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1.3 L’ORDINAMENTO INTERNO

1.3.3 L’ADATTAMENTO DELL’ORDINAMENTO ITALIANO ALLE CONVENZIONI INTERNAZIONALI E COMUNITARIE

1.3.3.1 L’adattamento alle Convenzioni UNESCO

Il D. Lgs. 29 ottobre 1947, n. 1558 ha statuito l’adesione dell’Italia all’UNESCO, sancendo, pertanto, l’adattamento dell’ordinamento interno alla legislazione dell’Organizzazione, secondo la disposizione del primo comma dell’art. 10 della

81 ZAGATO, PINTON, GIAMPIERETTI, op. cit., 2017, pp. 134-135

38 Costituzione: «L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute83». Tale comma è importante in quanto

esprime la volontà dello Stato di avvicinarsi alla comunità internazionale: alla luce di quanto dispone adesso il primo comma dell'art. 117 Cost., così come interpretato dalla L. 131/2003, la legislazione statale e regionale deve uniformarsi alle norme internazionali generalmente riconosciute e a quelle derivanti dai trattati internazionali84.

L’Italia ha ratificato la Convenzione del 1972 sulla protezione del patrimonio mondiale, culturale e naturale, il 6 aprile 1977, dandone applicazione interna con legge n. 84, avvalendosi del procedimento speciale di adattamento. Quando, il 28 settembre 1978, la Convenzione è entrata in vigore nell’ordinamento interno, le disposizioni normative italiane in materia di tutela sembravano pressoché conformi a quelle internazionali: l’11 febbraio 1950, con Decreto interministeriale, è stata istituita la

Commissione nazionale italiana per l’UNESCO (CNI), con funzioni «di promozione, di

collegamento, di informazione, di consultazione e di esecuzione» dei programmi dell’Organizzazione in Italia85 e il 27 aprile 1957 l’Italia ha stipulato con l’UNESCO

l’Accordo di Parigi, che prevedeva l’adesione dello Statuto dell’ICCROM su territorio italiano86. Tuttavia, presto si vide la necessità di intervento ed aggiornamento delle

disposizioni normative, soprattutto per quanto riguardava i concetti di conservazione, valorizzazione e protezione, ormai tra loro interconnessi, come evidenziato nella Convenzione stessa. In tal senso viene promulgata la legge 20 febbraio 2006, n. 77 concernente le Misure speciali di tutela e fruizione dei siti italiani di interesse culturale,

paesaggistico e ambientale, inseriti nella "lista del patrimonio mondiale", posti sotto la tutela dell'UNESCO87, la cui ultima modifica è il D.L. 8 Agosto 2013, n. 91 (D. L. convertito

83 Art. 10 della Costituzione in https://www.senato.it/1025?sezione=118&articolo_numero_articolo=10

84 Si cfr. https://www.brocardi.it/costituzione/principi-fondamentali/art10.html

85 Si cfr. il Decreto istitutivo http://www.unesco.it/_filesCNI/decreto_istitutivo_CNI.pdf. La CNI è stata modificata con D.M. 8 maggio 1995, n. 3570

86 Si cfr.

http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1960/07/26/060U0723/sg;jsessionid=ro6VIEEEcGTxpfKd ivh6GA__.ntc-as1-guri2a

39 con modificazioni della L. 7 ottobre 2013, n. 112) riguardante Disposizioni urgenti per la

tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo88. La L. 77/2006, seppur composta da solo cinque articoli, è di vitale importanza, in quanto: qualifica i siti italiani inseriti nella Lista come “punte di eccellenza” del patrimonio culturale, paesaggistico e naturale italiano e della sua rappresentazione all’estero (art. 1); prevede che i progetti di tutela e restauro di tali beni acquisiscano priorità di intervento (art. 2); per assicurare la conservazione dei siti e creare le condizioni per la loro valorizzazione, programma la redazione di piani di gestione (art. 3) e di misure di sostegno (art 4). I piani definiscono «le priorità di intervento e le relative modalità attuative, nonché le azioni esperibili per reperire le risorse pubbliche e private necessarie», oltre alle forme di collegamento con programmi e strumenti con finalità complementari, con rimando anche al Codice dei beni culturali e del paesaggio. Gli interventi di sostegno, invece, attengono: allo studio delle problematiche relative ai siti; alla predisposizione di servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico; alla realizzazione di aree di sosta e sistemi di mobilità funzionali ai siti; alla diffusione e valorizzazione della loro conoscenza in ambito scolastico, anche attraverso il sostegno a viaggi di istruzione e ad attività culturali; alla valorizzazione e diffusione del patrimonio enologico caratterizzante il sito. Il conclusivo art. 5 dichiara che la Commissione consultiva per i piani di gestione dei siti UNESCO e per i sistemi turistici locali è stata costituita presso il Ministero per i beni e le attività culturali. Il 25 novembre 1996, ma funzionante dal 1997, è stato istituito, con Decreto del Ministero, il Gruppo di lavoro

interministeriale permanente per il patrimonio mondiale UNESCO, cui compiti sono

coordinare «le diverse Amministrazioni competenti assumendo decisioni e definendo indirizzi in merito alle tematiche generali relative alla Convenzione sulla protezione del patrimonio mondiale, culturale e naturale e alla Convenzione per la protezione del Patrimonio Culturale Immateriale89» e garantire la tempestività e validità per la

documentazione necessaria ai fini dell’inserimento di un bene in Lista. Per completare il quadro delle realtà operanti in funzione della Convenzione UNESCO, da segnalare è

88 Si cfr. http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legge:2013;91 89 Si cfr. http://www.unesco.beniculturali.it/index.php?it/27/organismi-nazionali

40 anche l’Associazione beni italiani patrimonio mondiale UNESCO, nata nel 1997 tra i soggetti responsabili della tutela e/o della valorizzazione e della gestione dei beni italiani iscritti nella Lista del Patrimonio Mondiale o nella Lista del Patrimonio Immateriale dell’UNESCO e che «assume come propria funzione istituzionale e generale la programmazione, il coordinamento e la realizzazione di attività dirette alla protezione e alla valorizzazione del patrimonio culturale e naturale rappresentato dai beni UNESCO. L’obiettivo è quello di superare l’individualità delle azioni di protezione e valorizzazione dei singoli siti, anche di quelle in attuazione delle misure di sostegno previste dalla L. 20.02.2006 n. 77, sia procedendo con adeguate, autonome iniziative, sia coordinando le iniziative dei soggetti responsabili della gestione e della tutela dei singoli beni90».

Nell’attuale Codice dei beni culturali e del paesaggio il richiamo alla Convenzione UNESCO è riscontrabile all’art. 135, inerente la pianificazione paesaggistica, che prevede di prestare «particolare attenzione alla salvaguardia dei paesaggi rurali e dei siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale UNESCO».

La riforma del 2008 al Codice dei beni culturali e del paesaggio ha introdotto, con l’art. 1, comma 1, lett c) del D. Lgs. n. 6291, l’art. 7-bis, il quale assoggetta alle disposizioni

del Codice le espressioni di identità culturale collettiva contemplate nella Convenzione

per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale del 2003 e nella Convenzione per la promozione e la protezione delle diversità culturali del 200592, entrambe ratificate

dall’Italia rispettivamente con L. 27 settembre 2007, n. 16793 e L. 19 febbraio 2007, n.

1994. Nonostante la disposizione precisi che tali espressioni culturali sono tutelate

«qualora siano rappresentate da testimonianze materiali e sussistano i presupposti e le condizioni per l’applicabilità dell’art. 10», viene data comunque una prima testimonianza degli impegni presi verso la conservazione del patrimonio culturale intangibile.

90 Si cfr. lo Statuto dell’Associazione in http://www.sitiunesco.it/?p=150 91 Si cfr. http://www.parlamento.it/parlam/leggi/deleghe/08062dL.htm.

92 Si cfr. http://www.unesco.beniculturali.it/index.php?it/43/espressioni-della-diversit- culturale

93 Si cfr. http://www.parlamento.it/parlam/leggi/07167L.htm. 94 Si cfr. http://www.camera.it/parlam/leggi/07019L.htm.

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1.3.3.2 L’adattamento alle Convenzioni del Consiglio d’Europa

Il 9 gennaio 2006 l’Italia ha ratificato la Convenzione Europea sul Paesaggio, fatta a Firenze il 20 ottobre 2000, con legge n. 14. Le disposizioni di tale Trattato sono state assimilate nell’attuale Codice dei beni culturali e del paesaggio in seguito alle modifiche portate dal D. Lgs. 63/2008. Il nuovo art. 131 recita che «per paesaggio si intende il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni» e che il «Codice tutela il paesaggio relativamente a quegli aspetti e caratteri che costituiscono rappresentazione materiale e visibile dell'identità nazionale, in quanto espressione di valori culturali», evidenziando l’importanza della valorizzazione del paesaggio quale contributo allo sviluppo della cultura. L’esplicito richiamo alla Convenzione comunitaria è, però, riscontrabile nella nuova formulazione dell’art. 132, secondo il quale, unitamente alla Costituzione, vengono stabilite «la ripartizione delle competenze in materia di paesaggio», in conformità «agli obblighi ed ai principi di cooperazione tra gli Stati fissati dalle convenzioni internazionali in materia di conservazione e valorizzazione» dello stesso.

Più problematico, invece, si sta rivelando l’iter di ratifica della Convenzione di Faro: la Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore dell’eredità culturale per la

società è stata sottoscritta dall’Italia il 27 febbraio 2013, ma non è ancora stata ratificata

dal Parlamento italiano. Il 16 giugno 2017 il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro degli Esteri Angelino Alfano, ha approvato un disegno di legge di ratifica della Convenzione, tuttora ancora fermo al Senato in approvazione di Palazzo Madama95.

Avvicinandosi lo scioglimento delle Camere e le successive elezioni, la società civile, stimolata da Federculture, preoccupata che entro il termine della magistratura precedente il ddl non venisse approvato – come poi è successo – si era attivata per promuovere una petizione rivolta agli ex presidenti di Camera e Senato Laura Boldrini e Pietro Grasso per accelerare la ratifica parlamentare. La raccolta firma è ancora attiva, anche se l’obiettivo ora è richiedere al nuovo Parlamento che la ratifica della Convenzione sia uno dei primi atti della nuova legislatura.

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1.4 STRUMENTI SUB-NAZIONALI

Trovandosi Palmanova in Friuli Venezia Giulia, è opportuno esaminare anche la normativa di tale Regione. Il Friuli è stata l’ultima regione a godere dello Statuto Speciale, approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 196 (e le sue successive

modifiche), che all’art. 4 le attribuisce potestà legislativa, in armonia con la Costituzione, tra le altre, in materia di artigianato e «istituzioni culturali, ricreative e sportive; musei e biblioteche di interesse locale e regionale». Inoltre, l’art. 6 recita che la Regione ha facoltà di «adeguare alle sue particolari esigenze le disposizioni delle leggi della Repubblica, emanando norme di integrazione e di attuazione» in materia di «antichità e belle arti, tutela del paesaggio, della flora e della fauna».

Con il D. Lgs. 2 marzo 2007, n. 3497 sono state definite le Norme di attuazione dello Statuto speciale della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, in materia di beni culturali e paesaggistici. Secondo quanto disposto dall’art. 1, comma 2, la Regione «esercita le

funzioni amministrative in materia di valorizzazione dei beni culturali di propria pertinenza e coopera con lo Stato al fine di assicurare il coordinamento, l'armonizzazione e l'integrazione delle funzioni amministrative di tutela e valorizzazione dei beni paesaggistici e dei beni culturali di pertinenza statale presenti nel territorio regionale». Il Decreto, all’art. 2, istituisce anche il Comitato paritetico permanente per la valorizzazione del patrimonio culturale del Friuli-Venezia Giulia, «sede per il collegamento informativo e conoscitivo in ordine alle attività di comune interesse in materia di promozione e sostegno della catalogazione e della conservazione dei beni culturali e della migliore utilizzazione e fruizione pubblica dei beni medesimi». Tale Comitato può anche concludere accordi per definire comuni obiettivi di valorizzazione e definire le pertinenti attività di sviluppo culturale. All’art. 3 viene invece definite le ipotesi di costituzione dell’Istituto regionale per il patrimonio culturale del Friuli-Venezia

96 Si cfr. testo completo in http://www.normattiva.it/atto/caricaDettaglioAtto?atto.dataPubblicazioneGazzetta=1963-02- 01&atto.codiceRedazionale=063C0001

43 Giulia, che è «aperto anche alla partecipazione dello Stato e dotato di autonomia scientifica, organizzativa, amministrativa e finanziaria». L’Istituto è stato creato con Legge regionale 13 ottobre 2008, n. 10.

La legge regionale 11 agosto 2014, n. 1698, è dedicata alle Norme regionali in materia di attività culturali, redatta al fine (art. 1) di riconoscere e considerare la cultura

quale «essenziale valore sociale, formativo e di sviluppo economico, prezioso strumento di pacifica convivenza tra i popoli, fondamento della propria autonomia istituzionale e insostituibile momento di progresso della dimensione europea e democratica delle proprie comunità territoriali» e per tale motivo la Regione si impegna (art. 2) ad attuare iniziative volte alla promozione di attività culturali, intendendo queste come «iniziative di diffusione, documentazione, promozione, produzione e divulgazione delle arti visive, del cinema, della fotografia, delle discipline umanistiche e scientifiche, della letteratura, delle scienze sociali, dello spettacolo dal vivo e di valorizzazione della memoria storica». È del 25 settembre 2015 la legge regionale n. 2399, Norme regionali in materia di beni culturali, secondo la quale, all’art. 1, «la Regione, al fine di preservare la memoria

collettiva delle proprie singole comunità territoriali, riconosce la valorizzazione della cultura quale obiettivo fondamentale della propria azione di governo e fattore strategico dello sviluppo della comunità. A tal fine diffonde la conoscenza dei beni culturali del Friuli Venezia Giulia, stimola e incentiva le attività volte alla loro conservazione e assicura le migliori condizioni per la loro utilizzazione e fruizione pubblica». Il Friuli Venezia Giulia, per ottemperare a quanto supra citato, coopera con lo Stato, svolgendo funzioni di coordinamento, sostegno e indirizzo. L’oggetto della normativa sono le azioni della Regione in materia di valorizzazione dei beni culturali, di cui definisce gli interventi «a favore dei musei, dei beni culturali mobili e immobili e delle biblioteche e archivi» (art. 2). Il Capo II è dedicato ai beni culturali mobili ed immobili. Seguendo la moderna normativa a tutela di tali beni, l’art. 13 prevede che la Regione promuova «la conservazione e valorizzazione dei beni di valore storico, artistico e

98 Si cfr. testo completo in http://lexview- int.regione.fvg.it/FontiNormative/xml/xmllex.aspx?anno=2014&legge=16#art5

99 Si cfr. testo completo in http://lexview- int.regione.fvg.it/FontiNormative/xml/xmlLex.aspx?anno=2015&legge=23&lista=0&fx=lex

44 ambientale e del loro contesto, in quanto componente essenziale del suo patrimonio culturale, testimonianza dei momenti significativi della sua storia, risorsa di fondamentale importanza sul piano educativo e fattore di sviluppo dell'offerta turistico- culturale del suo territorio». Per tali propositi la Regione concorre finanziariamente alla realizzazione di progetti di investimento per il recupero, la tutela e la valorizzazione. Secondo, invece, l’art. 13-bis, la Regione può redigere degli accordi con lo Stato o con altri enti interessati per migliorare la fruizione e la valorizzazione dei luoghi e istituti culturali appartenenti all’ultimo, situati però in territorio regionale. L’art. 16 invece si occupa dei siti iscritti alla Lista UNESCO, dichiarando che «la Regione valorizza i siti culturali e naturali del Friuli Venezia Giulia iscritti nella Lista del Patrimonio mondiale dell'UNESCO mediante la previsione, in legge finanziaria o in legge di assestamento del bilancio, di specifici finanziamenti destinati a promuovere e sostenere la realizzazione delle iniziative comprese nei rispettivi Piani di gestione».

Con la Legge regionale 25 febbraio 2016, n. 2100, viene istituito l’Ente regionale per

il patrimonio culturale della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia (ERPAC) e vengono definite delle disposizioni urgenti in materia di cultura. Al fine (art. 1) di unire e migliorare la qualità della filiera produttiva di tutela, restauro e gestione del patrimonio culturale e per realizzare un approccio unitario, integrato e graduale per la catalogazione, conservazione, restauro, valorizzazione e promozione del patrimonio culturale del proprio territorio, viene istituito l’ERPAC che (art. 3) «promuove l'elaborazione di progetti di rilevante interesse regionale per la valorizzazione del patrimonio culturale e partecipa a iniziative realizzate in collaborazione con enti e organismi di settore operanti in ambito europeo e internazionale, anche ai fini dell'accesso ai finanziamenti comunitari in materia». L’ERPAC ha sostituito l’Istituto regionale per il patrimonio culturale del Friuli Venezia Giulia e gli altri enti pubblici regionali dedicati alla protezione e conservazione del patrimonio culturale.

100 Si cfr. testo completo in https://lexview- int.regione.fvg.it/fontinormative/xml/xmllex.aspx?anno=2016&legge=2

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