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4. Accessibilità: dall’Universal Design al parco giochi accessibile

4.1 Per un’accessibilità negli ambienti di vita

4.1.3 L’accessibilità del prodotto

Ogni individuo, dal momento in cui si avvicina a un oggetto, stabilisce con esso un processo di comunicazione: è l’oggetto stesso a comunicarci cos’è, come si utilizza e a cosa serve. Tuttavia, come afferma Sicklinger (2010: 228) l’individuo e l’artefatto sono dotati di due linguaggi differenti. Per questo motivo diventa importante il concetto di interfaccia poiché è il punto di collegamento e di contatto tra le due entità in gioco. Con il termine “interfaccia” si intende lo spazio dedicato all’interazione e alla comunicazione tra l’individuo e l’artefatto, è il caso del desktop di un computer, del pannello di comandi di un elettrodomestico o di un telecomando (Sicklinger 2010: 224). L’interfaccia può essere un sistema meccanico oppure digitale, formato da simboli e segni che, se attivato, produce un’azione in grado trasformare un atto umano in un’istruzione per la macchina o l’oggetto (Sicklinger 2010: 224). L’interfaccia ha principalmente due compiti: quello di far capire la funzione di quel determinato oggetto e quello di suggerirne la modalità di utilizzo. Inoltre, è interessante notare come più un’interfaccia è efficace nello svolgere il suo compito, e meno è percepibile, per questo motivo si parla di trasparenza di uso. Con una buona interfaccia l’oggetto può rendere agevole la comunicazione tra le due parti (Sicklinger 2010: 225). In questo senso, il modo in cui sono disposti gli elementi in un’interfaccia può renderla decisamente più agevole nonché intuitiva (Sicklinger 2010:226). È quindi opportuno che il progettista tenga in considerazione l’aspetto comunicativo di ogni oggetto in quanto parte integrante del suo stesso design (Sicklinger 2010: 229). Gli elementi e i principi che garantiscono una buona interazione tra il prodotto e l’utente sono: la visibilità, l’affordance, il feedback e i vincoli d’uso. La visibilità riguarda il rendere evidenti sull’oggetto le informazioni sul suo funzionamento, sui suoi meccanismi di comando e di regolazione e, nel caso di un ambiente, le informazioni

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riguardo alla direzione del percorso e alla sua articolazione. La visibilità deve essere in grado di far capire all’individuo come si deve utilizzare quell’oggetto fin dal primo sguardo (Sicklinger 2010: 230). Al giorno d’oggi si riscontrano dei problemi in materia di visibilità poiché, come afferma Sicklinger (2010: 231), è in atto una tendenza che spinge verso una maggiore estetizzazione dei prodotti, che porta a nascondere anche quegli elementi che forniscono informazioni importanti sull’oggetto, come nel caso delle manopole, che vengono sostituite da pulsanti piatti, o delle maniglie, che vengono nascoste il più possibile poiché si ritiene rovinino l’aspetto estetico e il design del prodotto. Secondo questa logica vengono ideati e realizzati oggetti ritenuti esteticamente “belli” anche se tuttavia non sono funzionali e non sono vicini all’utilizzo che ne deve fare l’utente. Occorre qui precisare che la visibilità non riguarda strettamente ciò che è visibile ma, più in generale, tutto ciò che offre indizi percepibili dai sensi quando avviene un primo contatto con il prodotto da parte dell’utente, siano essi segnali visivi, uditivi o tattili. Un esempio è offerto dalla tastiera con pulsanti in rilievo che, per un utente con un deficit visivo, fornisce indizi chiari, “visibili” e ben distinguibili rispetto a un prodotto dotato di touch screen (Sicklinger 2010:231). Il concetto di affordance è stato espresso da Gibson, il quale lo definiva come il ventaglio di attività che un essere vivente, umano o animale, può esercitare nei confronti di un oggetto del mondo: ad esempio, nel caso dell’oggetto sedia, una persona adulta può utilizzarla per sedersi, salirci sopra, anche lanciarla, ma ciò non è possibile per un neonato o un animale. Inoltre, deve essere l’aspetto fisico di un oggetto a suggerire al possibile utente una potenzialità di azione, costituita appunto dall’affordance. Non si tratta di proprietà fisse quanto piuttosto di relazioni tra l’oggetto e l’utente. Inoltre, è importante che, per qualsiasi oggetto, l’affordance non solo sia presente, ma che sia anche efficace, percepibile nonché visibile (Sicklinger 2010: 232). Invece il feedback, o informazione di ritorno, è quel segnale che indica se l’azione compiuta è stata svolta in modo corretto o sbagliato. Il feedback è considerato un elemento fondamentale affinché l’individuo riesca a crearsi un modello concettuale sul funzionamento dell’oggetto o sull’azione in corso (Sicklinger 2010: 235). In ultimo, con l’espressione “vincoli d’uso” ci si riferisce a quei vincoli che limitano la possibilità di azione di un determinato oggetto: sono importanti poiché riducono le possibilità di errore da parte dell’individuo (Sicklinger 2010: 237). È quindi importante, durante le fasi di progettazione, tenere in considerazione i modelli mentali che regolano le azioni dell’utente in modo tale da ridurre e prevenire il più possibile gli errori che potrà commettere (Sicklinger 2010: 238).

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Nel processo di interazione tra individuo e oggetto altri due concetti possono garantirne una reale qualità, ovvero l’usabilità e l’accessibilità. Una definizione di usabilità è data dall’International Standard Organization (ISO) ed è intesa come la «condizione con la quale un prodotto può essere utilizzato da specifici utilizzatori per raggiungere specifici obiettivi con efficacia, efficienza e soddisfazione in uno specifico contesto d’uso» (Sicklinger 2010: 239). L’usabilità quindi esprime la capacità di quel determinato oggetto di essere utilizzato in modo semplice, nonché la sua idoneità ad essere usato per lo scopo per cui è stato realizzato. Non solo, indica con quanta efficienza lo si possa usare, quanto è alta la probabilità di commettere errori durante l’utilizzo e quanto sia piacevole da sfruttare. L’usabilità è diventata una norma da tenere in considerazione durante la progettazione di un prodotto. L’ISO ha individuato inoltre tre parametri per valutare le condizioni di usabilità di un prodotto ovvero l’efficacia, l’efficienza e la soddisfazione (Sicklinger 2010: 239). Con il primo viene indicata l’accuratezza con cui è possibile portare a termine il compito stabilito per quel determinato prodotto. L’efficienza invece riguarda la possibilità di concludere un compito in maniera completa, accurata e con il minor dispendio di costi, intesi sia in termini di tempo e di denaro, che di carico mentale necessario per concludere quella determinata attività. La soddisfazione indica se è stato possibile ricavarne una piacevolezza d’uso e se l’individuo ha tratto un benessere psicofisico durante l’utilizzo del prodotto, connotando quindi una dimensione più soggettiva dell’usabilità. Quest’ultimo elemento viene da più parti considerato l’elemento fondamentale per determinare il successo dei prodotti (Sicklinger 2010: 240). Come affermato dall’OMS la disabilità è la conseguenza della relazione che intercorre tra l’individuo e l’ambiente, per cui questa relazione può portare sia benessere e soddisfazione che disagio ed esclusione. Secondo questa logica si potrebbe asserire che la causa della disabilità può essere imputata a un basso livello di usabilità. È in questa prospettiva che il criterio dell’usabilità diventa fondamentale nella progettazione di qualsiasi artefatto umano (Sicklinger 2010: 241).

L’accessibilità di un prodotto significa che esso deve essere disponibile a tutti e in questo senso, l’accessibilità può essere considerata un’estensione del concetto di “usabilità”, per cui è possibile parlare di “usabilità universale”: è il caso in cui le caratteristiche specifiche di un progetto tengono in considerazione le esigenze di tutti gli utenti. Il discorso relativo all’accessibilità inevitabilmente si collega all’ambito della disabilità poiché qui le diverse esigenze emergono in maniera più evidente. Anche il criterio dell’accessibilità è diventato parte integrante della progettazione di ambienti e di edifici pubblici e privati, nonché di

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prodotti ad uso comune (Sicklinger 2010: 241). È interessante notare come la pratica di garantire l’accessibilità non si è limitata solamente ai beni materiali ma anche a quelli immateriali, come nel caso della progettazione di siti web, in cui un’interfaccia poco adeguata può creare difficoltà non solo nell’utente con disabilità ma anche in quello privo di deficit, viceversa un sito ben progettato secondo i criteri dell’accessibilità è in grado rimuovere gli ostacoli e superare la disabilità. Per ottenere usabilità e accessibilità è dunque necessario tenere conto delle variabili coinvolte nel processo ovvero l’essere umano, l’oggetto e l’ambiente (Sicklinger 2010: 242).