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Land grabbing in Africa Subsahariana.

3.6 Water grabbing in Africa.

Le acquisizioni di terra su larga scala in Africa non comportano solo l’accesso alle terre da parte degli investitori, ma incluso negli investimenti c’è anche l’accesso alle risorse idriche di quelle terre. Infatti, l’utilizzo dell’acqua necessaria in agricoltura prevede implicitamente la possibilità di deviare fiumi, costruire dighe e creare bacini. L’accesso alle risorse idriche spesso è incluso nei contratti gratuitamente e senza alcuna restrizione, il valore dell’acqua è altissimo anche rispetto al valore della terra stessa. Le acquisizioni di terra in Africa sono legate all’agricoltura industriale che consuma enormi quantità di acqua. Quasi tutti gli appezzamenti si trovano vicino a bacini fluviali con accesso all’irrigazione. Le terre oggetto dei contratti sono terre fertili, oppure si trovano

84 Ibidem.

85 Fao, Country Programming Framework for Sudan. Plan of Action (2015-2019) Resilent Livelihoods

in zone aride ma dalle quali comunque è possibile attingere alle risorse idriche dai fiumi principali86. In alcuni casi le grandi aziende agricole, le quali necessitano di enormi

quantità di acqua, accedono direttamente alle risorse idriche sotterranee in maniera forzata. Sicuramente questo tipo di strategia, visto le enormi quantità di acqua necessarie, causa l’impoverimento dei fiumi.

Così, come accade quando si tratta delle terre, anche le risorse idriche africane vengono considerate sottoutilizzate e pronte per essere sfruttate dai grandi investitori, i quali le sfruttano per il loro grandi progetti agricoli orientati perlopiù all’esportazione87. Ma la

realtà è diversa, infatti un terzo degli africani vive già in carenza idrica e inoltre il cambiamento climatico è destinato a far aumentare questi numeri. Quindi la concessione delle terre, non viola solo il diritto all’accesso delle terre da parte delle popolazioni locali, ma mette seriamente a rischio milioni di persone impedendone l’accesso all’acqua. Inoltre, lo sfruttamento sfrenato delle risorse idriche rischia di causare l’esaurimento delle fonti d’acqua dolce più importanti del continente88.

Le zone africane che hanno catturato maggiore interesse da parte degli investitori sono quelle servite dal fiume Nilo. IL Nilo infatti è il fiume più lungo dell’Africa e ha un valore fondamentale soprattutto per Egitto, Etiopia, Sud Sudan, Sudan e Uganda. Il Nilo inoltre è anche fonte di tensioni geopolitiche aggravate dai numerosi progetti di irrigazione nella regione.

La Gran Bretagna nel 1959 negoziò un accordo coloniale che divideva i diritti d’acqua tra il Sudan e l’Egitto. L’Egitto ebbe dei vantaggi superiori rispetto al Sudan, infatti allo stato egiziano furono assegnati tre quarti della portata annua del fiume, mentre al Sudan fu assegnato il restante quarto. Gli atri stati invece ne furono esclusi totalmente.

Sia nel Sudan che in Egitto furono costruiti dei massicci sistemi di irrigazione mirati alle coltivazioni di cotone destinata all’esportazione in Regno Unito. Nel 1960 l’Egitto costruì la diga di Assuan sul Nilo per la regolazione del flusso del fiume e aumentare le opportunità per l’irrigazione. La diga però oltre a raggiungere questi obiettivi fermò anche il flusso di nutrienti e minerali che rendevano fertili le terre della valle dell’Egitto. In Sudan, gli stati del Golfo hanno contribuito all’incremento delle infrastrutture per l’irrigazione lungo il Nilo tra il 1960 e il 1970 nel tentativo di far

86 M. Di Salvo, op. cit. pp. 101-110 87 Ibidem.

diventare il Sudan il granaio del mondo arabo89. Questo progetto fallì, ma metà delle

infrastrutture per l’irrigazione in Sudan è stata abbandonata o sottoutilizzata.

Sia il Sudan che l’Egitto producono gran parte del cibo da agricoltura irrigata ma entrambi devono fare i conti con il degrado del suolo, inquinamento causato dai sistemi di irrigazione la gestione dell’acqua e la salinizzazione progressiva. Il Nilo infatti è ora invaso nel suo delta dall’acqua del mare la quale danneggia la produzione agricola. Il bacino del Nilo è nuovamente l’obiettivo di una nuova ondata di progetti in agricoltura. Etiopia, Sud Sudan e Sudan hanno già messo in affitto milioni ettari nel bacino e altri ancora ne stanno offrendo. Ovviamente perché vengano sfruttati questi terreni occorre che essi siano irrigati ma il problema che si pone ovviamente è se vi sia abbastanza acqua per poterlo fare. Chi vende e chi acquisisce queste terre dà per scontato che le risorse idriche siano sufficienti. In Etiopia aziende indiane e saudite stanno costruendo grossi canali di irrigazione che aumenteranno significativamente la capacità di prelievo di acqua dal Nilo da parte dell’Etiopia. Se tutto il territorio che l’Etiopia ha ceduto venisse sfruttato e portato in produzione praticamente si consumerebbero risorse idriche e minerali pari a nove volte il consumo annuale90.

Anche in Sudan e Sud Sudan sono stati ceduti milioni di ettari, certamente è da vedere quanto di questo terreno venga e verrà effettivamente irrigato, tuttavia è difficile che il Nilo sia in grado di sopportare questo sfruttamento. Secondo i dati della Fao le offerte delle terre sono decisamente superiori rispetto alla disponibilità di acqua nel bacino del Nilo91.

Per la maggior parte degli africani la disponibilità dell’acqua varia a seconda delle stagioni, gran parte dell’acqua del Nilo che ha origine nell’altopiano etiope piove dal cielo e corre nel fiume tra giugno e agosto. In base a questa stagionalità, le comunità rurali hanno organizzato il loro allevamento e i sistemi pastorali per sfruttare al meglio la disponibilità dell’acqua. I grandi investitori invece non si curano di questa stagionalità e vogliono l’acqua tutto l’anno. Per raggiungere quest’obiettivo e per aumentare la produzione hanno costruito, e continuano a farlo, diverse dighe e canali privilegiando colture che necessitano di grosse quantità d’acqua come la canna da zucchero e il riso. Alla luce di queste informazioni è facile intuire che questo tipo di sistema agricolo farà consumare molto più di quanto le potenzialità e le medie della Fao

89 Ibidem. 90 Ibidem. 91 Ibidem.

suggeriscono.

Oltre ai paesi africani del bacino del Nilo anche le regioni lungo il fiume Niger sono obiettivo degli investitori. In Niger è il fiume più grande dell’Africa Occidentale, inoltre è il terzo più lungo di tutta l’Africa dopo il Nilo e il Congo. Per milioni di persone questo fiume è fonte di sussistenza grazie all’agricoltura, la pesca, il commercio e come fonte primaria di acqua. Principalmente i paesi che dipendono maggiormente da questo fiume sono Nigeria, Niger e Mali. Il volume del Niger si è ridotto di un terzo nel corso degli ultimi trent’anni, e secondo una parte di esperti il fiume potrebbe perdere un altro terzo del suo flusso a causa dei cambiamenti climatici. Inoltre, i sistemi di irrigazione, la costruzione di dighe e canali hanno contribuito allo sfruttamento, all’inquinamento e all’impoverimento del fiume.

In Mali la principale zona agricola del paese si trova nel delta del Niger, sicuramente è una delle zone più importanti del paese. Proprio in questa si trova l’Office du Niger (l’ente che dispone delle terre nell’area del fiume) da cui partono molti dei progetti di

land grabbing del paese. Inoltre, l’Office du Niger presiede l’irrigazione di oltre 70.000

ettari di terra i quali sono destinati soprattutto per la produzione del riso. Si tratta del più grande sistema di irrigazione in Africa Occidentale e sfrutta una parte significativa di tutta l’acqua del Niger in particolare durante la stagione secca. Secondo gli esperti il Mali dispone della quantità d’acqua per l’irrigazione di 250.000 ettari di terra. Ma il governo del Mali, negli ultimi anni ha ceduto in locazione migliaia di ettari a società straniere della Libia, Cina, Arabia Saudita e altri paesi ancora. Inoltre, nel 2009 aveva dichiarato che avrebbe aumentato ulteriormente la superficie ammissibile di terre irrigate fino a d’arrivare all’enorme cifra di due milioni di ettari.

Capitolo 4

Il fenomeno dell’accaparramento delle terre nello