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Redditività dell’impiego dell’acqua in agricoltura

A NALISI DEGLI ASPETTI ECONOMICI ED AMBIENTALI LEGATI ALLA DESERTIFICAZIONE *

3.3 Redditività dell’impiego dell’acqua in agricoltura

L’ultimo censimento ha numerato 731 mila aziende che praticano l’irrigazione in Italia: la loro SAU è di 13,2 milioni di ettari ma l’area irrigabile è di poco inferiore ai 4 milioni; quella effettivamente irrigata è costituita da 2,471 milioni ettari. Un’incidenza dell’irrigato sull’irrigabile che sfiora il 71 % nel Centro Nord e il 61 % nel Sud ed Isole. Secondo le comunicazioni pervenute dai consorzi meridionali all’INEA su una superficie attrezzata di 830 mila ettari si irrigano poco più della metà, stando ai dati del 2000.

Dei circa 2,5 milioni di ettari irrigati in Italia, il 39% è utilizzato da colture che traggono dall’irri- gazione la loro ragion d’essere (ortaggi, frutta, agrumi, colture industriali e foraggiere avvicendate), mentre un altro 36,6% è occupato dalle colture dei cereali (29,2%) e della vite (7,4%). L’altro 24,4% delle terre irrigate è destinato ad “altre colture”: un insieme eterogeneo di colture che comunque traggo- no vantaggio dalla risorsa irrigua. Da questi 2,5 milioni di ettari proviene oltre il 70% della produzione agricola nazionale.

Malgrado ciò nel periodo intercensuario (1990/2000) il numero delle aziende irrigue si è ridotto del 22%, ma, quel che è grave, la loro superficie si è contratta del 9%. Le motivazioni possono essere le più diverse: il declino dei ricavi netti generato da condizioni di mercato sempre più concorrenziali e meno protette; l’aumentato costo dei fattori e, in particolare, del lavoro; le difficoltà di accesso ai capita- li, in carenza di aiuti di Stato, necessari per far fronte all’incessante fabbisogno di innovazione che il regime irriguo impone; il difficile radicamento di nuova imprenditorialità nelle aree irrigue.

Vi sono aree e colture che presentano ancora una solida redditività economica con margini fra costi e ricavi che consentono di far fronte alla lievitazione dei costi (sia dell’acqua, che diventa sempre più cara, sia di altri fattori) e colture che hanno, per così dire, il “fiato corto”, reso tale da difficili sbocchi di mercato e da rapporti costi/ricavi marginali insostenibili. Tra le prime ci sono gli ortaggi da pieno campo, le colture protette, frutta, agrumi e alcune colture irrigate per soccorso; fra le seconde vi sono alcune foraggiere avvicendate ed alcune colture industriali (bietole, oleaginose, tabacco, per citare le principali) che soffrono un declino generalizzato dei prezzi a cui difficilmente si riesce a far fronte con aumenti di rese e produttività.

Come si pone l’uso dell’acqua in questi casi? Come esso si sta evolvendo? Quali le politiche pos- sibili? Per rispondere a tali quesiti, dopo un attento esame dei dati contenuti nelle tabelle 3.3, 3.4, 3.5, 3.6 (di fonte INEA/ISTAT pubblicate negli ultimi 2 annuari dell’INEA) bisogna fare alcune considerazioni: 1 la rigidità della quota di terre irrigate su quelle potenzialmente irrigabili, che in Italia resta ancora al

63,5% (sia pure con punte massime nel Nord Ovest del 79,3% e poco sotto alla media nel Sud e Isole) sta a significare che non pochi e non lievi ostacoli si frappongono ad un avanzamento ulteriore dell’a- rea irrigata. Le obiettive carenze idriche, appalesatesi in tutta la loro gravità negli ultimi anni, non costituiscono un ostacolo insuperabile, ma scoraggiano le azioni promozionali e di stimolo che i ser- vizi agrari dei consorzi un tempo esercitavano quale essenziale loro compito istituzionale dopo quello primario di esercizio delle reti. L’ostacolo non sarebbe insuperabile se la conquista di nuove utenze o la diffusione della pratica irrigua fossero compiute in parallelo con un’incessante opera tecnica mirata alla minimizzazione dei consumi idrici e all’orientamento prioritario della preziosa risorsa idrica verso colture che ne possono far migliore uso in termini di rendimenti economici; ma purtroppo così non è;

2. la intensità delle combinazioni produttive e dei processi produttivi, che è propria del regime irriguo, è stata anch’essa scoraggiata, e non poco, dalla politica comunitaria, di segno opposto, tesa ad estensi- vizzare ordinamenti e processi ed a ridurre gli investimenti delle principali colture, anche nelle aree irrigue, attraverso il disaccoppiamento dei sostegni. Mentre da un lato è troppo eloquente la genera- lizzata riduzione degli input produttivi, a cui si assiste soprattutto in zone asciutte ma anche nelle aree irrigue (ci si riferisce soprattutto ai cereali, colture industriali, foraggiere avvicendate, viticoltura intensiva e ai carichi di bestiame) dall’altra emergono, proprio nelle aree irrigue, produzioni di alta intensità che la tecnologia consente e che ben sopportano i costi degli input, acqua compresa. Impegnano superfici e risorse idriche crescenti l’orticoltura da campo, le colture protette, alcune pro- duzioni frutticole, allevamenti altamente specializzati e intensivi su poca terra, e infine non poche produzioni di qualità. Il saldo fra le aree impegnate dal primo gruppo di produzioni (ferme o in regresso) e le aree e risorse irrigue impegnate da quelle emergenti del secondo gruppo (meno esigenti di spazio e di acqua) fa si che l’area effettivamente irrigata su quella irrigabile resti pressoché ferma o avanzi solo in misura modesta. Si divarica in tal modo il ventaglio che separa produzioni che hanno un’elevata capacità a pagare la risorsa idrica e produzioni che stentano a realizzare margini fra costi e ricavi che consentano di fare un uso economico di questo fattore;

3. la parzializzazione irrigua va assumendo di fatto maggiore diffusione nelle aree servite sia a livello interaziendale che a livello aziendale: nel primo caso il confronto si pone fra aziende irrigate e azien- de non irrigate; nel secondo caso più aziende domandano acqua ma per destinare sempre più tale

risorsa alle sole colture che con modesti impieghi dell’acqua realizzano ricavi a costi sostenibili. Si tratta dunque di una selezione naturale degli usi idrici di tipo territoriale e di tipo produttivo azienda- le. Nella prima come nella seconda giocano il loro ruolo le leggi della teoria economica della produ- zione: al mutare dei costi relativi dei fattori si differenziano le imprese e si riadattano gli schemi pro- duttivi;

4. un quarto fattore che rallenta l’espansione delle aree irrigate è indubbiamente costituito dalle diffi- coltà degli agricoltori ad affrontare programmi di investimento così impegnativi come sono quelli necessari per il passaggio dal regime asciutto al regime irriguo. Il venir meno dei contributi pubblici agli investimenti, fino agli ultimi anni ‘80 ancora erogati, per l’espresso divieto comunitario di conce- dere aiuti di Stato, non trova nell’autofinanziamento e nell’accesso al credito, reso ormai più facile dalle nuove regole e soprattutto dai modesti tassi d’interesse, una consistente fonte di provvista del capitale necessario a causa della mancanza di certezze per gli imprenditori sulle aspettative di redditi- vità. Il che frena la propensione all’investimento e soprattutto la propensione all’indebitamento. Sono proprio le opere irrigue aziendali che, al livello tecnologico richiesto, hanno ora costi non indifferenti; esse comportano investimenti notevoli il cui recupero nel tempo resta lungo e talvolta incerto. La stessa Direttiva quadro 2000/60 prevede (art.9) che gli Stati membri possano tenere conto delle riper- cussioni sociali, ambientali ed economiche del recupero (costi dei servizi idrici), nonché delle condi- zioni geografiche e climatiche della regione o delle regioni in questione.

Tabella 3.3 - Approvvigionamenti di acqua per l’irrigazione nelle aziende agricole (%) Regioni Corsi d’acqua Laghetti naturali Acquedotti Acque Impianti di Raccolta

superficiali laghetti Sotterranee depurazione acque

artificiali pluviali Nord-Ovest 61,3 2,9 19,1 27,1 0,1 4,0 Nord-Est 62,3 4,0 12,0 30,0 0,2 1,9 Centro 21,3 6,2 17,7 54,2 0,2 10,4 Sud 19,5 3,1 23,9 51,9 0,3 7,9 Isole 12,5 8,6 28,2 54,4 0,1 4,8 Italia 31,9 4,6 21,2 45,3 0,2 6,0

Fonte INEA/ISTAT – Anno 2000

N.B. Le somme in orizzontale dei dati può risultare diversa da 100 in quanto ci sono aziende che attingono a più fonti di approvvigionamento

Tabella 3.4 - Superficie agricola utilizzata, irrigabile e irrigata (ettari)

Regioni Sup. agricola Superficie % Superficie %

Utilizzata(1) irrigabile(2) ( 2 / 1 ) irrigata(3) ( 3 / 2 )

Nord-Ovest 2.245.283 1.191.167 53,1 944.422 79,3 Nord-Est 2.620.652 1.155.008 44,1 638.600 55,3 Centro 2.456.772 378.177 15,4 178.655 47,2 Sud 3.581.523 793.048 22,1 486.344 61,3 Isole 2.302.066 347.743 16,3 223.359 59,6 Italia 13.206.297 3.892.143 29,5 2.471.380 63,

Tabella 3.5 - Utilizzo della superficie irrigata per tipologie colturali

Regioni Cereali Colture Colture Foraggiere Colture Vite Agrumi Altre Totale

orticole industriali avvicendate frutticole Coltivazioni Ettari Nord-Ovest 379.785 18.616 58.371 129.335 19.142 2.679 46 336.447 944.422 Nord-Est 215.530 53.763 70.383 58.666 103.122 52.472 0 84.665 638.600 Centro 46.115 27.412 24.761 24.613 14.007 6.601 515,0 34.630 178.655 Sud 67.178 87.077 17.181 30.396 42.588 78.810 41.305 121.808 486.343 Isole 14.183 30.605 3.711 24.550 10.317 42.131 71.786 26.075 223.358 Italia 7 2 2 . 7 9 2 2 1 7 . 4 7 3 1 7 4 . 4 1 0 2 6 7 . 5 6 0 1 8 9 . 1 7 5 1 8 2 . 6 4 9 1 1 3 . 6 5 1 6 0 3 . 6 2 4 2 . 4 7 1 . 3 7 8 Percentuali Nord-Ovest 40,2 2,0 6,2 13,7 2,0 0,3 0,0 35,6 100,0 Nord-Est 33,8 8,4 11,0 9,2 16,1 8,2 0,0 13,3 100,0 Centro 25,8 15,3 13,9 13,8 7,8 3,7 0,3 19,4 100,0 Sud 13,8 17,9 3,5 6,2 8,8 16,2 8,5 25,0 100,0 Isole 6,3 13,7 1,7 11,0 4,6 18,9 32,1 11,7 100,0 Italia 2 9 , 2 8 , 8 7 , 1 1 0 , 8 7 , 7 7 , 4 4 , 6 2 4 , 4 1 0 0 , 0

Fonte INEA/ISTAT – Anno 2000

Tabella 3.6 - Sistemi di irrigazione utilizzati nelle aziende agricole

Regioni Aspersione Goccia Micro Scorrimento Sommersione Altro Totale

irrigazionee infiltrazione sistema

Ettari Nord-Ovest 185.439 7.402 2.707 572.364 200.782 7.343 976.129 Nord-Est 410.528 43.995 14.836 151.279 13.067 19.606 653.311 Centro 135.164 22.123 5.657 16.315 556 2.793 182.607 Sud 201.573 161.608 30.124 83.956 506 18.693 492.460 Isole 114.976 55.572 21.993 26.567 2.641 5 149 226.898 Italia 1 . 0 4 7 . 6 8 0 2 9 0 . 7 0 1 7 5 . 3 1 8 8 5 0 . 4 8 0 2 1 7 . 5 5 2 5 3 . 6 7 4 2 . 5 3 5 . 4 0 6 Percentuali Nord-Ovest 19,0 0,8 0,3 58,6 20,6 0,8 100,0 Nord-Est 62,8 6,7 2,3 23,2 2,0 3,0 100,0 Centro 74,0 12,1 3,1 8,9 0,3 1,5 100,0 Sud 40,6 32,6 6,1 16,9 0,1 3,8 100,0 Isole 50,7 24,5 9,7 11,7 1,2 2,3 100,0 Italia 4 1 , 3 1 1 , 5 3 , 0 3 3 , 5 8 , 6 2 , 1 1 0 0 , 0

Un tale stato di cose presupporrebbe un coraggioso cambio di rotta nella politica degli aiuti pub- blici agli investimenti aziendali per le irrigazioni. Obiettivo principale dovrebbe essere quello della razio- nalizzazione dell’impiego dell’acqua; condizione è che le potenzialità espresse dagli impianti collettivi si traducano in realtà produttiva nelle aziende, ma soprattutto che un più razionale impiego della risorsa faccia fronte all’incombente scarsità d’acqua e agli squilibri economici che ne derivano. È in pratica uno sforzo di investimento di innovazione nella più ampia accezione del termine e non un investimento di crescita produttiva.

Valutare costi e benefici per la collettività di tale operazione non è esercizio impossibile né diffici- le. Perché i suoi risultati siano convincenti per lo Stato italiano, e soprattutto per la Comunità europea, bisogna fissarne gli obiettivi in termini precisi e circoscriverne i limiti (ad esempio limitare gli aiuti in conto capitale alle sole reti aziendali di distribuzione), per evitare che aiuti così mirati diventino un coa- cervo di sostegni indifferenziati che rischierebbero di vanificare la legittimità dei principi che li hanno ispirati. È questo un tema da promuovere in modo qualificato da parte delle organizzazioni professionali e dall’Associazione dei consorzi, per arrivare alla formulazione di un disegno di legge verificato nella sua legittimità anche con gli uffici di Bruxelles tenendo sempre presente le maggiori opportunità offerte

nei territori ad “obiettivo 1” dalle deroghe previste, in ordine agli aiuti di Stato regolati dal Trattato della Comunità Europea. Molte altre considerazioni e proposte si potrebbero fare su questo tema ma lo spirito e lo spazio di questo documento non consente di inserire altri argomenti.

È venuto il momento di ricostruire a livello nazionale una politica per l’utilizzo dell’acqua di irri- gazione. Essa va promossa da coloro che ne sono i protagonisti istituzionali a livello operativo (Enti e agricoltori) e va soprattutto ispirata ai seguenti principi:

- l’acqua diviene un fattore sempre più scarso e costoso per cui le inefficienze nel suo utilizzo non sono più ammissibili;

- esiste un fabbisogno continuo di investimenti pubblici per adeguare gli schemi collettivi e renderli più efficienti; per farvi fronte gli Enti gestori devono assumere una configurazione giuridica sempre più imprenditoriale che consenta loro di accedere a fonti creditizie, al limite supportate da garanzie pub- bliche, ma che devono trovare recupero nella vendita dell’acqua alle utenze;

- ma esiste un altrettanto bisogno di investimenti aziendali in opere di irrigazione che accompagnino le trasformazioni strutturali già in atto. La loro onerosità e i lunghi tempi di recupero per gli agricoltori richiede, nelle forme dovute e mirate, un legittimo supporto economico pubblico;

- la redditività economica e sociale di un tale sforzo è tutta da verificare con rigore metodologico ed estrema chiarezza dei suoi limiti e vincoli.

3.4 Razionale utilizzazione delle acque

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