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1.2 STRUMENTI REGIONAL

1.2.1 I TRATTATI DEL CONSIGLIO D’EUROPA

1.2.1.2 Le disposizioni in materia di patrimonio architettonico

Del patrimonio architettonico non si è occupato solo il Consiglio d’Europa, che considera i beni in questione «espressione della ricchezza e della diversità del patrimonio culturale europeo, di cui va garantita la trasmissione alle generazioni future»41, ma alcuni strumenti sono stati emanati anche dall’Unione Europea. Il documento che inaugura la legislazione in materia è la Carta europea del patrimonio

architettonico, inserita nella più ampia Dichiarazione di Amsterdam del 1975,

promulgata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa durante il congresso tenutosi nella capitale olandese in conclusione dell’Anno europeo del patrimonio architettonico42. Nel Preambolo si legge che il patrimonio architettonico viene riconosciuto come «espressione insostituibile della ricchezza e della diversità della cultura europea» e «costituisce l'eredità comune a tutti i popoli», pertanto è necessaria la sua conservazione, che deve impegnare solidalmente tutti gli Stati europei. Per patrimonio architettonico non si intendono solo i monumenti più famosi e riconosciuti, ma anche «gli insiemi, quartieri di città e villaggi, che offrano un interesse storico o culturale», che rivestono un ruolo fondamentale nell’identità culturale del cittadino, il quale si sente, perciò, personalmente coinvolto nelle attività di conservazione.

Sulla stessa linea viene sviluppata la Convenzione per la salvaguardia del

patrimonio architettonico dell’Europa, elaborata a Granada nel 1985, che riprende e

amplia le definizioni della Carta. Si tratta dell’atto legislativo più importante del Consiglio d’Europa in materia di conservazione del patrimonio culturale. Aperta alla firma degli

40 In CABASAINO, Il Consiglio d’Europa e la cultura, Notiziario / 62-64, in

http://www.beniculturali.it/mibac/multimedia/UfficioStudi/documents/1255252195777_SP_62 _64_20.pdf

41 LIETO, “Il sistema internazionale di protezione dei beni culturali”, in AMIRANTE e DE FALCO (a cura di), op. cit., 2005, p. 46

42 Cfr. Anno europeo del patrimonio architettonico: https://www4.ti.ch/fileadmin/DECS/DS/Rivista_scuola_ticinese/ST_n.42/ST_42_anno_europe o_patrimonio_architettonico.pdf

22 Stati membri del Consiglio d’Europa e all’adesione degli Stati non membri e dell’Unione europea è entrata in vigore nel 1987. La Convenzione è stata ratificata da 41 Stati europei (dall’Italia nel 1989), e firmata, ma non ancora ratificata, da 2 Stati. La Convenzione riconosce nuovamente che «il patrimonio architettonico costituisce una espressione irripetibile della ricchezza e della diversità del patrimonio culturale dell'Europa, una testimonianza inestimabile del nostro passato e un bene comune a tutti gli europei» e richiama «l'importanza di trasmettere un insieme di riferimenti culturali alle generazioni future, di migliorare la qualità della vita urbana e rurale e di favorire contemporaneamente lo sviluppo economico, sociale e culturale degli Stati e delle Regioni43. Innovativa nella Convenzione è la rivalutazione dell’espressione “patrimonio architettonico”, nella quale vengono fatte rientrare «particolari tipologie di beni immobili, che si contraddistinguono non solo sulla base di criteri di carattere storico e artistico, ma anche scientifico, sociale e tecnico»44. Su modello delle convenzioni internazionali precedentemente analizzate vengono delineati i compiti ricadenti sullo Stato per una corretta attività di salvaguardia: identificazione dei monumenti, dei siti e degli insiemi architettonici presenti nel proprio territorio e una conseguente dettagliata documentazione. È stato anche introdotto un sistema sanzionatorio nel caso in cui non vengano rispettate le misure previste dalla Convenzione. Accento viene posto sulle attività di valorizzazione, che dovrebbero portare ad una maggiore fruizione e ad un uso più confacente alla contemporaneità delle opere tutelate. Infine, anche in questo caso viene evidenziata l’importanza di un’attività informativa e di sensibilizzazione dell’opinione pubblica riguardo i problemi di conservazione e salvaguardia del patrimonio architettonico e si sottolinea la necessità di adottare politiche di tutela a livello nazionale che mirino ad una mediazione tra istanze conservative e esigenze sociali ed economiche.

43 Cfr. Preambolo della Convenzione

44 LIETO, “Il sistema internazionale di protezione dei beni culturali”, in AMIRANTE e DE FALCO (a

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1.2.1.3 La Convenzione europea sul paesaggio

Negli anni, il concetto di paesaggio (culturale nello specifico) è stato approfondito insieme al concetto di sviluppo, sia economico che sociale: la tutela del paesaggio deve prevedere programmi di sviluppo che considerino le necessità della società sia presente che futura. Sotto quest’ottica si è mosso il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, emanando nel 1995 una Raccomandazione sulla conservazione integrata delle aree di

paesaggio come parti delle politiche paesaggistiche, che invitava gli Stati Membri a

condividere le loro politiche in materia, appunto, di aree paesaggistiche45. Il 20 ottobre 2000 il Consiglio d’Europa ha varato a Firenze la Convenzione europea sul Paesaggio, entrata in vigore il 1 marzo 2004 con 37 Stati ratificanti (l’Italia vi ha aderito nel 2006 con la Legge 09 gennaio 2006, n. 14). Al termine “paesaggio” non era mai stata associata una definizione univoca e condivisa fino alla entrata in vigore di tale Convenzione, che lo designa come una «determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni» (art. 1 lett. a). Tale definizione, perciò, chiarisce definitivamente che il paesaggio non è esclusivamente legato all’ambiente, ma anche alle trasformazioni portate dalla società che lo vive. Innovativo è anche l’ambito di applicazione della Convenzione che comprende tutto il territorio: «gli spazi naturali, rurali, urbani e periurbani. Comprende i paesaggi terrestri, le acque interne e marine. Concerne sia i paesaggi che possono essere considerati eccezionali, che i paesaggi della vita quotidiana e i paesaggi degradati» (art. 2). È vero che, secondo il par. 1 dell’art. 15, «ogni Stato o la Comunità europea può, al momento della firma o al momento del deposito del proprio strumento di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione, designare il territorio o i territori in cui si applicherà la presente Convenzione», ma rispetto alle disposizioni della Convenzione UNESCO del 1972, che prevede una protezione riferita solo ai paesaggi di outstanding value, la vastità (anche se solo regionale) del campo di applicazione della Convenzione del Consiglio d’Europa è piuttosto rivoluzionaria rispetto al passato.

24 La Convenzione (art. 3) «si prefigge lo scopo di promuovere la salvaguardia, la gestione e la pianificazione dei paesaggi e di organizzare la cooperazione europea in questo campo». Agli Stati parte, su scala nazionale, viene richiesto di adottare delle politiche del paesaggio (di cui la definizione alla lettera b dell’art. 1) intese come formulazione di principi, strategie e linee guida specifiche per la salvaguardia, gestione e pianificazione del paesaggio. Inoltre ogni Parte (art. 5) deve impegnarsi a riconoscere il paesaggio come fondamento della propria identità, stabilire e attuare, appunto, delle politiche del paesaggio che coinvolgano anche la partecipazione del pubblico, delle autorità locali e regionali e di altri soggetti che possano essere coinvolti nella loro realizzazione e ad integrare il paesaggio nelle politiche di pianificazione territoriale, urbanistica e di carattere culturale, ambientale, agricolo, sociale ed economico. In aggiunta, l’art. 6 prevede delle misure specifiche quali la sensibilizzazione della società civile, la formazione di specialisti e l’educazione delle popolazioni, l’individuazione e la valutazione dei paesaggi nel proprio territorio per i quali dovranno essere stabiliti degli obiettivi di qualità paesaggistica e l’attivazione di strumenti di interventi volti alla salvaguardia e la alla gestione dei paesaggi. A livello internazionale, ancora una volta, viene richiamata l’importanza della cooperazione internazionale sia per l’attuazione delle rispettive politiche paesaggistiche, sia per l’assistenza reciproca e lo scambio di informazioni.

A chi affidare i meccanismi di controllo sull’effettiva applicazione della Convenzione, è stato un lungo dibattito conclusosi con la decisione di affidarli a Comitati intergovernativi già esistenti: il Comitato sulla diversità biologica e paesaggistica (CO- DBP) e il Comitato del patrimonio culturale (CC-PAT). Nel 2008 è stato, però, istituito anche il Comitato guida per il patrimonio culturale e il paesaggio.

La Convenzione prevede (art. 11) che ogni due anni venga assegnato il Premio del paesaggio alle collettività locali e regionali e ai loro consorzi che abbiano adottato e mantenuto politiche paesaggistiche particolarmente vantaggiosi per la salvaguardia e la gestione dei loro paesaggi e che tali politiche possano essere prese come modello di riferimento da altre collettività territoriali europee. Possono ricevere il Premio anche le ONG che dimostrino di aver avuto un apporto vantaggioso e rilevante nella salvaguardia

25 e gestione di determinati paesaggi culturali. Il Premio, come specificato dal Consiglio dei Ministri nel momento in cui ha adottato il regolamento (2008), sussiste non in una somma di denaro, ma in un diploma, il cui scopo è quello di manifestare un riconoscimento che porti delle ricadute di immagini vantaggiose per le collettività e le ONG che lo ricevono.