La definizione del prezzo costituisce un elemento primario e fondamentale per la realizzazione dell’investimento. Una volta definito tale elemento e negoziati gli altri termini e condizioni (e.g. le dichiarazioni e garanzie) l’investimento potrà perfezionarsi. Dal punto di vista metodologico, si possono individuare due fasi nel procedimento di acquisizione di partecipazioni di imprese. In particolare, la prassi
99 Si consideri, a titolo esemplificativo, un investimento che preveda due sottoscrizioni di aumenti di capitale pari, rispettivamente, al 25% e al 30%. Se l’investitore possiede inizialmente una quota del 10%, dopo questi round di aumenti di capitale (ipotizzando che non li sottoscriva) sarà pari a 10% / (1+0,25) / (1+0,30) = 6,15%. Di conseguenza la retention ratio della partecipazione sarà pari a 6,15% / 10% = 61,5%.
100 Dixit, Pindyck, The Option Approach to Capital Investment, Harvard Business Review, 1995, pp. 105 e ss., Dixit, Pindyck, Investment under Uncertainty, Princenton University Press, 1994; Harmon, Zero Gravity: riding
70 mutuata dagli ordinamenti di matrice anglosassone prevede la sottoscrizione di un primo contratto con il quale le parti (i.e. venture capitalist e il titolare o i titolari dell’impresa) definiscono i termini e le condizioni ai sensi delle quali, alla data di perfezionamento dell’operazione, avverrà il trasferimento delle azioni: la stipula di tale accordo viene nella prassi chiamata “Signing”. Il successivo perfezionamento dell’operazione, chiamato nella prassi “Closing”, è normalmente soggetto ad alcune condizioni che devono verificarsi prima del Closing, le c.d. conditions precedent. Quando queste si saranno verificate, le parti procederanno, sulla base delle attività previste nel contratto sottoscritto al Signing, a perfezionare l’operazione trasferendo le partecipazioni nell’impresa al venture capitalist a fronte del pagamento del prezzo pattuito101.
Nella prassi contrattuale si assiste all’introduzione, nei contratti di compravendita di partecipazioni, di clausole volte a disciplinare meccanismi di aggiustamento post Closing del prezzo che viene pagato al
Closing. In particolare, l’aggiustamento del prezzo altro non è che una formula di adeguamento del
prezzo sulla base della PFN calcolata alla data del Closing. Infatti, come detto nel precedente paragrafo, il prezzo di compravendita è dato dalla formula:
P = EV – PFN laddove
P = il prezzo
EV = l’enterprise value dell’impresa calcolato in base ai metodi indicati nel precedente paragrafo PFN = la posizione finanziaria netta calcolata alla data, o prima della data, del Signing
Attraverso il meccanismo di aggiustamento del prezzo, si consente di adeguare il prezzo in considerazione della variazione della PFN nel periodo tra la data del Signing (ovvero la diversa data di riferimento) e la data del Closing.
Tuttavia, spesso i contratti prevedono meccanismi ben più sofisticati laddove, a titolo esemplificativo, l’attività d’impresa sia caratterizzata da una forte ciclicità (e.g. un business con elevata stagionalità). In tal caso, sia il Venture Capitalist sia il venditore vorranno individuare tutele contro una posizione finanziaria netta “stagionale” al Closing che, quindi, non rappresenti un livello normale di riferimento per il capitale circolante netto e che varia di molto rispetto alla media annuale. Pertanto, l’aggiustamento avverrà in base
101 La struttura qui illustrata risulta quella più semplice e comune. Strutture più complesse e/o articolate possono, a titolo esemplificativo, consentire l’ingresso del venture capitalist attraverso aumenti di capitale, costituzione di
71 alla differenza tra il dato alla data del Closing e il livello normalizzato. Anche in assenza di picchi stagionali, il venture capitalist potrà richiedere protezioni contrattuali rispetto a manipolazioni prima del
Signing (ovvero della diversa data di riferimento) che potrebbero alterare il valore della PFN; anche in tal
caso, la definizione di un livello medio di PFN normale collegato ad un valore di capitale circolante netto medio costituisce un meccanismo fondamentale di tutela.
Diversa, invece, è la funzione degli accordi di earn-out, i quali sono molto comuni nelle operazioni di acquisizione di partecipazioni in imprese aventi importanti prospettive di sviluppo. Come visto precedentemente, la valutazione di un’impresa tende ad essere basata sulla stima dei redditi potenziali raggiungibili in futuro e non sui risultati conseguiti storicamente. Nonostante sia compito dell’investitore determinare e valutare prospetticamente i risultati finanziari, nella prassi i ritorni potenziali presi in considerazione ai fini del calcolo del prezzo vengono, di fatto, proposti dal venditore. Condividere e trovare un accordo in sede di negoziazione su tale valutazione non è semplice per il venture capitalist, in quanto richiede estrema fiducia nella valutazione fatta dalla controparte. Se, inoltre, come accade nelle operazioni di venture capital, il raggiungimento degli obiettivi finanziari dipende dalla presenza fisica dei precedenti proprietari coinvolti nella gestione dell’impresa, il problema affrontato dall’investitore risulta maggiormente articolato. Infatti, la possibilità di conseguire risultati economico/finanziari dipenderà in larga misura anche dal coinvolgimento proficuo dei precedenti proprietari e dalla capacità di realizzare le sinergie con la struttura del venture capitalist. Una delle soluzioni a tale tipo di problematiche è dato dagli accordi di earn-out.
Gli accordi earn-out102 possono essere definiti come uno strumento di pagamento eventuale di un determinato importo subordinatamente al raggiungimento di alcuni obiettivi prefissati di comune accordo tra l’operatore di venture capital e venditori (e.g. il conseguimento di particolari valori di IRR, ovvero di EBITDA). In linea di principio, non vi sono ragioni che possano far dubitare i venditori del fatto che si riuscirà a ottenere un’ulteriore porzione di prezzo successivamente al perfezionamento dell’operazione, in quanto gli operatori di venture capital acquistano partecipazioni nell’impresa al fine di farne crescere il valore, mirando, pertanto, a rivendere le proprie quote per conseguire un capital gain. Tuttavia, il venditore potrebbe avere il timore che il venture capitalist possa cercare, specialmente nel caso (per il vero molto raro) di acquisto dell’intero capitale sociale dell’impresa, dopo l’acquisizione, con artifici contabili, ovvero mediante operazioni anche di riorganizzazione aziendale, di evidenziare ritorni
102 Sulle clausole di earn out cfr. S. Cervelli, La cessione di azioni o di quote e le clausole di earn-out, in Riv. dir. impr., 2000, pp. 447 e ss.; Crosio, Gregori, Acquisizione di società ad elevato contenuto tecnologico: clausole di
earn-out e dichiarazioni e garanzie del venditore, in Contr. impr., 2000, pp. 1109 e ss, Sangiovanni, Contratto di cessione di partecipazione sociale e clausole sul prezzo, I Contratti, 2011, pp. 1161 e ss..
72 particolarmente bassi, al fine di ridurre la quota parte di denaro che è tenuto ad attribuire al venditore a titolo di earn-out.
In considerazione di ciò, la redazione delle clausole di earn-out si rivela di solito piuttosto complessa, sia per il carattere tecnico dei parametri che entrano in gioco, sia per l’esigenza di contemperare gli interessi delle parti. Inoltre, nel contratto di compravendita sottoscritto al signing dovrà essere necessariamente indicato il periodo di tempo che viene preso in considerazione ai fini del calcolo dell’earn-out (normalmente si tratterà di un periodo limitato, ad esempio due o tre anni).
Per le loro caratteristiche ed il relativo meccanismo di funzionamento, gli accordi di earn-out costituiscono uno strumento mediante il quale, di fatto, una porzione di rischio relativo al business dell’impresa viene fatto gravare sul precedente proprietario, il quale potrà beneficiare dell’eventuale pagamento dell’earn-out solo nella misura in cui l’impresa riesca a conseguire determinati risultati economici. Dal pari, tale strumento contrattuale consente al venture capitalist di diminuire, anche se solo di poco, l’esborso iniziale necessario per l’acquisto delle partecipazioni nell’impresa e di effettuare il pagamento di maggiori somme al venditore solo a condizione che l’investimento effettuato sia stato quanto meno profittevole come ipotizzato al momento dell’investimento stesso.