• Non ci sono risultati.

4 2 Un’aforisticità particolare

Per comprendere meglio la natura particolare dell’aforisticità berdjaeviana, non sarà superfluo soffermarsi su quelle che sono le caratteristiche tipologiche del genere aforistico, pur tenendo conto, come nota Ivan Levrini, che esso è proteiforme e non si lascia irretire da regole ben codificate.230 Berdjaev, in fondo,

non è che l’ultimo di una lunghissima teoria di scrittori e pensatori che fondano il proprio stile sulla comunicazione aforistica, e gli esempi di genere di cui possiamo disporre oggi sono così numerosi e diversi tra loro che individuare un comun denominatore è molto difficile.231 H. Fricke e R. Müller, nella loro analisi dedicata

al problema, hanno segnalato le seguenti caratteristiche tipologiche: in primo luogo la «Kotextuelle Isolation» principio secondo cui «ogni aforisma deve essere mobile all’interno di una catena di aforismi senza perdere il proprio significato»; in secondo luogo la forma prosastica;in ultimo la «nonfinzionalità», termine-calco che designa la natura anti-narrativa dell’aforisma.232

La caratteristica della concisione, da cui prende spunto la definizione convenzionale di “forma breve”, non è in realtà un requisito necessario; come nota ancora Levrini, infatti,

vi sono testi intenzionalmente aforistici che a tratti procedono con lunghezza fluviale. Gli Aforismi sulla saggezza della vita di Schopenhauer, ad esempio. E considerazioni analoghe varrebbero per Montaigne, Pascal, o per gli aforismi di Bacone sull’interpretazione della natura e sul regno dell’uomo. Anche molti pensieri leopardiani hanno una consistenza quantitativa che smentisce il requisito della brevitas.233

Ora, è evidente che i testi di Berdjaev non costituiscono raccolte di aforismi in senso classico; «il mio più grande difetto come scrittore – scrive nell’Autobiografia – è stato che essendo per natura uno scrittore aforistico, non ho mai mantenuto in maniera coerente questo stile e l’ho mescolato a uno stile non aforistico».234 Siamo

230 LEVRINI I., Forma breve e filosofia. Eraclito e Nietzsche, in AA. VV., Configurazioni dell’aforisma, vol.

II, a cura di G. Ruozzi, CLUEB, Bologna 2000, pp. 29-49, p. 29.

231 «La forma breve era già praticata nella fase aurorale del pensiero greco, l’età della sapienza, in

cui essa appariva idonea ad esprimere l’intreccio di entusiasmo ed enigma, quale emerge in modo esemplare nei Frammenti di Eraclito. Il genere ricorre poi per tutta l’antichità: gli Aforismi di Ippocrate, le Massime capitali di Epicuro, il Manuale di Epitteto, i Ricordi di Marco Aurelio». (Ibidem).

232 FRICKE H., MÜLLER R., La pointe nell’aforisma, traduzione di Elena Ajolfi, in Configurazioni

dell’aforisma, vol. I, a cura di G. Cantarutti, pp. 31-45, p. 33. «La forma aforistica è poco adatta a un pensiero narrativizzato, cioè un pensiero che esibisce il proprio svolgimento (premesse, passaggi, conclusioni) come requisito di credibilità». (LEVRINI I., Forma breve e filosofia. Eraclito e Nietzsche, p. 32).

233 LEVRINI I.,Forma breve e filosofia. Eraclito e Nietzsche, p. 30. 234 BERDJAEV N. A., Autobiografia spirituale, p. 86.

lontani da una poetica dei “pensieri improvvisi” (per citare un celebre testo di Sinjavskij) o dalle ceste di foglie cadute di rozanoviana memoria.235

In Filosofia dell’ineguaglianza vi sono sì molti aforismi puri, proposizioni che, se estrapolate dal cotesto e dal contesto generale, non perdono la loro efficacia espressiva, il loro effetto di pointe: «Le illusioni rivoluzionarie iniziano ideologicamente dal razionalismo e sfociano nell’irrazionalità»; «La creatività religiosa dell’uomo può consistere solo nella rivelazione dell’amore umano per Dio, come risposta alla rivelazione dell’amore divino per l’uomo»; «La creatività religiosa dell’uomo non è né un diritto né una pretesa, ma il dovere religioso dell’uomo, il dovere di un sovrappiù d’amore»; «La persona presuppone la realtà delle altre persone e di ciò che sta più in alto e più in profondità della persona stessa», ecc.; e in taluni casi, come ad esempio nel brano seguente, tratto da Il senso della creazione, essi si strutturano addirittura in sequenze che vanno a costituire interi brani:

=)"#+"/.#>/? %&)/2$ (#+$ %&)/2$ 1(..&#+(@, +*&),(#>&A& '&*-B(."? C"D.", " .( %&)/2$ E2/A&'&2F,"? 2G0(@, .( /2$+)F"#+",(#>"- )/#')(0(2"+(2$./? %&)/2$. =)"#+"/.#+*& – )(2"A"? 2GE*", / .( /2$+)F"D%/. =)"#+"/.#+*& .( 0&'F#>/(+ '&."C(."? >/,(#+*/ *& "%? >&2",(#+*/, &.& *#( * >/,(#+*(, +.(. * 1(..&#+" /)"#+&>)/+",(#>&@.236

La morale cristiana è una morale dei valori, la morale dell’elevazione creativa della vita, e non la morale del benessere, della gente, la morale dell’altruismo distributivo. Il cristianesimo è la religione dell’amore e non dell’altruismo. Il cristianesimo non ammette l’abbassamento della qualità in nome della quantità, è tutto nella qualità, cioè nei valori aristocratici.237

Tuttavia, ciò che è più interessante osservare, è che tutto il testo è caratterizzato da un’aforisticità latente, un’impronta aforistica che non riguarda soltanto il livello macrostrutturale, ma che influenza parzialmente anche quello microstrutturale. Un pensiero che non si sviluppa per via analitica, che esprime le sue intuizioni in forma sintetica e che non ha bisogno di esibire «il proprio svolgimento (premesse, passaggi, conclusioni) come requisito di credibilità»,238

determina spesso una sintassi poco fluente, una costruzione testuale basata prevalentemente su proposizioni principali giustapposte tra loro in modo assertivo:

235 Cfr. SINJAVSKIJ A. D., Pensieri improvvisi, traduzione di A. Pescetto, Jaca Book, Milano 1976;

ROZANOV V. V., Foglie cadute, a cura di A. Pescetto, Adelphi, Milano 1976.    

236 BERDJAEV N. A., Smysl tvorčestva, Opyt opravdanija čeloveka, G. A. Leman i S. I. Sacharov,

Moskva 1916, p. 255.

237 BERDJAEV N. A., Il senso della creazione, p. 318.

HD%()(."( )(*&2G1"" — '2&#>&#+.&(, / .( A2FE"..&(. I )(*&2G1"?J .(+ '&02"..&A& *.F+)(..(A& 0*"C(."?. K(*&2G1"? &D./,/(+ &#+/.&*>F *.F+)(..(A& 0*"C(."?. K(*&2G1"? 2"B$ *.(B.( 0"./%",./, *.F+)(..( C( &./ #+/+",./. K(*&2G1"" .">&A0/ .( 1(.?+ 2G0(@ 0FJ&*.&A& 0*"C(."? " 0FJ&*.&A& +*&),(#+*/; &." "D*()A/G+ L+"J 2G0(@, ,/#+& .(./*"0?+ "J " *#(A0/ #,"+/G+ "J .(.FC.-%" 02? #*&(A& 0(2/. (p. 14) La dimensione della rivoluzione è la piattezza, e non la profondità. Nelle rivoluzioni non c’è un autentico moto interiore. La rivoluzione è l’interruzione del moto interiore. La rivoluzione è dinamica solo esteriormente, ma interiormente è statica. Le rivoluzioni non hanno mai stima degli uomini spiritualmente dinamici e spiritualmente creativi; esse rigettano tali uomini, spesso li odiano, e li reputano sempre inutili per i propri affari.

H#+&)"? "%((+ /E#&2G+.-@ #%-#2, /E#&2G+.-@ "#+&,."> " /E#&2G+.FG 1(2$. M& #/%& NE#&2G+.&( .( *%(O/(+#? * .(@. H#+&)",(#>/? 0(@#+*"+(2$.&#+$ *%(O/(+#? * /E#&2G+.&%, E&C(#+*(..&% E-+"", .& /E#&2G+.&(, E&C(#+*(..&( E-+"( (.( %&C(+ *%(O/+$#? * .(@. P+.&#"+(2$.&( (#+$ ?*2(."( *.F+)" NE#&2G+.&A&, .& NE#&2G+.&( .( %&C(+ '&2.&#+$G ')(E-*/+$ * &+.&#"+(2$.&%. H#+&)"? (#+$ 2"B$ #+F'(.$ /E#&2G+.&@ 0(@#+*"+(2$.&#+". M& /E#&2G+./? 0(@#+*"+(2$.&#+$ .( %&C(+ .">&A0/ '&2.&#+$G "D&@+" * "#+&)"G. (pp. 327-328)

La storia ha un significato assoluto, un’origine assoluta e un fine assoluto. Ma l’Assoluto in sé non può esservi contenuto. L’Assoluto, l’essere divino, può contenere la realtà storica, ma la realtà storica non può contenere l’Assoluto. Il relativo è una manifestazione dell’Assoluto, ma l’Assoluto non può trovarsi interamente nel relativo. La storia è soltanto uno dei gradi della realtà assoluta. Ma la realtà assoluta non può penetrare in pienezza nella storia.

 

Queste proposizioni non costituiscono aforismi puri da un punto di vista tipologico, non rispettano il requisito di Kotextuelle Isolation, non appaiono in forma slegata nella pagina. Tuttavia, rivelano l’impronta evidente di un pensiero aforistico, scarsamente propenso a giustificare se stesso, lontano dall’idea di progressività che contraddistingue le usuali dinamiche di ragionamento. Quelle sopra esposte, a ben guardare, sono affermazioni assolute, apodittiche, la sintesi concisa di una trascendenza numinosa, da cui emerge quell’afflato “profetico” tanto spesso menzionato dai suoi contemporanei:

Se domandate a Berdjaev da dove sia noto tutto ciò, egli vi rimanderà pacificamente alla gnosi: tutto ciò è noto dall’esperienza, non naturale in verità, bensì “spirituale”.239

E

Quanto più parla in maniera ispirata su temi di questo genere, tanto più si convince che nelle sue parole sia contenuta l’unica verità ultima, che le sue parole portino la voce di una reale irruzione di altri mondi e che chiunque non oda in esse la verità superiore è destinato all’eterna perdizione.240

Utilizzando un’immagine poetica, potremmo figurarci i testi berdjaeviani, come prigioni michelangioleschi che lottano contro un’inevitabile materialità; essi vorrebbero esprimersi nella purezza totale e integrale di un attimo illuminato, ma sono costretti a snaturarsi nell’oggettività dei comuni schemi discorsivi e delle comuni norme comunicative, e a piegarsi alla reificazione dell’oggettività sintattica, che mal esprime però il cuore più intimo del pensiero, irriducibile alle leggi del discorso. 241