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Acque sotterranee: limiti nel loro uso 1 Riflessioni general

A NALISI DEGLI ASPETTI ECONOMICI ED AMBIENTALI LEGATI ALLA DESERTIFICAZIONE *

3.5 Acque sotterranee: limiti nel loro uso 1 Riflessioni general

Circa i due terzi dell’acqua piovana caduta sulla crosta terrestre ritorna in atmosfera a causa del- l’evaporazione e della traspirazione, e gran parte del terzo rimanente, fluendo sulla superficie dei suoli, va ad alimentare fiumi, laghi, ecc. per finire in mare e solamente una porzione residuale drena attraverso gli spazi esistenti fra le particelle del terreno scendendo fino a raggiungere uno strato impermeabile. Qui l’acqua scorre seguendo la pendenza dello strato impermeabile, facendosi strada attraverso le porosità del terreno o le fessure nella roccia. Le acque freatiche, proprio per la loro connessione con le acque di superficie sono fortemente vulnerabili sia in termini quantitativi che qualitativi; esse, infatti, risentono delle magre dei fiumi o dei bacini in genere ma possono anche essere contaminate dai carichi inquinanti presenti nelle acque di superficie. Le acque artesiane, normalmente più profonde, sono normalmente più protette ma non scevre da azioni dissennate dell’uomo.

L’acqua presente nel sottosuolo, grazie alla sua elevata qualità naturale, rappresenta la risorsa idri- ca maggiormente utilizzata per il consumo umano. Questo prezioso bene, accumulatosi nel tempo, non costituisce una risorsa inesauribile ma una riserva d’acqua da vigilare e proteggere come un qualsiasi patrimonio inserito in un processo produttivo, anche perché, come sancito dalla legge 36/94, si tratta di una risorsa comune che fa parte di un sistema idrico integrato e pertanto va valorizzata nell’interesse della comunità.

L’emungimento, spesso compiuto in modo irrazionale, ha sovente alterato in maniera significativa i corpi idrici presenti nel sottosuolo sia sotto il profilo della quantità che quello della qualità pregiudican- done il futuro utilizzo.

3.5.2 Alterazioni provocate dai prelievi incoerenti e limiti d’uso in agricoltura

Senza affrontare il grande problema dei cambiamenti climatici, nessuno può confutare il fatto che gli andamenti climatici, e tra questi anche le tendenze delle precipitazioni annuali, hanno una loro cicli- cità dell’ordine di alcuni lustri, o decenni. Le attività agricole, nei periodi caratterizzati da contrazione piovosa, aumentano il ricorso all’emungimento delle risorse idriche alterando il sistema idrico di bacino.

Inoltre, in tali periodi, le piogge sono normalmente concentrate in una sola stagione, per cui gran parte delle acque fluiranno sulla superficie dei suoli senza avere il tempo di penetrare nel sottosuolo aggiun- gendo un carattere di negatività alla situazione per sua natura già precaria. In altre parole si mette in moto un processo svantaggioso che diminuirebbe ulteriormente la capacità di ricarica delle acque sotter- ranee (freatiche ed artesiane).

Un eccessivo sfruttamento delle acque di falda, rispetto alla capacità di recupero annuale, può pro- vocare un abbassamento considerevole della superficie superiore di falda (tavola d’acqua) diminuendo la sua capacità di alimentare i fiumi nei periodi scarsamente piovosi e provocando dei fenomeni di degrado ambientale. In molti casi possono servire più cicli annuali di piovosità per un ravvenamento significativo della falda; il raggiungimento dei livelli precedenti, ovvero quello esistente prima dell’inizio degli emun- gimenti, non potrà mai essere raggiunto se la capacità di ricarica annuale è inferiore all’emungimento. La riacquisizione di sufficienti condizioni di equilibrio idrologico può richiedere molti anni. La situazione può peggiorare significativamente se anche i livelli delle acque superficiali (fiumi, laghi, ecc.) si abbas- sano a causa della siccità e del loro eccessivo sfruttamento. Sovente a seguito di una diminuzione delle disponibilità di acqua freatica si eseguono perforazioni sempre più profonde, anche utilizzando i vecchi pozzi, fino a raggiungere le acque artesiane mettendo in comunicazione le due acque che come detto in precedenza hanno normalmente qualità diversificate. In questi casi la contaminazione che, con una certa facilità, può passare dai terreni e dalle acque di superficie a quelle freatiche viene trasferita attraverso una via preferenziale alle acque artesiane. Di norma, le acque profonde hanno una elevata qualità ma, in molte regioni italiane, a causa delle citate miscelazioni con acque freatiche, cominciano a registrare livel- li di contaminazione preoccupanti, ed il loro risanamento è molto arduo.

Lo stato di pressione, ovvero l’entità dei prelevamenti, cui è sottoposto un corpo idrico sotterraneo è sostanzialmente noto solo per l’uso potabile, mentre per gli usi agricoli, come per altri usi si hanno ancora dati molto incerti, nonostante il tentativo di fare un catasto dei prelevamenti con l’obbligo della denuncia dei pozzi (D.Lgs. n.275/93). Il ricorso ai corpi idrici sotterranei (che in alcune province italiane può raggiungere percentuali dell’ordine del 70-80% dell’intero fabbisogno) è fortemente legato alla effettive fruibilità di corpi idrici di superficie (laghi, invasi, fiumi).

I livelli acquiferi sono spesso legati alle variegate evoluzioni socio-economiche locali: infatti ove c’è stata una deindustrializzazione o una delocalizzazione industriale il livello degli acquiferi tende a cre- scere, mentre altrove, ove la pressione dei prelevamenti è in crescita, tende drammaticamente ad abbas- sarsi.

Le alterazioni qualitative sono determinate dai carichi inquinanti che attività umane fanno giunge- re nel sottosuolo per palese inosservanza delle severe norme vigenti. Tranne nel caso della presenza natu- rale di sostanze inorganiche, il ritrovamento di questi inquinanti in concentrazioni significative vicine alle soglie di legge è comunque un segnale sfavorevole di rischio per gli acquiferi. Nei piani di tutela regionali, demandati per legge alle regioni, verranno adottate misure atte a prevenire le cause dell’inqui- namento e a rimuovere le origini del rischio. In tali piani saranno inoltre considerati gli effetti della even- tuale interconnessione delle acque sotterranee con corpi idrici superficiali di particolare pregio il cui obiettivo ambientale, a causa della pericolosità, della persistenza e dei processi di bioaccumulo di alcuni inquinanti, prevede per questi, valori di concentrazione più cautelativi. Inoltre scarichi non controllati nel sottosuolo e nelle acque sotterranee, nonché l’uso/abuso di fertilizzanti e pesticidi nel recente passato hanno peggiorato sensibilmente la qualità delle acque sotterrane.

Non va tralasciato l’aspetto dell’utilizzo improprio dell’acqua potabilizzata e destinata al consumo umano. Della quantità totale immessa negli acquedotti italiani si stima che solo il 19% viene consumata attraverso i rubinetti domestici, mentre il 48% viene impiegata in agricoltura (generalmente allevamenti), il 19% nell’industria ed il 14% per il raffreddamento di centrali elettriche. Per di più, oltre un terzo del- l’acqua viene scaricata dopo il suo utilizzo senza alcuna depurazione e di questa, quasi un quarto, non

viene immessa nella rete fognaria contribuendo all’inquinamento di falde, fiumi e laghi.

Le alterazioni quali-quantitative delle acque sotterranee, nonostante la scarsa conoscenza del siste- ma idrico sotterraneo, evidenziano la necessità di creare una nuova cultura dell’acqua al fine di accresce- re la consapevolezza sul fatto che:

- l’acqua è un patrimonio prezioso e comune - esistono forti limiti di disponibilità idrica

- l’uso agricolo della risorsa idrica sotterranea è soltanto un aspetto di una sola componente del più ampio sistema idrico integrato

- è necessario definire, bacino per bacino, la scala di priorità dei suoi usi

- non è più procrastinabile la tutela dei corpi idrici, ed in modo particolare di quelli sotterranei, dall’ec- cessivo sfruttamento e dall’inquinamento

- è urgente iniziare il lungo processo di ricostituzione delle condizioni di normalità delle acque freati- che costiere; ciò verrà fatto ricostruendo le barriere naturali delle acque freatiche in prossimità del mare, al fine di impedire l’intrusione del cuneo salino. L’interruzione dell’emungimento e l’immissio- ne di acque dolci in falda può richiedere decenni di interventi.

- il ricorso agli acquiferi è giustificato solo nei casi in cui non è possibile servirsi del sistema idrico di superficie (fiumi, laghi, ecc.)

- l’eventuale prelievo deve essere effettuato con saggezza e parsimonia onde non alterare significativa- mente il bilancio idrico di bacino e non avviare il complesso processo di alterazioni ambientali sopra menzionate.

Tutto ciò mette in luce l’esigenza di compiere un sistematico e periodico monitoraggio quali- quantitativo su un reticolo di punti d’acqua significativi e rappresentativi delle condizioni idrogeologi- che, delle attività antropiche locali (incluso l’uso del suolo), delle situazioni di inquinamento in atto, delle azioni di risanamento intraprese o da intraprendere e dello status di vulnerabilità. La conoscenza di un ridotto gruppo di parametri chimici, fisici e microbiologici delle acque sotterranee, permette una loro caratterizzazione anche al fine di individuare le aree incontaminate, quelle critiche, e quelle potenzial- mente soggette a crisi.

Il monitoraggio quantitativo (livello piezometrico e portata) permette di acquisire i dati relativi agli acquiferi, necessari per la definizione del bilancio idrico di bacino, e di caratterizzare i singoli acqui- feri in termini di potenzialità, produttività e possibilità di sfruttamento. Un corpo idrico sotterraneo è in condizioni di equilibrio quando le estrazioni o le alterazioni della velocità naturale di ravvenamento sono sostenibili nel lungo periodo. Sulla base delle alterazioni misurate, o previste, di tale equilibrio viene definito lo stato quantitativo dei corpi idrici sotterranei. Il monitoraggio dei parametri macrodescrittori previsti dal D.Lgs 152/99 per la classificazione, e la valutazione dell’antropizzazione del territorio in esame ha come scopo il controllo del comportamento e delle modificazioni nel tempo dei sistemi acqui- feri. Sulla base delle conoscenze acquisite attraverso le attività di monitoraggio di cui sopra e collazio- nando le classi chimiche e quantitative (D.Lgs 152/99) verrà determinato lo stato ambientale (quali-quan- titativo) dei singoli corpi idrici sotterranei.

Sarà infine necessario sviluppare degli indicatori specifici capaci di interpretare la situazione reale e di delineare le azioni da intraprendere, per non compromettere il sistema idrico integrato e per non esporre a rischio la fruibilità della risorsa idrica per quei settori di primaria esigenza vitale. In considera- zione della enorme importanza ponderale dell’irrigazione rispetto ai vari usi dell’acqua sotterranea in agricoltura, i primi indicatori di riferimento da sviluppare potrebbero essere quello di irrigabilità, di effet- tiva irrigazione, di sfruttamento degli acquiferi.

La via maestra per la tutela delle acque sotterranee è solo quella di non superare mai con gli emungimenti la capacità di ricarica annuale.

Il degrado ambientale, che minaccia la fertilità dei suoli e conseguentemente la produttività agri- cola, determinato dall’eccessivo e/o scriteriato emungimento è riconducibile ai seguenti problemi: - inaridimento del suolo che non riesce più ad essere umidificato per capillarità (specie nelle regioni

centrali, meridionali ed insulari)

- estinzione delle biocenosi sotterranee (microrganismi, geofagi, ecc) - perdita della sostanza organica esistente (eremacausi)

- esaurimento delle componenti umiche del suolo - prevalenza delle componenti scheletriche del suolo - innesco di processi erosivi

- ridotta o addirittura azzerata capacità del suolo a trattenere acqua - ridottissime capacità di produzione di nuova sostanza organica

- contaminazione del suolo con i carichi inquinanti trasferiti alle acque sotterranee usate per irrigare - mobilitazione delle acque più profonde normalmente più mineralizzate

- inquinamento salmastro delle falde di pianure costiere quando l’abbassamento è tale da permettere alle acque marine di risalire nel sottosuolo anche per alcune decine di chilometri.

3.5.3 Difesa del patrimonio idrico sotterraneo

Troppo spesso nel passato la funzione dell’agronomo è stata emarginata dai processi decisionali e gestionali del sistema idrico integrato. Il degrado ambientale e la perdita di fertilità dei suoli italiani che minacciano la produttività agricola sono sicuramente il risultato di una scarsa attenzione a tali problema- tiche ma anche dell’assenza di una figura professionale che molto può contribuire in tal senso.

Per questo si auspica che agronomi e imprenditori agricoli collaborino con autorità di bacino ed enti territoriali e locali per il rispetto integrale dei piani di tutela delle acque al fine di non compromettere i relativi bilanci idrici. A questo scopo, amministratori, pianificatori territoriali, tecnici agricoli ed imprenditori agricoli dovranno intraprendere azioni congiunte per promuovere:

- la regimentazione delle esondazioni anche in coerenza con gli avvicendamenti colturali;

- una particolare prudenza per non pregiudicare il patrimonio idrico sotterraneo (acquiferi superficiali, profondi ed in pressione) a causa di eccessivi prelievi e miscelazione delle diverse acque disposte a vari livelli nel sottosuolo. Il ricorso alle acque sotterranee dovrebbe essere ammesso solamente laddo- ve non vi siano altre possibilità;

- accordi volontari di auto regolazione dei prelievi anche in conformità con le priorità di utilizzo; - pratiche che favoriscano il ravvenamento delle falde e conseguentemente riducano significativamente

il ruscellamento superficiale delle acque meteoriche e l’erosione del suolo (sistemazione superficiale dei suoli, arature meno profonde);

- pratiche agricole che riducano al minimo la lisciviazione ed il percolamento di nutrienti, sostanze organiche persistenti (POPs) e metalli pesanti;

- scelte produttive coerenti con le potenzialità dell’ecosistema e, in particolare, con le loro idroesigen- ze;

- pratiche irrigue a risparmio idrico con sviluppo di sistemi di controllo sugli specifici consumi idrici colturali;

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