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ADERIRE A UNA CONDOTTA DEVIANTE: PERCHÉ?

23. La ringraziamo molto per il tempo dedicato alla compilazione del questionario

3.4. ADERIRE A UNA CONDOTTA DEVIANTE: PERCHÉ?

Domanda - Dalla Sua esperienza, perché questi giovani hanno aderito a condotte de-vianti? Quali gli input incalzanti?4

Le motivazioni prevalenti a causa delle quali i giovani aderirebbero a condot-te devianti (e già in parcondot-te descritcondot-te nelle nuove forme di trasgressione nei paragra-fi precedenti) si possono ricondurre a motivazioni interne all’individuo (desiderio di visibilità/notorietà; desiderio di omologazione/appartenenza al gruppo; fragilità identitaria e bassa autostima; incapacità di gestire il sentimento di noia) e alcune esterne all’individuo (mancanza di regole fornite da parte del mondo adulto; inade-guatezza della famiglia).

1. Ciò che è stato evidenziato, circa l’adesione a condotte devianti, si riferisce so-prattutto alla volontà da parte dei giovani di emergere, al desiderio di visibilità, non solo in termini di leadership ma soprattutto in termini di “notorietà” e conse-guente inclusione all’interno del gruppo. La buona condotta e il raggiungimento di buoni risultati scolastici vengono valutati come comportamenti poco proficui o troppo impegnativi, scartati soprattutto se non condivisi dal gruppo di appar-tenenza.

Il gruppo “diventa” l’elemento fondante della personalità e dello sviluppo e le isti-tuzioni scolastiche, affermano gli intervistati, molto spesso non creano occasioni di riflessione sul valore della persona in sé e per sé, indipendentemente dai suoi

4 Questa domanda ha rilevato interesse da parte di molti Dirigenti, suscitando in loro una riflessione.

Generalmente, infatti, prendevano o chiedevano alcuni secondi per ragionare e individuare la motiva-zione dell’adesione a condotte devianti da parte degli studenti all’interno dell’istituto.

successi. I giovani non sarebbero abituati a riflettere sul valore delle relazioni per-sonali, ma piuttosto costantemente valutati in negativo o positivo sulla base delle prestazioni ottenute. Anche per questo motivo, dunque, i giovani ricercano nelle azioni trasgressive agite in gruppo, un luogo e uno spazio per una desiderata no-torietà e visibilità non sempre né facilmente raggiungibile con mezzi legittimi.

2. Un altro elemento che spinge i giovani verso condotte devianti viene individuato nel desiderio di omologazione e di appartenenza a un gruppo. A questa motiva-zione aderiscono spesso coloro che rimangono gregari, frequentemente caratte-rizzati da un basso livello di autostima, la cui permanenza e inclusione all’inter-no del gruppo permette loro una sorta di appagamento in termini relazionali. Il gruppo diventa il luogo nel quale rifugiarsi per cercare se stessi, lontani dal nucleo familiare. Gli atti aggressivi, di trasgressione e di danneggiamento possono essere anche interpretati come reazioni alla mancanza del senso di appartenenza alla comunità, anche alla comunità scolastica. In generale, affermano gli intervistati, è carente un’identità sociale la cui mancanza - spesso accompagnata a un’identità personale fragile - crea disagio: l’atto deviante è una risposta a tale disagio, è un urlo di protesta, una richiesta di ascolto e di aiuto.

Il costituire un gruppo e appartenere a esso risponde al bisogno di riconoscimen-to, di identificazione in qualcosa, cercando di differenziarsi il più possibile dal mondo adulto e da altri gruppi di pari. Per fare questo, per raggiungere questa appartenenza riconosciuta, si deve sottostare a rituali, a comportamenti, codici, segni di riconoscimento che a volte possono essere comportamenti trasgressivi o prevaricatori verso persone e oggetti. Secondo alcuni intervistati, uno dei motivi principali per cui in Trentino il livello del fenomeno “devianza giovanile” è conte-nuto è per la presenza di un alto livello socio-culturale del territorio, sia rispetto al contesto nazionale sia europeo. Questo ambiente così caratterizzato eviterebbe che processi di identificazione dei giovani nei gruppi di pari qui descritti scivolino in forme esasperate di conflittualità anche violenta con il mondo adulto.

3. Il desiderio di appartenenza a un gruppo deviante, per alcuni Dirigenti, è dovuto anche al fatto che i ragazzi sono fragili e possiedono una scarsa autostima. Siamo spesso di fronte a un insieme complesso e articolato di fattori: disorientamento men-tale (generalmente accompagnato da un rendimento scolastico scarso), famiglie in difficoltà e, nel caso degli immigrati, di un “fraintendimento culturale”. Tutti questi fattori conducono ad accettare, senza alcuna opposizione, la decisione del gruppo in cui sono inseriti proprio per il timore di non essere accettati o di doverlo abban-donare. Il gruppo infonde forza, sostiene l’individuo soprattutto in quel momento

di passaggio nel quale ci si allontana dalla famiglia nel normale processo di crescita, diventa un punto di riferimento, a volte l’unico in questo momento biografico.

4. La famiglia spesso è la fonte del disagio. Gli intervistati concordano nell’affermare che se in passato la famiglia era il soggetto compensatore, quello che attenuava e conteneva il disagio, oggi invece assume più spesso il ruolo di amplificatore, per-ché non è in grado di trasmettere punti di riferimento né limiti precisi. Quando poi è il mondo reale a porre dei confini, non sempre vengono accettati, da qui la risposta trasgressiva.

Il mondo genitoriale in qualche modo può essere complice di certe forme moderne di disagio, in particolare quando tende a sostituirsi alla vita del figlio, ai compiti e ai ruoli della scuola in maniera ansiogena. In questo modo ai figli vengono meno una certa autonomia e senso di responsabilità nel percorso di crescita e la scuola viene parzialmente esautorata dal suo ruolo educativo. Alcuni intervistati interpretano casi di non rispetto delle regole e di ribellione da parte del mondo giovanile proprio come risposta a questi modelli familiari non equilibrati che inducono a ricercare l’autono-mia almeno nel contesto deviante. E, ancora, si assiste da parte di questi nuclei fami-liari all’ergersi ad ‘avvocati difensori’ degli stessi figli ribelli, limitando ulteriormente e di nuovo il processo di crescita dei ragazzi quando le istituzioni reagiscono alle forme di trasgressione con azioni sanzionatorie. Non si tratterebbe come in passato di ado-lescenti in contrapposizione con il mondo adulto/genitoriale, quanto piuttosto di una confusione di ruoli che può far scaturire nei giovani un senso di disagio. I genitori, ma anche gli stessi docenti, sono probabilmente più che in passato portati all’ascolto, alla comprensione e alla contrattazione, ma quest’ultima sembra una contrattazione senza limiti che fa affievolire i punti di riferimento per i ragazzi.

5. Un ulteriore elemento rilevato dai Dirigenti è definito anche da una carenza di regole da parte del mondo adulto. Infatti, anche in ragione dell’età adolescenziale che vivono, i ragazzi mettono in discussione limiti e norme insegnate loro attra-verso l’educazione scelta dalle famiglie, spesso però assenti o inadeguate attra-verso la loro funzione educativa, così che i giovani si trovano a scegliere come riferimento dei leader negativi.

Inoltre, per alcuni intervistati, sembra venuto a mancare quel controllo sociale allargato che suggeriva ai giovani cosa è lecito fare e cosa non lo è: questo ruolo non sembra essere svolto da qualcuno nella vita degli adolescenti moderni. Il tes-suto sociale non sarebbe più capace di affiancarsi alle famiglie nella costruzione di un percorso di crescita, non è più “alleato della famiglia”. Gli stessi mezzi di comunicazione di massa esaltano un approccio alla vita e alle relazioni violento,

dove “sesso, soldi e sangue” sono i protagonisti, dove urlare, dire parolacce, non rispettare l’altro sono le modalità di interazione più frequenti. Da qui la necessità di farsi gregari di un gruppo all’interno del quale esiste un codice di condotta.

6. Di particolare rilievo, da parte dei Dirigenti, è il riferimento alla noia: infatti, a loro parere, in questo caso l’adesione a condotte devianti da parte dei giovani ri-sulta scaturire da un’assenza di iniziative positive. L’assenza di tali stimoli positivi o di adulti di riferimento in grado di indirizzare i giovani, facilita i ragazzi ad avvicinarsi ad azioni devianti e trasgressive.

Spesso siamo di fronte a una carente o assente progettualità sia a breve che a me-dio termine che si concretizza in quotidianità vuote, senza compiti precisi, senza orari da rispettare, con giovani che rimangono da soli a “gestire” l’ambiente dome-stico e la loro esistenza in piena solitudine.

7. Infine, uno degli elementi ricorrenti nelle riflessioni emerse dalle interviste, sem-bra essere la necessità del singolo ragazzo di appartenere a un gruppo, in quanto esercita la funzione di protezione e deresponsabilizzazione dall’azione che si com-pie a livello collettivo. Questo fa sì che i singoli membri non si percepiscano come responsabili dell’azione deviante, ma semmai in piccola parte, proprio perché l’a-zione trasgressiva, singolarmente, non l’hanno e non l’avrebbero mai compiuta.

Secondo gli intervistati mancano dei ruoli con un’assunzione di responsabilità per i giovani, tali da renderli protagonisti e farli sentire utili. Non sono in grado di assumersi responsabilità perché nessuno glielo ha insegnato, perché hanno l’e-sempio di genitori che tendono a delegare e che a loro volta non sono in grado di assumersi le proprie di responsabilità.

Quindi, disagio familiare, sociale, culturale (in particolare per la componente straniera) e anche uno scarso rendimento scolastico per un problema non sempre identificato dal corpo docente, a volte anche tutti i fattori insieme possono essere causa o concausa di devianza. Se a questo disagio si aggiunge una debolezza della personalità, il soggetto può rispondere imboccando una strada negativa, “abbassa la saracinesca”, scelta che sembra comunque dare qualche soddisfazione più facile e certa rispetto all’impegnarsi a scuola.

Per concludere, si rilevano dalle interviste due comportamenti opposti: da un lato

‘fare gruppo’ che agisce la trasgressione per i diversi motivi elencati e dall’altro una solitudine profonda che viene riempita in maniera impropria (uso inadeguato ed ec-cessivo di mezzi elettronici, di internet, dei social network). Solitudini con le quali è difficile rapportarsi perché non ci sono nel mondo adulto strumenti per

compren-derle e poi agire. A volte i ragazzi esprimono il disagio di non essere all’altezza dei compiti richiesti con gesti forti e di ribellione, oppure “si nascondono”, e non danno fastidio a nessuno, si rendono invisibili. Giovani che, spesso soli anche perché si ritro-vano genitori molto impegnati con il lavoro e/o separati, spesso figli unici, si affidano alle relazioni mendaci della rete oppure - con una “promessa d’amore” - al gruppo.

Per illustrare quanto detto si propone il seguente quadro sinottico che illustra le ragioni che sottostanno alla scelta di aderire a una condotta deviante da parte di un giovane e che si possono ricondurre a motivazioni interne all’individuo oppure esterne ad esso.

Tabella 3.2. - Motivazioni che influenzano l’adesione alla condotta deviante Interne all’individuo Esterne all’individuo

Desiderio di visibilità Famiglia in difficoltà

Desiderio di omologazione Assenza o incertezza delle regole e di un sistema sanzionatorio

Desiderio di appartenenza

Incapacità di gestire il sentimento di noia Protezione e deresponsabilizzazione offerta dal soggetto gruppo

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