• Non ci sono risultati.

5 3 La natura dialettica dell’opera

In virtù delle considerazioni precedenti, è ben comprensibile come l’opera sia segnata da una forte impronta dialettica; Filosofia dell’ineguaglianza è in effetti un testo che non nasce come proposta filosofica in senso classico, ma come risposta a fatti contingenti: le lettere cha la costituiscono sono «condizionate dai bisogni del momento […]. Sono le riflessioni nate durante o in seguito a numerosi dibattiti, nel fuoco incrociato delle dispute politiche».279

E anche Olivier Clément soffermandosi sull’opera, la considera “decentrata” rispetto al nucleo fondamentale del pensiero berdjaeviano, e la valorizza piuttosto come momento dialettico.280 Essa, in effetti,

non apporta novità teoriche sostanziali all’insieme della filosofia berdjaeviana, è piuttosto una difesa di idee e valori esistenziali resa necessaria dalla “minaccia dei tempi” e dalla “catastrofe rivoluzionaria”. La natura intrinsecamente dialettica del libro è d’altronde evidente fin dalle prime pagine, che costituiscono una vera e propria dichiarazione programmatica in cui Berdjaev non solo lancia la sua sfida ai rivoluzionari, ma definisce in modo netto anche il tenore degli schieramenti in campo:

Queste lettere, in cui intendo fare un bilancio di tutte le mie riflessioni sulla filosofia sociale, sono rivolte direttamente ai miei nemici, alle persone che mi sono avverse in spirito, che hanno un modo di percepire la vita opposto al mio, che hanno idee a me estranee. Sono tanti i miei nemici, infinitamente di più degli amici, e sono molto eterogenei tra loro, mi circondano da

279 MARKOVIC M., La philosophie de l’inégalité et les ideés politiques de Nicolas Berdjaev, p. 41. 280 CLÉMENT O., Colloque Berdjaev, p. 44.  

schieramenti del tutto opposti tra loro. I miei primi nemici sono i nemici della mia fede, coloro che nel proprio spirito hanno rinunciato a Cristo, tradendoLo e insorgendo contro di Lui in nome di dei e idoli terreni. […] Cristo ha portato non la pace, ma la spada. E con la spada dello spirito il mondo deve essere diviso a metà tra chi è con Cristo e chi è contro Cristo.

Il pamphlet implica la presenza esplicita dell’enunciatore, è il “luogo” di un io che si contrappone e si relaziona a un voi: l’espressione polemica presuppone necessariamente «un contro-discorso antagonista, implicato nella trama del discorso attuale».281 L’autore è, in un certo senso, legato alla parte contraria, è tutto

proteso alla confutazione delle tesi avversarie e all’affermazione della propria posizione. A questo proposito, la forma epistolare non è un “accidente casuale”. Nella storia della produzione polemica sono molte le opere che prediligono tale forma,282 proprio perché essa “facilita” lo scambio dialettico: nell’immediatezza

della comunicazione epistolare è possibile parlare in modo più aperto, meno mediato, la comunicazione è incentrata sul rapporto diretto tra autore e interlocutore. In effetti, come nota Janet Gurkin Altman, il tratto che maggiormente contraddistingue il genere epistolare è la tensione dialogica, la presenza di un destinatario (reale o immaginario) che fa sentire il suo peso e a cui tutta l’esposizione tende: 283 l’autore è in costante dialogo con un interlocutore

fisicamente assente che diviene testualmente presente perché menzionato, chiamato in causa, interrogato, lodato, insultato, ecc. Anche Jean Rousset mette in evidenza la stessa caratteristica fondamentale: «La presenza costante del destinatario all’orizzonte trasforma il monologo in dialogo, la confessione in azione, e modifica profondamente la coscienza che si ha di sé stessi come anche il modo in cui ci si comunica».284

All’impersonalità strutturale del saggio e del trattato filosofico, pensati come espressione referenziale e generale di una “terza persona”, si sostituiscono dunque la prima persona dell’io scrivente e la seconda persona dei destinatari, dando vita a una vera e propria irruzione del soggettivo.

281 ANGENOT M., La parole pamphlétaire, p. 35.

282 Nell’enciclopedia letteraria della biblioteca telematica Russkaja literatura i fol’klor si ricordano ad

esempio le Epistulae obscurorum virorum (1515-1517) di Ulruch Von Hutten e Crotus Rubeanus (al secolo Johann Jäger), le Drapiers Letters (1724) di Jonathan Swift, le Letters on a Regicide Peace (1796) di Edmund Burke, i Discours de la lanterne aux Parisiens (1789) di Camille Desmoulins, la Pis’mo k Gogol’ju [Lettera a Gogol’] (1847) di Belinskij. Cfr. Fundamental’naja elektronnaja biblioteka “Russkaja literatura i fol’klor [Biblioteca elettronica fondamentale “Letteratura russa e folclore], in http://feb- web.ru/feb/litenc/encyclop/le8/le8-4132.htm, consultato il 25/03/2013.

283 «Epistolary language is preoccupied with immediacy, with presence, because it is a product of

absence». (ALTMAN, J. G., Epistolarity. Approaches to a form, Ohio State University Press, Columbus 1982, p. 135).

284 ROUSSET J., Forma letteraria: romanzo epistolare in Forma e significato. Le strutture letterarie da

Le lettere di Berdjaev, in sintesi, sono caratterizzate sia da una forte tensione conativa, sia da un potente afflato emotivo: vogliono «scuotere l’atarassia dell’interlocutore e di un sistema stabilito»,285 colpire, ferire i destinatari, e lo fanno

in modo acceso e passionale; essi non sono già più una semplice controparte dialogica, ma veri e propri “imputati alla sbarra”, “rinnegati e traditori della patria”, “maledetti” su cui il filosofo-profeta invoca quasi l’anatema. La sua arringa è condotta con toni infuocati, raggiunge vette retoriche notevoli, le sue parole sono «frecce appuntite»,286 immagine che si accorda bene con quelle

espresse da Belyj nelle sue memorie («cascata di frasi veloci, brevi, aguzze, senza proposizioni subordinate»). D’altronde, anche prima di Filosofia dell’ineguaglianza, Berdjaev aveva già dato prova di saper usare il mezzo epistolare in modo sferzante ed efficace, come si evince dalla lettera inviata nel 1915 a Vjačeslav Ivanov, prima che i rapporti tra i due si rovinassero irrimediabilmente:

Mi domandavate sempre di dirvi apertamente cosa penso di voi. Ebbene ve lo dirò, anche se in un modo un po’ troppo brusco. Prima di tutto, penso che abbiate tradito l’amore per la libertà di Lidija Dmitrievna [moglie di Ivanov, N.d.A.], il suo spirito ribelle. […] Voi non amate la libertà, Voi temete le difficoltà della vera libertà, le difficoltà della crocifissione a cui conduce la via della vera libertà. Voi amate troppo ciò che è facile, consolatorio, convenzionale, siete opportunista per natura. Voi, adesso, credete di vivere nella libertà, perché confondete la libertà con la leggerezza, la piacevolezza, il rifiuto dei pesi. Voi non avete il dono religioso della libertà. Avete sempre vissuto la libertà come una possessione demoniaca […]. Voi non conoscete la libertà divina, avete solo il ricordo della libertà demoniaca. […] Io sono “eretico”, ma mille volte più cristiano di Voi, “ortodosso”. […] Perdonatemi se ho detto in modo così aperto e diretto ciò che penso e che sento. Me ne dà il diritto la nostra vecchia amicizia, e il desiderio che vi ho espresso d’innanzi, di scrivervi in maniera diretta che mi preoccupo per voi. 287