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3. La natura e il gioco in Fröbel, Montessori e Munari

3.2 Maria Montessori e la natura nell’educazione

3.2.2 Il gioco, l’ambiente e la natura nel Metodo Montessori

Il Metodo elaborato da Montessori si pose in netto contrasto con le idee fröebeliane in materia di educazione attraverso il gioco: Montessori difatti rifiutò il concetto di gioco come unico modo di apprendimento naturale per il bambino poiché, secondo la sua esperienza, il bambino gioca solo in mancanza di altro di meglio da poter

fare (Slight1969: 113). Sebbene nei suoi scritti dedicò poco spazio al tema del gioco,

Montessori lo considerava una parte molto importante nella crescita del bambino. Il fatto che, attraverso le sue osservazioni nelle Case, fosse arrivata a definire il gioco come sinonimo di deconcentrazione, perdita di interesse, distrazione, nonché situazione ripetitiva e noiosa, non deve trarre in inganno. Da quanto aveva potuto esaminare, in quel determinato periodo storico, i bambini le sembravano essere maggiormente concentrati mentre erano alle prese con un’attività e più interessati a svolgere un lavoro anziché giocare (Battista Borghi 2017: 39). Per questo motivo riteneva che i bambini fossero naturalmente portati a compiere azioni per loro percepite come significative e, di conseguenza, il gioco non doveva declinarsi in un passatempo sterile, inutile e monotono (Battista Borghi 2017: 40). Queste attività considerate significative vengono identificate da Montessori proprio nei lavori. Inoltre, grazie all’osservazione del gioco nelle Case dei Bambini, arrivò ad affermare la convinzione che, per i bambini, il gioco e il lavoro tendono a coincidere, per cui un lavoro diventa un gioco e viceversa (Battista Borghi

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2017: 43). L’uso del giocattolo era visto da Montessori come uno strumento di passatempo, di cui il bambino si stanca presto e perde quasi subito interesse, poiché non offre stimoli e non è in grado di coinvolgerlo in attività significative (Battista Borghi 2017: 41). Montessori dunque non era contraria al gioco in sé, quanto piuttosto era contro un’idea che gli adulti avevano nei confronti del gioco infantile (Battista Borghi 2017: 40). Maria Montessori, così come Fröbel, sentì la necessità di operare una rivoluzione di pensiero nell’approcciarsi all’educazione del bambino: bisognava porlo al centro di ogni atto educativo, affinché venisse rispettata la sua libera crescita e il suo sviluppo in ogni sua attività (Montessori 2018: 16). Il concetto di libertà, declinato nella pedagogia montessoriana, riguarda il liberarsi da tutto ciò che si oppone a uno sviluppo armonico del bambino. Montessori sostenne che, nella storia dell’educazione dei fanciulli, era stata messa in atto una repressione silenziosa, che aveva portato a relegare i bambini nella condizione di immobilità e ubbidienza. Secondo la sua visione, questo era avvenuto a causa della concezione adulta nei confronti dell’infanzia e dei bambini, che era costituita da numerosi pregiudizi, per cui veniva impedito loro di esprimersi (Montessori 2018: 17). Nel sistema di formazione elaborato da Montessori, invece, l’ambiente educativo in cui il bambino era immerso e dove svolgeva le sue attività, veniva considerato un fattore determinante per il suo sviluppo: solamente in un ambiente adeguato i bisogni e le attitudini dei bambini potevano manifestarsi liberamente e spontaneamente, al contrario, in ambienti dove non era possibile svolgere attività spontanee, questi bisogni venivano repressi e nascosti (Montessori 2018: 58). Montessori definì la mente del bambino “assorbente” e sottolineò che quello che il bambino era in grado di assorbire dipendeva da ciò che l’ambiente circostante gli offriva: se l’ambiente in cui apprendeva era ricco di stimoli, attività e materiali, allora anche l’informazione che avrebbe ricevuto sarebbe stata più ricca. Per questo motivo Montessori progettò un ambiente educativo strutturato, ricco in attività e materiali necessari nelle diverse fasi di sviluppo della mente del bambino (Gutek e Gutek 2016: 48). Con l’apertura della prima Casa dei Bambini a Roma, Montessori ebbe la possibilità di operare una profonda riflessione su come costruire un ambiente di apprendimento ben strutturato. Non concepiva l’ambiente educativo in maniera tradizionale, piuttosto, percepiva la necessità di dover strutturare gli spazi in modo tale da essere compatibili con le sue idee (Gutek e Gutek 2016: 51). Per questo motivo, cominciò dal far costruire un arredamento a misura di bambini, adeguato quindi alle loro esigenze, progettando e successivamente facendo realizzare dei banchi molto leggeri e maneggevoli, in grado di essere spostati dai bambini stessi, i quali erano

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accompagnati da sedie proporzionate alle loro dimensioni (Montessori 2018: 59). Questo poiché, per la studiosa, era fondamentale che l’arredamento della classe non impedisse il libero movimento dei bambini, cosa che invece avveniva nelle classi tradizionali, dove i pesanti banchi erano disposti in file che limitavano il movimento all’interno della classe. Inoltre, Montessori desiderava che la classe fosse arredata il più possibile come una casa, con tavoli, sedie, credenze e armadietti (Gutek e Gutek 2016: 51). All’interno della sua classe fece inserire dei lavabi bassi, dei tavoli per i fiori e le piante, delle lavagne e dei quadri accessibili ai bambini, raffiguranti scene di famiglia o elementi naturali come fiori, animali e piante (Montessori 2018: 59). Era convinta che l’arredamento, con i suoi quadri e degli elementi naturali, dovesse servire per nutrire e coltivare la spiritualità nei bambini. Inoltre dovevano essere presenti dei tappeti, facili da stendere e da ripiegare, affinché ai bambini venisse data la possibilità di giocare a contatto con il terreno (Gutek e Gutek 2016: 51).

Nel suo sistema educativo ampio spazio era dedicato alla natura. Montessori infatti riteneva che i bambini potessero imparare a conoscere l’ambiente naturale attraverso attività quali il prendersi cura di un giardino, il piantare alberi o l’accudire animali. Queste attività erano anche in grado di far sviluppare in loro un senso di responsabilità (Gutek e Gutek 2016: 55).

Secondo la sua visione, i bambini, nella società a lei contemporanea, vivevano molto distanti dalla natura e rare erano le occasioni in cui potevano entrare in contatto con essa avendone una diretta esperienza. In un discorso generale sull’educazione, Montessori riteneva che, per lungo tempo, l’influenza della natura sui bambini aveva prodotto in loro sentimenti di stupore e meraviglia verso le sue opere quali fiori, piante, animali e paesaggi, senza un vero avvicinamento ad essa. Per la studiosa, nel corso degli anni, questo avvicinamento alla natura era stato possibile grazie alla coltivazione dei cosiddetti «campicelli educativi», i quali hanno portato i bambini ad “avere a che fare” direttamente con la natura (Montessori 2018: 82). Sostenne inoltre che, sempre in ambito educativo, il concetto di “vivere” nella natura ha portato a ribadire la necessità per il bambino non solo di conoscere la natura ma anche di vivere naturalmente (Montessori 2018: 82). In quell’epoca l’igiene infantile, attraverso l’educazione fisica, permetteva ai bambini di stare all’aria aperta e di entrare in contatto con la natura attraverso visite ai giardini pubblici o gite al mare poiché era molto presente l’idea che i bambini e soprattutto quelli considerati più deboli, traessero beneficio dall’essere esposti ai fenomeni atmosferici (Montessori 2018: 83). Tuttavia, nei suoi scritti, Montessori sottolineò come, con il

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progredire dello sviluppo dell’essere umano, il concetto stesso di natura si sia modificato restringendosi, includendo in questa nozione solo le piante utili all’essere umano, gli animali che sono possibili da addomesticare, i fiori e i giardini. Montessori riteneva che nella mentalità comune dell’individuo la natura faceva paura, così come suscitavano timore nell’essere umano i suoi eventi atmosferici più estremi (Montessori 2018: 83). Tuttavia sosteneva che il sentimento della natura potesse essere insegnato e accresciuto attraverso l’esercizio; fornendo del materiale naturale, i bambini potranno apprendere e sviluppare anche il sentimento di amore per la natura (Montessori 2018: 86). Al fine di sviluppare questi sentimenti nei confronti della natura, ma anche per sviluppare e sostenere il senso di curiosità nei bambini, Montessori prevedeva nelle sue classi, l’inserimento di acquari, terrari e il «tavolo della natura» (Schenetti 2015: 71), un tavolo su cui i bambini potevano esporre in autonomia i reperti naturali trovati e raccolti all’esterno, in luoghi naturali. I reperti erano a disposizione dei bambini che potevano osservarli, toccarli, annusarli ma anche descriverli e nominarli ed essere utilizzati per attività di approfondimento con l’insegnante (Schenetti 2015: 71).

Nelle Case dei Bambini veniva consigliato di avere a disposizione molto spazio, non solo all’interno della classe ma anche all’esterno, da adibire a giardino (Gutek e Gutek 2016: 51). Difatti, l’architettura e la progettazione del giardino si è sviluppata di pari passo con quella delle stesse Case, in quanto veniva considerato uno spazio fondamentale e funzionale allo sviluppo del bambino (Montessori 2000: 318). In assenza di un terreno da coltivare o di un giardino, molti vasi di fiori e piante potevano essere disposti in una grande terrazza, così che i bambini se ne potessero occupare (Montessori 2018: 88). Per Montessori, durante le attività di educazione alla natura, il bambino viene iniziato all’osservazione dei fenomeni della vita. Egli infatti si pone, nei confronti di piante e di animali, nella posizione di osservatore, proprio come il suo maestro, il quale lo osserva nel suo sviluppo. Successivamente, prendendosi cura delle piante e degli animali, il bambino dovrebbe essere portato a riconoscere in queste sue azioni le cure che vengono a lui prodigate (Montessori 2000: 306). Quando poi il bambino capirà che il benessere di piante e animali dipende dalle sue cure, allora si attiverà per compiere queste azioni autonomamente, senza bisogno del richiamo della maestra. Si può dire quindi che queste attività lo portano verso un’autoeducazione (Montessori 2000: 307).

Nelle Case dei Bambini, attraverso l’osservazione, le educatrici riscontrarono che le attività di cura di piante e di animali erano quelle che creavano maggior soddisfazione nei

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bambini, per cui veniva consigliato di procedere ad attivare un servizio per la cura delle piante e degli animali in tutte le Case (Montessori 2018: 87).

Prati e giardini colorati e profumati attirano l’attenzione del fanciullo che cerca, annusa, sceglie e impara a conoscere erbe di colori e odori diversi. Difatti, secondo il metodo Montessori, il far cercare ai bambini un odore o un profumo, anziché un fiore, o il trovare le differenze tra due cose simili vengono considerate attività fini, in quanto vi è un senso di scoperta di qualcosa non immediatamente percepibile e che richiede uno sforzo maggiore. Una qualità che il lavoro per i bambini deve possedere è la varietà, la finalità quindi non deve essere il pilastro che regge ogni attività. Per questo vengono proposte attività semplici, a risultato immediato, come pulire i viali dalle foglie o le aiuole dalle erbacce, accanto ad attività più complesse con una finalità più evidente, come la semina e il raccolto (Montessori 2018: 90).