacciono in generale a tutti gli stomachi, ma ai soggetti sanguigni convengono meglio 1 frutti aciduli; alle persone irrita­

bili, i mucilagginosi zuccherati; ai linfatici, i frutti alquanto acerbi o molto zuccherati; in generale le frutta non nuocono che per difetto di maturanza o per uno smodato abuso.

Ottimi fra tutti sono: V uva, le pesche, le p ere, le mele, le ciliege, le marasche ; non così le nespole e le susine,che sono, astringenti le prime, e lassative le seconde. Frigide sono le fragole; ma condite con sugo di li­

mone o con vino e zucchero, sono meno indigeste dei lamponi.

La eozione influisce molto sulle qualità de’ frutti, facendo perdere una parte della loro insalubrità ai frutti acerbi e rendendo gli altri più dige­

ribili e nutrienti.

Lo zucchero facilita la digestione de’ frutti crudi, segnatamente se vi si aggiungono aromi e vino.

I frutti oleosi come le noci, le mandorle, le nocciuole, sono nutrienti ma indigesti specialmente se vecchi.

II cacao con cui si fa il cioccolato è un alimento dolce, fortissimo e di non troppo facile digestione, oltreché riesce a taluno eccitante e riscaldante.

Dei condimenti.

L azione dei condimenti è indicata dall’ influenza che i principii aro­

matici esercitano sulla digestibilità e sulla potenza nutritiva degli ali­

menti dj cui fanno naturalmente parte; essi sono essenzialmente caratte­

rizzati dalla digestione; concorrono così allo scopo finale della nutrizione, provocando, nella misura necessaria le forze che devono agire sulla materia assimilabile, e soddisfando in pari tempo al bisogno fisiologico di stimola­

zione, che varia a seconda del clima.

Sonvi condimenti più o meno alimentari, quali il rafano,il burro ecc.;

I alimento, la bevanda, il condimento sono dunque gli ingredienti d’ una sostanza unica che corrisponde a’ molteplici bisogni della riparazione or­

ganica: 1 alimento ai materiali solidi del sangue, la bevanda alle* sue parti liquide, ì condimenti a tutto ciò che vi ha di dinamico nell’ atto della ch i­

mificazione.

Essi si dividono:

i' *à°An •«!*»*. fra’ quali tiene il primo posto il cloruro di souio, detto comunemente sai marino o sale da cucina.

Il sale usato nelle debite proporzioni eccita utilmente la digestione, ma abusandone, è causa di grande irritazione.

.. r*. aciùi fra i quali stanno principalmente Vacetocomune, gli acidi vegetali e minerali, il limone, Vagresto l’ acetosella.

L agresto e il limone sono tanto stimati pel loro aroma quanto per le

loro qualità acide. h f

'L'aceto puro irrita lo stomaco ; sciolto nell’ acqua offre una bibita rin- irescante; usato con parsimonia negli alimenti, facilita la digestione.

d. Condimenti n eri: tali sono la cipolla, YagUo,le cipolline,il porro, la senape, il rafano, la pastinaca, il crescione com une, il crescione di fontana, ì capperi.

(31)

Vaglio, la rocambole o aglio rosso, il porro,la cipolla,lo scalogno, le cipolline, posseggono un principio acre, irritante, volatile. Di bontà squi­

sita sono le cipolle, Taglio e lo scalogno di Spagna. Le cipolle di Bienate in Lombardia sono tenute in grande rinomanza. — Lo scalogno specie di cipolla ehe nasce a cespi si adopera come Taglio, ma è di sapore più gra­

devole. La rocambole è una specie d’ aglio, poco noto da noi, più dolce del- Taglio ordinario, e che i Francesi chiamano aglio rosso.

R a fa n o o C o c le a r ia * a r in o m e la . P a» ti n a c a .

La senape è un eccitante fortissimo, ma presa in piccole dosi ajuta la digestione.

Le radici del rafano volgarmente detto cren sono dotate di ódore pe­

netrantissimo e di sapore acre pungente, analogo a quello dei semi di se­

nape. Grattugiato e inforzato coll’ aceto si mangia per salsa che è poi il krein dei Tedeschi. I Polacchi usano (cuocerlo nel brodo, formandone un composto con rosso d’ uovo, farina e noce moscada. I medici attribuiscono

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