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LA GESTIONE DELL’INVESTIMENTO

La letteratura economica ha individuato diverse tipologie di investitori che si differenziano principalmente per il loro atteggiamento rispetto all’investimento e al coinvolgimento nell’attività

90 dell’impresa in cui si è investito. In particolare, MacMillan, Kulow e Khoylian128 hanno individuato tre diverse tipologie di investitori:

(a) una prima tipologia di investitori si caratterizza per avere un approccio più distante rispetto all’impresa partecipata con un bassissimo coinvolgimento nella gestione aziendale. Il loro ruolo è, principalmente, quello di finanziare l’impresa oltre che fungere da veicolo per la creazione di un network di conoscenze, facilitando il dialogo dell’impresa con altri interlocutori finanziari, ovvero fornendo consigli per l’ottimizzazione della struttura gestionale;

(b) un secondo gruppo di investitori, invece, si caratterizza per un maggiore coinvolgimento nella gestione delle partecipate. Il loro ruolo si estende a tutti gli aspetti relativi al management come ad esempio la selezione, la formazione e la stipulazione dei contratti; e

(c) il terzo gruppo di operatori è quello dei c.d. “operatori attivi” che comprende gli investitori caratterizzati da un elevato coinvolgimento nell’impresa finanziata. I venture capitalist che rientrano in tale categoria partecipano attivamente a tutte le fasi di gestione dell’impresa, ad esempio valutando i piani di marketing e monitorando la gestione operativa dell’impresa.

Da un’altra analisi129, emerge che il coinvolgimento più o meno intenso nella gestione dell’attività dell’impresa finanziata dipende dal tipo di progetto finanziato. Negli “investimenti inziali” (seed

financing) e negli “investimenti start-up” (start up financing), l’attività dell’investitore risulta

maggiormente decisiva e funzionale a consentire un effettivo ed efficiente sviluppo dell’impresa. L’investitore risulta, in tal caso, essere spesso presente in azienda con un presenza di due/tre ore a settimana, contro i tre quarti d’ora generalmente dedicati da parte degli investitori di aziende che si trovano in una fase del ciclo di business più avanzato.

Il ruolo ed il coinvolgimento che l’investitore ha rispetto alla gestione della società variano anche in funzione della quota di partecipazione che viene acquisita. Non raramente, specialmente nei mercati europei, l’investitore acquista la maggioranza delle partecipazioni. Ciò evidentemente impone un ruolo di indirizzo e gestionale più forte rispetto ai casi in cui l’investitore detiene una partecipazione di minoranza, e dove i “soci imprenditori” mantengono ancora una posizione preminente nell’indirizzo del business. A tal proposito, occorre sottolineare una differenza, almeno parziale, tra gli investimenti nel capitale di rischio nel mercato statunitense e quelli che sono posti in essere nell’Europa continentale. Nel primo caso,

128 MacMilian, Kulow, Khoylian, Venture capitalists’ involvement in their investments: extent and performance, Journal of Business Venturing, 1988, pp. 27 e ss.

91 considerato lo sviluppo del mercato del capitale e della conseguente possibilità di potersi avvalere più facilmente dello strumento della quotazione quale exit strategy, le partecipazioni detenute dagli investitori sono per lo più di minoranza. Di converso, nel mercato europeo, dove il mercato dei capitali è meno sofisticato e sviluppato, la principale exit strategy rimane la vendita a terzi (secondary buy-out) e ciò ha comportato la diffusione, in misura prevalente, di operazioni caratterizzate dall’acquisto di partecipazioni di maggioranza, o comunque tali da garantire in un’influenza dominante.

Prima di affrontare più in dettaglio nel prosieguo del presente lavoro le modalità e le strategie con le quali gli operatori di venture capital creano o comunque contribuiscono alla creazione di valore dell’impresa finanziata, è bene soffermarsi su alcune considerazioni preliminari sul ruolo e sul coinvolgimento degli investitori nella gestione delle imprese finanziate. In tal senso, è bene notare che tutte le operazioni di tale tipo si caratterizzano per l’elevato ammontare di risorse investite nel progetto di crescita dell’impresa. Ciò, come evidente conseguenza, rende necessario e particolarmente critico il monitoraggio dell’attività dell’impresa stessa. In tal senso, spesso tale problema viene affrontato ed in parte risolto dagli operatori di

venture capital attraverso la nomina di alcuni propri rappresentatati nel consiglio di amministrazione

dell’impresa. Tuttavia, tale strumento, seppure significativo, non costituisce per sé un’efficace mezzo di monitoraggio e controllo e, pertanto, non assurge a indicatore significativo del maggiore o minore coinvolgimento dell’investitore nella gestione dell’impresa. Infatti, si può essere estremamente coinvolti e generare notevole valore aggiunto non essendo presenti in seno al consiglio di amministrazione, come essere poco coinvolti pur essendo presenti in consiglio. Tuttavia, appare evidente, a parere di chi scrive, che una presenza all’interno del consiglio di amministrazione possa costituire un’evidente vantaggio per il monitoraggio dell’investimento, potendo avere accesso a maggiori informazioni e con maggiore tempismo rispetto alla posizione del singolo socio.

Alla base della necessità di monitorare in modo stringente ed attento l’andamento dell’impresa e, di conseguenza, l’investimento, non vi sono solo ed esclusivamente ragioni di natura economica, ma veri e propri rischi di comportamenti opportunistici, sia da parte del management e/o degli amministratori, ma anche dei “soci imprenditori”, i quali evidentemente godono di una maggiore conoscenza del business. In questo senso, tanto più sono i possibili interessi privati degli amministratori interni, tanto maggiore è la mancanza di fiducia dell’investitore nei loro confronti, cui conseguirà un aumento della rilevanza del rapporto personale tra venture capitalist e un gruppo imprenditoriale130. Va, peraltro, evidenziato che la predisposizione di efficaci strumenti di monitoraggio e le soluzioni per i problemi di asimmetrie informative, potenzialmente esistenti tra l’investitore ed i “soci imprenditori”/management, sono

130 Sapienza, Gupta, The impact of agency risk and task uncertainty on venture capitalists – CEO interaction, Academy of Management Journal, 1994, pp. 1618 e ss.

92 strettamente legati alla struttura dell’operazione e agli accordi che vengono sottoscritti in sede di investimento, ed è appunto in tale fase che tali problematiche vengono affrontante e risolte attraverso, ad esempio, la sottoscrizione di accordi parasociali. La corporate governance, pertanto, costituisce per gli investimenti di venture capital uno strumento irrinunciabile per favorire la creazione di valore nelle imprese131: In tal senso, come verrà più dettagliatamente indicato nel prosieguo del presente lavoro, gli accordi mirano a disciplinare i seguenti aspetti:

(a) la stabilità dell’investimento e della partecipazione del “socio imprenditore”. Il venture

capitalist investe, infatti, nella capacità del socio imprenditore e nella sua abilità di realizzare,

anche attraverso le risorse ed il know-how apportato dall’investitore stesso, il progetto imprenditoriale in periodo medio-lungo. In tal senso, diventa decisivo garantire, da un lato, all’investitore che il “socio imprenditore” non trasferisca le proprie partecipazioni per un periodo di tempo e non lo lasci affrontare da solo il rischio di crescere e sviluppare l’impresa, e dall’altro, garantire al “socio imprenditore” un ritorno economico per l’attività di contribuzione allo sviluppo all’impresa, derivante dall’incremento del valore delle partecipazioni da questo detenute;

(b) la gestione dell’impresa e gli equilibri societari. Uno dei punti più delicati dei rapporti tra

investitore e “soci imprenditori” sono, evidentemente, i diritti “sociali” che spettano a ciascuno di essi in relazione alla gestione della società132. In tal senso, la prassi mette in evidenza che all’investitore vengono riservati diritti nella nomina degli organi societari nonché diritti di veto (sia in sede assembleare, sia in sede di consiglio di amministrazione indirettamente attraverso la previsione di diritti di veto in favore degli amministratori espressione del venture capitalist);

131 Tale conclusione è stata enfatizzata, ad esempio, attraverso l’istituzione all’interno dell’AIFI di una commissione per la corporate governance. Uno studio empirico dell’OECD ha, inoltre, dimostrato che la presenza di investitori istituzionali qualificati nella compagine azionaria aiuta a rafforzare la trasparenza e l’esercizio dei diritti da parte di tutti gli shareholders (A.A.V.V., The role of private pools of capital in corporate governance: about the role of

private equity firms and activist hedge funds, Organization for economic cooperation and development, Maggio

2007.)

132 Come verrà più in dettaglio ripreso nel prosieguo del presente capitolo, la ripartizione dei diritti sociali connessi alla partecipazione in società avviene sia con riferimento ai diritti patrimoniali, sia con riferimento a diritti di natura amministrativa. Gli strumenti con cui si addiviene a tale ripartizione sono in primis rappresentati dagli accordi parasociali. Nel prassi italiana, l’attribuzione di particolari diritti ai soci di una società a responsabilità limitata avviene, spesso, attraverso apposite previsioni statutarie nelle quali vengono previsti particolari diritti ai singoli soci, ai sensi dell’art. 2468, comma 3, del codice civile. Per quanto concerne le società per azioni, le previsioni codicistiche non consentono l’attribuzione diretta per via statutaria di diritti particolari ad un singolo e determinato socio. Per ovviare a tale ostacolo, nella prassi i diritti particolari vengono attribuiti attraverso lo strumento delle categorie di azioni, di cui all’art. 2348 del codice civile, in tal modo vengono attribuite al investitore ed al socio imprenditore azioni appartenenti a categorie diverse, a cui corrispondono diversi diritti patrimoniali ed amministrativi.

93 (c) le informazioni sulla gestione. Un elemento critico per i venture capitalist è riuscire ad ottenere

un costante flusso informativo sull’andamento della società al fine di verificare se le strategie di sviluppo e crescita dell’impresa producono i risultati preventivati. Tale flusso di informazioni deve essere costante, tempestivo e rappresentare effettivamente la gestione della società. In tal senso diviene cruciale stabilire regole in base alle quali vengono implementate precise politiche di divulgazione delle informazioni tra le parti, con lo scopo di garantire una tempestiva e dettagliata visione delle performance economico/finanziarie dell’impresa e, più in generale, individuare i fattori di rischio che possono sorgere in relazione ai risultati dell’investimento; e

(d) la dismissione dell’investimento da parte dell’investitore istituzionale. Come detto

precedentemente, l’investimento del venture capitalist ha carattere temporaneo e, pertanto, diviene fondamentale, sin dalla fase di realizzazione dell’investimento, definire la fase di disinvestimento. Le caratteristiche delle previsioni relative al disinvestimento sono (i) la definizione di un periodo a partire dal quale l’investitore avrà il diritto di attivare la fase di disinvestimento (normalmente successivamente al decorrere di un periodo di tempo necessario a implementare il business plan concordato); (ii) la disciplina di calcolo del valore delle partecipazioni, in modo da consentire che la partecipazione sia valutata in modo oggettivo e rispecchiare, per quanto possibile, il reale valore di mercato delle stesse; e (iii) gli strumenti per favorire l’effettività del processo di dismissione dell’investimento.

Sul piano degli effetti positivi che derivano dalla definizione di un efficiente sistema di corporate

governance ed attribuzione all’investitore di diritti di controllo penetranti, si segnala uno studio condotto

su una rosa di aziende finanziate da venture capitalists pubblicato nel 2007133. Tale importante lavoro ha dimostrato come l’apporto degli investitori istituzionali in termini di governance genera un forte orientamento al controllo della gestione, in particolare in termini di attenzione ai costi, da parte del

management, contribuendo, pertanto, in modo significativo alle performance dell’impresa finanziata.

Per quanto concerne la valenza significativa della presenza dell’investitore (o di suoi rappresentanti) nel consiglio di amministrazione della società finanziata, va ricordato che le imprese che costituiscono il target dei venture capitalists sono aziende di piccole dimensioni che si trovano nelle prime fasi del ciclo di business. I consigli di amministrazione di tali imprese sono di dimensioni molto contenute e spesso composto dagli stessi soci della società. Uno studio condotto da Rosenstein, Bruno e Bygrave ha messo in evidenza che a seguito del perfezionamento dell’operazione di investimento, il numero dei consiglieri di

133 Wijbenga, Postma, Stratling, The influence of the venture capitalist’s governance activities on the

94 amministrazione incrementa, passando da una media di tre componenti a 4,8 componenti134. Le principali differenze tra i consigli di amministrazione delle imprese finanziate da venture capitalists e quelli delle piccole imprese risiedono nella circostanza che nei primi si assiste spesso alla presenza di professionisti esterni all’impresa e al coinvolgimento degli stessi negli aspetti di tipo strategici e gestionali. Evidentemente, l’obiettivo dell’investitore è quello di assicurarsi il controllo dell’azienda limitando il ruolo dei “soci imprenditori” e del management di loro espressione. Tuttavia, non di rado accade che il

management precedente mantenga posizioni chiave, e ciò accade specialmente quando la gestione rimane

in maggior misura nelle mani dei “soci imprenditori”. In tal caso, l’investitore intensificherà necessariamente i controlli e la propria attività di monitoraggio.

La seconda peculiarità dei consigli di amministrazione delle imprese partecipate o controllate da venture

capitalist, come detto, è costituita dall’elevato coinvolgimento degli amministratori

nell’implementazione, oltre che nella definizione, delle linee strategiche. Le dimensioni ristrette dei consigli di amministrazione di tali imprese favoriscono incontri frequenti e la creazione di un rapporto molto costruttivo. La presenza dell’investitore istituzionale, inoltre, contribuisce a spingere il

management a migliorare le loro performance attraverso, ad esempio, la fissazione di obiettivi e la

presenza di continui controllo al fine di verificare il conseguimento degli stessi. Inoltre, qualora risulti evidente o molto probabile che gli obiettivi fissati non siano raggiungibili, l’investitore sarà attivamente coinvolto nella definizione di una nuova strategia.