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Il concetto di abuso del diritto è stato definito nel tempo dalla Corte di Giustizia in relazione alle fattispecie concrete che essa, di volta in volta, si è trovata ad affrontare.

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Inizialmente, durante la seconda metà del secolo scorso, non è stata avvertita la necessità di pervenire ad una compiuta concettualizzazione della categoria in esame e soltanto in rari casi la Corte ha riconosciuto che comportamenti individuali, fondati su una norma di diritto europeo direttamente efficace, trovassero un limite nella esigenza di contrastare il fenomeno dell’abuso del

diritto194. Con il passare del tempo, in virtù dell’espansione e della maggiore

vitalità del Mercato comune, i giudici lussemburghesi hanno cominciato ad esaminare con più attenzione le discipline nazionali finalizzate al contrasto del fenomeno elusivo, arrivando a mutuare un autonomo concetto di abuso del diritto comunitario195.

Prima di passare all’analisi delle più rilevanti pronunce della Corte, giova premettere che dalla sua giurisprudenza possono enuclearsi due distinti concetti di abuso del diritto: quello di abuso in senso lato e quello di abuso in senso stretto196 .

Con l’espressione “abuso in senso lato” si fa riferimento ad un comportamento del privato che, mediante un uso strumentale (un abuso, appunto) delle libertà fondamentali accordate dal diritto comunitario primario, tenta di aggirare una

norma appartenente al sistema giuridico nazionale197.

D’altra parte, l’espressione “abuso in senso stretto” designa il comportamento del contribuente che tenta di aggirare una norma di diritto comunitario derivato, attributiva di una posizione di vantaggio, al fine di ottenere quel vantaggio in

ipotesi in cui la ratio della norma non lo consentirebbe198.

In entrambi i casi l’abuso, ossia la strumentalizzazione giuridica a fini elusivi, coinvolge una norma appartenente all’ordinamento comunitario, ma diversa è la caratterizzazione patologica delle due pratiche che il contribuente pone in essere.

194 S. AMADEO, Norme comunitarie, posizioni giuridiche soggettive e giudizi interni, Milano, 2002, pag.

245.

195 P. PIANTAVIGNA, cit, pag. 57. 196 P. PIANTAVIGNA, cit, pag. 59. 197 Cfr. F. PEDROTTI, cit., pag. 1019.

198 Cfr. Conclusioni dell’Avvocato Generale P. Maduro, causa 255/02, Halifax, punto 63; F. MENTI, Il

principio comunitario del divieto di abuso del diritto e il rimedio civilistico della nullità del contratto, in

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Nella accezione più lata dell’espressione il soggetto agente, invocando strumentalmente una libertà fondamentale sancita dal Trattato, usa in maniera impropria una forma giuridica al fine di ottenere un vantaggio fiscale previsto da una norma di diritto interno, in contrasto tuttavia con la ratio della libertà fondamentale stessa. Nell’abuso in senso stretto, invece, l’uso distorto di strumenti giuridici è volto ad ottenere un vantaggio fiscale previsto da una norma di diritto comunitario secondario, in maniera contraria alla ratio della stessa oppure di un’altra disposizione di diritto derivato.

Come è agevole notare, nelle due accezioni le norme comunitarie che rilevano sono diverse: l’abuso in senso lato riguarda una norma contenuta in un Trattato, mentre l’abuso in senso stretto riguarda una norma di diritto derivato, contenuta quindi in una direttiva o in un regolamento. In entrambi i casi, comunque, oggetto di abuso è una disposizione di diritto comunitario, della quale viene frustrato l’obiettivo. Per questo, date le caratteristiche delle due fattispecie elusive, chi scrive non condivide la posizione di una parte della dottrina, la quale utilizza distintamente le espressioni “abuse of law” e “abuse of right”, riferendole rispettivamente all’abuso in senso lato e all’abuso in senso stretto. L’uso del lessico anglosassone viene giustificato con la considerazione che esso distingue il diritto quale norma agendi (“law”) e il diritto quale facultas agendi (“right”). Sulla base di questa osservazione, si afferma che soltanto l’abuso in senso stretto consiste nella elusione di una “facultas agendi”, mentre l’abuso in

senso lato si tradurrebbe nella elusione di una “norma agendi”199. A sommesso

avviso dello scrivente questa precisazione non può condividersi, in quanto è innegabile che anche nelle ipotesi di abuso in senso lato si strumentalizza a fini elusivi una facultas agendi; a ben vedere, anzi, in queste ipotesi l’abuso riguarda le massime facultates agendi contemplate dal diritto comunitario, ossia le libertà fondamentali dell’ordinamento dell’Unione.

199 P. PIANTAVIGNA, op. cit, pag. 59; P. PISTONE, Il divieto di abuso come principio del diritto

tributario comunitario e la sua influenza sulla giurisprudenza tributaria nazionale, in G. MAISTO, Elusione ed abuso del diritto tributario, Giuffrè, 2009, pag. 312-313.

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La distinzione tra abuso in senso lato ed abuso in senso stretto è stata elaborata

per la prima volta dalla Corte di Giustizia nella sentenza Centros200, dove si legge

che “uno Stato membro ha il diritto di adottare misure volte ad impedire ai propri cittadini di aggirare indebitamente la legislazione interna, sfruttando la protezione offerta dai diritti attribuiti dal Trattato, o volte ad impedire ai propri cittadini di sfruttare in maniera impropria o fraudolenta le disposizioni del diritto comunitario”201. Come è chiaro, la prima parte della proposizione fa

riferimento all’abuso in senso lato, mentre la seconda fa riferimento all’abuso in senso stretto.

Fatta questa premessa generale sulle due fattispecie di elusione individuate dai giudici del Lussemburgo, occorre chiarire che la dottrina del divieto di abuso in senso lato è utilizzata essenzialmente nei settori della fiscalità non armonizzata, mentre quella dell’abuso in senso stretto opera nel settore della fiscalità armonizzata.

In relazione all’una e all’altra fattispecie, la Corte di Giustizia ha elaborato una definizione di abuso del diritto specificandola in maniera puntuale nei suoi elementi costitutivi. I due leading cases sono rappresentati dalle sentenze Cadbury Schweppes, sui redditi societari, ed Halifax, in materia di imposta sul valore aggiunto.

La Corte ha definito la propria teoria in materia di elusione fiscale non in via generale ed una volta per tutte, ma analizzando le singole fattispecie concrete che si è trovata ad affrontare. Di volta in volta essa ha precisato gli elementi costitutivi del fenomeno patologico in esame, ma sono stati soprattutto i due citati leading cases che hanno posto le basi per elevare il divieto comunitario di abuso del diritto al rango di principio generale dell’ordinamento dell’Unione Europea202.

200 CGCE, 9 marzo 1999, causa C-212/97.

201 Par. 24: “A Member State is entitled to take measures to prevent certain of its nationals from

attempting, under cover of the rights created by the Treaty, improperly to circumvent their national legislation or to prevent individuals from improperly or fraudolently taking advantage of provisions of Community law”.

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