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CAPITOLO 3: GLI ATTORI COINVOLTI NELLA GESTIONE

3.3 GLI ADVISOR

Tutti i processi di ristrutturazione, comportano la predisposizione di un piano di ristrutturazione o di risanamento. L’azienda in difficoltà, per predisporre tale piano, si serve dell’aiuto di un consulente dotato di particolari competenze, l’advisor.134

Fino a qualche anno fa, quando si manifestava una crisi, la soluzione adottata era il fallimento. In seguito alla riforma del sistema bancario e alla crisi congiunturale, si guardava con un occhio diverso le sofferenze derivanti dalle dichiarazioni di fallimento ed è per questo che è nata la necessità di fare riferimento ad uno strumento che si preoccupasse di gestire le società in crisi e che consentisse il mantenimento delle posizioni creditorie in bonis. È nato così il processo di ristrutturazione che oltre a salvare posti di lavoro e a rilanciare società in difficoltà, ha chiarito che la crisi non è necessariamente il frutto dell’incompetenza gestionale dell’imprenditore incapace o truffaldino. Spesso fa parte della naturale vita di un’azienda e va gestita al meglio. Le novità normative hanno reso la figura dell’advisor sempre più importante sia per assistere l’azienda in difficoltà sia per dotare il piano di maggiore credibilità. La figura dell’advisor può essere ricoperta sia da società di consulenza sia da singoli professionisti. Le società di consulenza hanno la possibilità di far leva su strutture robuste e su network che offrono la possibilità di mettersi in contatto con professionisti con competenze specifiche. Il singolo professionista invece, instaura un rapporto fiduciario con l’imprenditore e ha rapporti professionali sul territorio utili nel caso

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M.Belcredi, Le ristrutturazioni stragiudiziali delle aziende in crisi in Italia nei primi anni ’90, Università Cattolica, Centro Studi Finanziari,1997.

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si verifichino situazioni di criticità finanziaria. Le due tipologie di advisor possono anche coesistere, una collaborazione coniuga i vantaggi derivanti dalle singole parti aumentando la possibilità di successo del turnaround.

I requisiti135 che deve avere l’advisor sono:

1) Professionalità: gli advisor sono formati professionalmente poiché per ricoprire il loro ruolo devono avere competenze economiche, finanziarie, giuridiche e fiscali136. Particolare importanza assumono le competenze in ambito finanziario, l’advisor deve considerare l’aspetto finanziario in funzione del business della società, delle sue dinamiche di breve periodo e della possibilità di accesso al mercato del credito; 2) Indipendenza: requisito indispensabile, necessario al soggetto che deve trovare una

convergenza di interessi di parti spesso contrapposte ed un equilibrio generale per assicurare il buon esito della fase negoziale. Infatti, come abbiamo già avuto modo di definire in precedenza, l’advisor pur essendo incaricato da una delle due parti in particolare, deve saper essere neutrale e guadagnarsi la fiducia di tutti i soggetti coinvolti non trascurando nessun interesse.

3) Flessibilità ed innovazione: per avanzare soluzioni che prendano in considerazione gli interessi delle parti, l’advisor deve formulare decisioni flessibili ed innovative che soddisfino tutti gli stakeholders. Le soluzioni formulate dall’advisor possono anche non avvicinare gli interessi di tutti i soggetti coinvolti (gli azionisti che mirano al mantenimento dell’attività aziendale e al salvataggio del patrimonio personale e gli stakeholders che hanno come interesse il recupero del proprio credito). Egli deve saper interpretare la situazione nella quale si trova e ricercare soluzioni che soddisfino tutti in modo tale che tutti abbiano interesse a massimizzare i risultati ottenibili con il risanamento;

4) Rapidità ed accuratezza: abbiamo avuto già modo di affermare quanto importante sia il tempo per garantire il successo di un processo di turnaround. Il passare del tempo e il peggioramento della crisi riducono le opzioni a disposizione dell’advisor.

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Queste informazioni sono state riprese dal lavoro di Alessandro Danovi e Alberto Quagli, “Crisi aziendali

e processi di risanamento”, IPSOA, Edizione 2008, pag 255.

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Proprio per questo, l’attività dell’advisor deve essere veloce: nella prima fase bisogna rivolgere l’attenzione alle tematiche più urgenti ed è inutile impiegare tempo e risorse per trovare possibili soluzioni, quando ci si rende conto che l’impresa in crisi potrebbe non sopravvivere già nel brevissimo periodo.

Le funzioni principali137 svolte dall’advisor sono: 1) Consolidare la posizione;

2) Analisi: identificazione delle possibili strategie e soluzioni che rendono necessario l’ottenimento di informazioni accurate e tempestive da parte dell’azienda in difficoltà;

3) Predisposizione del programma: al suo interno devono essere descritte le dinamiche di mercato sottostanti il business in cui opera l’azienda in crisi, i fattori che hanno fatto esplodere la crisi e le azioni straordinarie che il management ha intenzione di porre in essere per l’equilibrio aziendale138

. Tutto questo dovrà poi trovare la sua coerenza con l’aspetto economico patrimoniale e finanziario che non deve essere in contraddizione con la situazione iniziale, l’andamento del mercato e le azioni individuate. I piani di risanamento hanno sempre più spesso al loro interno analisi di sensitività utili a valutare gli effetti economico-finanziari di eventuali variazioni che si verificano. Il piano dovrà fornire la certezza sul fatto che i flussi di cassa a servizio del debito che si presume che l’azienda sia in grado di generare in futuro, siano sufficienti a ripagare il debito finanziario post ristrutturazione;

4) Negoziazione: una strategia per essere definita la migliore possibile deve essere condivisa da tutti i soggetti coinvolti. L’advisor non si occupa solo del lavoro numerico ma anche della fase di negoziazione che rappresenta tra l’altro la parte più complessa. Si identificano le varie trattative possibili e il compito dell’advisor è quello di ottenere la fiducia da parte di tutti gli stakeholders coinvolti ma anche di

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Queste informazioni sono state riprese dal lavoro di Alessandro Danovi e Alberto Quagli, “Crisi aziendali

e processi di risanamento”, IPSOA, Edizione 2008,pag.255 e seg.

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L. Zocca, Accordi di ristrutturazione, piani di risanamento e relazioni del professionista, Il Sole 24 Ore, 2006, pag.42.

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porre delle condizioni minimi indispensabili finalizzate ad evitare il fallimento del piano stesso. In una negoziazione viene analizzato il caso del fallimento per meglio comprendere quelle che potrebbero essere le conseguenze che colpirebbero il creditore. Ecco perché assumono rilevanza la trasparenza, l’indipendenza e la fermezza dell’advisor. Egli con questi requisiti e con la continua attenzione alle eventuali richieste degli stakeholders, proponendo all’occorrenza soluzioni alternative, assicura la buona riuscita del piano;

5) Uscita: si ottiene il successo di un piano di risanamento quando l’impresa esce completamente dalla crisi. Quando tutti i creditori coinvolti approvano il piano, termina una fase e ne inizia un’altra che si preoccupa della realizzazione e del controllo continuo del piano stesso. Per questa seconda fase, spesso si riuniscono dei comitati in periodi definiti per discutere dei risultati ottenuti, eventuali ritardi e soluzioni da addurre.

Come abbiamo già avuto modo di discutere, le crisi possono essere originate da fattori economico-reddituali, patrimoniali, finanziari, strutturali e congiunturali. Ad ogni causa può corrispondere una soluzione economico-strutturale, patrimoniale e/o finanziaria ma l’esperienza insegna che qualsiasi siano le cause della crisi queste avranno sicuramente ripercussioni sul piano finanziario e dunque, diventa necessario l’intervento dell’advisor. Esiste l’advisor indutriale/strategico che definisce una situazione ottimale e le rispettive azioni che potrebbero consentire il superamento delle criticità e il raggiungimento degli obiettivi strategici. L’advisor affianca il management occupandosi di alcuni aspetti che il piano spiegare: ipotesi industriali alla base del Piano; confronto tra le ipotesi del Piano e le dinamiche attese dal settore; crescita del mercato, le minacce e le opportunità strategiche; analisi della fattibilità del Piano e verifica delle conseguenze in caso di mancata riuscita delle ipotesi poste alla base. L’advisor finanziario valuta il fabbisogno finanziario che deriva dal Piano. Egli insieme ai responsabili della direzione finanziaria dell’impresa analizza i flussi di cassa prospettici e valuta la coerenza tra obblighi finanziari previsti, flussi di cassa disponibili e altre risorse finanziare che si hanno a disposizione. Questo studio individua l’eventuale esistenza di un fabbisogno finanziario che deve essere coperto dalla manovra finanziaria. “L’advisor ha un ruolo centrale nel processo di risanamento in

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quanto si pone in una posizione intermedia tra lavoratori e operazioni di gestione operativa, da un lato, e i diversi creditori, dall’altro lato.”139

Bastia parla di “delega di autorità ad un risanatore” e scrive: “Il risanamento deve realizzare un radicale cambiamento rispetto al passato, superando non solo difficoltà di carattere operativo interno e problemi derivanti da un ambiente divenuto ostile; ma soprattutto deve vincere le resistenze psicologiche e gli ostacoli di comportamenti e atteggiamenti del personale ancorati ancora ai vecchi valori dell’azienda, tuttora preesistenti anche dopo il cambiamento della proprietà. Per questa ragione necessita spesso procedere ad un forte accentramento decisionale, in via straordinaria, con la delega di autorità difficilmente attribuibile ad un dirigente della struttura preesistente (presumibilmente corresponsabile della situazione di crisi che si è verificata), ma preferibilmente ad un nuovo soggetto “risanatore”: questi può essere identificato all’interno del nuovo gruppo proprietario, oppure può trattarsi di un nuovo manager di comprovata esperienza e capacità.”140

Egli cura le trattative nei confronti dei soggetti esterni mostrando loro la bontà del piano predisposto per il rilancio dell’azienda in crisi. Ci sono casi nei quali la nomina dell’advisor deve ricevere il consenso degli stessi creditori e altri, nei quali sempre i creditori nominano amministratori che si fanno carico del piano di risanamento. Infine interessante è anche il ruolo dell’advisor legale che assiste l’imprenditore in crisi e lo guida nella scelta dello strumento legale più adatto alla risoluzione della crisi. Naturalmente la scelta di utilizzare uno strumento piuttosto che un altro dipende da:

1) la situazione finanziaria dell’impresa in crisi e le cause della crisi/insolvenza (i.e., scarsa liquidità e/o sotto patrimonializzazione);

2) l’esposizione debitoria;

3) la disponibilità “interna” di assets che possano essere smobilizzati al fine di reperire nuova finanza e cassa;

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Stefano Garzella: “Il sistema d’azienda e la valorizzazione delle potenzialità inespresse”, una “visione” strategica per il risanamento. G. Giappichelli Editore,2005, pag.229.

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4) la composizione del ceto creditorio (prevalenza di creditori finanziari o creditori commerciali);

5) la tempistica dell’operazione di risanamento dell’impresa alla luce delle esigenze finanziarie dell’impresa in crisi.

Oltre a tutto questo, saranno determinanti la volontà dell’imprenditore e l’esistenza delle condizioni di mercato per continuare l’impresa. Scegliere lo strumento sbagliato potrebbe, purtroppo, pregiudicare irreversibilmente la permanenza dell’impresa sul mercato141

. L’advisor legale nell’ambito delle procedure di risoluzione della crisi svolge diverse attività che variano sulla base della procedura prescelta nonché della parte assistita.

Alcune delle attività142 che l’advisor legale potrà, ad esempio, svolgere sono:

o Nel caso di art. 67 L.F. Dovrà, congiuntamente con l’advisor legale nominato dalle banche creditrici, redigere l’accordo interbancario e provvedere agli accordi one to one con i fornitori principali.

o Nel caso di accordo di ristrutturazione ex. art. 182 bis L.F. avrà un ruolo centrale nella negoziazione e finalizzazione dell’accordo di ristrutturazione tra l’imprenditore ed i creditori che rappresentano almeno il 60% dei crediti, potendo rappresentare l’imprenditore ovvero i creditori (generalmente le banche);

o in caso di concordato preventivo, dovrà nel corso della procedura supportare l’imprenditore sia nella gestione ordinaria dell’impresa sia nel compimento degli atti di straordinaria amministrazione (ad esempio, cessione di asset no core); o dovrà strutturare le eventuali operazioni straordinarie propedeutiche e necessarie

in relazione alla complessa procedura di riorganizzazione.

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Queste informazioni sono state riprese dal sito Crisi e Aziende. In particolare è un abstract degli interventi del seminario “Crisi e ristrutturazione d’impresa tra continuità aziendale e continuità manageriale” con l’intervento dell’avv. Gabriella Covino su “Il ruolo dell’advisor legale nella risoluzione della crisi d’impresa.

www.crisieaziende.com 142

Queste informazioni sono state riprese dal sito Crisi e Aziende. In particolare è un abstract degli interventi del seminario “Crisi e ristrutturazione d’impresa tra continuità aziendale e continuità manageriale” con l’intervento dell’avv. Gabriella Covino su “Il ruolo dell’advisor legale nella risoluzione della crisi d’impresa.

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