• Non ci sono risultati.

Sebbene la sentenza Emsland-Stärke abbia definito per la prima volta gli elementi costitutivi dell’abuso del diritto, i due leading cases nel settore fiscale

sono rappresentati dalle sentenze Halifax e Cadbury Schweppes262, riguardanti

rispettivamente la materia armonizzata dell’imposta sul valore aggiunto e quella dei redditi societari. La prima, dunque, è relativa ad una fattispecie di abuso in senso stretto, mentre la seconda affronta l’istituto nella sua accezione più lata (abuso in senso lato).

Iniziando dalla prima, occorre considerare che, a partire dalla emanazione della sentenza Emsland-Stärke, molto si è discusso in dottrina circa la applicabilità del principio antiabuso elaborato in quella sede alle altre aree del

diritto comunitario ed in particolare al settore dell’IVA263. In base alla tesi

maggioritaria, il fatto che il principio generale antiabuso fosse stato elaborato con riferimento ai prelievi in materia di agricoltura, i quali costituivano risorse proprie della allora Comunità Europea, ne legittimava l’estensione a tutti i settori che rappresentavano fonti di entrata per il sistema sovranazionale, come

261 P. PISTONE, op. ult. cit., pag. 315, affianca ai due requisiti, oggettivi e soggettivi, un terzo elemento,

di carattere procedurale, dato dalla circostanza che la prova dell’abuso grava generalmente sull’Amministrazione finanziaria; nello stesso senso, F. PEDROTTI, cit, pag. 1019.

262 P. PISTONE, op. ult. cit., pag. 319.

263 P. FARMER, VAT Planning: Assessing the “Abuse of Rights” Risk, in The Tax Journal, 2002, pag. 15;

152

l’imposta sul valore aggiunto264. D’altra parte, però, si osservava che, mentre i

dazi ed i prelievi agricoli sono vere e proprie risorse dirette dell’Unione, riscossi direttamente per conto di essa, l’IVA costituisce una risorsa indiretta, in quanto “passa” attraverso il bilancio pubblico dei singoli Stati membri ed è soggetta alle

regole di riscossione domestiche265.

Con la sentenza Halifax, comunque, il divieto comunitario di abuso del diritto è stato esteso a tutto il campo della fiscalità armonizzata.

Con le espressioni “dottrina Halifax” (Halifax doctrine) od “orientamento Halifax”, si fa riferimento a tre sentenze pronunciate dalla Corte di Giustizia comunitaria in data 21 febbraio 2006, che non a caso è stata definita come

l’”Halifax day”266. Le tre sentenze sono state emanate nei casi Bupa Hospitals267,

University of Huddersfield268 ed Halifax269 e sono state definite come “il semplice

culmine di anni di sviluppo di un concetto comunitario di abuso”270. Prima della

loro pronuncia, in materia di pianificazione fiscale nel settore dell’IVA vigevano due teorie: la prima negava l’esistenza e l’applicabilità di un generale principio antiabuso e considerava il c.d. “VAT planning” come un legittimo modo di organizzare i propri affari, mentre la seconda, al contrario, riconosceva la

possibilità di applicazione del divieto comunitario di abuso del diritto271.

Le tre controversie, che per la loro rilevanza sono state discusse dalla Corte in composizione allargata, erano piuttosto complesse, come dimostra il fatto che pur trattandosi di cause riunite la loro decisione è stata ritardata ed emessa in tre separate sentenze. Anche le conclusioni dell’Avvocato Generale Maduro,

264 Al riguardo, cfr. P. HARRIS, Abus de Droit in the Field of Value Added Taxation, in British Tax

Review, 2003, pag. 131, il quale sosteneva che l’abuso comunitario potesse essere invocato

esclusivamente in relazione alle risorse proprie della Comunità.

265 F. PEDROTTI, cit., pag. 1019.

266 J. SWINKELS, Halifax Day: Abuse of Law in European VAT, in International VAT Monitor, 2006,

pag. 173.

267 CGCE, 21 febbraio 2006, causa C-419/02. 268 CGCE, 21 febbraio 2006, causa C-223/03. 269 CGCE, 21 febbraio 2006, causa C-255/02.

270 R. DE LA FERIA, Prohibition of Abuse of (Community Law), cit., pag. 423. L’Autore definisce queste

tre sentenze come “merely the culmination of years of developing an EC law concept of abuse”.

271 R. BROADBENT, VAT Compliance in the 21st Century, in British Tax Review, 2003, pag. 127; nello

153

previste inizialmente per febbraio 2005, sono state presentate solo nell’aprile dello stesso anno.

Procedendo ad esporre brevemente i fatti delle tre cause principali272, nel caso

Halifax una banca (la Halifax, appunto) intendeva costruire, per lo svolgimento della propria attività imprenditoriale, dei call-centers su quattro terreni situati nel Regno Unito, i quali ultimi erano da essa presi in locazione o di sua proprietà. La gran maggioranza delle sue prestazioni, però, era esente da IVA in quanto si trattava di prestazioni attive finanziarie. Dunque, all'epoca dei fatti del procedimento principale essa avrebbe potuto recuperare meno del 5% dell'IVA assolta a monte sui lavori di costruzione, a causa dell’elevato pro-rata di indetraibilità. La Halifax decideva quindi di affidare la committenza dei lavori a società controllate, in regime ordinario IVA, le quali avrebbero perciò potuto recuperare integralmente l’imposta sulle prestazioni di servizi addebitata dai fornitori. Secondo la Corte di Giustizia, la complessiva operazione realizzata dalla banca per il tramite delle proprie controllate era meramente strumentale a consentire la detrazione dell’IVA da parte di queste ultime e quindi, in ultima analisi, da parte della banca stessa. Infatti, se fosse stata la Halifax ad agire direttamente, pagando i lavori di ristrutturazione agli appaltatori, l’IVA sarebbe stata indetraibile in maniera pressoché totale.

Nel caso University of Huddersfield un’università intendeva ristrutturare due mulini ma, poiché essa effettuava quasi esclusivamente operazioni esenti da IVA, per effetto dell’applicazione del pro-rata le sarebbe stata negata quasi del tutto la detrazione dell’imposta sugli acquisti. Dunque, al fine di maturare il diritto alla detrazione a monte essa creava artificiosamente delle operazioni imponibili a valle, costituendo un trust con cui stipulare, in relazione allo stesso immobile da ristrutturare, due contratti di segno opposto, ossia una locazione e una sublocazione.

154

Nel caso Bupa Hospitals, un ospedale britannico effettuava per la maggior parte operazioni esenti da imposta, non potendo detrarre l’IVA sugli acquisti. Esso sfruttava dunque una disposizione anglosassone che stava per essere abrogata, secondo cui alcune operazioni come la cessione di medicinali e protesi erano considerate imponibili ad aliquota zero e, conseguentemente, davano diritto alla detrazione a monte. Dato che detta disposizione sarebbe stata presto abrogata, il contribuente si accordava con alcuni fornitori per ricevere fatture di acconto con addebito di IVA di rivalsa, in relazione ad operazioni che sarebbero state eseguite successivamente. In tal modo la società di gestione dell’ospedale poteva registrare le fatture passive di acconto, acquisendo il diritto a detrarre la relativa imposta. Al contrario, se le fatture fossero state ricevute in coincidenza con il “naturale” momento impositivo, quindi alla consegna dei beni, data la avvenuta abrogazione della citata disposizione il contribuente non avrebbe potuto detrarre l’IVA sugli acquisti, in quanto anche quel tipo di operazioni (cessione di medicinali e protesi) avrebbe perso la natura di operazione imponibile ad aliquota zero e sarebbe diventato esente.

Come risulta da questa breve ricostruzione, i tre casi riguardavano tutti il compimento di operazioni parzialmente o totalmente esenti da IVA, realizzate secondo il giudice del rinvio allo scopo di conseguire un indebito vantaggio fiscale. Oggetto di abuso è stato un diritto nascente dalla normativa comunitaria secondaria. Mentre però nel caso Bupa Hospitals la Corte non ha individuato specificamente il diritto abusato, negli altri due casi essa ha affermato che ad essere abusato era stato il diritto di detrarre l’IVA ai sensi dell’art. 17 della Sesta direttiva comunitaria.

La decisione più completa è stata resa nel caso Halifax ed il testo della relativa sentenza è stato poi richiamato più volte negli altri due casi. A fini di chiarezza, dunque, si ritiene opportuno citare in maniera più estesa la summenzionata sentenza.

Nel dettaglio, il giudice del rinvio presentava una questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia, chiedendo “se operazioni … realizzate al solo scopo di

155

ottenere un vantaggio fiscale senza un autonomo obiettivo economico … costituiscano cessioni di beni o prestazioni di servizi e un'attività economica ai sensi dell'art. 2, punto 1, dell'art. 4, nn. 1 e 2, dell'art. 5, n. 1, e dell'art. 6, n. 1, della sesta direttiva”273. Al riguardo, la parte privata (la società Halifax)

sosteneva che ad entrambi i quesiti dovesse rispondersi positivamente, mentre il governo del Regno Unito e quello irlandese sostenevano che operazioni che, da un lato, vengano effettuate al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale e che, dall'altro, manchino di un obiettivo economico autonomo non possono considerarsi cessioni o prestazioni effettuate dai partecipanti nell'ambito delle rispettive attività economiche. La Commissione europea, condividendo la posizione espressa dalla parte privata, sosteneva che è irrilevante, ai fini della qualificazione di una fattispecie come cessione di beni o prestazione di servizi nel significato accolto dalla direttiva, lo scopo per cui è eseguita un'operazione.

A questo primo quesito pregiudiziale i giudici del Lussemburgo hanno risposto osservando che “la sesta direttiva stabilisce un sistema comune dell'IVA basato, in particolare, su una definizione uniforme delle operazioni imponibili. … Essa attribuisce, al riguardo, un'amplissima sfera di applicazione all'IVA elencando, all'art. 2, relativo alle operazioni imponibili, oltre alle importazioni di beni, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso. … Inoltre, secondo l'art. 4, n. 1, della stessa direttiva, è soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente un'attività economica, quali che siano lo scopo o i risultati di detta attività. … L'analisi delle definizioni delle nozioni di soggetto passivo e di attività economiche mette in rilievo l'ampiezza della sfera d'applicazione della nozione di attività economiche e il suo carattere obiettivo, nel senso che l'attività viene considerata di per sé, indipendentemente dai suoi scopi o dai suoi risultati”274. … L'obbligo per l'amministrazione fiscale di

procedere ad indagini per accertare la volontà del soggetto passivo sarebbe

273 Halifax, cit., par. 44

274 In passato, la Corte aveva già fornito un’ampia definizione del concetto di “attività economica” nelle

sentenze CGCE, 26 marzo 1987, Commissione v. Paesi Bassi, causa C-235/85; ID., 14 febbraio 1985,

Rompelman, causa C-268/83; ID., 12 settembre 2000, Commissione v. Grecia, causa C-260/98; ID., 27

156

contrario agli scopi del sistema comune IVA di garantire la certezza del diritto e di agevolare le operazioni inerenti all'applicazione dell'imposta dando rilevanza, salvo in casi eccezionali, alla natura oggettiva dell'operazione di cui trattasi”. Da ciò è derivata la conclusione che “operazioni come quelle oggetto del procedimento principale costituiscono cessioni di beni o prestazioni di servizi e un'attività economica ai sensi … della sesta direttiva, poiché soddisfano i criteri obiettivi sui quali sono fondate le dette nozioni”, indipendentemente dalla circostanza che siano state effettuate al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale, senza un autonomo obiettivo economico. Tuttavia, la Corte ha precisato che la qualificazione di un’operazione come economica non implica il

riconoscimento del diritto alla detrazione in presenza di un abuso275.

Ad avviso di chi scrive, la prima risposta fornita dalla Corte in sede di rinvio pregiudiziale è molto significativa, in quanto essa ha riconosciuto espressamente il fondamentale diritto dell’individuo di perseguire un legittimo risparmio d’imposta. Come si è visto nel precedente capitolo di quest’opera, una delle critiche mosse alla giurisprudenza italiana di legittimità è di aver trascurato l’importanza di tale diritto nel definire gli elementi costitutivi dell’elusione fiscale, qualificando molte volte come abusive operazioni poste in essere al solo scopo di ottenere un risparmio d’imposta, anche quando quest’ultimo non potesse qualificarsi in alcun modo come indebito. Invece, con le tre sentenze del 21 febbraio 2006 la Corte di Giustizia ha chiarito che, in linea di principio, la circostanza che una operazione è animata dal solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale non fa venir meno la applicabilità della sesta direttiva in materia di IVA. Ancor prima di trattare la questione della configurabilità o meno di un abuso del diritto e quindi ancor prima di analizzare puntualmente gli elementi costitutivi dell’istituto, i giudici lussemburghesi hanno riconosciuto, in linea di principio, il diritto dei singoli al perseguimento di un legittimo risparmio d’imposta.

157

Ponendo una seconda questione pregiudiziale276, il giudice del rinvio chiedeva

“se la sesta direttiva debba essere interpretata nel senso che essa osta al diritto del soggetto passivo di detrarre ľIVA assolta a monte allorché le operazioni che hanno fatto sorgere tale diritto integrano un comportamento abusivo”. Sotto questo profilo la società Halifax sosteneva che “non esiste, nell'ambito del sistema IVA, una teoria giuscomunitaria dell'abuso di diritto che le autorità fiscali di uno Stato membro possano invocare contro i cittadini per respingere le loro domande di recupero o di detrazione dell'imposta assolta a monte”. Al contrario, il Governo del Regno Unito (e su posizioni sostanzialmente analoghe si sono attestati, oltre alla Commissione europea, il Governo francese e quello irlandese) riteneva che “quello dell'abuso di diritto sia un principio generale dell'ordinamento comunitario”, vietando al soggetto passivo il “diritto di detrarre l’IVA allorché dalla domanda di detrazione risulta che gli obiettivi posti dalla direttiva non sono raggiunti e che il soggetto passivo si è precostituito una giustificazione per la domanda di detrazione”.

Dal canto suo, la Corte ha innanzitutto ricordato che, “secondo una giurisprudenza costante, gli interessati non possono avvalersi fraudolentemente o abusivamente del diritto comunitario”277. “L'applicazione della normativa

comunitaria non può, infatti, estendersi fino a comprendere i comportamenti abusivi degli operatori economici, vale a dire operazioni realizzate non nell'ambito di transazioni commerciali normali, bensì al solo scopo di beneficiare abusivamente dei vantaggi previsti dal diritto comunitario”278

Questo principio di divieto di comportamenti abusivi si applica anche al settore IVA” in quanto un obiettivo riconosciuto e promosso dalla sesta direttiva è

276 Per la verità, nel caso Halifax il giudice del rinvio, con la seconda questione pregiudiziale, chiedeva

“in quali termini l'IVA sia recuperabile ove sia accertato un comportamento abusivo”. La Corte, tuttavia, ha ritenuto di affrontare questa questione dopo essersi occupata della tematica dell’abuso. In ogni caso, la questione della recuperabilità dell’IVA non interessa ai fini di quest’opera, dedicata al profilo definitorio dell’abuso/elusione.

277 A tal fine, vengono richiamate le sentenze 12 maggio 1998, causa C-367/96, Kefalas e a., Racc. pag. I-

2843, punto 20; 23 marzo 2000, causa C-373/97, Diamantis, Racc, pag. I-1705, punto 33, e 3 marzo 2005, causa C-32/03, Fini H, Racc. pag. I-1599, punto 32).

278 Cfr., in tal senso, sentenze 11 ottobre 1977, causa 125/76, Cremer, Racc. pag. 1593, punto 21; 3 marzo

158

proprio “la lotta contro ogni possibile frode, evasione ed abuso”. Dunque, più in generale, il divieto comunitario di abuso del diritto si applica anche al settore delle imposte armonizzate, non essendo esso “immune dal rischio, inerente ad ogni sistema giuridico, che siano esercitate azioni” che, sebbene “formalmente conformi ad una disposizione di legge”, costituiscano “un abuso delle possibilità dischiuse dalla stessa, in contrasto con i suoi scopi ed i suoi obiettivi”279. Il

divieto di abuso del diritto dunque è stato concepito dalla “dottrina Halifax” come un principio interpretativo, ossia “un’indispensabile valvola di sicurezza280per tutelare gli obiettivi di tutte le disposizioni di diritto comunitario

contro un’applicazione formalistica basata unicamente sul loro tenore letterale”281.

“Come la Corte ha più volte dichiarato, tuttavia, la normativa comunitaria dev'essere certa e la sua applicazione prevedibile per coloro che vi sono sottoposti. … Tale necessità di certezza del diritto s'impone con rigore particolare quando si tratta di una normativa idonea a comportare oneri finanziari, al fine di consentire agli interessati di conoscere con esattezza l'estensione degli obblighi che essa impone loro”.

Fatta questa premessa generale la Corte è passata a descrivere i due elementi costitutivi dell’istituto282, i quali, similmente a quanto risultava dalla sentenza

Emsland-Stärke. sono stati distinti in oggettivo e soggettivo.

Quanto al primo, “risulta che nel settore IVA, perché possa parlarsi di un comportamento abusivo, le operazioni controverse devono, nonostante l'applicazione formale delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della sesta direttiva e della legislazione nazionale che la traspone, procurare un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all'obiettivo perseguito da queste stesse disposizioni”283. Occorre dunque che si verifichi una frizione tra

279 AG P. MADURO, Halifax, cit., par. 73. 280 “Safety valve”, nella versione inglese. 281 AG P. MADURO, Halifax, cit., par. 74.

282 F. PEDROTTI, cit., pag. 1019; C. ATTARDI, cit., pag. 7.

283 Nello stesso senso, cfr. AG ALBER, Emsland-Stärke, par. 69: “il metro di giudizio della legalità di

159

applicazione della direttiva secondo la lettera ed applicazione secondo la ratio, id est una frizione tra concessione del vantaggio fiscale, postulata dalla lettera, e

negazione del vantaggio stesso, imposta dal suo spirito284.

Dalla descrizione dell’elemento oggettivo risulta che i giudici lussemburghesi hanno avvertito l’esigenza di definirlo in termini più certi rispetto a quanto

avevano fatto nel precedente caso Emsland-Stärke285. In quest’ultimo, infatti,

l’elemento oggettivo dell’abuso era stato considerato integrato in presenza della prova generica che, “nonostante il rispetto formale delle condizioni previste dalla normativa comunitaria, l'obiettivo perseguito dalla detta normativa non è stato raggiunto”. Non si faceva riferimento espressamente all’ottenimento di un vantaggio fiscale indebito, ma la sua indefettibile ricorrenza nel caso concreto si ricavava in via interpretativa. Al contrario, le tre sentenze pronunciate il 21 febbraio 2006 hanno richiesto espressamente, ai fini della integrazione dell’elemento oggettivo, l’ottenimento di un vantaggio fiscale il quale deve qualificarsi come indebito. La precisazione è stata molto rilevante, in quanto ha aperto definitivamente la strada alla possibilità per il contribuente di compiere operazioni ispirate al solo fine di ottenere un beneficio fiscale. In queste ipotesi il soggetto agente non rischierebbe di subire una contestazione di elusione fiscale/abuso del diritto, purché l’ottenimento di quel beneficio non si ponga in contrasto con l’obiettivo delle disposizioni comunitarie che lo prevedono e lo

applicabili”; CGCE, Emsland-Stärke, cit., par. 52; AG TIZZANO, 18 maggio 2004, Zhu Chen, causa C-

200/02, ha affermato che al fine di stabilire se c’è stato abuso “occorre … accertare se l’interessato,

nell’invocare la norma comunitaria che attribuisce il diritto in questione, ne tradisca lo spirito e la portata”. Il parametro di riferimento dell’abuso “è, dunque, essenzialmente, se vi sia stato o meno un travisamento delle finalità e degli obiettivi della norma comunitaria che attribuisce il diritto in questione”.

284 G. ZIZZO, L’elusione tra ordinamento nazionale ed ordinamento comunitario: definizioni a confronto

e prospettive di coordinamento, in G. MAISTO, cit., pag. 63; nello stesso senso si esprime P.

PIANTAVIGNA, op. ult. cit, pag. 98, il quale afferma che nei casi di abuso “la ratio normativa risulta

essere stata “piegata” a giustificazioni “eccedenti” quelle rinvenibili nella disposizione di legge. La formula illustra bene la possibile frizione fra applicazione formale dei presupposti applicativi della normativa comunitaria, attributiva di benefici fiscali, e la sostanza delle operazioni concrete”; P.

PISTONE, Il divieto di abuso come principio del diritto tributario comunitario e la sua influenza sulla

giurisprudenza tributaria nazionale, cit., pag. 314; A. MARCHESELLI, cit., pag. 805; F. MENTI, cit.,

pag. 4.

160

concedono286. In maniera del tutto opportuna, la Corte ha chiarito questo

punto287: “un imprenditore che ha la scelta tra operazioni esenti ed operazioni

soggette ad imposta può basarsi su un insieme di elementi, in particolare su considerazioni di natura fiscale attinenti al regime obiettivo dell'IVA”288. … A un

soggetto passivo che ha la scelta tra due operazioni la sesta direttiva non impone di scegliere quella che implica un maggiore pagamento IVA. Al contrario, … il soggetto passivo ha il diritto di scegliere la forma di conduzione degli affari che gli permette di limitare la sua contribuzione fiscale”289.

Quanto all’elemento soggettivo, la Corte ha affermato che “deve altresì risultare da un insieme di elementi oggettivi che lo scopo delle operazioni controverse è essenzialmente l'ottenimento di un vantaggio fiscale”.

Pur lasciando qualche incertezza rispetto alla precedente sentenza Emsland Starke, il c.d. “orientamento Halifax” ha individuato il grado di intensità che