Il motivo fondamentale per cui gli intelligenty positivisti, i bolscevichi, i socialdemocratici, i populisti rivoluzionari non possono in nessun modo accettare l’ineguaglianza come valore per l’uomo e come principio fondante dell’universo, sta, secondo Berdjaev, in una percezione di realtà parziale e limitata, esclusivamente orientata alle dinamiche di necessità del mondo decaduto e insensibile alle aperture mistiche ed escatologiche della storia. Estremamente significativa a tale riguardo è la chiusa della prima lettera, Sulla rivoluzione, in cui Berdjaev afferma: «Io voglio scrivere non della filosofia sociale astratta, ma di quella concreta», dove per concreta egli intende una filosofia sociale «che ha una sorgente spirituale che sgorga dagli strati profondi della vita», (p. 38) inerente dunque alla “realtà integrale”, e per astratta una sociologia che assume il mondo terreno, il “regno di Cesare” come orizzonte totalizzante. La prospettiva del filosofo è radicale: la Weltanschauung dei rivoluzionari e di tutti coloro che negano l’esistenza di una dimensione spirituale è utopica, illusoria, è il relitto di un’intelligenza franta che si è distaccata dal nucleo vitale; in essa l’ineguaglianza non può trovare posto alcuno, perché una ragione determinata soltanto dalla meccanica delle tre dimensioni terrene è impotente a spiegare il mistero di ciò che ad essa non si confà. Tutte le ineguaglianze e le contraddizioni del mondo, infatti, sono intollerabili se non iscritte in un disegno salvifico di redenzione e pacificazione, inintelligibile alla pura coscienza euclidea: «Tutto sembra casuale, insensato e ingiusto entro i limiti di questa vita effimera. Tutto acquista un senso e una giustificazione nell’eternità». (p. 59) In questi passi emerge in modo evidente
94 Sull’afflato antidemocratico di Berdjaev si sofferma Asen Ignatov, ravvisandovi non tanto un
carattere peculiare del Nostro quanto una tendenza comune a buona parte del pensiero russo, che “massimalizza” il concetto di democrazia: «i pensatori russi spesso confondono la democrazia nella sua forma contemporanea, ossia la democrazia liberale, con la democrazia intesa come forza illimitata della maggioranza». (IGNATOV A., Sulla questione del rapporto tra filosofia occidentale e filosofia russa, in Storia delle tradizioni filosofiche dell’Europa orientale, pp. 179-199, p. 184). A tale concezione massimalista si lega anche l’idea mistico-ontologica di Stato che Berdjaev espone nella terza lettera Sullo Stato.
come Berdjaev sia discepolo di quel Dostoevskij che in Zapiski iz podpol’ja [Memorie dal sottosuolo] si ribella alla dittatura dei “totalitarismi razionali”, proclamando per bocca del suo protagonista il diritto dell’uomo alla libertà, all’irrazionalità e, in ultima istanza, all’ineguaglianza nei confronti del mondo omologato: «Due e due fanno quattro, ed è già l’inizio della morte!».95
Un mondo consegnato al “due più due quattro”, e ridotto alla mera necessità, non può comprendere l’ineguaglianza, non può dar adito ad altro che alla ribellione di un Ivan Karamazov, che di fronte allo scandalo del dolore innocente si affretta a rendere indietro «il suo biglietto d’ingresso».96
L’idea egualitaria è dunque, secondo Berdjaev, figlia di una cattiva escatologia, in cui vengono erroneamente sovrapposti regno di Cesare e regno di Dio. Egli, infatti, paragona le aspirazioni sociali dei moderni rivoluzionari all’attesa messianica dell’antico millenarismo giudaico, che identificava nel Messia colui che avrebbe portato la pace e la prosperità terrene, liberando Israele dai Romani e facendolo dominare su tutte le nazioni. Allo stesso modo, continua Berdjaev, i rivoluzionari ammantano la rivoluzione sociale di un significato messianico, attendendo da essa una sorta di salvezza generalizzata per tutta l’umanità. All’escatologismo creatore che trasfigura la natura reificata, riconsegnandola alla superiore dimensione pneumatica, essi contrappongono un escatologismo infra-storico, terreno, che, citando ancora una volta le parole di un Dostoevskij sempre presente nei ragionamenti del Berdjaev, non innalza la terra al cielo ma abbassa il cielo fino alla terra,97
racchiudendolo nelle dimensioni limitate della finitezza. Da questo punto di vista, secondo il filosofo, il comunismo rivoluzionario è in tutto e per tutto un fenomeno religioso, che non si contrappone al capitalismo, ma al cristianesimo, poiché ha la stessa “pretesa” salvifica di quest’ultimo. Tuttavia, afferma Berdjaev, tale tentativo è utopico; non si può edificare il regno di Dio sulla terra ferita dal peccato originale:
I tentativi di erigere il Regno di Cristo in terra, sulla decrepita natura umana, senza che avvenga la trasfigurazione dell’uomo e del mondo, hanno sempre avuto e sempre avranno come risultato la creazione dell’inferno, e non del
95 DOSTOEVSKIJ F. M., Memorie dal sottosuolo, a cura di I. Sibaldi, Mondadori, Milano 1989, p. 41. 96 «A questa armonia hanno dato un prezzo troppo alto, non è per le nostre tasche pagare così
tanto. E perciò mi affretto a restituire il mio biglietto d'ingresso. E se sono appena appena onesto, allora sono tenuto a restituirlo il prima possibile». (DOSTOEVSKIJ F. M., I fratelli Karamazov, a cura di I. Sibaldi, traduzione di N. Cicognini e P. Cotta, Mondadori, Milano 2000, p. 341).
97 «[…] perché il socialismo non è solo la questione operaia o del cosiddetto quarto stato, ma
soprattutto quella dell’ateismo, della realizzazione dell’ateismo moderno, la questione della torre di Babele che si erige appunto senza Dio, non per ascendere dalla terra al cielo, ma per abbassare il cielo fino alla terra». (Ivi, p. 37)
paradiso terrestre, la creazione di una terribile tirannia che distrugge l’uomo senza lasciarne traccia. Non si può conquistare il Regno di Dio con la forza, non è possibile costringerlo nei limiti angusti della decrepita natura terrestre, dal momento che l’avvento di questo regno implica la trasfigurazione di tale natura e il passaggio operato dalla grazia dal regno della violenza al regno della libertà. (p. 221)
La giustizia perfetta non è possibile nei limiti terreni, e nessun progetto politico può generarla; Stato, società, diritto non sono altro che frangiflutti contro il caos, forme transitorie atte ad impedire che il mondo si trasformi in un inferno, ma mai e poi mai possono divenire “paradiso”. La società beata, la Gerusalemme celeste si realizzerà solo con la redenzione e la trasfigurazione della storia, con il superamento del peccato originale. In sintesi, Berdjaev legge nell’egualitarismo rivoluzionario una sorta di apoteosi dell’oggettivazione, che si esprime in un principio panico che tende ad assorbire in sé la persona, esteriorizzandola nel collettivo e depredandola della sua intima verità, e in un’esaltazione della realtà decaduta e necrotizzata che va a discapito della realtà integrale, autenticamente aperta ai soffi mistici della trascendenza.