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2. Storia della disabilità

2.2 La disabilità nell’antichità

2.2.2 La disabilità alla luce dei testi biblici e del cristianesimo

All’interno dei testi biblici dell’Antico e del Nuovo Testamento sono presenti dei passaggi in cui vengono descritte e narrate diverse forme di disabilità. Le Scritture possono essere lette secondo registri differenti che vanno da quello religioso, sacro e spirituale a uno morale e simbolico. (Schianchi 2018: “All’interno dei testi biblici”, par. 1). Schianchi sottolinea l’importanza che questi testi hanno in quanto possono essere una fonte di conoscenza di pratiche, credenze e immaginari dell’epoca a cui questi eventi si riferiscono. La Bibbia infatti ha avuto un grandissimo impatto sull’immaginario collettivo di molte società nonché sulla cultura occidentale, poiché al di là della sua importanza a livello religioso, è stato il primo testo scritto al quale le classi popolari hanno avuto accesso. Non solo, il Nuovo Testamento è considerato la base religiosa e teorica a cui

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molte pratiche e istituzioni si sono ispirate nella cura delle persone con disabilità (Schianchi 2018: “All’interno dei testi biblici”, par. 2).

Come affermato da Schianchi, la presenza della disabilità nell’Antico Testamento sta a significare che essa è presente nel mondo, fin da sempre (Schianchi 2018: “All’interno dei testi biblici”, par. 7). Persino Giacobbe, uno dei padri fondatori dell’ebraismo, viene dipinto come una figura con una menomazione acquisita. La disabilità negli individui dunque evidenzierebbe una netta separazione tra Dio e gli uomini (Schianchi 2018: “All’interno dei testi biblici”, par. 8). La disabilità non solo è specchio della debolezza umana, ma simbolicamente rappresenta il male, ed è con questa chiave interpretativa che, per molti secoli, sono stati letti i testi dell’Antico Testamento (Schianchi 2018: “All’interno dei testi biblici”, par.9). Qui la disabilità, siccome devia rispetto all’ordine divino prestabilito, viene considerata una sorta di tradimento dell’essere umano nei confronti di Dio (Schianchi 2018: “All’interno dei testi biblici”, par. 12). È dunque il peccato a causare la disabilità e una persona con menomazioni è considerata impura, peccatrice. Questo vale non solo per l’essere umano ma anche animale, poiché nell’Antico Testamento è stato scritto di non sacrificare a Dio un animale zoppo, malato o che presenti menomazioni (Schianchi 2018: “All’interno dei testi biblici”, par. 13). In particolare le menomazioni che riguardano la vista e l’udito si caricano di un forte significato metaforico: il non vedere e il non sentire rappresentano la condizione dello spirito non aperto a Dio. In quest’ottica qualsiasi forma di disabilità incarna la colpa, il peccato o una condizione negativa, sia a livello spirituale che morale, la quale colpisce il corpo del soggetto individuale ma anche collettivo, come nel caso di Giacobbe la cui figura rappresenta l’intero popolo ebraico e più in generale l’intera umanità (Schianchi 2018: “All’interno dei testi biblici”, par. 9). Nei testi biblici si evince che solamente Dio, con un miracolo, può liberare l’individuo da questa condizione, restituendo ad esempio la vista ai ciechi o l’udito ai sordi. Se questo miracolo non avviene, se dunque Dio non interviene nell’eliminare sia a livello fisico che spirituale l’infermità, la persona che la possiede rimane condannata e considerata un’anima perduta (Schianchi 2018: “All’interno dei testi biblici”, par. 10). Dio dunque nell’Antico Testamento interviene nel mondo secondo una logica di insegnamento anche punitiva, poiché Dio stesso agisce direttamente, causando la disabilità, la menomazione o la malattia (Schianchi 2018: “All’interno dei testi biblici”, par. 12). Inoltre, non solo la connotazione di essere impuro e peccatore ricade sul portatore di una disabilità, ma anche il generare dei figli con disabilità viene letto secondo l’ottica del castigo divino. Come sottolinea Schianchi,

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nell’Antico Testamento, la disabilità congenita sembrerebbe essere una punizione divina per aver commesso un peccato che rientra nell’ambito della sessualità, come l’adulterio, la dissolutezza o i disordini nel matrimonio, poiché è proprio l’atto “impuro” che crea il danno, irreparabile (Schianchi 2018: “All’interno dei testi biblici”, par. 14).

Nelle Scritture non si riscontrano episodi di esposizione, eliminazione e abbandono di bambini con disabilità ma è invece possibile rintracciare pratiche come l’emarginazione di queste persone (Schianchi 2018: “All’interno dei testi biblici”, par. 15). Schianchi afferma che si può parlare di una forma di inclusione definita “della solidarietà meccanica”, poiché queste persone restavano all’interno della società anche se relegate ai margini, grazie a pratiche come l’elemosina, l’accattonaggio, espedienti e sostegno da parte di singoli individui, famiglie o grazie all’intera comunità (Schianchi 2018: “All’interno dei testi biblici”, par. 18). Nell’Antico Testamento compaiono forme di esclusione di questi individui dal celebrare il culto e dal presentare offerte poiché si trovano in uno stato di impurità (Schianchi 2018: “All’interno dei testi biblici”, par. 15). Questa concezione ha contribuito per secoli ad avvalorare la tesi dell’impossibilità di sacerdozio per le persone con disabilità: una menomazione in un sacerdote non solo veniva giudicata indegna nei confronti di Dio ma era anche percepita come un’indecenza da parte dei fedeli. Serviva che il singolo caso venisse giudicato in base alla gravità della disabilità e alla possibilità di mascherarla e che una bolla papale permettesse alla persona con disabilità di prendere gli ordini. Nel Codice di diritto canonico del 1917 viene vietato il sacerdozio per coloro i quali presentano deformità o malformazioni nel corpo, nonché affetti da epilessia. Nel Codice di diritto canonico del 1983 invece viene eliminato quanto stabilito in precedenza riguardo alle persone con disabilità e decretata l’impossibilità di sacerdozio solamente per chi è affetto da infermità psichiche in quanto considerato non in grado di svolgere il ministero (Schianchi 2018: “All’interno dei testi biblici”, par. 16). Anche nel Nuovo Testamento la disabilità è strettamente collegata al peccato dell’umanità e del singolo individuo tanto da esserne una conseguenza (Schianchi 2018: “All’interno dei testi biblici”, par. 19). Non solo, persiste inoltre la funzione simbolica che vede nella disabilità una debolezza dell’essere umano (Schianchi 2018: “All’interno dei testi biblici”, par. 21). Nel Nuovo Testamento la disabilità viene vista come una sorta di “sofferenza innocente”: la malattia non rappresenta più una conseguenza del peccato ma è il peccato che si manifesta nella malattia che può colpire tutti gli individui poiché il peccato è una condizione in cui si trovano tutti gli esseri umani (Schianchi 2018: “All’interno dei testi biblici”, par. 23). Una novità è rappresentata dalla figura Gesù, il

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quale è pronto a sacrificarsi per salvare il genere umano, nessuno escluso (Schianchi 2018: “All’interno dei testi biblici”, par. 22). Inoltre è Gesù stesso ad affermare che il fondamento della fede deve essere uno spirito di carità e di accoglienza delle persone, anche quelle con disabilità poiché anche di quest’ultime è il regno di Dio (Schianchi 2018: “All’interno dei testi biblici”, par. 23).

A Gesù vengono attribuiti miracoli e guarigioni dalle disabilità fisiche, sensoriali e intellettive che sono diretta testimonianza della messa a margine e dell’esclusione dalla società di queste persone (Schianchi 2018: “All’interno dei testi biblici”, par. 25). Gli episodi in cui sono presenti guarigioni e miracoli simboleggiano che la figura di Gesù guarisce dal peccato, sottrae l’individuo da questa condizione e, grazie a questa guarigione, la restituisce non solo alla società ma anche alla propria dignità. È una guarigione non solo nel corpo ma anche nello spirito: tolta la menomazione l’individuo è un essere nuovo. (Schianchi 2018: “All’interno dei testi biblici”, par. 29).

Schianchi sostiene che nei testi biblici la disabilità è percepita come conseguenza di un peccato che ha influenzato per secoli la formazione di un determinato senso comune e modo di concepire la disabilità e la persona con disabilità. Antico e Nuovo Testamento hanno dunque avuto il compito di spiegare e di dare un significato alla presenza della disabilità nel genere umano (Schianchi 2018: “All’interno dei testi biblici”, par.31).