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IL RAPPORTO TRA INVESTITORE E IMPRENDITORE: CAUSA DEL

investimento

L’elemento caratteristico degli investimenti di venture capital è dato dalla circostanza che il venture

capitalist ed il socio imprenditore si trovano a dover vivere un rapporto di partnership imprenditoriale per

un periodo medio-lungo. In tale ottica, è necessario che gli stessi condividano e concordino, per quanto possibile, sia le regole di gestione per l’attività a breve termine, che gli obiettivi strategici di medio-lungo periodo, impegnandosi a lavorare congiuntamente nella piena trasparenza reciproca. Una tale collaborazione, se indirizzata e gestita in maniera efficiente, è alla base del successo delle operazioni di

venture capital. Infatti, si consentirà all’impresa di beneficiare pienamente degli apporti non solo

finanziari ma anche gestionali e di mentalità che, come detto nei precedenti capitoli, pone in essere il

venture capitalist, senza che il coinvolgimento nell’impresa da parte dell’investitore da cui tali apporti

discendono incidano negativamente sull’aspetto operativo e implementativo dell’idea di business che rimane nelle mani dell’imprenditore.

Creare i meccanismi che consentono lo svolgimento armonioso della relazione di business tra l’investitore e il socio imprenditore è, come evidente, uno degli aspetti più delicati delle operazioni di venture capital. Proprio in considerazione degli effetti potenzialmente molto negativi che una relazione mal gestita tra finanziatore e imprenditore e dell’ingerenza del primo nell’impresa possono provocare, Schumpeter riteneva che il banchiere dovesse limitarsi a fornire il capitale, rimanendo estraneo alla parte gestionale dell’investimento e dell’impresa che rimanevano di competenza dell’imprenditore, il quale possedendo una conoscenza piena della business idea dallo stesso elaborata poteva svilupparla e coglierne pienamente le potenzialità. Parimenti, l’opinione di Schumpeter è stata fortemente sostenuta da Kaldor304, il quale sostiene che uno degli elementi negativi che affliggono la crescita e lo sviluppo dell’impresa è il contrasto tra “management” ed “entrepreneurship”, non potendo l’impresa avere due “anime” che non si coordinano al fine di conseguire un risultato comune e che non perseguendo l’interesse di ciascuno nell’impresa comune, ne perseguono uno proprio esterno all’impresa stessa, tentando di estrarre benefici di natura privata dall’impresa comune. Nell’ambito di operazioni di venture capital, il problema della relazione tra investitore e socio imprenditore è particolarmente critico. La prassi, infatti, dimostra come il modello immaginato da Schumpeter e Kaldor, in cui vi è una piena separazione tra le funzioni del soggetto finanziatore e del soggetto gestore, non trova applicazione. La ragione della difficoltà nell’immaginare che il modello teorico degli economisti sopra citati possa effettivamente trovare riscontro

180 è riconducibile alle asimmetrie informative che sussistono tra investitore e socio imprenditore. In tal senso, il venture capitalist, anche per ragioni prudenziali e di responsabilità nei confronti dei soggetti che lo hanno finanziato, non può disinteressarsi completamente della gestione e lasciarla nelle mani del socio imprenditore. Pertanto, il coinvolgimento nella gestione dell’impresa, quantomeno per gli aspetti di maggiore importanza strategica, sembrerebbe essere connaturato al sistema e, sebbene il grado di intrusione nella gestione possa diversamente atteggiarsi a seconda sia della forza negoziale dell’investitore che dalla natura di investitore “attivo” o “passivo”, questo non possa totalmente essere eliminato.

Come detto, la collaborazione tra venture capitalist e socio imprenditore è spesso decisiva per la riuscita dell’investimento o l’insuccesso. Tuttavia, le cause che portano al fallimento degli investimenti di venture

capital possono essere ricondotte ad una pluralità di fattori che vanno dai problemi relativi allo sviluppo

e/o all’insuccesso del prodotto sul mercato, sino all’incapacità del top management, spesso di espressione e scelto dal venture capitalist o composto da membri degli organi amministrativi dello stesso, di sviluppare l’impresa secondo quanto pianificato all’atto del perfezionamento dell’operazione di venture

capital. A tal proposito, uno studio305 ha dimostrato che la causa principale di insuccesso degli investimenti di venture capital è riconducibile alla gestione dell’impresa da parte del top management, il quale non è spesso in grado, stante la superficiale conoscenza del prodotto e/o della business idea sviluppata dal socio imprenditore e del mercato di riferimento, di affrontare gli ostacoli relativi alla fase di sviluppo della business idea e/o di coglierne adeguatamente tutte le potenzialità, ovvero di confrontarsi in maniera costruttiva con la parte operativa dell’impresa (i.e. il socio imprenditore e le persone di sua fiducia) per gestire le eventuali difficoltà incontrante nella gestione dell’impresa. Resta, in ogni caso, fermo che la cattiva gestione dell’impresa da parte del top management non risulta essere la sola causa di insuccesso e spesso l’insuccesso è dovuto a diverse cause, ovvero al sommarsi di più aspetti critici. In particolare, tra i fattori che provocano il fallimento dell’investimento si individuano, da un lato, quelli più attinenti al prodotto/servizio, quali (a titolo esemplificativo) il ritardo nello sviluppo, la scarsa qualità, e/o le difficoltà produttive e, dall’altro lato, quelli attinenti al mercato finale di sbocco, quali (a titolo esemplificativo) la difficoltà di accedere a canali distributivi, l’impossibilità di superare le barriere all’ingresso, e/o i rapidi mutamenti nelle preferenze dei potenziali acquirenti/utenti.

305 Gorman, Sahlman, op. cit., pp. 231 e ss.. L’indagine ha avuto ad oggetto 96 imprese finanziate da parte di venture

capitalist, le quali hanno per il 95% segnalato che il management ha costituito una delle cause principali del

181 Uno studio del 2003306, analizzando le ragioni per le quali gli investimenti di venture capital hanno risultati migliori negli Stati Uniti rispetto all’Europa307, ha dimostrato che tali diverse performance derivano da importanti differenze che si registrano nei due mercati oggetto dello studio nella relazione contrattuale che regola il rapporto tra investitore e socio imprenditore. In particolare, mentre negli Stati Uniti si è registrato una tendenza più forte da parte del venture capitalist a regolare il rapporto con il socio imprenditore contrattualmente sin dalla fase di investimento e riservarsi diritti particolari di governance e di controllo sulla gestione dell’impresa concordati, e anche attraverso l’uso di strumenti ibridi di capitale/debito, gli investitori Europei, da tale indagine, sembrano prestare, invece, meno attenzione alla relazione con il socio imprenditore ed a riservarsi diritti di gestione e controllo, venendo in ultima istanza ad essere meno coinvolti nella gestione. Proprio tale differente approccio nella gestione del rapporto tra

venture capitalist e socio imprenditore costituisce, nella ricostruzione di tale studio, uno degli elementi

che giustificano i migliori risultati che gli investimenti di venture capital realizzano negli Stati Uniti rispetto al mercato Europeo.

Come anticipato nella prima parte del presente lavoro, altre analisi sembrano confermare l’importanza che un rapporto tra investitore e imprenditore adeguatamente improntato e regolato assume rispetto alla crescita dell’impresa. In particolare, l’importanza di tale buona relazione rispetto alla crescita dell’impresa e, più in particolare, alla buona riuscita dell’investimento, si è attestata intorno al 68% nello studio elaborato da Bygrave e Timmons308, e al 69% dall’analisi condotta da Sapienza, Manigart e Vernmeir309.

Per quanto attiene più in dettaglio al tasso effettivo di fallimento degli investimenti di venture capital, di seguito viene riportata una tabella elaborata sulla base delle statistiche raccolte dalla BVCA310, EVCA311 e

306 Hege, Palomino, Schwienbacher, Determinants of Venture Capital Performance: Europe and the United States, 2003, disponibile su http://www.lse.ac.uk/fmg/research/RICAFE/pdf/RICAFE-WP01-Hege.pdf.

307 Nello studio il risultato dei diversi investimenti oggetto di analisi viene determinato sulla base del calcolo dell’IRR realizzato in ciascuno di essi.

308 Bygrave, Timmons, op. cit., 1992, pp. 95 e ss..

309 Sapienza, Manigart, Vermeir, op. cit., 1996, pp. 439 e ss..

310 Con riferimento all’anno 2011, si veda: BVCA, BVCA Private Equity and Venture Capital Report on Investment

Activity 2011, disponibile su www.bvca.co.uk, avente ad oggetto gli investimenti condotti nel Regno Unito per numero di società. Per l’anno 2012, si veda: BVCA, BVCA Private Equity and Venture Capital Report on

Investment Activity 2012, disponibile, su www.bvca.co.uk, avente ad oggetto gli investimenti condotti nel Regno Unito per numero di società.

311 Con riferimento all’anno 2011, si veda: EVCA, Yearbook 2012, disponibile su www.evca.eu, avente ad oggetto gli investimenti condotti in Europa per numero di società. Per l’anno 2012, si veda: EVCA, 2012 Pan-European

Private Equity and Venture Capital Activity, disponibile, su www.evca.eu, avente ad oggetto gli investimenti condotti in Europa per numero di società.

182 dall’AIFI312 negli anni 2011 e 2012 e che mette in evidenza le percentuali relative la percentuale di disinvestimenti realizzati mediante write off 313:

EVCA AIFI BVCA

Anno 2011 2012 2011 2012 2011 2012

Percentuale di disinvestimenti realizzati

mediante write off

20,7% 23,7% 20% 14% 11% 11%

In tal senso, sebbene le cause di fallimento siano identificabili in linea teorica ed astratta, non sempre si è nella posizione di identificare con certezza ed in concreto la causa dell’insuccesso di una determinata operazione di investimento e se questo sia ascrivibile alla mancata instaurazione di una leale e proficua collaborazione tra investitore e socio imprenditore, ovvero se dipenda da altri fattori strettamente relativi al prodotto e/o al mercato di riferimento. L’individuazione nel caso concreto della causa dell’insuccesso è, infatti, spesso dovuta al ricorrere di più concause, si pensi ad esempio all’ipotesi in cui l’impresa non riesca ad accedere al mercato a causa di difficoltà relative alla fase di implementazione della produzione che se fossero state adeguatamente gestite dal management sarebbero state facilmente superabili. In tal caso, evidentemente, il fallimento è ascrivibile sia alle difficoltà tecniche relative alla produzione, ma anche al management che non ha saputo individuare e risolvere tempestivamente le criticità incontrate in tale fase di implementazione del progetto imprenditoriale.

Nonostante quanto sopra, è evidente che, stante le caratteristiche degli investimenti di venture capital ed il coinvolgimento dell’investitore nella gestione, questa relazione costruisce un elemento critico che può determinare il successo o l’insuccesso di una determinata operazione d’investimento.

Gli studi e le analisi sopra richiamate hanno messo in evidenza come proprio il rapporto tra il venture

capitalist ed il socio imprenditore sia uno degli elementi chiave per il successo dell’iniziativa

312 Con riferimento agli anni 2011 e 2012, si veda: AIFI, Il mercato italiano del Private Equity e Venture Capital nel

2012, disponibile su www.aifi.it, avente ad oggetto gli investimenti condotti in Italia per numero di società.

313 Al fine di cercare di individuare il tasso di insuccesso degli investimenti si farà riferimento, quale proxy, al tasso di write off che viene registrato nelle statistiche delle associazioni di categoria. Infatti, come detto, con il write off l’investitore non fa altro che operare un azzeramento contabile della partecipazione del venture capitalist nella società finanziata a seguito della sua totale perdita di valore. In altri termini, il write off costituisce lo strumento contabile con il quale viene recepito nel bilancio l’insuccesso dell’investimento operato dal venture capitalist.

183 imprenditoriale finanziata. Infatti, è evidente che, da un lato, il successo dell’impresa, la sua crescita, la capacità di penetrare il mercato di riferimento, e di mantenere i vantaggi competitivi conquistati tramite l’introduzione di prodotti innovativi dipende da una pluralità di elementi che non sono direttamente riconducibili alla gestione dell’impresa stessa quali, come detto in precedenza ed a mero titolo esemplificativo, la validità della business idea, e la risposta del pubblico dei consumatori e più in generale del mercato all’introduzione del nuovo prodotto e che, dall’altro lato, le attività di sviluppo della business

idea, le strategie per favorire l’ingresso sul mercato e, più in generale, la gestione dell’impresa, sono

attività che non possono essere proficuamente poste in essere se all’interno dell’impresa non vi è un’armonia tra le sue due diverse “anime”. Pertanto, le strategie che l’impresa deve perseguire al fine di svilupparsi e crescere non saranno in concreto implementate proficuamente, ovvero non sarà evidentemente possibile sfruttare tutte le potenzialità dell’impresa e/o le opportunità che il mercato presenta, qualora il rapporto tra investitore e socio imprenditore non sia positivamente improntato ad una reciproca collaborazione, ovvero se lo stesso non è adeguatamente regolato dal punto di vista contrattuale, mediante previsioni che prevengono contrasti tra il venture capitalist e il socio imprenditore tali da poter incidere negativamente sulle performance dell’impresa, e/o ne disciplinino le modalità di risoluzione. Infatti, le divergenze che dovessero aversi tra il socio imprenditore e il venture capitalist potrebbero definitivamente e irreparabilmente compromettere la buona riuscita dell’investimento ed in ultima istanza minare o, addirittura arrestare, lo sviluppo dell’impresa provocandone il fallimento, qualora le stesse non fossero adeguatamente risolte, anche prevedendo meccanismi contrattuali che prevengono l’insorgere di tali conflitti ovvero, qualora ciò non fosse possibile, definiscano gli strumenti per la risoluzione degli stessi. In tal senso, gli accordi parasociali volti a definire i diritti di governance e gestionali dell’impresa, come meglio descritti nella prima parte del presente lavoro, così come le previsioni statutarie che ricalcano, per quanto possibile e nei limiti di legge, gli accordi raggiunti a livello parasociale, costituiscono uno strumento fondamentale per l’individuazione di un equilibrio tra i diversi interessi del socio imprenditore e del venture capitalist che, almeno in astratto, dovrebbe consentire di limitare (se non financo prevenire) l’insorgere di contrasti tra i soci che possano andare a detrimento dello sviluppo dell’impresa che, come detto, può difficilmente aversi se il socio imprenditore e il venture capitalist non compongano ad unità i diversi interessi nell’impresa.