Come dicevamo innanzi, l’altro elemento che caratterizza Filosofia dell’ineguaglianza è lo spiccato pathos emotivo che la pervade, determinato sia dal temperamento innato del filosofo, sia dalle contingenze particolari in cui il testo è stato composto.
Che Berdjaev fosse di temperamento irascibile è fatto ben noto; la propensione battagliera che in età infantile lo portava a «prendere a seggiolate in testa» 242
i propri “nemici” non l’abbandonò mai neppure in età adulta, trasponendosi, in forme magari più raffinate, negli incontri-scontri della sua vita. A ben guardare, non c’è praticamente diario, biografia o libro di memorie di amici e contemporanei che non registri al suo interno episodi in tal senso.243 Questa
240 Ivi, p. 623.
241 «Ho scarse attitudini all’analisi e allo sviluppo discorsivo del mio pensiero. Il mio pensiero non
si è mai sviluppato come astrazione dal concreto e non si è mai assoggettato alle leggi del discorso». (BERDJAEV N. A., Autobiografia spirituale, p. 93).
242 «Appartengo a una razza di persone eccezionalmente irascibili, facili agli scoppi d’ira; […]. E
anch’io ho ricevuto in eredità un carattere irascibile e collerico. È una peculiarità del barin russo. Da ragazzino mi capitava di prendere a seggiolate in testa la gente». (BERDJAEV N. A., Autobiografia spirituale, p. 13).
243 Particolarmente “gustoso” è l’episodio avvenuto alla Bottega degli Scrittori, raccontato da
Zajcev nelle sue memorie: «Una volta, alla Bottega, mi capitò di essere testimone dell’“infiammabilità” di Berdjaev. Oltre al locale al piano terra avevamo anche una stanzetta al secondo piano, e una specie di piccolo corridoio con i libri, che ricordava i cantoria nelle sale delle vecchie case. Una volta, mentre ero lì che rovistavo cercando un libro o qualcosa del genere, sentì
irascibilità tuttavia, lungi dall’essere solo il segno di una fragilità caratteriale, era anche la manifestazione sincera e immediata di uno spirito indomabile, di un animo da combattente pronto a tutto pur di difendere la verità vilipesa dall’avversario, fosse quest’ultimo un Lenin che lo attaccava dalle pagine dei giornali, un commissario capo della Čeka, un intellettuale intervenuto ad una sua conferenza, o un semplice ospite in visita per il tè. Da vero e proprio rycar’ [cavaliere] non esitava a lanciarsi contro il nemico in scontri dialettici all’ultimo sangue:
Quando entravano in urto con il suo punto di vista, andando magari a toccare quei problemi speculativi a lui particolarmente vicini, iniziava ad agitarsi in maniera innaturale, ad accavallare le gambe, a tamburellare velocemente con le dita sul bordo del tavolo o ad aggrapparsi con la mano tremante al bracciolo della poltrona che cominciava a gemere lamentosamente sotto di lui; non riuscendo a trattenersi, si gettava a capofitto in precipizi di parole, agitandosi tutto; all’improvviso la sua bocca rossa si spalancava (soffriva di un tic nervoso), e dall’apertura della bocca, divenuta per un istante fauci, scintillavano accanitamente i denti; e, dopo questo movimento nervoso, pronunciava una cascata di frasi veloci, brevi, aguzze, senza proposizioni
subordinate. […] in quei casi si manifestava in lui l’ardore del sud, si percepiva
il crociato fanatico, pronto a trafiggere con la sua spada-matita il saraceno- oppositore […]. Nell’anima era un guerriero; la sua matita era una spada; con passione si scagliava ad infilzare, trafiggere, dare colpi di sciabola; […] ricordava in questi casi un principe, che abbia preso la croce per la lotta contro i musulmani, e abbia fatto diventare la croce l’impugnatura di una spada.244
«Perfino con Dio – notava Stepun - egli parla come se Lo attaccasse nella sua fortezza celeste»;245
nemmeno in discussioni apparentemente marginali o in situazioni chiaramente sfavorevoli (si pensi al “celebre” interrogatorio di Dzeržinskij) Berdjaev era disposto a cedere campo, convinto che in ogni istante e all’improvviso un urlo disumano provenire dal piano di sotto. “Che succede?!” Mi sporsi dalla ringhiera e vidi Nikolaj Aleksandrovič, paonazzo, che gridava infuriato contro Dživelegov, mentre quello indietreggiava, borbottando qualcosa tutto confuso… […] Era successo che “Karpyč” gli aveva detto una qualche offesa scherzosa, una cosa da nulla, senza dubbio; Berdjaev però era andato su tutte le furie. Dživelegov era poi venuto su da me, pallido: “Ma che caratteraccio!” Dopo un quarto d’ora, un po’ imbarazzato, era salito anche Berdjaev, ormai tranquillizzatosi. “Perdonatemi, Aleksej Karpovič, vi chiedo scusa…”. Lui è fatto così: una natura retta e nobile, che
a volte non sa contenersi». ZAJCEV K. B., Berdjaev, in
http://halkidon2006.orthodoxy.ru/do/biografii/924_zaytzev_berdyaev.htm, consultato il 27/09/2012. Il suo carattere incontrollabile è testimoniato anche da Pierre Pascal: «Berdjaev era soggetto ad attacchi di collera improvvisi e immotivati, tanto che a volte spaventava anche chi avrebbe dovuto esservi abituato. Mi ricordo che una volta sua moglie, Lidija Judifovna, continuava a supplicarmi: “Calmatelo, o gli verrà un colpo!”. Come se ciò fosse stato possibile!». (PASCAL P., Souvenir sur Berdjaev. L’homme in Colloque Berdjaev, p. 12).
244 BELYJ, A., Central’naja stancija, in N. A. Berdjaev: pro et contra, a cura di A. A. ERMIČËV,
Izdatel’stvo Russkogo Christianskogo Gumanitarnogo Instituta, Sankt-Peterburg 1994, pp. 53-61, pp. 56-57. Corsivi nostri.
in ogni più piccolo dettaglio avesse luogo la continua e perenne battaglia tra bene e male, ordine e caos, verità e menzogna. 246
In virtù di queste considerazioni non deve stupire più di tanto l’emotività “feroce” di Filosofia dell’ineguaglianza; l’innata passionalità di Berdjaev viene incendiata dalla scintilla rivoluzionaria, causando un incendio che si propaga in modo dirompente. Ecco allora che le sue parole incandescenti possono apparire eccessive, e perfino ingiuste, lontane dalla “giusta ponderazione” e frutto piuttosto di un’incontrollabile istintività; tale istintività però si manifesta come conseguenza di un rapporto intimo e personale con i problemi “trattati”, come difesa impulsiva di ciò in cui il filosofo pone la sua affezione esistenziale. Nei suoi toni sopra le righe c’è una declinazione della concezione esistenziale di filosofia, per cui essa non riguarda l’intelletto dell’uomo, ma l’uomo tutto, e non l’uomo in astratto, ma l’uomo concreto, il singolo concreto, Berdjaev, ivi comprese le sue reazioni viscerali; in fondo quest’opera così “accesa”altro non è che la testimonianza di un rapporto d’amore, che interpella l’uomo “fin nelle viscere”. Infatti, nel suo “atto di ripudio” del 1923, Berdjaev si duole sì dei toni eccessivamente accesi dell’opera, ma solo perché essi sono in larga parte frutto di uno stato d’animo negativo, che rischia di incatenarlo a dinamiche reazionarie, di avvicinarlo a una psicologia bianca (nel senso politico del termine) senza condurlo a una vera comprensione spirituale della rivoluzione; egli però, pur intendendo liberarsi da una disposizione d’animo negativa, continuerà ad affermare una posizione filosofica profondamente esistenziale, in cui l’emotività convive allo stesso livello della ragione.