23. La ringraziamo molto per il tempo dedicato alla compilazione del questionario
3.3. LA GESTIONE DEL “CASO”
Domanda - Ci sono stati casi di rilievo all’interno dell’istituzione scolastica in cui Lei lavora? Se sì, come sono stati gestiti?
Le tipologie elencate dai Dirigenti sono state diverse, con eterogenei autori e vit-time:
a. uso scorretto delle nuove tecnologie;
b. prevaricazioni di tipo verbale;
c. atti di vandalismo; prevaricazione verso i più deboli;
d. “marinare” la scuola;
e. piccoli furti;
f. abuso e spaccio di sostanze stupefacenti.
a. Uso scorretto delle nuove tecnologie (facebook, sms) per due ordini di motivi:
• prevaricazioni di tipo verbale attraverso i moderni mezzi di comunicazione.
Sembra che questa forma di prevaricazione sia una prerogativa prettamente femminile e di gruppo;
• frequentazione di siti per maggiorenni, in particolare siti pornografici. Que-sto uso scorretto della rete sembra coinvolgere maggiormente i giovani ma-schi pre-adolescenti che cominciano, da soli o in gruppo, e poi diffondono le informazioni a gruppi più vasti.
b. Prevaricazioni di tipo verbale messe in atto da studentesse (che frequentano pre-valentemente la scuola secondaria di primo grado) nei confronti di un soggetto debole. Una ragazza leader di un piccolo gruppo che insidia quotidianamente, insieme alle amiche, il più delle volte un’altra compagna, colpendo generalmente i punti deboli di quest’ultima. È ricorrente il focalizzare questa forma di mobbing in erba su aspetti dell’estetica, tema centrale nell’età in oggetto di analisi.
c. Atti di piccolo vandalismo e comportamento inadeguato sui mezzi pubblici, ma anche forme di danneggiamento nei confronti degli spazi pubblici, negli stessi edifici scola-stici, su oggetti di proprietà altrui. Sembra invece che questa forma di trasgressione sia più che altro imputabile alla componente maschile, attuata anche da un solo soggetto, ma coperta dal gruppo che interpreta il ruolo dell’osservatore passivo. Dalle interviste sembrerebbe che tali modalità espressive siano prerogativa degli studenti che frequen-tano le scuole secondarie di primo grado o i centri di formazione professionale.
Forme di violenza e prevaricazione verso soggetti più deboli. Tali azioni si ren-dono manifeste con aggressioni fisiche, più spesso con forme di irrisione e di mi-nacce anche sporadiche. In particolare, si sono rilevati casi di induzione a gesti di autolesionismo (ad esempio, grattarsi una mano fino a procurarsi una ferita);
oppure impedimenti nel compiere un’azione inevitabile nei riti e nei tragitti della vittima (ad esempio, non permettere di attraversare un certo spazio della scuola).
Queste forme di prevaricazione perpetuate generalmente in forma diadica, più ra-ramente in gruppo, sono interpretabili sia come prova di iniziazione per l’ingresso
nel gruppo, o come prova di appartenenza, una sorta di “prova d’amore”, ma so-prattutto come prova di subordinazione, per quella necessità di sentirsi potenti, agendo tale potenza su altri malcapitati.
d. Marinare la scuola, magari in compagnia di ragazzi più grandi, e/o avvicinarsi a gruppi sospetti in luoghi a rischio della città.
e. Piccoli furti che vengono commessi all’interno della scuola, in classe, negli spo-gliatoi, nel corso di momenti ludici come la ricreazione.
f. Abuso e spaccio di sostanze stupefacenti e alcol. Sembrerebbero situazioni relati-vamente poco diffuse e che coinvolgono prevalentemente studenti adolescenti che frequentano la scuola secondaria di primo grado. Nei casi ipotizzati e/o riscontra-ti di spaccio, gli intervistariscontra-ti hanno coinvolto le Forze dell’Ordine. Per quanto atriscontra-tie- attie-ne l’abuso di sostanze, alcuni Dirigenti affermano di essere informati dai docenti che alcuni studenti arrivano a scuola in ritardo, in particolare nel post week end, oppure che in alcune mattinate siano un po’ “assenti”.
Domanda - Come sono stati gestiti tali casi?
Circa la metà degli istituti scolastici contattati prevedono un regolamento speci-fico sui diritti e doveri degli studenti. Comunque, in caso di trasgressione, in tutte le scuole si focalizza l’attenzione sul gesto, non sull’autore del gesto, e le forme di sanzio-ne si rifanno ai princìpi di riparaziosanzio-ne-rieducaziosanzio-ne, dove chi ha commesso l’aziosanzio-ne sanzionata deve essere riaccolto nel gruppo classe-scuola e non deve perdere il suo ruolo di studente. Si è consapevoli della doppia funzione di una sanzione data a un soggetto per un comportamento indisciplinato: quella di tipo educativo-riparativo, al/ai diretto/i trasgressore/i anche per evitare una sua eventuale recidiva, ma anche come monito per la classe/scuola, in quanto tutti devono capire che certi comporta-menti non sono consentiti e dunque vengono puniti.
I princìpi, affermano i Dirigenti, sulla base dei quali gestire i casi, dovrebbero es-sere quelli della fermezza e della comunicazione. Ad essi vanno aggiunte tutte quelle pratiche che s’ispirano alla costruzione di comunità, coinvolgendo possibilmente do-centi e studenti nei processi partecipati, per trovare in maniera condivisa delle regole minime di comportamento adeguato.
Generalmente si segue un iter che prevede le seguenti azioni:
1. Una serie di colloqui con studenti ed insegnanti, ovvero con i soggetti testi-moni e protagonisti dell’evento, con l’obiettivo di:
• raccogliere da più fonti il maggiore numero di informazioni per cercare di rendere il più attendibile possibile la ricostruzione del fatto;
• collegare l’evento con la situazione in generale per capire se tale episodio è un caso eccezionale oppure un atto ricorrente e se l’azione è stata inten-zionale o casuale.
2. Dopo aver ricostruito l’evento si avverte la famiglia dello studente che ha com-messo la trasgressione. L’obiettivo principale che spinge la scuola a coinvol-gere le famiglie (ma anche altri soggetti come lo psicologo della scuola, ecc), è il “dovere di informare”. A questo si aggiunge la volontà di unire le forze e comprendere meglio la situazione e le dinamiche degli episodi, soprattutto per trovare una soluzione comune utile a rendere l’intervento sanzionatorio/
educativo il più efficace possibile.
I Dirigenti sono concordi nell’affermare che nella gestione dei casi dovreb-be essere coinvolta la famiglia come primo interlocutore, come mediatrice tra il ragazzo e la scuola. Questo passaggio formale e coerente non è sempre scontato nella pratica. Gli intervistati riferiscono infatti che a volte, proprio per quegli studenti che ne avrebbero maggiore bisogno, si rileva una carente collaborazione familiare e, forse, i due aspetti sono strettamente correlati.
Altre difficoltà si rilevano quando, per esempio, il ragazzo trasgressivo pro-viene da una famiglia di immigrati in tensione con il figlio per la difficoltà di conciliare culture e sistemi normativi differenti. Inoltre, sempre nelle fami-glie di origine straniera, il padre delega gli aspetti educativo-disciplinari alla madre, la quale corrisponde alla figura più debole del nucleo e dunque non possiede quella autorevolezza agli occhi del ragazzo sufficiente per svolgere un autentico ruolo di contenimento.
Al contrario è proprio quando si assiste a una comunicazione tra casa e scuo-la, quando c’è una collaborazione piena tra gli adulti di riferimento del gio-vane, che le situazioni di disagio si fermano sul nascere, evitando l’escalation verso forme patologiche e non sanabili con gli strumenti a disposizione dell’i-stituto scolastico.
3. Se il fatto è di evidente gravità si ricorre a provvedimenti disciplinari adottati secondo quelle che sono le regole della scuola.
Nel corso dei colloqui viene ribadito come nel caso di sanzioni disciplinari più pesanti sia necessario ridare delle opportunità ai giovani, soprattutto non fargli perdere parti significative del loro percorso scolastico, cercando di di-stinguere, come già detto poc’anzi, il fatto specifico che va sanzionato
dall’in-dividuo. L’idea è che anche di fronte ad atteggiamenti trasgressivi, devianti, violenti, si debba “tenere la porta aperta all’ascolto”, nell’ottica di una funzione educativa e non solo punitiva.
Gli intervistati ribadiscono dunque che oramai le azioni punitive consistono in pene alternative alla tradizionale sospensione: si tratta di attività socialmente utili come la pulizia del cortile, lavori manuali, l’allontanamento del ragazzo dal gruppo dei pari nei momenti ricreativi che risulta, tra l’altro, una sanzione molto efficace, vista l’importanza attribuita al gruppo e alla sua frequentazione. Si riscontra, quindi, una sorta di “messa alla prova” il cui oggetto dipende anche dal ragazzo e dalle sue inclinazioni. Generalmente gli si fa svolgere un’attività a lui poco gradita, compreso leggere dei libri e fare una relazione sugli stessi. Oppure “il bullo” viene spostato dal gruppo classe per fargli vivere un altro ruolo, fargli capire che può essere se stesso anche in un altro modo per poi rientrare in classe consapevole. Contemporanea-mente, il gruppo classe deve capire che quel ragazzo può essere anche qualche cosa di diverso dal ribelle. A detta dei Dirigenti scolastici, tutti questi sono strumenti assai efficaci e utili alla pacificazione degli eventi e dei protagonisti della trasgressione e delle eventuali vittime.
Nell’ambito della gestione dei casi di trasgressione, si sottolinea lo sforzo di al-meno due istituti nello standardizzare i comportamenti indisciplinati più diffusi e di conseguenza di prevedere, per ogni azione illecita, un determinato tipo di punizione.
A titolo d’esempio una scuola ha previsto una griglia per il “sistema di controlli e sanzioni”: nella prima colonna si identifica il comportamento inadeguato (es: man-canza di rispetto nei confronti di persone); nella seconda il tipo di sanzioni (es: ri-chiamo efficace da parte dell’insegnante, presentazione di scuse tra le parti). In caso di necessità di ulteriore istruttoria, c’è l’intervento del dirigente per concordare le modalità di allontanamento dal gruppo (breve o lunga sospensione dagli intervalli, sospensione dalla scuola, sottoscrizione di contratto formativo da parte della famiglia e della scuola); nella terza colonna, infine, sono presenti le modalità di comunicazio-ne alla famiglia (es: comunicaziocomunicazio-ne sul libretto personale e convocaziocomunicazio-ne genitori).
Il dirigente spiega l’utilizzo di questo strumento per sostenere le linee di coerenza e uniformità che si auspica all’interno del proprio istituto.
A fianco della canonica gestione dei casi, molti istituti scolastici scelgono una stra-da a lungo termine di prevenzione dei fenomeni. Per questi particolari percorsi viene utilizzata di frequente la figura dello psicologo per seguire il ragazzo nel suo percorso di responsabilizzazione verso le proprie azioni e attivando dei momenti di riflessione attraverso, ad esempio, seminari di educazione alla legalità e alla salute che coinvol-gono non solo i ragazzi ma anche le famiglie.
Sempre in un’ottica preventiva, alcuni istituti richiedono un controllo/attività di osservazione da parte dei poliziotti di quartiere nelle aree attigue all’istituto scolastico, o anche l’intervento delle Forze dell’Ordine, della Polizia postale, del Servizio Sociale, della Magistratura, soggetti che a scuola incontrano gli studenti spiegando loro le conseguenze di atti devianti e dei reati.
L’idea di fondo condivisa dai Dirigenti è quella di mettere in atto tutte le azio-ni possibili per reprimere sul nascere episodi che potrebbero aggravarsi e ripetersi configurando fattispecie di reato o fenomeni di bullismo. Questo anche organizzando momenti di condivisione e di corresponsabilizzazione attraverso il senso del giusto oppure attraverso il gioco e attività ludiche, organizzando, ad esempio, qualche sfida sportiva: “attraverso l’uso dei sensi facili possono essere compresi concetti complessi”
affermano gli intervistati.