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CAPITOLO 2: LA CONTINUITÀ AZIENDALE

2.7 L’ACTION PLAN

L’action plan è la descrizione di tutte le azioni da porre in essere per rendere concreta la strategia di risanamento esposta dal piano. La sua finalità è quella di verificare la coerenza tra obiettivi, strategie e azioni per il loro raggiungimento99. Esso deve descrivere: attività, ambiti e modalità di esecuzione; gli effetti delle azioni sull’organizzazione aziendale; i soggetti che hanno la responsabilità di porre in essere le azioni; investimenti e disinvestimenti previsti; allocazione delle risorse necessarie alle azioni descritte nel piano; le tempistiche di esecuzione per le quali spesso viene utilizzato il diagramma di Gantt che offre una precisa rappresentazione grafica dei tempi stimati e delle azioni necessarie per realizzare il piano e consente di pianificare, coordinare e illustrare lo stato di avanzamento delle azioni e di associare a queste ultime le risorse, i tempi e i costi previsti100. Le azioni da svolgere sono descritte nella parte operativa del piano distinte in base alle aree sulle quali hanno influenza. L’action plan dovrà riportare: le azioni sui ricavi, quelle che prevedono il risparmio o la razionalizzazione di costi, volte ad ottimizzare l’intera struttura di costo dell’impresa; azioni sulle attività immobilizzate, dirette alla realizzazione del piano di investimento; azioni sul capitale circolante finalizzate all’ottimizzazione dello stesso. Per assicurarsi il buon esito di un piano di ristrutturazione finanziaria è bene predisporre un’attenta pianificazione delle azioni utili alla risoluzione della crisi e la scansione delle tempistiche necessarie. Gli azionisti, gli amministratori e il management spesso tendono a sottovalutare la componente temporale nel momento in cui l’azienda tenta di superare la

97 Si vedano a tal proposito i Principi di redazione dei Piani di Risanamento redatto da AIDEA/CNDCEC. 98 Si vedano a tal proposito i Principi di redazione dei Piani di Risanamento redatto da AIDEA/CNDCEC. 99

Si vedano a tal proposito i Principi di redazione dei Piani di Risanamento redatto da AIDEA/CNDCEC. 100

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situazione di crisi. Basti pensare che l’azienda può contare sulle sue fonti finanziarie autonome ma la ristrutturazione impone anche la partecipazione di una pluralità di interlocutori tra cui le banche i cui processi sono spesso strutturati. Inoltre l’azienda vive una situazione del tutto nuova e non di rado si trova sprovvista delle competenze manageriali utili al suo superamento. Anche per questo il tempo rappresenta un vincolo strategico lungo il quale si possono considerare le strategie di risanamento possibili in relazione alle risorse finanziarie disponibili e alle competenze di cui si è in possesso. Possiamo dire che le risorse finanziarie rappresentano la ‘conditio sine qua non’ sia in fase di negoziazione che in fase di realizzazione. Ma non meno importante è il tempo che può essere influenzato da vari fattori ed è bene che gli amministratori ripongano attenzione per evitare di perderne anche in circostanze in cui si può evitare. È opportuno a tal proposito pianificare i tempi necessari alla definizione delle linee guida del progetto di risanamento e alle analisi di natura economica, finanziaria, industriale e strategica; tutti i soggetti coinvolti con i quali l’azienda interloquisce; gli adempimenti previsti dalle disposizioni di legge nel caso di ricorso a procedure concorsuali o ad operazioni societarie; verifica delle competenze interne utili a gestire la complessità. Dunque si deve dare rilevanza all’attività di pianificazione del piano di risanamento e controllare in corso d’opera le azioni per monitorare gli scostamenti con quanto prefissato. Sono questi gli elementi che trovano spazio nell’action plan in genere sviluppato in tre fasi: elaborazione della strategia; negoziazione con creditori della proposta di ristrutturazione; implementazione del piano di risanamento.101 Nel momento in cui si va ad elaborare la strategia si ricercano le ragioni della crisi, si studia il posizionamento competitivo e il mercato, si valuta la situazione economica, patrimoniale, finanziaria dell’azienda e i tempi necessari oltre che le competenze e le informazioni utili e disponibili. Definite le linee guida si passa alla negoziazione dei termini del piano con i vari interlocutori. È anche dal numero di interlocutori coinvolti che dipende il tempo necessario. La terza fase è l’implementazione del piano di ristrutturazione e l’esecuzione degli adempimenti assunti. Tuttavia non in tutti gli action plan esiste tale distinzione in tre fasi al fine di pianificare nel miglior modo possibile. L’action plan oltre a raccogliere tutte le azioni da porre in essere e a distinguerle

101

Alessandro Danovi e Alberto Quagli, “Crisi aziendali e processi di risanamento”, IPSOA, Edizione 2008, pag. 230 e segg.

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nelle varie fasi, si preoccupa di definire i tempi ed elencare i responsabili di tali azioni. Fondamentali l’identificazione dei principi di governance e della figura preposta a gestire il processo di turnaround. Esistono due modelli di gestione a confronto la cui scelta dipende dalla governance dell’azienda esistente al momento in cui si verifica la situazione di crisi. La figura del turnaround manager si riscontra in genere in presenza di azionariato diffuso mentre è meno frequente nell’ambito delle imprese familiari. Tra le due alternative102

di seguito distinte esistono anche figure intermedie come un management team composto da risorse già presenti in azienda utili ad assicurare la continuità aziendale e altre attinte dal mercato.

Pro Contro Pro Contro

Esperienza in processi di

turnaround.

Discontinuità rispetto alla gestione precedente

Portatore di nuove competenze e cultura.

Possibilità di operare scelte obiettive.

Remunerato sulla base di obiettivi.

Scarsa conoscenza della realtà aziendale. Approccio più finanziario che industriale. Possibile portatore di conflitti interni. Costo elevato. Conoscenza del Business. Relazioni consolidate con clienti e fornitori ed

in generale con gli stakeholder

Visione strategica e approccio industriale.

Unione tra potere decisionale e risorse a disposizione del piano.

Motivazione a realizzare il piano per tutelare interessi economici e di

immagine.

Non sempre obiettivo nelle scelte rispetto alle

ragioni che hanno determinato la crisi. Continuità rispetto al

passato.

Portatore di interessi potenzialmente contrapposti a quelli dei

creditori. Scarsa conoscenza dei processi di turnaround. Accentramento decisionale e scelte basate sull’emotività. 102

Il seguente confronto è stato ripreso dal manuale “Crisi aziendali e processi di risanamento” a cura di Alessandro Danovi e Alberto Quagli, Edizione-2008, pag.231.

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2.8 LE PROCEDURE IN CONTINUITÀ: il piano di risanamento ai sensi