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Razionale utilizzazione delle acque 1 Diminuzione della disponibilità idrica

A NALISI DEGLI ASPETTI ECONOMICI ED AMBIENTALI LEGATI ALLA DESERTIFICAZIONE *

3.4 Razionale utilizzazione delle acque 1 Diminuzione della disponibilità idrica

La consapevolezza che l’acqua sia un bene da tutelare è recente. Solo dagli anni ‘70 la Comunità Europea emana normative rivolte a tutelare l’acqua sia sotto il profilo quantitativo che quello qualitativo, considerandola una componente del bene-ambiente meritevole di particolare protezione.

La maggior parte dei comprensori irrigui italiani garantisce il proprio approvvigionamento idrico per l’agricoltura ricorrendo alle acque superficiali. Negli ultimi anni, in molte zone italiane si è verificata una diminuzione della disponibilità idrica per l’agricoltura, con conseguente esigenza di individuare gli interventi più opportuni da adottare per un uso più razionale dell’acqua.

La diminuzione temporanea della disponibilità idrica, legata a periodi di siccità, è stata negli ulti- mi anni assai significativa su tutto il territorio nazionale. Il deficit medio annuo di deflusso ha raggiunto punte del 63% in Sicilia, con effetti molto onerosi per l’agricoltura irrigua.

La diminuzione permanente di risorse idriche per l’agricoltura può essere dovuta a cause naturali, ma spesso è dovuta anche all’intervento scoordinato dell’uomo che è riuscito a modificare l’assetto idro- geologico locale e conseguentemente il relativo microclima. Dall’analisi di dati pluviometrici di un set- tantennio in Sicilia è emersa una significativa tendenza all’aggravamento degli eventi siccitosi per seve- rità e intensità.

La diminuzione della disponibilità idrica ha provocato importanti modificazioni dell’assetto agri- colo nazionale, quali: la riduzione delle superfici irrigate e/o delle rese, il peggioramento della qualità di alcuni prodotti, la sostituzione di colture irrigue con colture meno idroesigenti, incremento dell’uso di fonti di approvvigionamento integrative, anche di qualità più scadente, reperite autonomamente dagli agricoltori (con costi generalmente non competitivi, talvolta pregiudicandone la produttività e producen- do effetti negativi sull’ambiente).

Gli enti gestori delle reti irrigue collettive non sono stati sempre in grado di effettuare efficaci interventi per contrastare la riduzione di disponibilità. Mentre misure di mitigazione sono state spesso

prese a livello locale da parte degli agricoltori anche senza pianificazione. Tali provvedimenti, con parti- colare riferimento all’Italia meridionale ed insulare, sono essenzialmente consistiti nella realizzazione di invasi aziendali per l’accumulo di acque fluenti nella stagione piovosa e nella esecuzione di nuovi pozzi con un maggior ricorso all’uso di acque sotterranee.

Per quanto concerne gli invasi artificiali non va sottovalutato il problema delle perdite dovute essenzialmente a:

- evaporazione - di rilevante entità nelle regioni a clima caldo arido, specie se ventose. I livelli dei bacini possono abbassarsi dai 2 m/anno nel caso di climi asciutti e caldi ad 1 m/anno nel caso di climi umidi e freschi2.

- cacciate dagli scarichi di fondo degli invasi – sono perdite difficilmente riducibili, si tratta infatti di quote considerevoli del volume idrico invasato per la gestione dei sedimenti, per salvaguardare la funzionalità degli scarichi di fondo, e favorire il ripristino a valle delle condizioni di trasporto solido preesistenti alla realizzazione dello sbarramento.

- infiltrazione – dipende dai materiali costituenti il fondo e le sponde dei bacini di raccolta; la presenza di sedimenti fini o materiale biologico può ridurre tali perdite.

- sfiori - si verificano in annate eccezionali, nei casi in cui la capacità degli invasi risulta sottodimen- sionata rispetto ai deflussi di punta. L’acqua che sfiora non può essere accumulata e costituisce una perdita.

Va anche ricordato che, nell’ultimo quinquennio, in molte zone d’Italia tale situazione è stata aggravata, dal trasferimento, al settore civile, di risorse superficiali normalmente destinate all’agricoltura. 3.4.2 Misure di razionalizzazione

La restrizione delle risorse idriche disponibili impone l’attuazione di una razionale gestione del- l’irrigazione e l’individuazione di misure orientate a:

a) ottimizzare l’uso delle risorse esistenti grazie a:

- migliorata efficienza idrica dei sistemi di distribuzione collettiva e aziendale anche riducendo le per- dite di attingimento e trasporto dell’acqua;

- limitate derivazioni di acque fluenti (per assicurare il minimo deflusso vitale nei corsi d’acqua), e di acque invasate sia naturali che artificiali (per limitare l’abbassamento eccessivo del livello idrico); - obblighi o incentivi aventi l’obiettivo di ridurre la domanda e di sviluppare una gestione conservati-

va dell’irrigazione

- attingimento contenuto di acque sotterranee; - gestione pluriennale dei serbatoi;

b) incrementare le risorse disponibili mediante

- integrazione di sistemi complessi di risorse idriche tramite connessioni fisiche e gestionali dei gran- di sistemi di approvvigionamento anche mediante il trasferimento dell’acqua da altre regioni; - ricorso a nuove risorse: quali l’uso di acque invasate normalmente non utilizzate per l’agricoltura,

l’uso di acque reflue depurate, attingimento a nuovi acquiferi sotterranei;

- immagazzinamento dell’acqua di pioggia nello strato di terreno esplorabile dalle radici sia accre- scendo la capacità di ritenzione idrica del terreno, sia aumentando lo spessore di tale strato di terre- 2 Sperimentazioni, condotte nel deserto di Negev in Israele, hanno messo in luce che con la realizzazione di bacini profondi ma con ridotta estensione superficiale diminuiscono le perdite evaporative in maniera più significativa rispetto alla copertura di bacini con materiali plastici sostenuti da travi galleggianti.

no;

c) minimizzare gli effetti negativi tramite

- predizione della siccità con le tradizionali previsioni meteo di breve durata o attraverso lo studio dei tempi di ritorno della siccità basato su serie temporali di osservazioni passate;

- riduzione dei rischi mediante assicurazioni o integrazioni in caso di eventi calamitosi, ma anche attraverso la scelta di specie resistenti alla siccità, l’ottimizzazione dell’irrigazione e l’adozione di pratiche colturali mirate a ridurre i consumi idrici.

3.4.3 Pratiche colturali risparmiatrici d’acqua e gestione dell’irrigazione

Per mettere a punto metodologie appropriate e di carattere locale è necessario che nei Consorzi di bonifica vi siano servizi agrari diretti da agronomi, senza dei quali prevarrà la gestione ingegneristica ed amministrativa dell’irrigazione. Ancora oggi non è così sia al sud che al nord.

Poiché circa il 75% del territorio nazionale è caratterizzato da precipitazioni piovose insufficienti a soddisfare i fabbisogni idrici delle colture e sempre maggiori esigenze idriche per scopi civili ed indu- striali si fanno più pressanti, l’aridocoltura assume carattere di grande attualità. Tale pratica, adottata in modo razionale e su basi scientifiche, può permettere interessanti profitti, non soltanto nelle aree non irri- gue ma anche in quelle irrigate. La semina dovrebbe, per quanto possibile essere anticipata in modo da permettere che il ciclo colturale sia interessato da un più ampio periodo delle piogge, con un migliore uti- lizzo delle risorse idriche naturali. Dopo aver favorito la costituzione di una riserva idrica nel terreno più o meno abbondante, in relazione alle caratteristiche dello stesso e all’andamento pluviometrico, le suc- cessive pratiche di aridocoltura mirano a ridurre l’evapotraspirazione (ET) agendo:

1. sui fattori climatici, attraverso la realizzazione di barriere frangivento che riducono fortemente l’ET dovuta alla ventosità;

2. sul terreno mediante:

- la pacciamatura che rallenta i deflussi idrici superficiali fino al 50%, ma riduce, anche, l’evaporazio- ne diretta dal terreno in quanto attenua la quantità di energia solare che raggiunge la superficie del suolo e soprattutto riduce il flusso di vapore dal terreno all’atmosfera, evita gli effetti negativi sugli aggregati strutturali del terreno causati dall’azione battente della pioggia;

- il maggese che lasciando il terreno libero da colture per un anno intero praticando lavorazioni perio- diche superficiali, sia per liberarlo da infestanti che per favorire l’infiltrazione dell’acqua di pioggia e limitarne le perdite per evaporazione. A seguito del regime di set aside, proposto dalla PAC, questa pratica si è diffusa dal 1991 anche in aziende che non la praticavano;

- la sarchiatura che riduce la risalita per capillarità dell’acqua in fase liquida, arrestandola all’interfac- cia tra strato non lavorato e strato sarchiato e non alla superficie del terreno; inoltre la sarchiatura distrugge le erbe infestanti e, quindi, annulla i loro consumi per ET

3. sulla superficie fogliare, aumentando la resistenza stomatica con l’uso di antitraspiranti: capaci di attenuare o il trapasso dell’acqua dallo stato liquido a quello gassoso nella camera sottostomatica, oppure il flusso di vapore dalla camera sottostomatica all’atmosfera.

La gestione dell’irrigazione presenta non poche complessità che richiedono l’adozione di metodo- logie appropriate alle condizioni specifiche locali. Gli obiettivi da perseguire dovranno essere connessi alla corretta distribuzione ed alla attenta gestione delle risorse disponibili. Purtroppo, mentre vengono generalmente impegnate notevoli risorse umane e finanziarie per la progettazione e realizzazione degli impianti, risultano spesso scarse le risorse utilizzate per attività di conduzione e controllo dell’esercizio

delle reti irrigue collettive.

Il miglioramento delle condizioni irrigue potrebbe inoltre essere favorito dall’adozione delle seguenti tecniche3:

sviluppo di reti idro-meteorologiche, data-base e sistemi informativi da cui desumere le informa- zione necessarie per la previsione della disponibilità idrica e del fabbisogno in tempo reale. Tra tali siste- mi, in particolare, i GIS forniscono supporti utili ai programmi di gestione irrigua;

esercizio e gestione di serbatoi in tempo reale, facendo uso di modelli deterministici, e/o probabi- listici, che utilizzano serie storiche (sia idrologiche che meteorologiche) al fine di prevedere l’entità dei volumi invasati, degli afflussi e delle domande idriche;

sistemi di supporto alle decisioni utili nell’esercizio dei serbatoi, al fine di scegliere le alternative di utilizzo della risorsa idrica e le colture da irrigare in relazione ai volumi disponibili ed ai più rilevanti fattori economici ed ambientali;

sistemi di controllo a distanza per la regolazione automatica dei serbatoi e dei sistemi di trasporto e distribuzione, soprattutto nei periodi siccitosi

pianificazione di misure di emergenza nel caso di siccità per stabilire le politiche di assegnazione e derivazione delle risorse e per la valutazione di idonee regole di esercizio. In ambienti con limitata disponibilità di risorse idriche per l’irrigazione si ricorre di frequente all’irrigazione di soccorso praticata durante le fasi fenologicamente critiche nei confronti dell’acqua;

irrigazione deficitaria o sottoirrigazione con la quale può essere raggiunta la massima convenienza economica somministrando volumi irrigui inferiori a quelli di massima produzione: essa è ampiamente praticata nelle aree caratterizzate da modeste disponibilità di risorse idriche4. Potrebbe risultare conve-

niente utilizzare le risorse per irrigare quelle colture che, nelle specifiche condizioni ambientali, hanno livelli di ET sostenibili e ricevono maggior beneficio dall’irrigazione in termini produttivi ed economici. Non sempre il valore dell’incremento produttivo dovuto all’irrigazione risulta superiore al costo dell’e- sercizio irriguo5. La produttività dell’acqua può essere definita come rapporto tra il valore economico

della produzione della coltura irrigua e il costo del volume di acqua impiegato per l’irrigazione, e può essere aumentata attraverso una gestione dell’irrigazione aziendale legata all’andamento della relazione rese-volumi.

La programmazione dell’irrigazione deficitaria implica la scelta di colture e metodi irrigui idonei, oltre che del livello di deficit da assegnare a ciascuna coltura in relazione a ciascun ambiente agrario (clima, terreno, costi, ecc.). Relativamente alla scelta delle colture, i requisiti fondamentali atti a sostene- re una irrigazione deficitaria, sono: la maturazione precoce, la resistenza alla carenza idrica e l’elevata capacità produttiva.

Le colture erbacee più indicate per gli ambienti a clima mediterraneo sono quelle a ciclo autunno- primaverile, periodo in cui la disponibilità di acqua di pioggia è massima e la domanda evapotraspirativa dell’ambiente è minima. Per quanto riguarda la resistenza alla scarsità di disponibilità idrica si possono riportare le seguenti indicazioni orientative:

- frumenti: i duri più resistenti dei teneri; i precoci più dei tardivi;

3 Nelle esperienze condotte per migliorare l’efficienza dei sistemi irrigui nei grandi comprensori padani, ad esempio, l’interesse è stato, molto spesso, rivolto al perfezionamento degli impianti esistenti piuttosto che all’adozione di metodi innovativi orientati a contenere i consumi idrici. Un’interessante innovazione riguarda l’introduzione dei programmatori volumetrici ed orari e di sistemi di memorizzazio- ne dei consumi che consentono una più accurata programmazione delle erogazioni, con la predeterminazione sia dell’orario consentito per il prelievo, sia del volume massimo giornaliero,

4 In India, ad esempio, nel canale Yamuna occidentale, la quantità di acqua erogata (con portate pari a 12,0 l/min/ha) costituisce solo il 20-25% dell’ET corrispondente alla massima produzione. Le fluenze invernali sono invasate in piccoli serbatoi aziendali che forniscono una capacità di riserva di circa il 20% della richiesta stagionale, sostenendo le colture nei periodi di maggiore criticità. La politica india- na di utilizzo della risorsa idrica è, comunque, orientata al pieno impiego della disponibilità negli anni non siccitosi.

5 Progetto “Water Productivity in India and Pakistan” in corso in alcune zone del nord dell’India e del Punjab del Pakistan per lo studio della gestione delle risorse idriche attraverso l’analisi comparativa dei sistemi di irrigazione.

- orzi: più resistenti dei frumenti;

- avene: le varietà precoci più resistenti delle tardive;

- legumi, in ordine decrescente: fava, lupino bianco, lenticchia, cece, pisello; - erbai: veccia, favetta, fieno greco, più resistenti del trifoglio incarnato;

- prati, in ordine decrescente di resistenza: sulla, medica, lupinella, trifoglio pratense; - patate: le colture vernine-primaverili più resistenti di quelle primaverili-estive; - lino da seme più resistente del tabacco leggero;

- senape nera più resistente di colza e ravizzone;

- girasole più resistente del ricino e quest’ultimo più del cotone.

Le specie arboree che si adattano meglio a condizioni di scarsità idrica sono quelle caratterizzate da apparato radicale espanso e profondo, capaci di esplorare un notevole volume di terreno e di attingere acqua dagli strati profondi. In caso di limitata disponibilità idrica, selezionare le colture arboree più ido- nee risulta spesso difficile, sia perché spesso risulta azzardato effettuare previsioni dell’andamento a lungo termine del mercato, sia perché si incontrano difficoltà a modificare ed adeguare abitudini e capa- cità.

3.5 Acque sotterranee: limiti nel loro uso

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