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Disponibilità idriche e sviluppo economico – Rilevanza delle produzioni irrigue

A NALISI DEGLI ASPETTI ECONOMICI ED AMBIENTALI LEGATI ALLA DESERTIFICAZIONE *

3.1. Siccità, desertificazione e uso dell’acqua in agricoltura

3.1.1 Disponibilità idriche e sviluppo economico – Rilevanza delle produzioni irrigue

Dalla valutazione delle disponibilità idriche nazionali, di quelle destinate agli usi civili ed indu- striali ed agli usi agricoli-irrigui, risulta una potenzialità dovuta alle precipitazioni meteoriche rimaste al suolo di 108.608 milioni di m3dei quali utilizzabili 84.506 milioni di m3: di questi 44.833 destinabili ad

usi civili ed industriali e 39.673 ad usi agricoli-irrigui con una probabilità di fallanze per l’agricoltura di 1 anno su 5.

In Italia, la disponibilità di acqua è correlata, come negli altri Paesi Mediterranei, allo sviluppo economico ed al benessere sociale. Assumendo il Prodotto interno lordo per abitante (Pil/ab) nel 2002 in ogni comparto geografico (Nord, Centro, Mezzogiorno ed Isole), come indice di queste due condizioni, e mettendolo a confronto con la produzione agricola e con i volumi d’acqua utilizzati si ottiene un quadro comparativo che può con immediatezza evidenziare il nesso tra disponibilità di acqua da una parte e, dal- l’altra, uno dei fattori fondamentali del welfare della popolazione (Pil) e della produzione agricola dell’a- rea geografica (PA) (Tabella 3.1).

Tabella 3.1 - Produzione interna lorda per abitante (Pil/ab), produzione agricola (PA) e volu- mi d’acqua utilizzati per l’irrigazione (VAU) per comparto geografico (2002)

Comparto geografico Pil/ab (€) PA (1000 €) VAU

(m3 x 109) - Nord Ovest 26.422,4 9.880.114 12,633 - Nord Est 26.167,8 6.347.902 - Centro Nord 25.520,0 4.970.775 0,670 - Centro 23.675,1 5.796.255 - Mezzogiorno e Isole 14.779,9 14.286.255 6,807 Italia 2 1 . 6 9 2 , 2 4 1 . 2 8 1 . 3 0 1 2 0 , 1 1 0

Elaborazione effettuata sulla base dei dati dell’Annuario INEA 2002

Dalle rilevazioni più recenti dell’ANBI risulta che, in anni normali, i volumi disponibili per l’irri- gazione si aggirano complessivamente sui 30,936 miliardi di m3 distribuiti per regione secondo quanto

riportato in tabella 3.2, ma che di essi ne sono utilizzati tra i 20,00 ed i 21,00 miliardi di m3 (dei quali

circa 13,00 miliardi di m3 nel Nord, 0,67 miliardi di m3nel Centro. 6,8 miliardi di m3nel Sud ed Isole).

In realtà per l’Italia Meridionale e le Isole, oltre alle scarse quantità estive dei corsi d’acqua, sarebbero disponibili circa 5 miliardi di m3accumulabili nei serbatoi artificiali in annate a piovosità nor-

male, come quella 2003-2004; che si riducono però ad oltre il terzo in annate di scarsa piovosità, come quelle che si sono verificate, con continuità inusuale, in questo ultimo quindicennio. La funzione dei ser- batoi influenzano le disponibilità idriche per il 4% nel bacino del Po, intorno al 10-20% nelle regioni del Nord fuori del bacino padano ed in quelle del Centro ed incide per il 40 al 50% nelle regioni meridionali

ed insulari.

Tabella 3.2 - Volumi destinati all’irrigazione la cui distribuzione è organizzata collettivamen- te dai Consorzi e volumi attinti direttamente dagli utenti dai canali consorziali

secondo le norme di gestione consortile (migliaia di m3)

Regione Distribuiti Attinti Totale

dai Consorzii direttamente (migliaia di m3)

Piemonte 12.655.018 397.000 13.052.018

Lombardia 7.539.222 275.195 7.814.417

Friuli Venezia Giulia 915.014 441.830 1.356.844

Veneto 3.239.586 751.805 3.991.391 Emilia Romagna 905.551 361.795 1.267.346 Italia Settentrionale 2 5 . 2 5 4 . 3 9 1 2 . 2 2 7 . 6 2 5 2 7 . 4 8 2 . 0 1 6 Toscana 22.832 9.212 32.044 Marche 66.834 0 66.834 Umbria 34.770 12.000 46.770 Lazio 146.175 38.000 184.175 Italia Centrale 2 7 0 . 6 1 1 5 9 . 2 1 2 3 2 9 . 8 2 3 Abruzzo 126.379 0 126.379 Molise 45.486 0 45.486 Campania 207.045 15.292 222.337 Puglia 176.672 5.114 181.786 Basilicata 673.276 338.638 1.011.914 Calabria 289.786 155.393 445.179 Sicilia 223.676 111.838 335.514 Sardegna 540.352 215.256 755.608 Italia Meridionale 2 . 2 8 2 . 6 7 2 8 4 1 . 5 3 1 3 . 1 2 4 . 2 0 3 TOTALE ITALIA 2 7 . 8 0 7 . 6 7 4 3 . 1 2 8 . 3 6 8 3 0 . 9 3 6 . 0 4 2

Fonte: Indagine ANBI 2004

Dalla tabella 3.2 si evidenzia, inoltre, la assoluta preponderanza delle disponibilità nelle regioni del Nord che rappresentano l’89% delle disponibilità globali del Paese. Il comparto geografico del Centro vi concorre per poco più dell’1%, quello Meridionale e delle Isole per circa il 10% senza tener conto, si ripete, dell’acqua nei serbatoi del Sud.

È qui da mettere subito in evidenza la rilevanza delle produzioni ottenute in regime irriguo e da terreni irrigabili anche se non irrigati nell’anno, quale è espressa dalla seguente analisi delle produzioni compiuta sui dati dell’ultimo Censimento dell’agricoltura del 2000 e dei valori attribuiti dall’Annuario dell’INEA per lo stesso anno. Se ci si riferisce alla superficie che usufruisce dell’irrigazione si può assu- mere convenzionalmente che il rapporto tra produzione lorda irrigua e quella nazionale si aggiri sul 70%.

3.2. Gestione dell’irrigazione: strumenti legislativi e tecnologici

Sull’approvvigionamento delle acque e la gestione della irrigazione ed il suo sviluppo, il quadro legislativo nazionale appare sufficientemente completo. Esso deriva i suoi fondamenti normativi da: 1. R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, recante “Nuove norme per la bonifica integrale” relativamente alla

programmazione, progettazione, esecuzione, esercizio e manutenzione delle opere di bonifica integra- le. Disciplina, tra l’altro, i consorzi di bonifica per quanto attiene i loro fini istituzionali e detta i prin- cipi su cui basare la contribuenza dei proprietari di immobili beneficiari;

2. Decreto 4 febbraio 1977, predisposto dal Comitato Interministeriale per la tutela delle acque dall’in- quinamento, che per la prima volta considera la possibilità di un reimpiego delle acque per scopi irri- gui;

3. Legge 18 maggio 1989, n.183 “Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo”, che definisce le attività di gestione del patrimonio idrico, affida alle Autorità di bacino ai diversi livelli nazionale, interregionale e regionale la responsabilità di programmazione e di monito- raggio territoriale e dispone, altresì, che alle attività di realizzazione delle politiche di difesa del suolo, risanamento delle acque, fruizione e gestione del patrimonio idrico e tutela degli aspetti ambientali, insieme allo Stato, alle Regioni, alle Province, ai Comuni, alle Comunità Montane, con- corrano anche i Consorzi di Bonifica e quelli di bacino imbrifero montano;

4. Decreto legislativo n. 275/1993 “Riordino in materia di concessioni di acque pubbliche” e successive modificazioni che fissa i termini per la denuncia obbligatoria dei pozzi prevista dall’art.103 del R.D. n.1775/1933 “Testo unico delle disposizioni sulle acque”;

5. Legge 5 gennaio 1994, n.36 “Disposizioni in materia di risorse idriche” (legge Galli) che definisce il quadro per un razionale utilizzo e tutela delle risorse idriche e per contribuire alla tutela e disinquina- mento delle acque. Stabilisce il carattere pubblico di tutte le acque, riconduce ad unità tutti i servizi idrici nel “Servizio idrico integrato ad usi civili”, definisce i caratteri dei soggetti gestori e conferisce priorità al consumo umano delle risorse idriche;

6. Decreto legislativo 11 maggio 1999, n.152 “Disposizioni sulla tutela delle acque dall’inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE (Acque reflue urbane) e della direttiva 91/376/CEE (Inquinamento provocato da nitrati di fonte agricola)”. Il D.Lgs. contiene nuove disposizioni per la tutela dei corpi idrici dall’inquinamento sia per effetto del recepimento delle direttive citate, sia per il modificato quadro delle priorità sociali e delle condizioni del territorio. Il Decreto disciplina gli scari- chi mettendo in risalto l’influenza della vulnerabilità dei corpi ricettori, ne stabilisce, inoltre, gli stru- menti e le sanzioni. Esso, inoltre, chiarisce il ruolo dei Consorzi di Bonifica ed Irrigazione dando loro la funzione di concorrere alla salvaguardia dell’ambiente ed al risanamento delle acque attraverso accordi di programma con le competenti autorità;

7. Legge 5 giugno 2003 n° 131 (legge La Loggia) ”Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001 n.3“ che cambia il riparto delle competen- ze tra Stato e Regioni, ivi comprese quelle concernenti il demanio idrico;

8. Decreto 12 giugno 2003, n.185 del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, che definisce le “norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue” in attuazione dell’articolo 26, comma 2, del Decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152. Questo decreto concede la possibilità di utilizzazione di queste acque e ne stabilisce le modalità di impiego, rinviando alle Regioni le prescrizioni applicative.

Da ciascuno dei predetti provvedimenti legislativi, completati nel tempo da successive modifica- zioni, da regolamenti di attuazione, da direttive di applicazioni, da stanziamenti finanziari e dal riordino in materia di concessione delle acque, si è costituita una normativa di indirizzo per le Regioni, che hanno competenza concorrente in materia. Tra questi successivi e derivati adempimenti ha particolare importan- za il Decreto del Presidente del Consiglio 4 marzo 1996 “Disposizioni in materia di risorse idriche” che adempiono ai compiti derivanti dalla legge 36/94 su richiamata.

Sul piano regionale, di converso, si è sviluppata una legislazione indirizzata prevalentemente al riordino dei Consorzi di bonifica per quanto concerne la protezione delle acque e degli ecosistemi acqua- tici e terrestri connessi del territorio rurale. Solo in qualche regione la normativa è stata mirata a promuo- vere incentivi per una maggiore efficienza dell’irrigazione, per la quale - in pochi casi - sono previsti contributi di incoraggiamento, raramente però erogati, anche perché non sempre in armonia con la nor- mativa europea relativa agli aiuti gestionali alle imprese. Nella normativa emanata dalle Regioni spicca- no pochi provvedimenti influenti direttamente sull’esercizio irriguo: se ne ricorda uno della Regione Lombardia, relativo al vecchio problema del riordino delle utenze irrigue, che nell’ambito territoriale ha ancora una certa importanza per la proliferazione delle adduzioni delle acque superficiali e per le antiche consuetudini di alimentazione diretta delle aziende irrigue, in contrasto oggi con il carattere pubblico

delle acque. Altro provvedimento è quello della Regione Veneto, per interventi a sostegno dell’irrigazio- ne, in ordine anche alla qualità delle acque utilizzate. Si aggiunge ai provvedimenti indirizzati alla ricom- posizione fondiaria, di varia origine statale, un provvedimento specifico in materia della Regione Trentino Alto Adige; anche l’Emilia-Romagna e l’Abruzzo hanno legiferato in materia.

Più diffuse nella normativa regionale sono le istruzioni e gli incentivi, anche finanziari, per la manutenzione delle opere, che è l’adempimento generale e prioritario, per dar luogo anche a modifiche delle reti ed a successivi ammodernamenti.

Due problemi dominano ancora le competenze dello Stato, quale regolatore e ispiratore delle Regioni, e sono costituiti dalle Linee guida per il programma nazionale per l’approvvigionamento idrico in agricoltura e per lo sviluppo della irrigazione e quello per l’utilizzazione delle acque reflue depurate.

Quanto al primo dei due impegni è da rilevare che il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali nel maggio 2002 ha presentato al Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE) un documento contenente le “Linee guida del Programma nazionale per l’approvvigionamento idrico in agricoltura e per l’aumento della efficienza dell’irrigazione” che evidenzia, tra l’altro, la possibilità di finalizzare all’attuazione del programma stesso l’importo di euro 15.494.000 dai fondi della legge finan- ziaria 2002. Questo programma ha ricevuto il parere favorevole della Conferenza permanente per i rap- porti fra lo Stato e le Regioni, ma il CIPE ha richiesto l’integrazione di questo documento con alcune prescrizioni che si sintetizzano nei seguenti punti:

a) recupero dell’efficienza degli accumuli per l’approvvigionamento idrico e per la loro manutenzione straordinaria in previsione anche di aumento di capacità di regolazione;

b) completamento degli schemi idrici che ha particolare importanza per il Mezzogiorno e per le Isole; c) rifacimento di alcuni sistemi di adduzione deteriorati;

d) adeguamento delle reti di distribuzione indirizzato alla trasformazione di canali a pelo libero in reti tubate;

e) sistemi di controllo di misura delle acque addotte, distribuite ed effettivamente utilizzate; f) utilizzazione delle acque reflue depurate.

Dal 2000 in poi le normative nazionali e regionali devono osservare le prescrizioni, le modalità attuative e le procedure della Direttiva 2000/60/CE, emanata il 23 ottobre 2000 che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque. La Direttiva riepiloga le precedenti determinazioni assunte dalla Comunità e le raccomandazioni generali per l’efficacia degli indirizzi formulati. La prima fonda- mentale affermazione è che “l’acqua non è un prodotto commerciale al pari degli altri beni, ma è un patrimonio che va protetto, difeso e trattato come tale”. Dal che deriva la smentita alla ricorrente errata indicazione di un costo di produzione dell’acqua, che non può coesistere col principio di patrimonio. Altra rilevante e ripetuta premessa è quella di privilegiare la qualità delle acque rispetto alla quantità, sia nelle prescrizioni protettive della risorsa, che nell’uso di essa e nelle azioni di ogni tipo mirate alle diver- se utilizzazioni, con particolare salvaguardia delle caratteristiche qualitative delle acque potabili, di cui a precedente normativa comunitaria.

Dopo l’illustrazione degli scopi della Direttiva e delle definizioni dei termini in essa adoperati – tra i quali quello di “distretto idrografico”, cioè di area che comprende più bacini o sottobacini idrografi- ci limitrofi e delle rispettive acque sotterranee – la Direttiva comprende: le norme per il coordinamento delle disposizioni amministrative all’interno dei distretti idrografici; gli obiettivi ambientali che si inten- dono perseguire, con particolari finalità alla salvaguardia delle acque sotterranee; l’azione dell’impatto ambientale per le attività umane all’interno dei distretti idrografici, dei quali si fissano le caratteristiche e le prescrizioni per l’analisi economica delle utilizzazioni idriche; il registro delle aree protette, le ricor- date norme per l’estrazione delle acque potabili; il monitoraggio dello stato delle acque superficiali, di quelle sotterranee e delle aree protette; l’approccio per le fonti puntuali e per quelle diffuse; il program-

ma delle misure attuative; i piani di gestione dei bacini idrografici; le informazioni e le consultazioni pubbliche; le strategie per combattere l’inquinamento idrico; le strategie per prevenire e controllare l’in- quinamento delle acque sotterranee; le relazioni della Commissione; i piani per le future misure di adat- tamento e correttive; gli adeguamenti conseguenti della Direttiva; le abrogazioni di precedenti norme; ed, infine, le sanzioni, le norme di attuazione ed i destinatari della Direttiva. La Direttiva è integrata da 11 allegati di natura tecnica e procedurale; essi contemplano:

1. le informazioni richieste per la compilazione di elenchi delle autorità competenti.

2. le acque superficiali: caratteristiche dei corpi d’acqua ecoregionali e tipi di corpi idrici superficiali, fiumi, laghi, acqua di transizione cioè acque di foci mescolate a quelle di mare, acque costiere; fun- zioni di condizioni di riferimento tipiche specifiche per i tipi di corpo idrici superficiali; acque sotter- ranee: caratterizzazione, riesame dell’impatto delle attività umane sulle acque sotterranee; riesame di impatto delle variazioni dei livelli delle acque sotterranee; riesame dell’impatto dell’inquinamento sulla qualità delle acque sotterranee.

3. analisi economica. La direttiva impone agli Stati membri l’obbligo di adottare misure adeguate a fare in modo che i prezzi dell’acqua riflettano il costo complessivo di tutti i servizi connessi con l’uso del- l’acqua stessa (gestione, manutenzione delle attrezzature, investimenti, sviluppi futuri), nonché i costi connessi con l’ambiente e l’impoverimento delle risorse (art.9). A tal fine gli Stati membri dovranno contribuire entro il 2020 a porre a carico dei vari settori di impiego dell’acqua (industria, famiglie e agricoltura) i costi dei servizi idrici, anche sulla base del principio “chi inquina paga”.

4. aree protette.

5. stato delle acque superficiali; acque sotterranee; acque di transizione; acque costiere; procedure per la fissazione degli standard di qualità chimica; progettazione del monitoraggio di sorveglianza; progetta- zione del monitoraggio operativo; progettazione del monitoraggio di indagine; norma per il monito- raggio degli elementi di qualità; presentazione dei risultati del monitoraggio e classificazione dello stato chimico; monitoraggio dello stato quantitativo delle acque sotterranee e loro stato chimico non- ché parametri per la determinazione di questi stati.

6. elenco degli elementi da inserire nei programmi di misure. 7. piani di gestione dei bacini idrografici.

8. elenco indicativo dei principi inquinanti.

9. valore limite di emissione e standard di qualità ambientale. 10.elenco delle sostanze prioritarie.

11. valore limite di emissione standard e di qualità ambientale.

Il Ministero per l’Ambiente e la Tutela del Territorio e del Mare ha trasmesso alla Commissione Europea nella primavera del 2006 il Rapporto nazionale sull’applicazione dell’art. 5 “Caratteristiche del distretto idrografico, esame dell’impatto ambientale delle attività umane e analisi economica dell’utilizzo idrico” della direttiva quadro europea sulle acque 2000/60/CE. Da un’analisi svolta dal “Gruppo 183 Difesa del Suolo e delle Risorse idriche” emerge quanto segue.

La direttiva 2000/60/CE si pone l’obiettivo di raggiungere “un buono stato: buono stato ecologico e chimico per i corpi idrici superficiali e buono stato chimico e quantitativo per i corpi idrici sotterranei” per tutti i corpi idrici dell’Unione Europea entro il 2015. Il buono stato dovrà essere valutato in funzione delle condizioni di riferimento definite rispetto alle condizioni di integrità degli stessi ecosistemi acquati- ci. Vanno perciò stabilite le condizioni iniziali di riferimento in base alle quali valutare lo stato dei corpi idrici e i conseguenti interventi di miglioramento. Il primo passo per procedere in questa direzione consi- ste nell’acquisizione dello stato di fatto delle acque europee.

ambientale delle attività umane e all’analisi economica dell’utilizzo dell’acqua per tutti i distretti idrogra- fici. L’Italia è in grave ritardo rispetto agli altri Stati membri della UE, essendo ad oggi l’unico Paese a non aver identificato le autorità di distretto e le relative competenze.

Nella realizzazione di questo studio abbiamo fatto riferimento alle linee guida (Common Implementation Strategy, CIS) della Commissione Europea per la corretta implementazione della diretti- va. Ciascuno dei temi compresi nel rapporto dell’art. 5, è oggetto di specifici documenti delle CIS. L’analisi di seguito riportata si propone di valutare la rispondenza del rapporto trasmesso agli obblighi derivanti dalla Direttiva 2000/60/CE.

Cosa prevede il rapporto sull’art.5. “Caratteristiche del distretto idrografico, esame dell’impatto ambientale delle attività umane e analisi economica dell’utilizzo idrico.”:

Gli Stati membri provvedono affinché, per ciascun distretto idrografico, o parte di distretto idro- grafico internazionale compreso nel loro territorio, siano effettuati, secondo le specifiche tecniche che figurano negli allegati II e III, e completati entro quattro anni dall’entrata in vigore della presente diretti- va:

- un’analisi delle caratteristiche del distretto,

- un esame dell’impatto delle attività umane sullo stato delle acque superficiali e sulle acque sotterra- nee,

- un’analisi economica dell’utilizzo idrico.

L’articolo 5 è finalizzato ad una prima caratterizzazione dei corpi idrici, in particolare ad una valu- tazione degli utilizzi ed alla individuazione di corpi idrici a rischio di non raggiungimento degli obiettivi fissati dalla Direttiva (art. 4: obiettivi ambientali).

L’allegato II della Direttiva 2000/60 fornisce le indicazioni agli Stati membri per effettuare le caratterizzazioni di tutti i tipi di corpi idrici previsti dalla direttiva, sia quelli superficiali sia quelli sotter- ranei.

Per quanto riguarda la classificazione in tipi dei corpi idrici superficiali, la direttiva permette di adottare due sistemi, il “sistema A” o il “ sistema B”.

Il sistema A basa la tipizzazione in primo luogo sulle Ecoregioni, secondo le aree geografiche descritte nelle tabelle, in secondo luogo sulle categorie indicate nell’Allegato II, in cui compaiono diver- se tipologie che variano a seconda del corpo idrico considerato (ad es. : altitudine, dimensione del bacino idrografico, composizione geologica). Il territorio italiano è interamente compreso nell’Ecoregione 3, tranne una piccola parte che ricade nell’Ecoregione 4, Alpi.

Con il sistema B, gli Stati membri devono conseguire almeno lo stesso grado di classi di tipi rea- lizzabile con il sistema A. Pertanto devono tipizzare i corpi idrici superficiali del distretto idrografico attribuendo dei valori relativi ai descrittori al fine di determinare in modo affidabile le condizioni biolo- giche di riferimento.

Tali descrittori, diversi per ciascuna tipologia di corpo idrico, si dividono in obbligatori (ad. es altitudine, latitudine, longitudine, profondità, composizione geologica, dimensioni) e opzionali (ad. es larghezza media del corpo idrico, profondità media del corpo idrico, pendenza media del corpo idrico, tempo di residenza,temperatura media dell’aria, intervallo delle temperature dell’aria, ecc.).

Lo Stato membro deve fornire alla Commissione Europea “una o più mappe (GIS) con l’ubicazio- ne geografica dei tipi in funzione del grado di classificazione prescritto in base al sistema A”, deve fissa- re delle condizioni di riferimento “tipiche specifiche” per le tipologie di corpo idrico superficiale, e indi- viduare le pressioni antropiche e valutarne l’impatto.

Per le acque sotterranee l’analisi deve utilizzare dati idrologici, geologici, pedologici, uso del suolo e di altro tipo. Inoltre devono essere individuati:

- l’ubicazione e il perimetro del corpo o dei corpi idrici sotterranei;

- le pressioni cui il corpo o i corpi idrici sotterranei rischiano di essere sottoposti, comprese: a. le fonti diffuse di inquinamento,

b. le fonti puntuali di inquinamento, c. l’estrazione,

- il ravvenamento artificiale;

- la natura generale degli strati sovrastanti nel bacino idrografico da cui il corpo idrico sotterraneo si - ravvena;

- i corpi idrici sotterranei da cui dipendono direttamente ecosistemi acquatici superficiali ed ecosistemi terrestri.

Gli Stati membri devono effettuare l’esame dell’impatto delle attività umane sulle acque sotterra- nee, dell’impatto delle variazioni dei livelli delle acque sotterranee ed infine dell’impatto dell’inquina- mento sulla qualità delle acque sotterranee.

Tutti i corpi idrici superficiali e sotterranei definiti a rischio in seguito alla prima caratterizzazio- ne, devono essere soggetti ad una caratterizzazione ulteriore al fine di valutare più precisamente l’entità del rischio in questione e di individuare le eventuali misure da attuare a norma dell’articolo 11 (Programma di misure).

L’allegato III della Direttiva prescrive cosa deve contenere l’analisi economica da inserire nel rap-

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