3. La natura e il gioco in Fröbel, Montessori e Munari
3.3 Il gioco e la natura nei bambini nel XX secolo: gli sviluppi successivi a Fröbel
3.3.2 Verso il concetto di natura come ambiente rigenerativo
È opportuno a questo punto introdurre il concetto di natura, di ambiente naturale per arrivare poi a comprendere meglio la relazione che può intercorrere tra essa e il gioco. Nel volume The Experience of Nature (1989), Kaplan e Kaplan affermano che con il termine “natura” è possibile connotare molte ambientazioni e configurazioni naturali. Essi sostengono che questo sostantivo è inclusivo, poiché con il suo utilizzo, si va a includere tutta la natura nella sua accezione più ampia e vasta. Riferendosi ad essa non intendono solamente quei luoghi vasti, remoti e immacolati in cui l’intervento dell’uomo è stato pressoché nullo o limitato, o quelle aree denominate “naturali” da qualche autorità di governo. Con il termine “natura” ci si riferisce anche a tutte quelle aree costituite da parchi e spazi all’aperto, prati, campi, ma anche dai giardini delle abitazioni e dagli alberi
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presenti lungo le strade. La natura comprende paesaggi senza la presenza di vegetazione nonché diversi tipi di piante di differenti dimensioni. Con questo termine quindi, si intendono sia luoghi lontani che vicini, curati o abbandonati, grandi, piccoli e di medie dimensioni. Un sinonimo di natura può essere costituito dall’espressione “aree verdi”, in questo caso il riferimento non è solamente limitato e ristretto al colore, poiché nelle diverse stagioni la natura assume colori differenti, ma include tutti i diversi tipi di vegetazione presenti (Kaplan 1989: 2). Quando si parla di “ambiente naturale” non ci si riferisce solamente a quegli ambienti costituiti da elementi naturali, poiché la natura può esistere anche in contesti urbani e rurali (Kaplan 1989: 3). Secondo l’Health Council of
the Netherlands è possibile riscontrare sei tipologie differenti di natura:
la natura urbana, ovvero la natura presente in un contesto urbano (parchi, giardini, siepi, parchi divertimento e parchi giochi);
la natura agricola, ossia i paesaggi agricoli con gli appezzamenti di alberi, campi coltivati e incolti, fossi e canali;
le aree forestali, primariamente sfruttate per la produzione di legname;
la natura rurale tradizionale, la cui conformazione e il paesaggio sono stati prodotti dall’uomo;
le foreste naturali con boschi e, infine, la natura “selvaggia” (wild nature), che si sviluppa spontaneamente (Health Council 2002: 25).
In un significativo studio Kaplan (1995) sottolinea come, negli ultimi anni, molte ricerche hanno cercato di dimostrare gli effetti positivi della natura a livello psicologico. Nell’esporre la sua teoria dell’Attention Restoration Theory (ATA), Kaplan cercò di spiegare gli effetti benefici e ristorativi della natura. La sua teoria si basa sul concetto di “attenzione diretta” ovvero quel tipo di attenzione che richiede uno sforzo da parte dell’individuo nel metterla in atto, poiché viene impiegata nei confronti di qualcosa che non possiede determinate caratteristiche in grado di attirare l’attenzione (Kaplan 1995: 169). Il primo a teorizzare questo tipo di attenzione, denominandola “volontaria”, è stato William James (1842- 1910), psicologo statunitense, il quale tuttavia nelle sue ricerche non si soffermò nell’indagare la possibilità che questo meccanismo di attenzione comporti una certa fatica. Al contrario, Frederick Law Olmsted (1822-1903), illustre architetto paesaggista americano, il quale ha contribuito alla progettazione di famosi parchi americani tra cui Central Park, non solo intuì che la capacità di attenzione e concentrazione da parte dell’individuo potesse comportare fatica, ma riconobbe la necessità nonché il bisogno, per gli abitanti dei centri urbani, di recuperare questa capacità
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all’interno di un contesto naturale. Kaplan espose le caratteristiche che la direct attention possiede, ovvero: è volontaria, richiede sforzo e causa affaticamento; svolge un ruolo fondamentale nel raggiungimento della concentrazione ed è in grado di controllare la distrazione attraverso l’uso di meccanismi di inibizione. È opportuno sottolineare come qualsiasi tipo di sforzo mentale, prolungato nel tempo, porti all’affaticamento cosiddetto da “attenzione diretta” (Kaplan 1995: 170). Questo affaticamento può comportare diversi problemi e difficoltà nell’individuo, può infatti ridurre le sue capacità di problem-solving poiché, scontrandosi con il vasto repertorio di possibilità, la mente non è in grado di concentrare la sua attenzione e operare una selezione; può portare l’individuo a non essere più in grado di inibire i propri impulsi rendendolo più impulsivo, irritabile e impaziente; comporta un aumento dello stress percepito dall’individuo rendendolo più propenso all’errore e all’inefficienza, aumentando così i livelli di ansia (Kaplan 1995: 171). Per questo motivo è necessario riguadagnare efficienza attraverso un procedimento di recupero e ristoro mentale dall’affaticamento dell’attenzione diretta. Un primo approccio per mitigarne gli effetti è certamente dato dal dormire e riposare a sufficienza, tuttavia, come sostiene Kaplan, questo non è sufficiente. Nella sua ottica, è necessario mettere in pratica modalità alternative di recupero, che rendano l’uso dell’attenzione diretta temporaneamente non necessario. Secondo Kaplan, questo può avvenire solamente facendo sì che l’individuo si porti in uno stato di attenzione involontaria, la quale non richiede nessuno sforzo, in modo tale da poter riposare dall’affaticamento comportato dall’attenzione diretta. Per Kaplan, un esempio di attenzione indiretta è costituito dalla “soft fascination”, ovvero un’attrazione che caratterizza alcuni tipi di ambienti naturali, poiché forniscono opportunità di riduzione dell’affaticamento da attenzione diretta. Proprio per questo motivo è possibile parlare di “Restorative Environments”. Sebbene questo tipo di attrazione/fascino prodotto dall’ambiente naturale sia una caratteristica fondamentale per garantire un’esperienza di tipo rigenerativo, di per sé non è sufficiente a far riposare dall’affaticamento mentale (Kaplan 2015: 172). Per questo motivo egli suggerisce tre ulteriori caratteristiche che rendono un ambiente rigenerativo. In primo luogo, l’individuo entrando in contatto con la natura sviluppa un sentimento di “being
away”, ovvero di allontanamento dalla propria realtà e dalle proprie attività quotidiane.
Questo sentimento dunque lo libera dall’attività mentale che richiede l’uso dell’attenzione diretta. Tuttavia è necessario che egli si allontani anche dai propri pensieri in modo tale da avere un’effettiva ristorazione. A questo scopo, in secondo luogo, affinché sia rigenerante un ambiente deve possedere un’estensione significativa nonché essere ricco
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di stimoli visivi ed esperienziali che favoriscano l’esplorazione. In questo modo verranno fornite attrattive sufficienti per intrattenere e coinvolgere inconsapevolmente la mente e l’attenzione dell’individuo. In ultimo, deve esserci un alto grado di compatibilità tra l’ambiente e ciò che la persona vuole realizzare, ovvero i suoi scopi e le sue inclinazioni, per cui egli sarà in grado di portare avanti la sua attività senza problemi. Gli obiettivi vengono raggiunti con maggior facilità quando l’individuo riceve un feedback immediato e utile dall’ambiente, inoltre, laddove si presentasse una richiesta di problem-solving, un ambiente che sia compatibile richiederebbe meno processi selettivi e, di conseguenza, meno attenzione diretta (Kaplan 1995: 173). Successivamente Kaplan prosegue spiegando come l’ambiente naturale incontra la domanda di rigeneramento dell’individuo. Per quanto riguarda il sentimento di “allontanamento” (being away), specifica che generalmente gli ambienti naturali vengono spesso identificati come mete ideali per operare una rigenerazione. Montagne, laghi, litorali, foreste, corsi d’acqua, campi e prati, sono difatti considerati posti idilliaci ottimi per “fuggire”, allontanarsi dalla quotidianità. Tuttavia, per le persone che vivono in contesti urbani, non sempre è possibile raggiungere tali luoghi; Kaplan sottolinea come non sia necessario giungere in posti lontani per ottenere quel sentimento di allontanamento. Difatti, luoghi naturali facilmente raggiungibili possono lo stesso essere fonte di ristoro e rigenerazione dall’affaticamento mentale. Per quanto riguarda invece fascino e attrazione (fascination), la natura certamente ne possiede offrendo molte possibilità di coinvolgimento. Molte di queste attrazioni che la natura offre (“soft fascinations”), come ad esempio l’osservare un tramonto o la neve che cade, seguire lo spostamento delle nuvole o le foglie mosse dal vento, sono in grado di trattenere l’attenzione senza sforzo, permettendo alla mente umana di riposarsi. L’estensione di un ambiente non deve per forza comportare lunghi tratti di terreno, difatti anche un’area relativamente piccola può fornire opportunità di rigenerazione. Inserendo all’interno di aree poco estese sentieri e cammini si può contribuire a far sembrare più vasta l’area. Inoltre, la presenza di manufatti o reperti di epoche passate negli ambienti naturali può promuovere la sensazione di connessione con ere e ambienti passati e di conseguenza con un mondo più vasto. In ultimo, per quanto concerne la compatibilità dell’ambiente naturale con le inclinazioni dell’individuo, è stato riscontrato che, per molte persone, le attività vengono portate avanti con più facilità e si ha la sensazione di “funzionare” meglio in un ambiente naturale rispetto a un ambiente civilizzato. L’importante intuizione di Frederick Olmsted sugli effetti positivi e calmanti dello “scenario naturale” nel processo di ristorazione e rigenerazione non solo delle
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capacità cognitive e psichiche dell’individuo ma anche fisiche, ha avuto una grande influenza nella progettazione di molti parchi naturali (Kaplan 1995: 174).
In uno studio condotto a Barcellona nel 2015 da Dadvand Payam et al., viene indagata e valutata la correlazione tra l’esposizione agli spazi verdi e lo sviluppo cognitivo dei bambini di età di scuola primaria. Viene sostenuto che, generalmente, l’essere in contatto con degli spazi verdi viene associato a un miglioramento della condizione di salute sia fisica che mentale. Difatti, la prossimità di parchi e giardini pubblici sembrerebbe incrementare il coinvolgimento in attività fisiche Tuttavia, questa esposizione può anche svolgere un ruolo significativo nell’influenzare lo sviluppo cognitivo nei bambini. I ricercatori sono concordi nell’affermare che l’ambiente naturale, comprese le aree verdi, fornisce al bambino delle occasioni di scoperta, creatività, contribuisce allo sviluppo della padronanza e controllo sia emotivo che fisico, al rafforzamento del sé, all’assunzione di rischi nonché stimola alcuni stati emotivi quali il senso di stupore e di meraviglia, la ristorazione psicologica e incita al coinvolgimento. Dunque, all’esposizione dei bambini a delle aree verdi all’aperto è stato associato un impatto benefico a livello cognitivo e di sviluppo nella crescita (Dadvand 2015: 7937).
Un’ulteriore ricerca pubblicata nel 2002 dall’Health Council of the Netherlands investiga l’influenza della natura nei contesti abitativi cercando di comprendere se esiste una connessione tra questi fattori e un miglioramento delle condizioni di salute (Health Council 2002: 16). Innanzitutto viene riscontrato che numerosi studi empirici evidenziano un effetto positivo della natura nel ristabilirsi da stress mentale e affaticamento dovuto a concentrazione e attenzione perpetrate per lungo tempo. L’esposizione alla natura ha portato a un miglioramento dell’umore, dell’autodisciplina e dello stress fisiologico. Questo effetto positivo è stato riscontrato anche nell’esporre il soggetto alla visione della natura, senza quindi esserne a diretto contatto come, ad esempio, attraverso una finestra. Tuttavia non viene indagata la durata dell’esposizione. In secondo luogo, è stato riscontrato che la presenza della natura incoraggia l’esercizio fisico, portando a dei miglioramenti nella salute dell’individuo (Health Commission 2002: 17). Un fattore determinante è rappresentato dalla vicinanza dell’area verde al luogo di lavoro o di residenza, poiché fornisce maggiori opportunità di praticare esercizio fisico giornaliero (Health Council 2002: 18). In ultimo viene analizzata l’influenza che può avere l’esposizione alla natura nel contribuire a un sano sviluppo dei bambini, sia a livello fisico che psicologico. Gli ambienti naturali e gli spazi verdi nei pressi dell’abitazione forniscono ai bambini grandi opportunità di esplorazione e di gioco, il quale contribuisce
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allo sviluppo cognitivo, motorio e socio-emotivo. Il bambino dunque beneficia del diretto e regolare contatto con la natura, dell’esplorazione dell’ambiente e dalla stimolazione sensoriale prodotta (Health Council 2002: 19). Nello specifico, la Commissione ha preso in esame diverse ricerche e studi inerenti al rapporto che intercorre tra bambino e natura, condotti principalmente negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Germania (Health Council 2002: 67). La ricerca empirica dello psicologo tedesco Gebhard (1994) sembra confermare l’importanza dell’avventura e della libertà di esplorazione della natura nello sviluppo del bambino. Questo studio rileva che, bambini di età dai sei ai dodici anni, sviluppano un legame speciale con l’ambiente naturale poiché viene considerato molto più ricco di attrattive rispetto ad un ambiente urbano. Inoltre, hanno riscontrato che i bambini più piccoli fino ai quattro anni solitamente esplorano l’ambiente naturale con la presenza e la supervisione di un adulto. La presenza di questa figura adulta sembrerebbe influenzare la visione del bambino nei confronti della natura, il bambino può dunque sviluppare un senso di agitazione e paura oppure di eccitazione e fiducia nei confronti dell’ambiente naturale circostante a seconda del messaggio passato dall’adulto. Secondo lo studioso, i bambini attraverso il contatto la natura sono in grado di sperimentare e rafforzare il sentimento di familiarità nonché di mutevolezza: nella natura essi sperimenteranno che, ad esempio, un albero è permanente, fisso, diventando quindi una presenza familiare nella vita del bambino, ma che tuttavia cambia, muta a seconda delle stagioni. Questa variabilità è ricca di stimoli che incitano la fantasia del bambino. Inoltre, Gebhard sostiene che interagendo con lo spazio naturale i bambini imparano a conoscere loro stessi e i propri limiti, poiché diventano più autonomi (Health Council 2002: 68). Nel suo studio la Commissione evidenzia che numerose ricerche hanno messo in luce come ambienti ricchi di elementi naturali sono in grado di incentivare il gioco costruttivo e immaginativo. Faber Taylor (1998) ha indagato l’influenza dell’utilizzo di elementi naturali, quali alberi o erba, all’interno di aree abitative povere e svantaggiate della città di Chicago, su bambini al di sotto dei quattordici anni di età. Lo studio dimostra che questi bambini non solo erano molto meno inclini e propensi al gioco nei parchi giochi dove gli elementi naturali erano scarsi o non presenti, ma anche che essi sviluppavano forme di gioco molto meno creative rispetto a parchi giochi in aree naturali o forniti di elementi naturali (Health Council 2002: 70). Per concludere, la Commissione ribadisce che, sebbene sia necessario indagare ulteriormente e in maniera più approfondita i meccanismi con cui la natura svolge un effetto benefico e positivo sui bambini e più in generale sull’individuo, è possibile affermare che i numerosi studi esistenti forniscono delle ipotesi
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plausibili per quanto riguarda l’esistenza di questa correlazione (Health Council 2002: 81).
Dunque è possibile affermare che non solo la natura gioca un ruolo importante nel promuovere e sviluppare determinate abilità fisiche e cognitive nei bambini, ma anche che il gioco è una parte fondamentale della vita del bambino come riconosciuto per la prima volta da importanti pedagogisti del XX secolo. Visti gli effetti benefici e positivi sia del gioco che della natura sulla crescita e sullo sviluppo fisico, emotivo e psicologico dei bambini, un ottimo esempio di gioco all’aria aperta è costituto dal parco giochi. Con esso si intende uno spazio attrezzato per il gioco, solitamente presente in aree verdi, in cui il bambino può muoversi, giocare e sperimentare, sia da solo che in gruppo (Martini 2016). Il parco giochi diventa quindi fondamentale soprattutto in quei contesti altamente urbanizzati in cui non è possibile accedere ad aree naturali.