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La fattibilità di un programma di investimenti per la razionalizzazione degli usi dell’acqua irrigua

A NALISI DEGLI ASPETTI ECONOMICI ED AMBIENTALI LEGATI ALLA DESERTIFICAZIONE *

TIPOLOGIE DI DEGRADO Inquinamento chimico organico (CO)

3.9. La fattibilità di un programma di investimenti per la razionalizzazione degli usi dell’acqua irrigua

L’importanza dell’irrigazione è messa bene in evidenza da quanto osservato in precedenza. L’agricoltura irrigua in Italia non sembra godere tuttavia di buona salute. I processi di ristrutturazione territoriale che hanno investito negli ultimi anni il comparto non hanno risparmiato le aree irrigue.

Dal 1990 al 2000 ad una riduzione della SAU di circa il 12% (1.840.000 ettari) ha fatto riscontro una contrazione della superficie irrigata del 9% (240.000 ettari), con punte del 24% nelle regioni del Centro e del 15% circa nelle Isole. Le difficoltà dell’agricoltura irrigua sono segnalate con evidenza anche maggiore dalla forte contrazione delle aziende che praticano l’irrigazione, passate da 935.000 a 730.000 unità tra i due ultimi Censimenti, con una riduzione che sfiora il 22% (Tabella 3.22).

Tabella 3.22 - Superficie agricola utilizzata, irrigabile e irrigata al 1990 e al 2000 (in migliaia di ettari)

SAU Sup. irrigabile Sup. irrigata Aziende n°

1 9 9 0 2 0 0 0 1 9 9 0 2 0 0 0 1 9 9 0 2 0 0 0 1 9 9 0 2 0 0 0 Nord 5.206,3 4.865,9 2.302,4 2.346,2 1.694,1 1.583,0 328,2 231,7 Centro 2.707,4 2.456,8 391,4 378,2 235,4 178,7 117,1 90,1 Sud 4.175,4 3.581,5 789,3 793,0 519,8 486,3 333,1 274,7 Isole 2.957,1 2.302,1 386,0 374,7 261,8 223,4 156,3 134,5 Totale 1 5 . 0 4 5 , 9 1 3 . 2 0 6 , 3 3 . 8 6 9 , 2 3 . 8 9 2 , 1 2 . 7 1 1 , 2 2 . 4 7 1 , 4 9 3 4 , 6 7 3 1 , 1 2000/1990 variazioni % Nord -6,5 1,0 -6,5 -29,4 Centro -9,2 -3,4 -24,1 -23,0 Sud -14,2 1,0 -6,4 -17,5 Isole -22,2 -2,9 -14,7 -13,9 Totale -12,2 1,0 -8,8 -21,8

Fonte: Censimento generale dell’agricoltura, 1990 e 2000

Si è già accennato alle possibili cause che concorrono ad indebolire l’economia irrigua. Tra queste vanno ricordate la minore protezione accordata all’agricoltura dalla politica agraria dell’Unione Europea e la lievitazione dei costi, in specie del lavoro. La riduzione della superficie irrigata è in parte dovuta però anche alla forte crescita degli spazi dedicati alle infrastrutture e all’espansione urbana, che ha inte- ressato soprattutto le aree di pianura e i fondo valle, dove si è tradizionalmente sviluppata la pratica irri- gua.

Quest’ultimo fenomeno, in condizioni di elevata redditività dell’agricoltura irrigua, sarebbe stato certamente compensato dalla espansione dell’irrigazione sull’ampia disponibilità di superfici attrezzate ma utilizzate per colture asciutte. Il possibile avanzamento dell’area irrigata ad un primo esame non sem- brerebbe impedito dalla disponibilità potenziale delle risorse idriche destinate all’irrigazione. Viceversa, la superficie irrigata, che nel 1990 raggiungeva il 70% della superficie irrigabile, nel 2000 era scesa al 63,5%. Va segnalato in proposito che il quadro conoscitivo in termini di disponibilità, fabbisogni e uso delle acque a scopo irriguo è molto carente. La citata Conferenza nazionale delle acque, con dati aggior- nati al 1984 e pubblicati nel 1989, unica fonte attendibile, stima che su 52 miliardi di metri cubi comples- sivamente disponibili in Italia la metà è destinata all’agricoltura. Secondo queste stime la disponibilità teorica media di acqua per l’irrigazione sarebbe pari a circa 6700 metri cubi per ettaro di superficie irri- gabile. Valutazioni riferite alle dotazioni idriche per area geografica effettuate dall’IRSA-CNR mostrano tuttavia una realtà molto difforme. Sulla base di criteri di calcolo indiretti fondati sui fabbisogni idrici e sulle dotazioni medie per ettaro irrigato, l’IRSA-CNR stima in 21,5 miliardi di metri cubi il volume di acqua prelevato dall’agricoltura, distribuito per il 67% al Nord, per il 5% nelle regioni del Centro e per il

28% nel Mezzogiorno (Tabella 3.23).

Tabella 3.23 - Prelievi idrici per uso irriguo7

Quantità mc per mc per

milioni di mc % ha irrigato ha irrigabile

Nord 14.360 67,0 9.070 6.119

Centro 1.070 5,0 5.995 2.832

Sud e Isole 6.000 28,0 8.454 5.138

Totale 21.430 100,0 8.670 5.505

Fonte: Conferenza nazionale sulle acque 1971 e aggiornamenti 1989. IRSA-CNR, Un futuro per l’acqua in Italia, 1999

Secondo questi dati, le disponibilità idriche per ettaro di superficie irrigabile ammonterebbero a 6.100 metri cubi nel Nord, a 2.800 nel Centro e a 5.100 nel Mezzogiorno. Riferiti alla superficie irrigata, i dati proposti dall’Istituto delle acque indicherebbero dotazioni di 9.000 metri cubi al Nord, di 6.000 al Centro e di circa 8.500 nelle regioni meridionali. Pur considerando il carattere teorico e puramente indi- cativo di tali dati, che se depurati delle perdite di varia natura che si verificano nel corso della distribu- zione si riducono in misura non trascurabile, la disponibilità di acqua per l’irrigazione, sebbene assai diversa nelle tre circoscrizioni territoriali ed espressione di dotazioni medie, indica comunque prelievi per ettaro assai elevati.

Già da questo primo parziale quadro dell’irrigazione emerge con evidenza che, in assenza di signi- ficativi interventi mirati a razionalizzare gli impieghi irrigui, i consumi attuali consentono solo limitate possibilità di estendere la superficie irrigata. Una razionalizzazione dell’uso dell’acqua si è imposta di recente come necessità imprescindibile in tutti i settori di impiego in conseguenza della crescita dei con- sumi e di un tendenziale contrarsi delle disponibilità a causa dei mutamenti climatici.

La rottura dei cicli stagionali è stata negli ultimi anni accompagnata da lunghi periodi di siccità, cui sono seguite improvvise e eccessive precipitazioni che hanno impedito la ricarica delle falde e dei bacini artificiali. Oltre ai danni di varia natura provocati, i cambiamenti climatici hanno portato pregiu- dizio alla produzione agricola, in specie nel Mezzogiorno ove l’irrigazione è prevalentemente tributaria della potenzialità degli invasi.

L’agricoltura, quale principale consumatrice delle disponibilità idriche nazionali, è stata sollecita- ta spesso a contenere i propri consumi. È ben noto che con opportuni interventi è oggi possibile raziona- lizzare gli impieghi irrigui, riducendoli senza pregiudizio per la produzione e, attraverso l’ottimizzazione delle tecniche irrigue, mirare ad una estensione dell’area irrigua. A questo fine, da una parte occorre migliorare e rendere efficiente il sistema di raccolta e distribuzione delle acque irrigue minimizzando le perdite di rete, dall’altra occorre adottare tecniche di adacquamento a “risparmio”, quali l’irrigazione a goccia, e dove possibile utilizzare i reflui urbani opportunamente trattati. Le perdite si hanno anche nel- l’esercizio stesso dell’irrigazione perché è sempre difficoltoso definire senza errori i vari parametri (turno, volume di adacquamento adeguato alle esigenze delle colture ed alle caratteristiche dei terreni, compatibilizzazione con gli apporti idrici naturali, ecc.). Infatti, definita da G. Medici, l’irrigazione costi-

7 La differenza riscontrabile nell’area meridionale, tra i 6 e i 6,8 miliardi di m3indicati, rispettivamente dai rilievi CNR-IRSA del 1999 e

l’indagine INEA del 2002 (Tab. 1) – che non sono volumi utilizzati, ma solo disponibili, e dei quali fanno parte anche le capacità dei ser- batoi che alimentano nel Sud l’irrigazione, ma anche l’uso potabile, la produzione di energia e gli impieghi dell’industria, determinabili

in 5,194 miliardi di m3– ed il volume di 3,124 miliardi di m3destinati (Tab. 2) e, quindi, disponibili per l’irrigazione è dovuta in gran

parte alla perdurante inagibilità di molti dei 36 serbatoi di recente ultimazione. Parte di questi, peraltro, non sono collegati ancora alle

reti adduttrici e distributrici di valle, per un volume complessivo di circa 1,9 miliardi di m3; essi sono in fase di riempimenti sperimentali

e per almeno 900 milioni di m3non sono erogabili, anche per le limitazioni poste dal Registro Italiano Dighe (RID) per serbatoi già in

funzione, a seguito di sospette carenze statiche o di ristrutturazione e manutenzioni straordinarie in corso. Tale situazione, assieme alle note riduzioni pluviometriche di quest’ultimo quinquennio, limita la capacità di accumulo per invaso e di erogazione di circa altri 2,30

tuisce una pratica particolarmente raffinata.

Questi indirizzi sono stati recentemente adottati dalla citata Delibera CIPE del 2002 con l’appro- vazione del “Programma nazionale per l’approvvigionamento idrico in agricoltura e per lo sviluppo del- l’irrigazione”. Per la concretizzazione del Programma nel Sud, vengono ricavate risorse finanziarie dalle riserve del fondo destinate ad opere avviate a carico dell’ex intervento straordinario per il Mezzogiorno e dalle economie risultanti da precedenti interventi in aree depresse, per complessivi 234,9 milioni di euro. Mentre per l’attuazione del Programma nel Centro-nord, è previsto un ulteriore stanziamento di 175 milioni di euro a valere sulle risorse del Ministero delle politiche agricole e forestali. Non si hanno ele- menti per valutare l’ammontare dei finanziamenti necessari per realizzare gli ambiziosi obiettivi del Programma. Può essere utile tuttavia rilevare che gli stanziamenti per il Mezzogiorno sono pari a 200 euro per ettaro di superficie irrigabile; quelli, da approvare, per il Centro-nord a 64 euro. Le somme stan- ziate riguardano, beninteso, la sola quota di investimenti pubblici. Il Programma nulla prevede a soste- gno degli ingenti investimenti che dovranno sopportare gli agricoltori per realizzare gli interventi di razionalizzazione, ottimizzazione e minimizzazione dei consumi coerenti con il Programma, che preve- de, come si è detto, lo sviluppo dell’irrigazione in presenza di una tendenziale contrazione delle disponi- bilità della risorsa idrica.

Tenuto conto delle crescenti difficoltà di accesso al credito dovute anche al contrarsi dei ricavi in rapporto ai costi, una possibile via per il finanziamento degli investimenti privati potrebbe essere l’impo- sizione di una tassa di scopo da restituire interamente alle imprese che intendono affrontare i costi del- l’ammodernamento degli impianti irrigui. Si tratta di una misura di non facile applicazione a causa della forte differenza dei costi dell’acqua nelle diverse realtà e della insufficiente conoscenza degli elementi che concorrono alla formazione dei costi stessi; tale misura va adottata dunque gradualmente e in via sperimentale a partire dalle situazioni in cui l’acqua è distribuita dai consorzi di irrigazione, dove insieme a conoscenze più puntuali della realtà delle imprese si hanno anche strumenti per evitare effetti distorsivi. L’ipotesi di levare una tassa di scopo sull’acqua irrigua appare giustificata in linea teorica dal modesto costo della risorsa.

Secondo i dati pubblicati dall’INEA, la spesa per acqua irrigua dell’agricoltura italiana nel 2000 era pari a 245 milioni di euro, l’1,8% dei costi sopportati dal settore. Anche ipotizzando perdite tra il 20- 25% della rete e quindi prelievi delle aziende di 16-17 miliardi di metri cubi, il costo unitario non supere- rebbe mediamente 0,015 euro. Con riferimento alle dotazioni medie per ettaro, che risultano dalle stime dell’IRSA-CNR, come sopra depurate dalle perdite, il costo medio per ettaro irriguo risulterebbe di circa 100 euro, che si riducono a 64 per ettaro irrigabile. Si tratta di un livello di poco superiore a quello rile- vato nelle aree gestite dai consorzi di irrigazione, corrispondenti ai contributi versati dalle aziende per la complessiva superficie servita (irrigabile), che nella media nazionale ammontano a 52 euro per ettaro (Tabella 3.24).

Tabella 3.24 - Contributi per l’irrigazione e superficie interessata nel 2001

Totale contributi Superficie Contributi per ha

(migliaia di €) (ha) (€) Nord 82.639 2.339.985 35,3 Centro 7.218 65.695 109,9 Sud 35.018 268.935 130,2 Isole 22.920 151.078 151,7 Totale 147.795 2.825.693 52,3

Il costo unitario medio dell’acqua irrigua giustificherebbe, in sostanza, l’imposizione di un prelie- vo destinato a sostenere i costi della razionalizzazione del suo uso. Scopo del prelievo è infatti il rispar- mio di una risorsa divenuta scarsa, di cui non vanno ignorate le positive ricadute ambientali, nella pro-

spettiva di una estensione della superficie irrigata.

Le difficoltà di tale applicazione “che eviti effetti indesiderati” risiedono anzitutto nella forte variabilità dei costi dell’acqua nelle diverse realtà. I dati rilevati mostrano infatti che nel 2001 nelle aree gestite dei consorzi di irrigazione, che coprono il 73% della superficie irrigabile, i contributi per ettaro di superficie servita risultano pari a soli 35 euro nel Nord, salgono a 110 nel Centro e raggiungono rispetti- vamente 130 e 150 euro nel Sud e nelle Isole. Tali forti differenze, che in misura minore si riscontrano anche nelle regioni di ciascuna circoscrizione, dipendono dalla incidenza dei costi fissi (acquisizione e trasporto dell’acqua alle reti primarie, ammortamenti e manutenzioni degli investimenti tecnici, spese generali), che come è noto interessano soprattutto il Mezzogiorno, dove l’acqua irrigua è in prevalenza derivata da invasi. Per evitare che operi come fattore di marginalizzazione nelle aree dove maggiori sono i costi fissi, il prelievo, applicato al consumo effettivo di acqua, dovrebbe essere inversamente proporzio- nale ai costi fissi, agendo in tal modo come misura parzialmente perequativa. Esso dovrebbe essere inol- tre progressivo, crescere cioè più che proporzionalmente al consumo, per fasce di 1000 metri cubi per ettaro, aumentando con il costo marginale dell’ultima dose la convenienza ad interventi di risparmio.

Una seconda difficoltà risiede nel fatto che solo il 40% delle aziende si approvvigiona di acqua dai consorzi; il 60% provvede in forma autonoma (da pozzi, corsi d’acqua, laghi, invasi aziendali) o in altri modi (acquedotti, impianti di depurazione) (Tabella 3.25

Per tali aziende non si hanno rilevazioni sistematiche né dei costi né delle quantità di acqua prele- vata. La raccolta di dette informazioni è condizione essenziale per l’imposizione del prelievo. In via tran- sitoria, esso in questi casi può essere applicato su autodenuncia, che, pur nei suoi inevitabili limiti, rap- presenta una base preliminare per costruire un meccanismo rispettoso del principio dell’equità.

Tabella 3.25 - Ripartizione percentuale delle aziende agricole per fonte di approvvigionamen- to dell’acqua utilizzata ad uso irriguo (Aziende n°, valori percentuali)

Autonomo Consorzi di irrig.e bon. Altre az.agr. Altra forma

Nord 29,7 64,9 2,1 11,1

Centro 56,8 21,0 0,8 24,1

Sud 41,7 30,3 7,3 24,1

Isole 39,4 37,5 7,1 20,6

Totale 39,4 41,4 4,8 19,3

Fonte: Annuario dell’agricoltura italiana, 2002

N.B. La somma in orizzontale dei dati può risultare diversa da 100 in quanto vi sono aziende che attingono a più fonti di approvvigionamento

Un prelievo a carattere perequativo sui costi fissi e progressivo sui consumi pari mediamente a 0,008 € per metro cubo, produrrebbe un gettito di 140 milioni di euro per anno; e, su un consumo di 6.000 metri cubi per ettaro equivarrebbe a circa 48 euro. ll prelievo dovrebbe essere introdotto gradual- mente nell’arco di quattro anni, quando entrerebbe a regime. Tale periodo consentirebbe da una parte di adeguare i consumi delle aziende ai nuovi costi e di valutare l’opportunità di effettuare investimenti di risparmio attingendo al fondo alimentato dal prelievo; dall’altra di estendere, attraverso le autodenunce, il meccanismo impositivo alle aziende che si approvvigionano di acqua in forme diverse da quelle con- sortili.

Le modalità di utilizzo del fondo dovranno essere stabilite in funzione della dimensione della domanda di finanziamento da parte delle imprese, da cui potrà dipendere una successiva eventuale modi- fica e adeguamento del meccanismo adottato e del suo ammontare.

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