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Accaparramento delle terre: diritti umani e delle popolazioni indigene.

Geografia del land grabbing.

2.3 Accaparramento delle terre: diritti umani e delle popolazioni indigene.

L'accesso alla terra è fondamentale per qualsiasi essere umano, senza la terra sopravvivere sarebbe impossibile. La terra è la risorsa primaria è grazie ai suoi frutti che l'essere umano può nutrirsi, può avere un luogo in cui costruire la propria casa e sviluppare una vita sociale e culturale la quale sicuramente è segnata dal territorio in cui si sviluppa.

Avere accesso alla terra è una questione di giustizia, di dignità e nell'arco della storia umana non sempre questo diritto è stato universale e libero. In alcune zone del mondo la terra è stata caratterizzata dalla concentrazione della proprietà e dal monopolio che si sono avvicendate nell'arco del tempo, solo negli ultimi tempi si è giunti a una suddivisione più equa e tutelata giuridicamente.

Il diritto alla terra può essere considerato sia come diritto alla proprietà intesa anche come rappresentativa dell'identità delle popolazioni indigene e sia come diritto al cibo vale a dire come strumento necessario per la sua produzione.

Per quanto riguarda il diritto internazionale i riferimenti giuridici più importanti rispetto al diritto alla terra in particolare riguardo ai popoli indigeni sono rappresentati dalla Convenzione n° 169 sui popoli indigeni e tribali del 1989 adottata dall'Organizzazione Internazionale per il Lavoro e la Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni del 2007.

La convenzione ILO n° 169 è entrata in vigore il 5 settembre 1991 finora è stata ratificata solo da 22 stati77. Tale Convenzione non da una definizione precisa di popolo

indigeno ma nel primo articolo elenca dei criteri che prende in considerazione in riferimento alle persone che essa intende proteggere. In particolare, questi criteri sono le condizioni sociali, culturali, economiche, tradizioni o consuetudini proprie, leggi proprie, il senso di appartenenza e la continuità storica nell'appartenere a quei territori78.

Gli articoli due e tre della Convenzione stabiliscono che i popoli indigeni devono avere la piena garanzia dei diritti umani e delle libertà fondamentali senza discriminazioni e le disposizioni della convenzione devono essere rispettate sia per gli uomini che per le

77 Cfr. www.ilo.org, consultato in data 8/01/2018. 78 Ibidem.

donne alla stessa maniera79. La Convenzione riconosce le identità delle popolazioni

indigene con le loro caratteristiche uniche quali usanze sociali, culturali, religiose, le istituzioni e la loro organizzazione sociale mira alla tutela e alla protezione di esse. Inoltre, prevede anche l'adozione di misure speciali mirate alla salvaguardia delle persone, istituzioni, beni, lavoro, cultura e queste misure devono essere in sintonia con la volontà dei popoli interessati.

Per quanto riguarda il diritto alla terra esso è alla base degli articoli dal 13 al 19, essi fanno riferimento al diritto alla terra e alle risorse delle popolazioni indigene. Gli aspetti che vengono affrontati in questi articoli sono diversi80:

-viene tutelato il diritto dei i popoli indigeni a conservare il legame sociale, culturale e spirituale con la terra in cui vivono, i governi si dovrebbero quindi impegnare a rispettare tale diritto e tale legame ancestrale. Quindi l'identità storico-culturale di queste popolazione viene considerata profondamente legata ai territori in cui essi risiedono:

- diritto alla terra si realizza anche nel diritto delle popolazioni a usufruire delle risorse dei territori che hanno occupato o acquisito. Viene fatto riferimento anche alle popolazioni nomadi le quali hanno il diritto alla terra e a usufruire delle risorse dei territori che occupano anche se lo fanno in maniera itinerante;

- i governi si dovrebbero impegnare a usare delle misure adatte per l'identificazione delle terre interessate, occupate dai popoli indigeni e garantire e tutelare i loro diritti di proprietà e possesso;

- i popoli non possono essere trasferiti dalle terre che occupano, salvo alcune eccezioni ossia: ci deve essere il consenso della popolazione, qualora non sia possibile ottenerlo, il trasferimento o il reinsediamento non possono avvenire se non a seguito di procedure stabilite dalla legislazione in cui comunque i popoli abbiano la possibilità di essere rappresentati validamente

- i popoli hanno il diritto a ritornare alle proprie terre alla cessazione delle motivazioni alla base del loro allontanamento. Inoltre, hanno il diritto a un risarcimento per ogni perdita o danno subito in seguito al trasferimento o reinsediamento

- per quanto riguarda il settore agricolo le popolazioni indigene hanno il diritto a godere

79 Ibidem. 80 Ibidem.

delle stesse condizioni del resto della popolazione sia per quanto riguarda la concessione delle terre sia per la concessione dei mezzi necessari per lo sfruttamento di esse;

Inoltre, tra i diritti fondamentali espressi nella Convenzione vi è sancito anche il diritto alla partecipazione e alla consultazione dei popoli indigeni.

Infatti, l'articolo sei invita i governi a:

- consultare i popoli interessati attraverso delle procedure adeguate, in particolare attraverso le loro istituzioni legislative ogni volta in cui si prendano in considerazione misure legislative che possano riguardare le loro terre o le loro abitudini;

- impegnarsi ad istituire degli strumenti attraverso i quali la popolazione indigena possa partecipare liberamente alle decisioni a tutti i livelli nelle istituzioni elettive o organismi amministrativi responsabili dei programmi e delle politiche che gli riguardano;

- impegnarsi a istituire mezzi che consentano uno sviluppo totale delle istituzioni e delle iniziative di questi popoli e qualora necessario fornire le risorse essenziali a tal fine;

- le consultazioni devono avvenire in buona fede e in forma appropriata alle circostanze allo scopo di ottenere un accordo.

La Convezione ILO 169 sicuramente costituisce uno strumento molto importante per la tutela e la protezione dei popoli indigeni ma essa non riguarda sono le nazioni dove sono presenti queste popolazioni ma è importante che a ratificarla siano anche tutti gli altri paesi. Su 173 stati che fanno parte della Convenzione ILO solo in 22 l'hanno firmata, molti stati occidentali tra cui Italia e Germania hanno dichiarato che la Convenzione non li riguarda poiché nei loro territori non vivono delle popolazioni indigene. In realtà se consideriamo i progetti di cooperazione e di sviluppo che gli stati europei e occidentali svolgono nei paesi in cui vi sono dette popolazioni, sicuramente essi hanno una notevole influenza sulla loro esistenza. Anche il Parlamento Europeo ha invitato gli stati membri a ratificarla, infatti nella relazione annuale sui diritti umani del mondo per il 2007 e sulla politica dell'Unione Europea in materia il Parlamento Europeo invita tutti gli stati a ratificarla con massima urgenza81.

Oltre alla dichiarazione ILO 169 un altro documento internazionale molto importante a

81 Consiglio dell'Unione Europea, Relazione annuale dell'Ue sui diritti umani per il 2007, in

riguardo è la Dichiarazione delle Nazioni Unite sui Diritti dei Popoli Indigeni, questa dichiarazione è stata adottata il 29 giugno 2006 dopo vent'anni di trattative. Questo documento dichiara che le popolazioni indigene devono essere protette e tutelate a partire dalle loro istituzioni, culture, tradizioni e viene sancito il diritto a decidere e seguire la forma di sviluppo culturale che per loro è più congeniale82.

Secondo la Dichiarazione le popolazioni godono a pieno di tutti i diritti umani in base alla Dichiarazione Universale de Diritti Umani dell'ONU e in base alla legislazione internazionale sui diritti umani. Viene riconosciuta, tutelata e protetta l'identità culturale di queste popolazioni, e sancito il diritto all'autodeterminazione, alla partecipazione politica, economica sociale e culturale. La dichiarazione riconosce il diritto alla terra all'accesso alle varie risorse che da essa ne derivano e sostiene che debbano essere tutelati e risarciti equamente qualora vengano privati dei propri territori e risorse83.

Benché la Dichiarazione ONU non abbia forza di legge rappresenta comunque un valore importante per il carattere consuetudinario che contiene e rispecchia la volontà degli stati che la ratificano84. Quindi se adottata può essere considerata un mezzo

efficace per la tutela dei diritti di tutte le popolazioni indigene del mondo.

Il fenomeno del land grabbing è difficilmente conciliabile con il rispetto del diritto al libero accesso alla terra da parte delle popolazioni locali. Il fatto che gli stati spesso non siano in grado di gestire il proprio territorio sicuramente influisce negativamente anche sulla popolazione locale, la quale viene privata totalmente o in parte del diritto ad avere accesso alla propria terra e alle risorse che ne derivano. In seguito agli investimenti su larga scala spesso accade che le comunità rurali siano costrette ad abbandonare i campi che coltivano vedendosi cosi negato il loro diritto alla terra e in particolare alle sue risorse. In molti paesi in via di sviluppo in particolare quelli che fanno parte dell’Africa subsahariana i diritti della comunità locali non vengono tutelati. In molti paesi africani ma anche asiatici il possesso dei terreni non è accompagnato da un titolo giuridico per cui il diritto al possesso sulla terra usata per il proprio sostentamento viene a mancare e né tanto meno è garantito nessun diritto a ottenere un compenso nel caso in cui la popolazione che occupa quel determinato territorio venga allontanata. Inoltre, spesso accade che le terre vengono cedute senza prima fare delle accurate valutazioni

82 Centro Regionale di Informazione delle Nazioni Unite, Dichiarazione sui Diritti dei Popoli Indigeni, in https://www.unric.org,, consultato in data 14/01/2018.

83 Ibidem. 84 Ibidem.

sull'impatto ambientale e sociale che ne potrebbe scaturire in seguito alla realizzazione dei progetti per i quali queste sono destinate e né tanto meno vengono consultati i popoli interessati che vi sono stanziati.

Molto spesso la terra che viene utilizzata per questi investimenti viene considerata non produttiva, marginale e inutilizzata e quindi questo fatto legittimerebbe il fenomeno del

land grabbing.

La tendenza a considerare inutilizzata una terra si rivela errata, poiché in realtà quelle terre o appartengono alle piccole comunità rurali che però non vantano nessun diritto di proprietà di esse o sono foreste, savane che rappresentano un valore ambientale inestimabile.

In Indonesia ben 27 milioni di ettari di foresta sono stati considerati improduttivi dal governo di Giacarta e queste terre considerate improduttive sono state destinate alla coltivazione di piantagioni di palma da olio85. Il Mozambico dichiarava di avere milioni

di ettari di terra non utilizzati pronti per essere destinati a nuovi investimenti e così accade anche in altre regioni africane come la Tanzania e l’Etiopia che propongono le proprie terre “inutilizzate” a possibili investitori internazionali, stessa cosa fanno paesi asiatici come ad esempio il Pakistan e le Filippine86.

Eppure, simili proposte non rispecchiano la realtà se ad esempio si considera il fatto che tra il 1960 e il 2000 la popolazione agricola africana è triplicata riducendo il rapporto tra superficie disponibile e popolazione. Secondo le Nazioni Unite nel 2050 gli abitanti del Corno d'Africa passeranno da 80 milioni a 100 milioni e cosi aumenterà la popolazione delle diverse regioni africane e la terra improduttiva seguiterà a diminuire. Ma i governi che invece hanno come priorità quella di attrarre capitali tendono a classificare la terra attraverso dei criteri non sempre chiari87. Le terre anche se definite abbandonate in

realtà non lo sono quasi mai realmente o perché appartengono alla comunità rurale del posto o perché sono riserve naturali comunque importanti per l'intero ecosistema mondiale. Le comunità rurali traggono da queste terre definite improduttive la loro fonte principale di sostentamento, anche se lo fanno attraverso forme di agricoltura o pastorizia arretrate questo non toglie il fatto che quelle terre siano per loro fonte di lavoro e di vita.

85 F. Roiatti, op.cit., p. 102. 86 Ibidem.

Le popolazioni vengono espropriate dalle proprie terre senza un consenso libero e informato. Infatti, accade spesso che le popolazioni vengano a sapere degli accordi quando ormai è troppo tardi e si trovano davanti a cose già fatte88. Quindi oltre al diritto

alla proprietà della terra, viene a mancare il diritto alla partecipazione e a un processo amministrativo, democratico e trasparente nel rispetto del principio dell'autodeterminazione dei popoli così come è espresso all'articolo uno paragrafo due del Patto delle Nazioni Unite sui Diritti Economici, Sociali e Culturali. Infatti, l'articolo dice89 :

- tutti i popoli hanno il diritto all'autodeterminazione. In virtù di questo diritto essi decidono liberamente del loro statuto politico e perseguono liberamente il loro sviluppo economico, sociale e culturale;

- per raggiungere i loro fini tutti i popoli possono disporre liberamente delle proprie ricchezze e delle proprie risorse naturali, senza pregiudizio degli obblighi derivanti dalla cooperazione economica internazionale, fondata sul principio del mutuo interesse, e dal diritto internazionale. In nessun caso il popolo può essere privato dei propri mezzi di sussistenza;

- gli stati firmatari del patto devono promuovere il diritto all'autodeterminazione dei popoli e rispettare tale diritto.

Direttamente collegato al diritto alla terra è il diritto al cibo, infatti qualora venga negato a queste popolazioni l'accesso alla terra la sicurezza alimentare di queste regioni viene messa a rischio.

La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani delle Organizzazioni Unite del 1948 all'articolo 25 dice: che ogni essere umano ha il diritto ad avere un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all'alimentazione, al vestiario, all'abitazione e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari ; ha il diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia, o in altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà90. Oltre alla Dichiarazione dei Diritti Umani

88 A. Viviani, Land grabbing e diritti umani, in Diritti umani e diritto internazionale, gennaio-aprile 2016, fascicolo 1, p. 6.

89 Organizzazione delle Nazioni Unite, Patto internazionale sui diritti economici e culturali, in

http://unipd-centrodirittiumani.it, consultato in data 15/01/2018.

90 Organizzazione delle Nazioni Unite, Dichiarazione Universale dei diritti umani 1948, in

ONU del 1948, vi sono altri documenti a carattere internazionale che sanciscono il diritto al cibo come ad esempio il Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali, e Culturali e la Convenzione sui diritti dell'Infanzia.

Quando avvengono gli investimenti con l'acquisizione delle terre su larga scala le popolazioni locali che vengono costrette ad abbandonare le proprie terre non possono più sfruttarle per poterne produrre il cibo necessario al loro sostentamento. Infatti, nella maggior parte dei casi i frutti della produzione di queste terre non sono diretti alla popolazione locale ma bensì i prodotti sono destinati all'esportazione o alla produzione di biocarburanti. Il fatto di non avere libero acceso alle terre ovviamente preclude anche l'accesso all'acqua, infatti non viene ceduta solamente la terra ma anche le risorse idriche in essa comprese. La popolazione locale così non solo deve fare i conti con la negazione del diritto alla terra e alle sue risorse, ma gli viene negato anche il diritto al cibo e all'acqua. Secondo i documenti di natura internazionale menzionati precedentemente gli stati quindi dovrebbero impegnarsi a non porre in essere dei comportamenti che metterebbero a rischio l'accessibilità al cibo sia dal punto di vista economico che materiale ovvero le popolazioni devono godere delle quantità necessarie di cibo per avere un tenore di vita dignitoso.

Qualora uno stato adotti dei comportamenti tali da mettere a rischio l'accessibilità al cibo, allora commetterebbe una violazione degli obblighi presenti nelle norme internazionali.

Alcuni studi su delle regioni africane in particolare in Ruanda e Etiopia dimostrano il fatto che questa possibilità non è solo teorica ma è alquanto realistica. Infatti, in Ruanda ad esempio la cessione di 3000 ettari a una compagnia indiana per la produzione dello zucchero di canna ha provocato l'allontanamento della popolazione che in quei terreni vi era stanziata e che coltivava e sfruttava per il proprio fabbisogno alimentare. In seguito a queste cessioni la popolazione si trovava impossibilitata a provvedere al proprio sostentamento91.

Lo stato non solo deve impegnarsi e non adottare comportamenti che possano influire negativamente all'accesso al cibo ma esso si deve comportare in maniere diligente nell’adottare delle politiche agricole che tutelino e agevolino le popolazioni ad avere libero accesso al cibo. Difatti lo stato è obbligato a armarsi di meccanismi agricoli e di

monitoraggio al fine di verificare quali siano gli effetti e le implicazioni delle proprie politiche agricole comprese anche le cessioni dei terreni. Lo stato deve verificare quali siano i possibili impatti sia sociali che ambientali nel caso in cui avvengano le cessioni di terra su larga scala valutando quindi i progetti che ne potrebbero scaturire da tali investimenti. Quindi sotto questo punto di visti lo stato deve impegnarsi a sorvegliare sull'operato dei privati e degli investitori assicurandosi che questi non violino i diritti umani, e in caso contrario deve occuparsi di sanzionarli appropriatamente92.

Gli investimenti stranieri possono quindi diventare un pericolo per la sicurezza alimentare dei paesi poveri e invece di contribuire all'eliminazione della povertà agiscono in senso contrario andando a ledere i rapporti sociali e culturali all'interno delle comunità rurali. Interi villaggi vengono espropriati e i contadini e gli allevatori sono costretti ad abbandonare i propri campi e non possono certamente competere con l'agricoltura industriale delle imprese straniere.

Le implicazioni delle cessioni di terra su larga scala provocano effetti a livello globale, infatti i prezzi dei generi alimentari sono influenzati dalle colture destinate all'esportazione sia che abbiano una destinazione alimentare sia che siano destinati al mercato dei biocarburanti. I costi delle derrate alimentari producono delle conseguenze sui valori finali causando l'aumento dei prezzi e quindi una minore capacità d'acquisto per tutti i consumatori del mondo, anche se chi ne subirà le conseguenze più gravi sono ovviamente i più poveri. Nella fase più acuta della crisi alimentare del 2007/2008 la quota di reddito destinata all'uso alimentare nei paesi sviluppati aumentò del 15-20% mentre per i paesi più poveri questo valore arrivò a raggiungere il 90%93.

Il land grabbing ha un impatto non indifferente anche sull'ambiente. Gli investimenti sulla terra provocano gravi danni agli ecosistemi e alle biodiversità ad esempio in molti paesi africani e asiatici le coltivazioni intensive di zucchero, palma da olio, gomma ed estrazioni di minerali vengono praticate anche in zone protette e ricche di biodiversità.

92 Ibidem.

93 M.G. Lucia, P. Lazzaini, La terra che calpesto: per una nuova alleanza con la nostra sfera