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3. La natura e il gioco in Fröbel, Montessori e Munari

3.2 Maria Montessori e la natura nell’educazione

3.2.1 La formazione di Maria Montessori

Maria Montessori nacque a Chiaravalle, in provincia di Ancona nel 1870, unica figlia di Alessandro Montessori, impiegato presso il Ministero delle Finanze direttore della fabbrica di tabacco della Manifattura Tabacchi di Chiaravalle, e di Renilde Stoppani, donna istruita e colta, proveniente da una famiglia benestante di proprietari terrieri (Gutek e Gutek 2016: 29). Nel 1875 la famiglia di trasferì a Roma dove Maria Montessori iniziò il suo percorso di studi prendendo poi la decisione di iscriversi alla Regia Scuola Tecnica Michelangelo Buonarroti nel 1883. Decisione non ben accettata, né in famiglia, a causa dell’iniziale opposizione di suo padre, né nella società, poiché contraria a ciò che veniva

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suggerito in quell’epoca, in materia di istruzione, per le giovani ragazze di famiglia benestante, le quali solitamente si limitavano a finire gli studi presso le scuole gestite da ordini religiosi di suore cattoliche o scuole che formavano maestre di scuola elementare (Gutek e Gutek 2016: 30). Durante i sette anni di frequenza alla scuola tecnica, accanto allo studio di matematica, geometria, chimica e fisica, Montessori accompagnò la sua educazione con corsi di letteratura italiana, storia, geografia e lingua francese. Successivamente all’età di vent’anni prese la decisione di diventare dottoressa e si iscrisse alla facoltà di Medicina dell’Università di Roma dove, tuttavia, venne inizialmente rifiutata. Montessori allora si applicò allo studio della matematica, della fisica e delle scienze naturali presso l’Università di Roma e, due anni dopo, ottenne il Diploma di licenza che le permise di essere ammessa alla facoltà di Medicina in quanto accademicamente qualificata (Gutek e Gutek 2016: 31). Durante gli ultimi due anni di medicina Maria Montessori studiò pediatria e nel 1896 le venne conferita la laurea in medicina. Successivamente concentrò la sua ricerca in psicologia, indagando come i bambini sviluppano i loro processi mentali e ragionamenti e cercando di capire quali fattori ambientali possono promuovere o ritardare il loro apprendimento. Grazie alla sua ricerca sui disturbi mentali nei bambini, Montessori divenne assistente del dottor Clodomiro Bonfigli alla Clinica Psichiatrica dell’Università di Roma nel 1897 e, lavorando presso un ospedale psichiatrico di Roma, ebbe modo di entrare in contatto con i numerosi bambini qui ricoverati. L’operato di Montessori riguardò sia la diagnosi dei problemi di questi bambini sia la formulazione di una terapia che combinasse insieme la medicina con la psicologia e la pedagogia (Gutek e Gutek 2016: 32). Nel settembre del 1898 Montessori prese parte e intervenne al Congresso Pedagogico di Torino con un discorso incentrato sull’educazione dei bambini con disabilità cognitive. Sostenne la necessità di collocare questi bambini in apposite scuole in cui il trattamento medico e psicologico fosse accompagnato da un’educazione che mirasse alla scoperta delle abilità di ciascuno. I maestri e le maestre avrebbero dovuto collaborare con medici e psichiatri allo scopo di riuscire ad arrivare a una diagnosi più specifica e dettagliata del problema di ciascun bambino, nonché sviluppare un percorso educativo individualizzato il cui fine era quello di incontrare e soddisfare i bisogni del bambino. Per fare questo istruì i suoi insegnanti sul valore di questa collaborazione, non solo preparandoli a svolgere il loro ruolo educativo ma anche allenandoli ad acquisire un occhio clinico, invitandoli perciò ad annotare alcune caratteristiche del bambino, tra cui il peso, la dieta che seguiva, a che età ha iniziato a parlare e camminare e quali esercizi fisici era in grado di svolgere, in

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modo da avere una sorta di “cartella clinica” biografica, da condividere con l’équipe e con i genitori (Gutek e Gutek 2016: 46,47). Affinché questa osservazione clinica porti a dei risultati validi per quanto riguarda lo sviluppo e l’evoluzione del comportamento del bambino, Montessori ribadì l’importanza di liberare il bambino da qualsiasi vincolo o limite imposto dagli adulti, credendo fortemente nell’influenza dell’ambiente educativo. Difatti, secondo il suo pensiero, è compito dell’educatore fornire le corrette condizioni ambientali affinché sia possibile il libero sviluppo della vita. In questo contesto educativo veniva data libertà di movimento in quanto manifestazione di libertà interiore (Gutek e Gutek 2016: 47). Nel 1900 venne aperta la Scuola Magistrale Ortofrenica e Montessori venne chiamata alla direzione della scuola insieme a Giuseppe Ferruccio Montesano, dove si occupò del percorso di educazione di bambini con disabilità intellettiva (Gutek e Gutek 2016: 33). Interessandosi all’insegnamento dei bambini con bisogni speciali, Montessori venne a conoscenza dei metodi di insegnamento di Séguin e Itard, i quali avevano lavorato con bambini con disabilità e deficit cognitivi. Montessori credeva fermamente che la medicina dovesse unirsi alla pedagogia nell’educazione di questi bambini, tanto da farne una questione prevalentemente pedagogica anziché medica (Montessori 2018: 31). Cercò quindi di elaborare un approccio multidisciplinare al trattamento delle malattie mentali e disabilità cognitive dei bambini, integrando elementi di psicologia, pedagogia, antropologia, fisiologia e neurologia (Gutek e Gutek 2016: 42). In questa scuola era presente una classe composta da bambini considerati ineducabili nelle scuole elementari: qui Montessori si dedicò alla preparazione dei futuri maestri di questi bambini e divenne lei stessa maestra, insegnando e dedicandosi alla loro istruzione (Montessori 2018: 30, 31). Attraverso il suo metodo di insegnamento alcuni bambini riuscirono a imparare a leggere e scrivere e a superare gli esami di ammissione alle classi “normali” della scuola pubblica (Gutek e Gutek 2016: 35). Una volta lasciata questa scuola ebbe l’intuizione di applicare quei metodi di insegnamento, sviluppati per i bambini con disabilità, ai fanciulli definiti “normali”, per questo motivo si iscrisse alla facoltà di filosofia dell’Università di Roma, dedicandosi allo studio della pedagogia e dell’antropologia (Montessori 2018: 31). Dal 1904 al 1908 tenne lezioni sull’applicazione dell’antropologia e della biologia nell’educazione presso la Scuola Pedagogica dell’Università di Roma. Successivamente, nel 1913 si recò negli Stati Uniti dove partecipò a numerose conferenze sui suoi studi (Gutek e Gutek 2016: 36). Un momento cruciale nella carriera di Maria Montessori fu quando il direttore generale dell’Istituto Romano dei Beni Stabili, Edoardo Talamo, nel 1906, le chiese di stabilire una sua scuola

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nel quartiere romano di San Lorenzo, considerato a quell’epoca, uno dei più poveri e violenti, in cui i bambini crescevano costretti in case sovraffollate, senza possibilità di prendere né aria né luce e precocemente esposti alla criminalità. In quel periodo era stato avviato un progetto di riqualificazione dei sovraffollati e malsani palazzi e caseggiati di quel quartiere che avrebbe portato alla creazione di appartamenti con migliori livelli di abitabilità e igiene destinati alle famiglie operai (Gutek e Gutek 2016: 36). La costruzione di una scuola per i più piccoli avrebbe fornito ai bambini non ancora in età scolastica un luogo dove recarsi mentre i genitori erano a lavoro. Montessori accettò la proposta di Talamo, desiderosa di mettere in pratica e verificare le sue idee e teorie sull’educazione e una nuova fase della sua carriera ebbe inizio. Il 6 gennaio 1907 venne aperta la sua prima scuola, chiamata Casa dei Bambini, che ospitava cinquanta bambini, dai tre ai sette anni, figli di famiglie che abitavano nella zona. Con il lavoro in questa prima Casa dei Bambini, aiutata da un’insegnante che lei stessa aveva preparato, Montessori ebbe modo di sviluppare il suo metodo, detto appunto Metodo Montessori, che verrà poi applicato in tutte le sue scuole. Qui sperimentò il principio di autoeducazione del bambino in cui è il bambino stesso a educarsi e formarsi grazie all’incontro tra i suoi bisogni e il materiale e le attività fornite da Montessori. Nel 1907 venne aperta una seconda Casa dei Bambini sempre nel quartiere di San Lorenzo e nel 1909 a Milano (Gutek e Gutek 2016: 37). Nel 1910 venne pubblicato il volume Il Metodo della Pedagogia Scientifica applicato

all’educazione infantile nelle Case dei Bambini, mentre nel 1912 appare l’opera Il metodo Montessori, successivamente tradotto in undici lingue (Gutek e Gutek 2016: 38). Il

crescente successo delle Case dei Bambini le fecero guadagnare grande notorietà come educatrice innovativa sia in Italia che all’estero, specialmente negli Stati Uniti e in Canada (Gutek e Gutek 2016: 40). All’indomani della marcia su Roma, nell’ottobre del 1922, con la presa del potere del governo da parte di Benito Mussolini il regime fascista venne instaurato in tutta Italia. Nel 1923 Mussolini nominò ministro dell’istruzione Giovanni Gentile, intellettuale, filosofo e accademico italiano, il quale influenzò l’orientamento dell’educazione nell’Italia fascista. Fortemente impressionato dall’autoeducazione dei bambini nelle scuole Montessoriane, nel 1924 organizzò un incontro tra Mussolini e Montessori. Qui Mussolini si dichiarò colpito dal metodo di educazione di Montessori, che era in grado di educare alla disciplina a all’ordine, tanto da mettere i bambini in condizione di leggere e scrivere già dai quattro ai cinque anni. Mussolini volle fregiarsi del nome di Maria Montessori e delle sue associazioni, utilizzandole per promuovere le sue ideologie fasciste negli altri paesi. Nel 1926 Montessori ricevette la Tessera Fascista

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diventando un membro onorario del partito, da questo momento in poi le vennero proposti incarichi di formazione degli insegnanti in particolare a Milano. Successivamente il governo sponsorizzò la diffusione delle idee montessoriane attraverso la pubblicazione mensile “L’idea Montessori” e venne aperta a Roma nel 1929 la Regia Scuola Magistrale di Metodo Montessori insieme a circa una settantina di scuole montessoriane in tutta Italia (Gutek e Gutek 2016: 217). Nel 1929 Montessori insieme al figlio Mario fondarono l’AMI (Association Montessori Internationale) con lo scopo di controllare e supervisionare in tutto il mondo le attività montessoriane: i corsi di formazione e i costi, le pubblicazioni, la produzione e la vendita dei materiali. Successivamente Montessori rifiutò l’ideologia fascista, respingendo il ruolo di promotrice del nazionalismo italiano e ribadendo il suo ruolo di educatrice internazionale. Il governo italiano nel 1934 volle nominare Montessori ambasciatrice dei bambini dell’Italia, lei pose come condizione per accettare la carica l’essere considerata unica autorità a capo dell’AMI. Il governo fascista rifiutò la richiesta e come conseguenza chiuse tutte le scuole montessoriane presenti sul territorio Italiano, sospese la formazione con il Metodo Montessori e Maria Montessori fu costretta a lasciare l’Italia (Gutek e Gutek 2016: 218). Si stabilì nei Paesi Bassi dove continuò la sua attività e morì nel 1952 (Gutek e Gutek 2016: 220).