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23. La ringraziamo molto per il tempo dedicato alla compilazione del questionario

2.5. ALLA RICERCA DI SPIEGAZIONI

I dati provenienti dal Tribunale per i Minorenni di Trento contraddicono alcuni luoghi comuni della criminalità minorile: prima di tutto, è vero che questo fenomeno è in aumento rispetto alla metà degli anni Novanta, tuttavia dal 2004 non solo è stabi-le nel tempo ma è tendente alla diminuzione, come del resto si nota per la criminalità degli adulti. Su questo punto varie ricerche sottolineano un calo generale delle de-nunce, specialmente quelle legate a reati di tipo violento. Secondariamente, l’attività criminale sembra essere connessa al luogo di nascita (Italia versus estero).

Come si spiega quindi l’enfasi da parte dei mezzi di comunicazione e la percezione diffusa di un senso di insicurezza da parte dei cittadini verso questo tipo di manifesta-zioni di criminalità? Potrebbe essere dovuta principalmente al fatto che i reati che coin-volgono i giovani minori sono perlopiù legati alla sfera predatoria, contro il patrimonio e contro la persona: reati che, come sappiamo, colpiscono soprattutto la gente comune.

In altre parole, il diffondersi di questo senso d’insicurezza è dovuto non tanto all’au-mento dei delitti più gravi, quanto al crescere del numero di episodi che costituiscono la cosìddetta microcriminalità. Questa comprende due tipologie di crimine:

1. Reati di media gravità: rapine di strada, furti in appartamento, scippi, bor-seggi, ecc.

2. Soft crimes: spaccio di droga, prostituzione, atti di vandalismo, molestie stra-dali a donne e anziani, schiamazzi notturni ripetuti, ecc.

Questi esempi di microcriminalità vengono considerati gravi perché rappresenta-no una violazione delle regole di una comunità, un sovvertimento dell’ordine morale e quindi generano solitamente tra la popolazione un senso di insicurezza pregnante.

E non è un caso che all’interno delle statistiche sulla criminalità minorile abbia un grosso peso, sul totale delle denunce riportate presso il Tribunale per i Minorenni, proprio questo genere di fatti delittuosi.

Per quanto concerne la criminalità minorile, vari autori10 sostengono che sia pos-sibile distinguere fra una delinquenza fisiologica, una delinquenza patologica ende-mica e una delinquenza patologica epideende-mica.

In Italia, e non da meno in Trentino, si tratta di una delinquenza minorile “fisiologica”, cioè quella quota di delinquenza che c’è sempre stata e che è in parte destinata a riassor-birsi con l’ingresso nell’età matura. È costituita in buona parte da cosiddetti mickey mouse crimes ed è compiuta da minori i quali possono contare su qualche risorsa familiare e sociale. Si tratta di una delinquenza, insomma, che non fa gridare all’eccezionalità.

10 Per una panoramica si veda G. De Leo, La devianza minorile. Il dibattito teorico, le ricerche, i nuovi modelli di trattamento, Carocci, Roma, 1998.

Una parte delle denunce registrate, poi, potrebbero essere ricondotte a una delin-quenza patologica endemica, ovvero al coinvolgimento di minori nella criminalità organizzata, soprattutto in riferimento alla commissione dei cosiddetti street crimes, ossia spaccio di droga, contrabbando, furti, rapine. Seppur non in possesso di dati oggettivi, ci sentiamo di poter escludere questo tipo di devianza in Trentino, in cui la coesistenza di gruppi criminali organizzati ha un impatto, rispetto ad altre regioni italiane, decisamente inferiore.

Infine, con il termine delinquenza patologica epidemica si fa essenzialmente riferi-mento alla devianza dei minori stranieri, indotti al crimine in età assai precoce, i qua-li vivono in contesti sociaqua-li segnati da marginaqua-lità, confqua-litti culturaqua-li, disadattamento, deprivazione relativa, modalità culturali proprie del Paese d’origine spesso non con-siderate legittime nel territorio ospitante.

Per quanto riguarda i reati commessi con la compartecipazione di più minori, dai nostri dati emerge che la maggior parte dei gruppi è formata da un massimo di 2-3 ragazzi, la maggior parte nata in Italia che commettono più frequentemente reati contro la persona o contro oggetti, come il danneggiamento o l’imbrattamento e le lesioni volontarie o percosse. Alcune ricerche mostrano che l’estrazione sociale dei minori che commettono reati in gruppo sia piuttosto varia ed eterogenea: in buo-na parte è ancora collegata a situazione di disagio, margibuo-nalità, deprivazione socio-economica, ma con un consistente aumento e una crescente diffusione del fenomeno negli ambienti di ceto medio e medio-alto.

Per concludere, al fine di comprendere alcuni tratti che connotano il fenomeno della criminalità minorile richiamiamo alcune tipologie di giovani criminali emerse all’interno del Primo rapporto italiano sulla delinquenza minorile11 (Schema 2.1).

Schema 2.1- Caratteristiche della criminalità minorile

Definizione Sintomi Conseguenze

I ragazzi senza problemi Malessere del benessere:

giovani appartenenti al ceto medio, talvolta ampiamente scolarizzati.

I reati commessi sono spesso legati al possesso di beni effimeri e all’accesso a diver-timenti. Violenze di gruppo tra pari sembrano assume-re significati simbolici di autoaffermazione, di ricerca di senso e di comunicazione, seppure in forme estreme.

11 I. Mastropasqua, T. Pagliaroli, M.S. Totaro (a cura di), Primo rapporto italiano sulla delinquenza minorile, Ministero della Giustizia, Dipartimento per la Giustizia minorile, Gangemi Editore, Roma, dicembre 2008.

Definizione Sintomi Conseguenze

Forme di devianza legate a condizioni di povertà econo-mica e sociale. Furti, rapine e reati di tipo predatorio. talvolta ridotte a “piacere da consumare” per mancanza di codici affettivi; l’impossibilità di prevedere un percorso lavorativo non precario e la imprevedibilità del proprio futuro economico.

I segnali estremi in questo senso possono andare dalla straordinaria prevalenza di forme psicopatologiche come i casi di psicosi, borderline e i disturbi gravi dell’identità in adolescenza, ai comportamenti devianti e violenti. L’aggressività che si manifesta nei più giovani con atteggiamenti di prevarica-zione, denigraprevarica-zione, definiti di “bullismo”, soprattutto nelle scuole.

Le caratteristiche dei minori che delinquono in gruppo possono essere ricollegate a quelle riportate nello schema precedentemente esposto. Tuttavia, a questo vanno aggiunte alcune considerazioni sul livello diversificato di strutturazione o di orienta-mento al crimine emerse da ricerche qualitative sul fenomeno e curate dal Diparti-mento giustizia minorile12 che, qui, brevemente riportiamo.

Una distinzione generale è operabile in relazione alla nazionalità dei minori:

Italiani (1) Permane la prevalenza di ragazzi che presentano gravi problemi socio-famil-iari, culturali, economici e di marginalità, in tali casi spesso non è tracciabile una struttura di gruppo: i ragazzi si aggregano per finalità devianti in una de-terminata circostanza, ma non tendono a creare una struttura organizzata e stabile al fine di commettere un reato. È ipotizzabile che, in questi casi, i minori provengano dallo stesso territorio e presentino storie e caratteristiche simili.

I reati commessi da questo tipo di gruppo sono prevalentemente contro il patrimonio o legati allo spaccio di sostanze stupefacenti.

segue

12 I gruppi di adolescenti devianti: un’indagine sui fenomeni di devianza minorile di gruppo in Italia, a cura del Dipartimento giustizia minorile, in collaborazione con il Centro interuniversitario per la ricer-ca sulla genesi e sullo sviluppo delle motivazioni pro-sociali e antisociali (CIRMPA) dell’Università La Sapienza di Roma, Angeli, Milano, 2001.

Italiani (2) Minori che non presentano particolari problematiche di marginalità o disagio economico, che si aggregano abitualmente intorno ad attività lecite e che oc-casionalmente commettono reati. In questi casi, l’attività criminosa non costi-tuisce l’elemento aggregante del gruppo ma assume una funzione espressiva piuttosto che strumentale. I reati più frequentemente commessi sono quelli di danneggiamento o il coinvolgimento in risse e aggressioni.

Stranieri I fattori scatenanti l’atto criminoso sono tutti riconducibili all’ambito econom-ico e relazionale/sociale: l’oggettiva precarietà della condizione economica e le difficoltà di scambio con la cultura dominante determinano uno stato di emarginazione sociale e non facilitano l’interiorizzazione delle regole so-cialmente condivise a fronte di una progressiva perdita di quelle del proprio gruppo di appartenenza. La condizione di clandestinità appare un fattore particolarmente rilevante dal punto di vista del coinvolgimento in attività criminose di gruppo. Il reato, quindi, si connota come maggiormente legato a funzioni strumentali e di sopravvivenza.

Capitolo 3

Dal gruppo alla banda: cosa ne pensano Dirigenti scolastici e Direttori di CFP1

Rose Marie Callà, Alessandro Carraro, Elisa Martini2

Dopo una sezione di carattere più introduttivo, inizia qui la parte specificatamente dedicata ai diversi moduli di ricerca primaria. In particolare, questo contributo ri-guarda l’analisi delle interviste in profondità ai Dirigenti e Direttori (di seguito, per semplicità, ricompresi nell’etichetta Dirigenti) e il successivo alle interviste effettuate a Osservatori privilegiati. Il quinto capitolo si concentrerà poi sui focus group realiz-zati con studenti, docenti e genitori e, infine, il sesto presenterà i risultati relativi ai questionari inviati alle scuole.

In questo capitolo l’esposizione di quanto emerso avverrà ripercorrendo a grandi linee le domande presenti nella traccia3.

3.1. EMERGENZA NELL’AMBITO DELLA VIOLENZA GIOVANILE: UN FALSO

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