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Giudizi sull’opera

4 5 Porevoljucionnost’ e postfazione

6. Giudizi sull’opera

Nonostante la scarsa fortuna di cui godette in Europa, Filosofia dell’ineguaglianza non passò inosservata nella pubblicistica russa dell’epoca. L’accusa vibrante ed emotiva mossa dal filosofo alla società contemporanea suscitò infatti veementi reazioni, prima fra tutte Filosofija dvorjanina našego vremeni ili otkrovenija Nikolaja Berdjaeva o socializme, revoljucii i proletariate [Filosofia di un nobile del nostro tempo o rivelazioni di Nikolaj Berdjaev su socialismo, rivoluzione e proletariato], sarcastica recensione di Nikolaj Karev pubblicata nell’ottobre 1923 in «Pod znamenem marksizma» [Nel segno del marxismo], in cui il critico ironizzava sulla natura di “libro rivelato” che Filosofia dell’ineguaglianza, seppur implicitamente, rivendicava, e accusava il filosofo di nascondere dietro una maschera spirituale le sue aspirazioni reazionarie:

È vero, questo non è per niente un libro come gli altri; è più di un libro, è un anatema, una rivelazione! […] In esso vi è di tutto, socialismo, rivoluzione, anarchismo, aristocratismo, cultura, economia, regno di Dio; tutto tranne l’inganno!130

[…]

Nella postfazione il signor Berdjaev ci avvisa che il suo libro è stato scritto nel 1918 e che ora, sebbene riconosca ancora validi gli stessi principi, si esprimerebbe con meno emotività. E come prima cosa è pronto a sottolineare che il compito fondamentale del libro non è politico ma spirituale. Tuttavia sappiamo bene cosa significhi qui “spirituale”. Lo spostamento d’accento su ciò che è spirituale è solo la professione politica di ciò che non si è ancora verificato; ma noi sappiamo che il signor Berdjaev non aspetta altro che il momento in cui il fragore spirituale si trasformerà nel fragore dell’artiglieria dell’intervento militare.131

Ancor più feroce, se possibile, la recensione di Julij Ferdman Filosofskaja chlystovščina132 [Chlystismo filosofico] pubblicata in «Zarja» [Aurora], organo

130 KAREV N. A., Filosofija dvorjanina našego vremeni ili otkrovenija Nikolaja Berdjaeva o socializme,

revoljucii i proletariate originalmente pubblicato in «Pod znamenem marksizma», n. 10, ottobre 1923, pp. 87-96, citato da N. A. Berdjaev: pro et contra, pp. 314-323, p. 314.

131 Ivi p. 322.

132 Con chlystovščina o chlystovstvo si definisce una setta mistica russa di origine contadina, i cui

adepti (chlysty) erano dediti a pratiche estatiche e orgiastiche. «I chlysty raggiungevano l’estasi religiosa, il radenie, soprattutto abbandonandosi a danze vorticose – che sembra talvolta sfociassero in riti orgiastici – individuali o collettive, in cui non di rado si flagellavano a vicenda, fino a cadere in preda a profonda prostrazione fisica e a stati di allucinazione estrema con allucinazioni e vaneggiamenti, considerati indizi palesi che lo Spirito Santo era calato in loro, per cui si sarebbero

politico dei social-democratici a Berlino, che già dal titolo lascia trasparire l’opinione dell’autore su Berdjaev, quella di un “filosofo” da quattro soldi dedito più a rivelazioni religiose di bassa lega che a un serio lavoro intellettuale. Nell’articolo Berdjaev viene ironicamente chiamato izbrannyj, eletto, natura spiritualmente aristocratica autorizzata a porre la propria volontà al di sopra della volontà degli altri, l’ultimo di una lunga serie di sperimentatori sociali che hanno condotto i propri esperimenti teorici sulla pelle del popolo; ma nonostante le sue illuminazioni e il non reazionarismo più volte rivendicato, il «profeta che vede tutto» non si accorge di come nel suo libro brucino «i fuochi di una nuova inquisizione, i fuochi vendicativi della reazione». 133 In sintesi, conclude

sprezzantemente Ferdman, la sua accorata e reazionaria reprimenda non merita altro che lo scherno e la derisione dei lettori:

Egli maledice la democrazia, ma le sue iraconde maledizioni suscitano nel lettore, con la loro impotenza, un’allegra risata. Elargisce condanne in modo ardito e presuntuoso, ma i suoi giudizi disarticolati sembrano solo incolte parole di chlysty. Vuole deridere e ferire i suoi nemici, ma il vuoto brusio delle sue parole provoca solo noia, e verrebbe voglia di rispondergli in tutta tranquillità con le parole di Nietzsche: «non sputare contro vento!».134

Tagliente e corrosiva è anche la critica mossa a Berdjaev da Zinaida Gippius in «Sovremennye zapiski» [Notazioni contemporanee], segno di un rapporto ormai in inesorabile declino; a differenza dei recensori già citati tuttavia, concentrati prevalentemente sull’aspetto politico, la Gippius “sfida” Berdjaev dalla medesima prospettiva, quella religiosa, con toni tutt’altro che concilianti:

Berdjaev non si stanca di affermare la supremazia della qualità sulla quantità, mentre per la coscienza religiosa entrambi i concetti hanno lo stesso valore. L’armonia (verità) non esige forse quantità e qualità? Essa però esige anche la

misura. E Berdjaev non conosce misura.135

La Gippius si prende gioco dell’idea berdjaeviana di eguaglianza e della sua irrealtà («come comprendere, e per di più da un punto di vista religioso, qualcosa che non ha la minima attinenza con la realtà? […] Ancora nessuno nel mondo, trasformati nel Cristo (nella Vergine Maria nel caso di donne)». (NICOLAI G. M., Dizionario delle parole russe che s’incontrano in italiano, Bulzoni, Roma 2003, pp. 108-109).

133 FERDMAN J., Filosofskaja chlystovščina, in «Zarja» n. 10, 1923, pp. 286-291, p. 291. 134 Ibidem.

135 GIPPIUS Z. N., Opravdanie svobody [Giustificazione della libertà], in «Sovremennye zapiski», n.

nemmeno una volta, ha desiderato un’eguaglianza simile»136

), e ribalta le accuse rivolte dal filosofo all’intelligencija secondo una prospettiva evangelica:

Io sono d’accordo con Berdjaev: il fetore di questi anni post-rivoluzionari domina tutto ciò che conosciamo di essi. E sono anche d’accordo sul fatto che di tale fetore siamo colpevoli tutti, non allo stesso modo, ma tutti, ciascuno secondo la propria misura. E, dato che abbiamo iniziato a considerare i peccati degli altri (secondo me è più conveniente occuparsi dei propri), scopriremo magari che Berdjaev è anche più colpevole degli “amanti della libertà”, degli “amanti del popolo”, degli “illuministi russi, radicali, critici”, di tutta l’intelligencija russa da lui annientata. La colpa si misura sempre sul grado di consapevolezza. Se la consapevolezza dell’intelligencija russa era minore della sua, e lui stesso lo dice, allora non posso che rammentare le seguenti parole, molto calzanti in questo caso: «Chi non vede non ha peccato; ma poiché dite di vedere il vostro peccato rimane».137

Tutt’altro che entusiastico è anche il tono delle poche e laconiche righe dedicate al testo nella rubrica Sredi knig i žurnalov. Po novym knigam [Tra libri e giornali. Le ultime uscite] della rivista praghese «Volja Rossii», curata da un non ben identificato Vl. T-skij, che si limita a definire Filosofia dell’ineguaglianza un libro prematuro, scritto anzitempo: «Non è possibile scrivere sull’esito di fatti che stanno ancora accadendo».138

Dalla nostra ricerca non emergono tra i contemporanei opinioni particolarmente positive sul libro. Rimane la curiosità su quali sarebbero stati i toni di un’eventuale recensione in «Russkaja mysl’» [Il pensiero russo], rivista molto sensibile alla pubblicistica religiosa russa, edita dal 1921 al 1923 a Praga da Struve, in cui era stata pubblicizzata l’imminente pubblicazione dell’opera; la chiusura della rivista, avvenuta per l’appunto nel 1923, lascia però la nostra domanda senza risposta. Padre Vasilij Vasil’evič Zen’kovskij definisce Filosofia dell’ineguaglianza «un libro notevole»,139

senza tuttavia dilungarsi in un’analisi dei meriti e difetti dello stesso. Legato a una ricezione “positiva”, ma equivoca, dell’opera, vi è un episodio significativo avvenuto nel 1934, anno della pubblicazione di Il destino dell’uomo nel mondo contemporaneo. Nella rivista «Vozroždenie» [La Rinascita] (ancora di Struve) fu pubblicata, sotto lo pseudonimo Sazanovič, una recensione di Vladimir NIkolaevič Il’in (da non confondere con il ben più noto Ivan Aleksandrovič), in cui, più che discutere

136 Ivi, p. 303.

137Ivi, p. 300. La chiusa è una citazione di Giovanni 9, 41: «Se foste ciechi non avreste alcun peccato;

ma siccome dite “Noi vediamo” il vostro peccato rimane».

138 T-SKIJ, Sredi knig i žurnalov. Po novym knigam, in «Volja Rossii», n. 17, 1923, pp. 102-103. 139 ZEN’KOVSKIJ V. V., Istorija russkoj filosofij, p. 716.

dell’ultima fatica di Berdjaev, si attaccava il filosofo con toni volgari e grossolani. Il’in, prendendo spunto da alcune frasi del testo che reputava filobolsceviche, chiamava Berdjaev «il generale rosso», «l’amico della GPU»,140 lo accusava di

essere «unilaterale come un ascesso»,141 di essere letterariamente e filosoficamente

mediocre, e affermava di non aver mai incontrato un pensatore così incapace di uno svolgimento organico del proprio pensiero. La recensione fece scandalo, creando un vero e proprio caso nella “provinciale” Parigi russa di quegli anni. Berdjaev rimase sorpreso e dolorosamente scosso da tutto ciò, considerato anche che anni prima aveva accolto Il’in in casa propria come un figlio;142 ancora più

sorprendente tuttavia fu la lettera recapitata al filosofo pochi giorni dopo, in cui veniva svelato il motivo di un tale attacco “mediatico”; Il’in, paragonandosi ad uno Šatov che non poteva perdonare al suo Stavrogin143

di essersi avvicinato alle “canaglie rivoluzionarie”, scriveva:

Merito ogni condanna, ma vi prego di una sola cosa, che non crediate […] che abbia dimenticato il mio amore per Voi, dieci anni di ospitalità e l’intima comunione d’idee con Voi. Non solo non ho dimenticato, ma da quando ho abbandonato casa Vostra (presto sarà un anno), non ho mai avuto così tanta voglia di vedere Voi e la Vostra famiglia… Caro Nikolaj Aleksandrovič! Voi avete ripudiato Filosofia dell’ineguaglianza e io ho voluto vendicarmi di Voi, perché mi è sembrato come se una regina si fosse legata ad uno stalliere o, ancora peggio, come se «una matrona avesse amato un asino» (V. Rozanov).144

140 GPU: Gosudarstvennoe političeskoe upravlenie, direttorato politico di Stato. Polizia segreta

dell’Unione Sovietica dal 1923 al 1934.

141 Cfr. SAZANOVIČ P., Ideologičeskoe vozvraščenstvo [Un ritorno al passato], in «Vozroždenie», n.

3530, 1935, p. 2.

142 «Nonostante non avesse mai desiderato diventare un pedagogo, Berdjaev trovava soddisfazione

nel rapporto con i giovani. […] Uno di loro era Vladimir NIkolaevič Il’in, arrivato a Berlino da Costantinopoli. Un giorno Evgenija Judifovna (cognata di Berdjaev N.d.A.) aveva notato in Chiesa un giovane vestito poveramente, aveva iniziato a parlare con lui e, avendo saputo che era di Kiev (come Nikolaj Aleksandrovič), che aveva interessi filosofici e teologici e che componeva musica, l’aveva invitato a casa propria, dove gli aveva presentato Berdjaev. […] Così Vladimir NIkolaevič era diventato assiduo frequentatore della cerchia di Berdjaev, delle riunioni del RFA, presenziava alle lezioni di Berdjaev, molto spesso capitava a casa sua; piano piano divenne un viso noto a tutti i componenti della cerchia del filosofo». (VOLKOGONOVA O. D., Berdjaev, p. 259). Anni dopo, nella sua autobiografia, Berdjaev scriverà: «Particolarmente dolorosa fu la storia con Vl. I., persona di grandi doti intellettuali, dalla conversazione sempre interessante. V. I. veniva regolarmente a casa nostra, era uno di casa, mi faceva vere e proprie dichiarazioni d’amore, baciava la terra dove mettevo i piedi, si definiva mio seguace. E poi improvvisamente mi ha scritto contro un articolo dal tono ripugnante in un giornale che mi è decisamente ostile. È caduto sempre più in basso e si è rivelato una vera bestia. Ma molto si spiega qui con un estremo squilibrio mentale, con una grave malattia psicologica. È un uomo assolutamente infelice, che non riesce a realizzarsi. In passato lo avevo difeso a lungo e gli avevo perdonato molte cose». (BERDJAEV N. A., Autoniografia spirituale, p. 321, nota 123).

143 Ivan Pavlovič Šatov e Nikolaj Vsevolodovič Stavrogin sono personaggi del romanzo Besy [I

demòni] di Dostoevskij.

144 Cfr. IL’IN V. N., Pis’mo N. A. Berdjaevu [Lettera a N. A. Berdjaev], in «Zvezda» [La stella] n. 3,

1997, p. 179. Un buon approfondimento sulla vicenda è offerto anche da Ekaterina Rozova: cfr. ROZOVA E. O, Stat’i V. N. Il’ina v gazete «Vozroždenie» [Gli articoli d V. N. Il’in nella rivista

Se possibile, la lettera di scuse offese Berdjaev ancor più dell’inaspettata recensione; certamente non fece piacere al filosofo che le sue ultime fatiche intellettuali fossero paragonate allo scabroso rapporto fra una matrona e un asino! Vicende personali a parte, è importante notare come Filosofia dell’ineguaglianza sia eretta da Il’in a pietra di paragone di un “tradimento”, secondo un equivoco comune a parte della destra russa che vedeva nel Berdjaev del 1919 un alleato ideologico. Sia le opinioni negative dei critici di sinistra che lo ritenevano un reazionario, sia quelle indirettamente positive dei critici di destra lasciano dunque trapelare l’estraneità e l’incapacità di entrambi gli schieramenti di immedesimarsi con le domande ultime poste da Berdjaev e con il suo realismo cristiano, teso alle verità escatologiche della storia e non alle sue evoluzioni politiche. Ad alimentare questa incomprensione contribuì a onor del vero anche il filosofo (fatto che lui stesso riconoscerà), poco propenso ad andare incontro all’interlocutore e avvezzo ad esprimersi con un pensiero «troppo antinomico», troppo incline al paradosso e «formulato in maniera troppo aforistica. Questa inclinazione per il pensiero paradossale e contradditorio a volte ha fatto sì che fossero i miei stessi avversari a lodarmi»;145 e il tono collerico e non scientifico di Filosofia dell’ineguaglianza non

favorì certamente la comprensione e l’immedesimazione di lettori già indirizzati, nella maggior parte dei casi, a una lettura pregiudiziale dell’opera (positiva o negativa). Nostra impressione personale è che molti si siano accontentati di “usare” il testo nel modo più confacente ai propri scopi ideologici, senza volerne veramente penetrare la scorza superficiale.

Guardando a tempi più recenti, si assiste ad una parziale rivalutazione del testo, fenomeno che può essere spiegato con il complesso processo di rielaborazione storica che ha riguardato, e ancora riguarda, la cultura russa dopo l’esperienza sovietica; nella recensione apparsa in «Grani» nel 1976 (rivista stampata a Monaco di Baviera), l’Igumeno Gennadij Ejkalovič, muove inizialmente al filosofo le stesse critiche rivolte da Zinaida Gippius, («sarebbe stato meglio se Berdjaev non avesse indossato le vesti del fariseo che ringrazia Dio per la sua perfezione, ma, come il pubblicano, avesse incluso anche se stesso tra i

«Vozroždenie»], in Istoriko-filosofskij ežegodnik 2010, RAN - Centr gumanitarnych iniciativ, Moskva 2011, pp. 261-304.

responsabili della rivoluzione»),146

affermando però alla fine che «per un libro come Filosofia dell’ineguaglianza bisogna essergli grati, dato che esso è divenuto ai nostri giorni ancora più attuale e importante di quanto lo fosse all’epoca della sua stesura».147 In seguito alla ripubblicazione del testo in Russia nel 1990 poi, alcuni

stralci o brani dell’opera sono stati presentati e commentati in alcune riviste; è il caso della lettera Sulla democrazia inclusa nel numero uno di «Za i protiv» del 1991 con una breve introduzione, Predostereženie Berdjaeva [L’avvertimento di Berdjaev], in cui Natal’ja Egorova ammonisce gli esponenti della politica russa, impegnati in un difficile momento di transizione, a non dimenticare la lezione del filosofo, che ritiene autore di una vera e propria «profezia filosofica, le cui portata e profondità si possono comprendere soltanto adesso, alla fine del secolo»;148

il brano Sulla democrazia viene così presentato dalla storica come una preziosa chiave di lettura per comprendere le dinamiche sociali all’alba dell’era post-sovietica; emblematico è anche il titolo della brevissima postfazione alla lettera Sulla cultura, pubblicata parzialmente in «Kul’turno – prosvetitel’naja rabota. Vstreča» del gennaio 1996: Čtoby ne poterjat’ Rossiju vnov’149 [Per non perdere di nuovo la Russia], un auspicio

che sarebbe stato certamente condiviso da Berdjaev e che testimonia come il passaggio del tempo abbia cambiato gli orientamenti e i criteri di giudizio sull’opera, non più inquadrata sullo sfondo della “cronaca”, ma in quello di ben più ampio respiro della storia.

146 EJKALOVIČ. G., Filosofija neravenstva, in «Grani», n. 102, 1976, pp. 202-226, p. 226. Sia la Gippius

che l’igumeno sembrano però ignorare la postfazione al testo, in cui Berdjaev inizia un processo di “espiazione della propria colpa”.

147 Ibidem.

148 EGOROVA M. N., Predostereženie Berdjaeva, in «Za i protiv», n. 1, 1991, Moskva, p. 26.

149 Čtoby ne poterjat’ Rossiju vnov’, in «Kul’turno – prosvetitel’naja rabota. Vstreča», n. 1, 1996, p. 18.

CAPITOLO SECONDO