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GLI ASPETTI LEGALI – LA LETTERA DI INTENTI

La lettera di intenti costituisce, come detto, il primo documento in cui viene formalmente indicato l’interesse delle parti (venditore e venture capitalist) al perfezionamento dell’operazione. La lettera di intenti viene comunemente qualificata come il documento con cui le parti, nella fase preliminare delle trattative, definiscono106: (i) i termini principali dell’operazione sui quali le parti hanno raggiunto un accordo di massima, sulla base dei quali avviare la successiva fase di negoziazione di maggior dettaglio delle previsioni da includere nel contratto di compravendita, e/o (ii) il procedimento attraverso il quale le parti intendono dare seguito alla trattativa (e.g. vengono fissati i termini per lo svolgimento della due

diligence ed il termine entro il quale avviare le vere e proprie trattative di definizione del contenuto del

contratto di compravendita).

In via preliminare è bene soffermarsi sull’inquadramento sistematico della lettera di intenti all’interno del nostro ordinamento giuridico, al fine di determinare quali effetti potrà comportare la sottoscrizione di una lettera di intenti per le parti. A tal proposito, è bene sottolineare come nel nostro ordinamento una fattispecie tipica assimilabile alla lettera di intenti non sia presente107. Pertanto, la qualificazione della

106 Sul tema della lettera di intenti, si veda, Radicioni, Le lettere di intenti, I Contratti del Commercio, dell’Industria

e del Mercato Finanziario, Torino, 1995, pp. 70 e ss., Capecchi, Il valore giuridico delle Lettere di Intenti, Diritto

del Commercio Internazionale, 2001, p, 387; Gervasoni, Sattin, op. cit., pp. 384 e ss., Corte d’Appello di Roma, 17 giugno 2002, Rivista di Diritto Commerciale, 2003, p. 97; Scuro, Il contratto a formazione progressiva. Struttura,

casistica e tecniche di redazione, Milano, 2009, pp. 54 e ss.; Montalenti, Persona giuridica, gruppi di società, corporate governance, 1999, Padova, pp. 149 e ss. Una definizione di lettera di intenti è ravvisabile nella sentenza

della Corte di Appello di Roma del 17 giugno 2012: “L’espressione lettera di intenti definisce di regola un

documento con cui le parti fissano il contenuto di accordi raggiunti nel corso di trattative che si presentino lunghe e particolarmente complesse al fine di ottenere una documentazione dello svolgimento delle trattive e una fissazione degli elementi già concordati in un futuro negozio, senza per questo ancora vincolarsi a un accordo da completare

(Corte di Appello di Roma, 17 giugno 2002, Riv. Dir. Comm. 2003, pp. 97 e ss.).

107 A tal proposito, Galgano ha sottolineato che la lettera di intenti non è suscettibile di qualificazione univoca, potendo indicare nella prassi sia la minuta sia un vero e proprio preliminare (Galgano, Diritto Civile e Commerciale,

75 stessa e le relative conseguenze giuridiche andranno analizzate sulla base di criteri ermeneutici della volontà delle parti108. In tal senso, diviene fondamentale per le parti che sottoscrivono una lettera di intenti definire con chiarezza lo scopo e la funzione che la stessa assume all’interno del procedimento di acquisizione. I rischi connessi alla sottoscrizione di una lettera di intenti, in cui non sia esplicitata la funzione della stessa ed il suo carattere non vincolante, derivano dai diversi scopi che ciascuna delle parti potrebbe essersi prefissata nella sottoscrizione della lettera d’intenti stessa, potendosi verificare l’ipotesi in cui, mentre una parte sottoscrive il documento nella convinzione di non creare alcun accordo vincolante, l’altra potrebbe sottoscriverlo con la convinzione di dare vita ad un documento che, almeno in via preliminare, sia vincolante109. In ogni caso, quello che rileverà non sarà tanto il nomen iuris con cui le parti qualificheranno l’intesa raggiunta con la lettera di intenti, ma quello che si dovrà considerare è l’effettivo tenore dei contenuti del documento e la loro natura vincolante o meno110. Pertanto, la lettera di intenti, a seconda del suo tenore letterale e dell’effettiva volontà delle parti, potrà qualificarsi come111: (i) un mero patto d’onore o gentlemen agreement, in cui le parti hanno espressamente convenuto di non dare una esplicita rilevanza giuridica112, (ii) un documento non vincolante che è volto a determinare e regolare il processo di negoziazione tra le parti, ovvero taluni termini essenziali risultanti da una fase di negoziazione preliminare, (iii) un documento che, nonostante il nomen iuris, già contiene tutti gli elementi essenziali del contratto che le parti intendono stipulare, assumendo un ruolo di vero e proprio contratto preliminare, e (iv) un documento completo che contiene tutti gli elementi essenziali di un vero contratto definitivo, la cui mancata attuazione darà vita ad un vero inadempimento contrattuale.

Al fine di evitare dubbi circa la natura del documento che viene sottoscritto, nella prassi, le stesse parti indicano esplicitamente la natura vincolante o meno del documento e se si tratta di un contenuto

108 In tal senso Montalenti osserva che “il problema dell’efficacia vincolante o meno delle lettere di intenti non può

essere posto in astratto, ma si prospetta piuttosto, in considerazione della disomogeneità delle fattispecie concrete, in termini di interpretazione della volontà delle parti espressa in tali documenti” (Montalenti, op. cit. p. 149).

109 Fontaine, De Ly, La redazione dei contratti internazionali - A partire dall’analisi delle clausole, Milano, 2008, pp. 4 e ss., secondo i quali “Sembra che gli estensori di tali lettere spesso nutrano il convincimento di non assumere

alcuna obbligazione e ciò benché talvolta essi abbiano invece la riserva mentale di ottenere un’assunzione di impegno dalla controparte.

110 La giurisprudenza è ancora piuttosto scarna ed il tema della portata giuridica della lettera di intenti viene inquadrato nell’ambito della “minuta di contratto” o “puntazione d’intesa”. Al riguardo, si veda: Cass. 14 luglio 2006, n. 1618, Giust. Civ. Mass., 2006, 7-8; Cass. 18 gennaio 2005 n. 910, Giust. Civ. Mass., 2005, 1; Cass. 14 gennaio 2002, n. 337, Dir. e Pratic. Soc., 2002, 2481; Cass. 14 maggio 1998, n. 4853, Giust. Civ. Mass., 1998, p. 1028.

111 Casucci, Limido, Lantino, Acquisizioni di Aziende e Partecipazioni – Aspetti Legali e Tributari, Milano, 2010, pp. 58 e ss..

112 Sul rapporto tra le lettere di intenti ed i c.d. accordi d’onore si veda, Sica, Gentlemen’s agreements e intento

giuridico negativo: elaborazione dottrinale e “risveglio” giurisprudenziale, I Contratti, 2001, pp. 85 e ss. Per la

76 meramente preparatorio per una successiva negoziazione. Parimenti, qualora la lettera di intenti voglia avere essenzialmente la finalità di fissare talune norme procedurali relative al procedimento di negoziazione, sarà necessario che vengano fissati in modo chiaro i singoli passaggi del processo di negoziazione, nonché i diritti che le parti intendano riservarsi, in termini di facoltà di interrompere le trattative.

Tra le previsioni che più comunemente vengono previste nelle lettere di intenti vi sono le clausole di confidenzialità e le clausole di esclusiva. Qualora anche tali clausole venissero qualificate, come il resto delle previsioni della lettera di intenti, come non vincolanti, è chiaro che le stesse perderebbero qualunque efficacia in termini di enforceability. Per evitare tale inconveniente, nella prassi si procede alternativamente (i) a far sottoscrivere appositi accordi di esclusiva e confidenzialità a latere della lettera di intenti che risultino vincolanti, ovvero (ii) a specificare nella lettera di intenti che le clausole di esclusiva e di confidenzialità sono vincolanti per entrambe le parti, mentre il resto delle previsioni ivi contenute risulterà non vincolante. Parimenti, laddove, la parte venditrice non abbia inteso assicurare alla controparte un esplicito diritto di esclusiva nella trattativa, sarà necessario, o quantomeno opportuno, precisare che la parte venditrice si riserva espressamente il diritto di procedere in parallelo con altre negoziazioni, nonché di recedere dalla trattativa anche in assenza di una giusta causa.

Tuttavia, è bene sottolineare che in nessun caso la mera qualificazione della lettera di intenti come priva di efficacia vincolante sarà sufficiente, per sé, a rendere i contenuti della stessa privi di qualsiasi valore giuridico tra le parti, con la conseguenza che, anche ove sia evidente che tali contenuti hanno valenza meramente preparatoria per un successivo contratto, le parti avranno non solo per questo il diritto assoluto e incondizionato di recedere dalle negoziazioni, senza alcuna conseguenza. In tal senso, anche nel caso in cui la lettera di intenti non sia vincolante, le parti dovranno in ogni caso attenersi e rispettare il principio generale di buona fede nella conduzione della trattative fissato dall’articolo 1337 del Codice Civile113.

113 Scuro, op. cit., p. 58; Sapone, La responsabilità precontrattuale, Milano, 2008, pp. 68 e ss. Merita menzione la circostanza che una corte di merito ha ritenuto che con la lettera di intenti le parti si erano limitate a comunicarsi il reciproco interesse ad intraprendere le trattative per attuare il progetto delineato rinviandone l’inizio in un momento successivo all’approvazione di un piano regolatore (App. Trento, 26 aprile 2000, Giust. Civ. 2005, p. 669). In tale sentenza la Corte di Appello ha negato la ravvisabilità di una responsabilità precontrattuale ritenendo che l’intesa avesse carattere preliminare alla fase delle trattative vere e proprie, essendosi le parti limitate a comunicarsi reciprocamente l’intento di intraprendere delle trattative. La Cassazione ha rigettato il ricorso avverso tale sentenza adottando una motivazione non in linea con la qualificazione posta in essere dal giudice di secondo grado. Ha, infatti, escluso la ravvisabilità di qualsiasi affidamento nella conclusione del contratto in ragione di un’esplicita previsione delle parti, reputando applicabile alla fattispecie il principio secondo il quale non è configurabile responsabilità precontrattuale quando la rottura delle trattative e la mancata conclusione del contratto sono state in anticipo programmate e costituiscono pertanto l’esercizio di una facoltà legittima (Cass. 5 agosto 2004, n. 15040, Giust. Civ., 2005, pp. 669 e ss.). In questo modo la Suprema Corte ha mostrato di ritenere, diversamente dal giudice

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