L’attività di analisi e studio dell’impresa target, che si pone in essere mediante le attività di due diligence sopra illustrate, sono finalizzate alla decisione di realizzare di realizzare o meno l’investimento e alla determinazione del prezzo che il venture capitalist è disposto a pagare per acquisire le partecipazioni nella società target. La determinazione del prezzo costituisce, pertanto, un elemento centrale del processo di negoziazione dell’investimento e un momento delicato delle trattative, in cui si cerca di mettere in relazione il valore attuale e quello prospettico dell’impresa, al fine di definire un prezzo effettivo per l’acquisizione che faccia incontrare le diverse esigenze dell’investitore e del venditore. Nella definizione del prezzo assume un ruolo decisivo la teoria della valutazione delle aziende90. Tale teoria ha sempre evidenziato che valore e prezzo, seppur strettamente ed in linea teorica correlati, sono influenzati e determinati da fattori differenti e, pertanto, spesso non risultano coincidenti. In estrema sintesi, volendo tralasciare approfondimenti e dibattiti ancora in corso, il valore di un’impresa viene generalmente ricondotto al valore che, in condizioni di mercato normali, può essere considerato congruo per il capitale di un’azienda, trascurando la natura delle parti, la loro forza contrattuale e gli specifici interessi ed eventuali negoziazioni91. Pertanto, come affermato da autorevoli autori, i prezzi sono espressione di variabili di mercato, mentre il valore di un’impresa viene stimato sulla base di previsioni di flussi di cassa, del profilo di rischio, e di asset a disposizione dell’impresa, e calcolato in base a formule specifiche92. Il valore di un’impresa e il prezzo che un investitore è intenzionato a pagare spesso non coincidono, sia perché nel calcolo del valore entrano in gioco ulteriori aspetti (e.g. trasparenza e attendibilità delle stime circa il valore), sia perché non vi è una nozione unitaria di prezzo, in quanto lo stesso è soggetto a numerose variabili, quale la dimensione della quota azionaria di riferimento.93
Nelle operazioni di venture capital, la valutazione di un’impresa non è mai fine a se stessa, ma sempre funzionale alla determinazione di un prezzo effettivo che costituirà la base di scambio nella transazione. Pertanto, quello che avviene in tale tipo di operazioni è che l’impresa target sia prezzata piuttosto che semplicemente valutata, introducendo delle variabili che non sono strettamente connesse ad aspetti
90 Murrin, Valuation: Measuring and Managing the Value of the Companies, New York, 1994; Guatri, La
valutazione delle aziende, Milano, 2007, Carver, Venture Capital Valuation, USA, 2011; Koller, Goedhart, Wessel, Valuation Measuring and Managing the Value of Companies, USA, 2010; Beaton, Valuing early stage and venture backed companies, UK, 2010.
91 AA.VV., Principi e metodi nella valutazione di aziende e partecipazioni societarie, Milano, 1989.
92 Guatri, La valutazione delle aziende, Milano, 2007
93 In tal senso, ben si comprende che l’acquisto di una partecipazione di maggioranza ha un significato ed un impatto diverso rispetto all’ipotesi dell’acquisto di una partecipazione di minoranza, senza, ad esempio, un patto parasociale che garantisce al socio di minoranza dei diritti di governance.
65 quantitativi o qualitativi, ma legati alla libertà negoziale tra le parti e la relativa forza contrattuale di ciascuna. I metodi di valutazione e, quindi, di determinazione del prezzo più comunemente utilizzati nella prassi delle operazioni di venture capital sono:
(a) il metodo dei multipli;
(b) il metodo dei flussi di cassa attualizzati; e (c) il venture capital method.
Ai fini che qui rilevano, è bene notare che non tutti i metodi sopra citati potranno essere utilizzati in qualsiasi operazione di venture capital; ciò in quanto spesso tali metodi si richiamano a risultati precedentemente realizzati dall’impresa target, circostanza che porta ad escludere l’utilizzabilità di tali metodi per imprese che si trovino nella fase di sviluppo (Development) destinatarie degli investimenti iniziali (Seed financings).
Il metodo dei multipli
Nelle operazioni di venture capital dirette a finanziare imprese che si trovano in una fase relativamente avanzata del proprio ciclo di business, il metodo che viene più di frequente utilizzato è quello che determina il valore dell’impresa utilizzando multipli dell’enterprise value. Il relativo calcolo dell’enterprise value potrà essere effettuato in relazione (i) al fatturato, (ii) all’EBITDA, ovvero (iii) all’EBIT. L’enterprise value è dato dalla prodotto tra (i) uno dei parametri sopra citati, e (ii) il multiplo che viene determinato nella negoziazione tra le parti. Per la determinazione del valore effettivo dell’impresa, al valore determinato tramite la precedente operazione, viene scomputata la posizione finanziaria netta dell’impresa target (indebitamento finanziario dell’impresa, di seguito brevemente la “PFN”). In sostanza, tale metodo consente di determinare il valore totale dell’impresa diviso tra gli azionisti ed i finanziatori.
Le grandezze utilizzabili ai fini del calcolo dell’enterprise value, come detto, sono:
(i) il fatturato: questa rappresenta sicuramente la variabile più semplice da determinare, venendo presi in considerazione solamente i ricavi netti della vendita;
(ii) l’EBITDA (Earnings Before Interest Taxes Depreciation Amortisation) o margine operativo lordo: rappresenta la differenza tra (a) il valore della produzione, e (b) il suo costo (escludendo gli ammortamenti);
66 (iii) l’EBIT (Earning Before Interest Taxes): si differenzia dall’EBITDA in quanto dal calcolo vengono
esclusi gli ammortamenti;
La PFN rappresenta, invece, la situazione finanziaria dell’impresa, sia a breve che a lungo termine. Pertanto, la stessa comprenderà esclusivamente gli impegni di natura finanziaria, escludendo i debiti ed i crediti relativi al normale svolgimento dell’attività d’impresa (e.g. crediti commerciali, ovvero i debiti verso i fornitori). I componenti positivi dell’impresa sono: (i) la cassa, (ii) i titoli di facile liquidabilità, e (iii) i crediti finanziari a breve. Gli elementi negativi sono: (i) l’indebitamento bancario a breve, (ii) l’indebitamento bancario a medio/lungo termine, (iii) i debiti nei confronti dei fornitori a lungo termine, e (iv) gli altri debiti finanziari.
Una volta determinati tali parametri base, l’unica variabile non ancora determinata al fine di calcolare il valore dell’impresa è il multiplo. La definizione di tale ultimo valore è affidato a regole pratiche e/o empiriche94, ma principalmente alla contrattazione delle parti.
Elaborati tali parametri, il risultato del calcolo definisce il valore dell’impresa. Il prezzo di acquisto verrà determinato in base a tale valore, cui andranno scomputati ulteriori elementi che possono essere presi in considerazione dalle parti in sede di negoziazione (e.g. rischio dell’investimento sotto il profilo di
business, rischi fiscali, giuslavoristici, ambientali e/o regolamentari, attribuzione di diritti parasociali).
Pertanto, l’ammontare del prezzo finale potrà discostarsi anche in misura sufficientemente significativa dal valore calcolato, tutto dipenderà, in concreto, dalla capacità e dalla forza negoziale delle parti.
Il metodo dei flussi di cassa attualizzati
Il metodo dei flussi di cassa attualizzati (Discounted Cash Flow) consiste nell’utilizzo, quale parametro di determinazione del valore dell’impresa, dei flussi di cassa generabili dall’impresa in un determinato arco temporale (normalmente parametrato sulla durata dell’investimento che il venture capitalist intende fare,
e.g. 5 o 10 anni), i quali vengono attualizzati ad un determinato tasso di sconto. Il valore finale
dell’azienda sarà, pertanto, dato dalla somma algebrica tra (i) valore attuale di tali flussi, e (ii) il valore della PFN.
I flussi di cassa vengono determinati a partire dall’EBITDA, cui vanno sottratti tutti gli ammortamenti deducibili, tra cui l’avviamento, e l’esborso relativo alla cassa fiscale. I valori così ottenuti verranno attualizzati ad un tasso di sconto al fine di determinare il valore attuale netto.
94 Si può fare riferimento ad operazioni similari, ovvero a statistiche elaborate da società di consulenza o intermediari finanziari.
67 Passaggio decisivo per tale metodo è dato dalla determinazione del tasso di sconto, in base al quale i flussi di cassa verranno attualizzati. Il parametro che a tal fine viene più comunemente utilizzato è il WACC (Weighted Average Capital Cost, ovvero costo medio ponderato del capitale)95. Tale indicatore, misura il tasso di remunerazione che deve essere garantito ai principali finanziatori dell’impresa, ossia gli azionisti ed i creditori.
Pertanto il valore dell’impresa sarà dato dalla seguente formula:
laddove: t = il tempo
C = flussi di cassa generati al tempo “t” i = il tasso di sconto (i.e. il WACC).
Tale criterio di valutazione, sebbene diffuso, ancorché in misura minore rispetto al metodo dei multipli, nelle operazioni di private equity, risulta poco diffuso nell’ambito delle operazioni di venture capital, ove la difficoltà o impossibilità di utilizzare dati storici per determinare l’andamento prospettico dei flussi di cassa costituisce un ostacolo all’utilizzo di tale metodo di valutazione.
Il metodo di venture capital (Venture Capital Method)
Il Venture Capital Method costituisce uno strumento di valutazione di imprese che si trovano nelle fasi iniziali del proprio ciclo di business diffuso nella prassi delle operazioni di venture capital96. Come detto in precedenza, gli investimenti posti in essere dai venture capitalist si caratterizzano per un esborso iniziale certo e da ritorni incerti e rischiosi, ma potenzialmente elevati. Il Venture Capital Method prende
95 Il WACC, acronimo di weighted average capital cost, non è nient’altro che la media ponderata tra il costo del capitale proprio e il costo del capitale di debito. Pertanto, il WACC è il tasso minimo di rendimento che un’impresa deve generare per remunerare i creditori, gli azionisti e gli altri soggetti che apportano capitale. Questo è espresso dalla formula: Rd (1-T)D/E + Re E/V. Rd corrisponde al costo del debito dell’impresa, T è uguale all’aliquota d’imposta cui è soggetta l’impresa, D corrisponde al valore di mercato del debito dell’impresa, E esprime il valore di mercato del capitale azionario, V è dato dalla somma di D+E e corrisponde al valore di mercato del capitale investito, Re equivale al costo della remunerazione del capitale azionario. In sostanza la formula postula che l’impresa si trova nella condizione ottimale se i risultati dei suoi investimenti sono maggiori dei costi periodicamente sostenuti dall’impresa per remunerare gli investitori.
68 in considerazione tali flussi di cassa attesi, attribuendo agli stessi un valore finale atteso al momento in cui si prevede la realizzazione del disinvestimento. Il valore così calcolato viene poi scontato ad un tasso di attualizzazione determinato in funzione del rischio relativo alla singola operazione di investimento97. Il venture capitalist utilizza tale valore finale attualizzato dell’impresa al fine di determinare la quota di partecipazione acquisibile sulla base dei ritorni attesi98.
In particolare, il Venture Capital Method si articola in quattro fasi fondamentali. Per prima cosa è necessario procedere alla determinazione del valore dell’impresa al momento in cui si ritiene verrà effettuato il disinvestimento, calcolato normalmente attraverso i multipli di EBITDA alla data dell’exit. Il valore così individuato deve essere poi scontato per riportarlo al momento dell’investimento utilizzando quale tasso di sconto l’IRR atteso. L’IRR atteso sarà rappresentato dal rendimento che l’investitore si attende a fronte del rischio e degli sforzi economici derivanti e/o comunque connessi all’investimento. La formula per il calcolo del valore finale attualizzato è:
VFA = VF/(1+IRRa)anni
dove
VFA = il valore finale attualizzato VF = il valore finale
IRRa = IRR atteso
Il secondo step è costituito dal calcolo da parte del venture capitalist della quota finale di partecipazione richiesta e necessaria per il conseguimento degli obiettivi di ritorni finanziari dell’investimento. Tale valore si ottiene dividendo l’ammontare che si intende investire per il valore finale attualizzato:
QF = I/VFA dove
VFA = il valore finale attualizzato I = il valore dell’investimento
97 Generalmente il valore di sconto è compreso tra il 30 ed il 70%.
98 Si ipotizzi, a titolo esemplificativo, che il valore finale attualizzato risulti pari a Euro 100.000.000,00 e l’operatore di venture capital intenda investire Euro 50.000.000,00, questo dovrà pretendere una quota pari al 50% dell’impresa in cui si investe, a fronte del perfezionamento dell’investimento stesso.
69 QF = la quota finale di partecipazione
La formula sopra riportata può trovare applicazione nei limiti in cui non intervengano successive diluizioni di capitale e non siano previsti più rounds di investimento. Tuttavia, la prassi delle operazioni di Venture Capital dimostra come, anche al fine di limitare i rischi, l’investimento avvenga in fasi successive nel tempo, che comportano a una continua modifica della compagine sociale dell’impresa. Al fine di compensare le distorsioni che derivano dal frazionamento dell’investimento, è necessario calcolare le variazioni percentuali della partecipazione dell’investitore dal momento dell’investimento a quello del disinvestimento99. In generale, quindi, la quota corrente di partecipazione che l’investitore deve avere per raggiungere e conseguire l’IRR atteso è data dalla seguente formula:
QC = QF/VR dove
QF = la quota finale di partecipazione QC = la quota corrente di partecipazione VR = la variazione percentuale.
Il tasso di sconto o attualizzazione che viene normalmente utilizzato per le operazioni di Venture Capital è spesso superiore al 50%, dato il rischio particolarmente elevato correlato a tali investimenti, effettuati in società di nuova costituzione o in iniziative imprenditoriali la cui valenza commerciale è ancora incerta e dove il rischio di perdere completamente il capitale investito è elevato100.