23. La ringraziamo molto per il tempo dedicato alla compilazione del questionario
3.6. IL RUOLO DELLA FAMIGLIA
Domanda - E la famiglia che ruolo ha o può avere?
Come già descritto, in quasi tutte le interviste i Dirigenti rilevano un ruolo vacan-te da parvacan-te delle famiglie, soprattutto quando si parla di gruppo devianvacan-te; nei colloqui viene posto l’accento sul crollo del modello genitoriale. Gli elementi comuni nelle interviste su questo aspetto sono: la mancanza di un modello educativo unico di rife-rimento nella coppia genitoriale, l’assenza dei genitori e in generale l’assenza di adul-ti significaadul-tivi nella quoadul-tidianità dei giovani; la difficoltà, sempre più presente nelle famiglie, nell’educare coerentemente i propri figli con altre agenzie socializzanti, in primis la scuola; la tendenza a delegare il ruolo genitoriale alla scuola o ad altre figure terze (allenatori, educatori, ecc.); infine, la presenza di genitori assillanti e ansiosi nella vita dei figli, quasi a sostituirsi ad essi.
Questi elementi giocano un ruolo determinante nel facilitare il nascere di episodi trasgressivi, proprio perché gli adulti risultano essere poco presenti nella vita dei figli, soprattutto, sottolineano i Dirigenti, a seguito dell’aumento delle famiglie “spezzate”
a causa di separazioni e divorzi, ma anche per le caratteristiche intrinseche a questa generazioni di adulti.
Anche la relazione della coppia unita ma conflittuale, il modo di rapportarsi tra i genitori, il ruolo della donna nell’ambito della famiglia, sono tutti aspetti che in-fluenzano il comportamento dei figli all’esterno, nelle relazioni tra pari. In particolar modo, viene posto l’accento sulla difficoltà delle famiglie nel porre delle regole chiare in grado di inibire l’azione deviante sul nascere o di intercettare le azioni devianti o di responsabilizzare il ragazzo rispetto alle azioni che ha compiuto.
Proprio su quest’ultimo aspetto c’è chi sostiene l’esistenza di incompatibilità co-municativa tra genitori e scuola, tra genitori e figli, ma anche chi sottolinea l’aumento emergenziale di complicità tra genitori e figli che porta non di rado a coprire l’atto indisciplinato del ragazzo, non permettendo una presa di coscienza rispetto al gesto trasgressivo compiuto. Non è più prevalente un modello genitoriale responsabilizzato che si contrappone ai desideri e volontà del figlio. Questa generazione di adulti, che secondo gli intervistati evidenzierebbe elementi di debolezza psicologica e sociale, propenderebbe a scaricare sui figli sensi di colpa e angosce, in parte sostituendosi alle dinamiche di crescita di questi. Quando ciò accade, quando cioè la famiglia difende il ragazzo punito, non solo la scuola perde la sua azione di mediazione, ma l’intervento sanzionatorio perde molto della sua efficacia. Se invece i due sistemi sono coalizzati e coerenti con un messaggio dallo stesso contenuto, allora il ragazzo “cede” in maniera positiva/propositiva. Spesso però le famiglie si interessano solo dell’aspetto didattico e non di quello educativo; a volte, nel peggiore dei casi, nemmeno dei risultati scola-stici in senso stretto. Si assiste in molti casi anche a una diffusa disattenzione a come viene trascorso il tempo da parte del figlio, in particolare il tempo extrascolastico:
una vera e propria latitanza nel ruolo. Oppure, al contrario, con un’organizzazione della giornata a ritmi serratissimi e impegni vorticosi per soddisfare i desideri e le attese dei genitori in una sorta di second life a spese dei figli. Insomma o genitori convitati di pietra o protagonisti ansiogeni.
Un discorso a sé viene fatto da alcuni Dirigenti rispetto alla popolazione mi-grante: emergerebbe, per pochi intervistati, il difficile ruolo delle famiglie immigrate nel controllo dei loro figli. Alcuni individuano questo problema come frutto di una conflittualità intra-famigliare, di un gap culturale tra gli adulti portatori di una cul-tura altra e i figli nati in Italia o arrivati in tenera età, che si sentono Italiani a tutti gli effetti; altri, invece, sottolineano una difficoltà generalizzata da parte degli immigrati ad accettare le regole e le norme del Paese di destinazione per caratteristiche intrinse-che alla cultura di origine. Tuttavia, i Dirigenti sottolineano come in realtà la maggior parte delle famiglie migranti siano motivate e sensibilizzate a partecipare al processo formativo dei figli, ma non sempre possiedano strumenti per gestire ragazzi che ri-vendicano comportamenti e valori che loro non riconoscono.
Nonostante questo scenario apocalittico del soggetto “famiglia”, per alcuni inter-vistati non si devono fare generalizzazioni tendenziose: alcuni spezzano una lancia a favore dei genitori. Siamo di fronte, affermano i Dirigenti, a una casistica varia di fa-miglie rispetto al tema della collaborazione con la scuola e rispetto alla presenza ade-guata nella vita dei figli: chi collabora, chi no, chi mette vincoli e confini, chi non lo fa ma li pretende dalla scuola, chi si mette in discussione, chi incolpa la scuola. Ci sono famiglie monoparentali molto efficaci e altre no, ci sono famiglie multiproblematiche che hanno comunque attenzione ai problemi e al disagio del figlio e altre per niente. E altre davvero disastrate in cui il ragazzo comunque ha voglia di emergere in positivo e ce la fa, perché molto dipende anche dal carattere, dalla sua identità che non dipende solo dai genitori ricevuti in dotazione alla nascita, soprattutto se ha superato la neces-sità di essere visibile: allora riesce a superare molte difficoltà e a non cadere alle “se-duzioni” della trasgressione. Alcuni intervistati affermano l’esistenza di famiglie che hanno l’onestà di ammettere di essere in crisi e di non riuscire a trovare una soluzione efficace con i loro figli ribelli. Ci sono famiglie anche molto attente, anzi spesso sono proprio le famiglie che non hanno problemi esasperati che si avvalgono delle misure preventive, degli interventi organizzati per sensibilizzare, informare e formare. Altre che, di fronte a una grave trasgressione commessa dal figlio, si coalizzano, fortemente ed efficacemente, con la scuola e i docenti.
3.7. AUTORI E VITTIME: ALCUNE CARATTERISTICHE PERSONALI RICORRENTI Domanda - La nascita della violenza: uno sguardo a fattori e dinamiche. In base alla Sua esperienza diretta, quali sono i target più a rischio (sia autori sia vittime) in termini di caratteristiche personali e fattori socio-ambientali?
È da rilevare come il punto di osservazione dei Dirigenti scolastici risulti focalizzato sui casi più eclatanti di devianza e trasgressione all’interno del proprio istituto. Ad ogni modo, la visione dei Dirigenti, quale punto di osservazione privile-giato di queste dinamiche, consente di porre l’accento sugli elementi comuni di autori e vittime di trasgressione, identificando alcune caratteristiche personali tipiche.
3.7.1. Autori
Gli esuberanti intelligenti
Per quanto riguarda gli autori, spesso si tratta di ragazzi decisamente più forti ed esuberanti, con una spiccata personalità riconosciuta anche da parte degli altri ragazzi. Tali studenti spesso possiedono una potenzialità intellettiva elevata,
frequen-temente non associata a un buon rendimento scolastico. In questi soggetti si rileva una sorta di scompenso tra le capacità intellettive possedute e il loro effettivo utilizzo;
sovente non ottengono buoni risultati scolastici e prendono di mira i compagni in-vece più bravi e diligenti. Gli intervistati dichiarano che, proprio per questo motivo, può succedere che nel gruppo classe ragazzi con certe potenzialità tendano a non essere troppo brillanti per non essere presi di mira, per non dare nell’occhio, per non inimicarsi il “bullo” della classe. Gli intervistati suggeriscono che, comunque, quelli bravi a scuola difficilmente sono i bulli, perché hanno già un riconoscimento, hanno spesso una famiglia attenta alle spalle, e sono anche raramente le vittime, anche se non si può escludere del tutto.
Gli appartenenti a famiglie multiproblematiche
Si tratta di quegli studenti che provengono da famiglie con scarsi strumenti cultu-rali o che sono frammentate o che hanno al loro interno componenti con percorsi di devianza conclamata, famiglie cosiddette multiproblematiche.
I ricchi iperattivi
Per alcuni Dirigenti sono soprattutto i giovani provenienti da ceti sociali econo-micamente benestanti che vivono una vita fuori dall’istituto scolastico molto intensa e piena di stimoli ad avere comportamenti “ribelli” e trasgressivi per noia, per attirare l’attenzione, per un’inquietudine di fondo, corollario di un’identità fragile.
3.7.2. Autori/vittime I figli delle famiglie spezzate
Qui risulta essere di notevole interesse il tipo di relazione famigliare ed il suo capitale culturale. Infatti, dai colloqui emerge chiaramente come il sostegno della famiglia e le difficoltà famigliari intervengano a strutturare l’identità del ragazzo, de-lineando un profilo di bullo o di vittima. I ragazzi appartenenti a famiglie dove i ge-nitori si sono divisi e, soprattutto, dove c’è un conflitto aperto, sono spesso i figli che devono farsi carico di problemi più grandi di loro.
I figli degli assenti
Altri figli a rischio sono quelli provenienti da famiglie nelle quali i genitori sono troppo presi dagli impegni lavorativi e lasciano completamente soli i ragazzi che si auto-gestiscono le giornate, lo studio, le attività extrascolastiche, le compagnie, a vol-te in maniera adeguata, altre volvol-te per nienvol-te.
I giovani stranieri
I Dirigenti rilevano nei ragazzi stranieri ed economicamente deboli i target più a rischio, sia come autori sia come vittime, in quanto questi si trovano in una condizio-ne di non piena integraziocondizio-ne, oltre al fatto di non disporre spesso delle risorse mate-riali necessarie per rispondere ai propri bisogni ed evitare così il confronto svilente con i compagni.
3.7.3. Vittime I deboli/timidi
I ragazzi considerati più timidi, deboli e fragili psicologicamente, con alcune diffi-coltà d’integrazione e relazione con il gruppo classe, sono quelli che più spesso sono vittime delle azioni devianti (in particolar modo negli istituti secondari di primo grado). Ragazzi vittime sono anche coloro che hanno una socializzazione inferiore rispetto ai coetanei, che risultano più immaturi.
I timidi/riservati
I timidi in particolare, quelli che non applaudono alle bravate del bullo, quelli di-sinteressati alle sue gesta, quelli che sono stati educati a non rispondere agli attacchi violenti con altra violenza, i silenti, possono essere oggetto di prevaricazione.
I disagiati
Quelli che provengono da famiglie con difficoltà economiche, compresi gli stra-nieri, quelli che riescono “a mandar giù bocconi amari” sono maggiormente presi di mira. Quelli che non hanno capacità e/o possibilità di chiedere aiuto. Soggetti che provengono da contesti sociali e culturali poveri, per i quali non si è riusciti ad in-staurare una relazione con le famiglie.
I sensibili
Le vittime possono anche essere soggetti caratterizzati da quei fattori più spesso associati al genere femminile: la riflessività, la sensibilità, la ricettività. Mentre l’ag-gressore generalmente è la parte “maschile”, quello che usa la forza, la mostra.
Quelli che si difendono troppo e… diventano autori
Possono essere vittime anche coloro che si difendono e che sanno rispondere alle angherie altrui e che, alla fine, rispondono in maniera così tenace che diventano loro stessi autori di prevaricazione.
Per illustrare quanto detto si propone il seguente quadro sinottico che illustra le potenziali tipologie di vittime e di autori di trasgressione.
Tabella 3.3 - Tipologie di vittime e autori di aggressione
Vittime Autori
Deboli/timidi Gli esuberanti intelligenti
Timidi/riservati Soggetti appartenenti a famiglie multiproblematiche
Disagiati I ricchi iperattivi
Sensibili Autori/vittime Stranieri
Quelli che si difendono Figli di genitori assenti Figli di genitori separati