Tra gli aspetti più delicati nella gestione e nei meccanismi di ripartizione dei diritti di governance tra socio imprenditore e venture capitalist vi è, senza dubbio, la necessità che le previsioni del patto parasociale siano rispettate e, di conseguenza, che siano previsti dei deterrenti che spingano le parti a dare piena attuazione alle disposizioni concordate e a non deviare dalla strada disegnata dall’accordo parasociale. Infatti, come detto, la violazione delle pattuizioni contenute in un patto parasociale hanno solo natura obbligatoria, tale per cui un’eventuale violazione delle previsioni ivi contenute avrà la sola conseguenza di far sorgere, in capo al socio che non ha rispettato gli accordi un obbligo di natura risarcitoria. Pertanto, l’eventuale decisione adottata dal relativo organo societario in modo difforme da quanto previsto nel patto parasociale non potrà essere oggetto di impugnazione, e tale contrasto con le previsioni del patto non potranno essere opposte né ai terzi, né alla società stessa.
In considerazione di quanto sopra, nonché alla luce della circostanza che la determinazione del danno risultante dalla violazione delle previsioni parasociali è di difficile quantificazione, la prassi ha individuato ed elaborato una serie di strumenti che consentono di indurre le parti all’adempimento delle previsioni e degli obblighi contenuti nel patto parasociale. Sicuramente, come detto già in precedenza, lo strumento che consente una piena tutela rispetto all’adempimento delle previsioni parasociali è costituito dal loro inserimento (o meglio dalla trasposizione) nello statuto della società, tenendo in ogni caso conto dei limiti all’autonomia statutaria previsti inderogabilmente dalla legge. In tal modo, infatti, gli obblighi, i diritti, ed i meccanismi di governance previsti a livello di accordo parasociale, acquistano efficacia reale, tale per cui, non solo un’eventuale decisione adottata in contrasto con tali disposizioni statutarie sarà impugnabile (nei modi e nei termini di legge), ma tutte le previsioni parasociali trasposte nello statuto saranno opponibili agli altri socio, ai terzi, ed alla società stessa.
120 Tra gli strumenti che la prassi contrattuale ha elaborato, non vi è dubbio che la clausola penale costituisca una valida soluzione deterrente rispetto ad eventuali tentativi di sottrarsi agli obblighi previsti dal patto parasociale201. Risulta in ogni caso evidente, che la forza deterrente della penale sarà tanto maggiore quanto più alto risulti il valore espresso e concordato tra le parti202. Tale considerazione impone un’attenta riflessione circa il problema del valore della clausola penale203. Infatti, nonostante la determinazione dell’ammontare della clausola penale sia lasciato alla libera negoziazione delle parti, ai sensi dell’articolo 1384 del Codice Civile, la misura della penale può essere ridotta in via equitativa dal giudice, laddove la stessa sia ritenuta manifestamente eccessiva. Tuttavia, nel condurre tale valutazione, il giudice dovrà considerare in ogni caso l’interesse che il creditore (ossia il socio adempiente nel caso di specie) ha nell’ambito del rapporto con il socio inadempiente, cosicché vi è la possibilità che penali in astratto particolarmente elevate, possano essere ritenute adeguate204 e pertanto venire successivamente ridotte. Ciò, di fatto, contribuisce a minare l’efficacia della clausola penale, in quanto il pagamento della stessa potrebbe essere procrastinato sino alla definizione del giudizio di accertamento sulla congruità della stessa. Per limitare l’arbitrio e il rischio connesso alla potenziale rivalutazione dell’ammontare della penale da parte del giudice, la prassi contrattuale si è evoluta nel senso di inserire nei patti parasociali una clausola nelle quali i soci sottoscrittori dell’accordo parasociale diano espressamente atto e riconoscano che l’entità della penale viene ritenuta congrua rispetto all’interesse che la stessa clausola penale mira a tutelare205. Ciò, infatti, costituirebbe uno strumento che facilita il giudice, eventualmente chiamato a decidere ai sensi dell’articolo 13484 del Codice Civile.
Un ulteriore profilo critico è rappresentato dal fatto che, ai sensi dell’articolo 1383 del Codice Civile, nel caso in cui si richieda la corresponsione della penale, non si potrà richiedere l’adempimento della prestazione principale. L’impatto che tale previsione potrebbe avere nei sindacati di voto è evidente, infatti, qualora venisse richiesta il pagamento della penale a seguito della violazione di un impegno di
201 Con particolare riferimento alle clausole penali relative a sindacati di voto si veda Torino, I contratti parasociali, Milano, 2000, pp. 321 e ss.; Carbone, Le convenzioni di voto e la teoria generale del contratto, Nuova Giur. Civ. Comm., 1992, pp. 83 e ss., secondo il quale, in considerazione della circostanza che è estremamente difficile la prova e la quantificazione del danno derivante dalla violazione di previsioni aventi ad oggetto l’esercizio del diritto di voto in ambito societario, nella prassi viene normalmente inserita una clausola penale. Sul punto si veda anche, Piselli, I patti parasociali tra diritto dei contratti e diritto societario, Società, 2007, pp. 1114 e ss..
202 Dotti, Violazione dei patti di sindacato e strumenti di tutela: profili processuali; Sindacati di voto e sindacati di blocco, Milano, 1993, pp. 147 e ss..
203 Torino, op. cit., pp. 323 e ss..
204 Atelli, Recesso e inadempimento nelle convenzioni di voto, Contr. Impr., 1997, pp. 97 e ss.. Secondo tale autore, una volta fissata la penale, in caso di inadempimento degli obblighi derivanti da una convenzione di voto sarà il responsabile, secondo i principi generali, a doverne provare la manifesta eccessività, restando la definizione dell’ammontare, in definitiva, rimessa alla valutazione equitativa del giudice.
121 voto potrebbe avanzarsi il dubbio, come fatto da alcuni autori, che non sia più possibile chiedere l’adempimento dei medesimi impegni per le successive delibere degli organi societari206. Tale tesi è stata però smentita dalla giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione207, la quale ha riconosciuto che nelle obbligazioni di durata assistite da una clausola penale, il divieto di cumulo fra la prestazione principale e la penale prevista dall’art. 1383 del Codice Civile riguarda le sole prestazioni già maturate e inadempiute, e non anche quelle non ancora maturate. Infatti, in caso contrario, sarebbe consentito al debitore (il socio inadempiente nel caso di specie) di sottrarsi all’obbligazione attraverso il proprio inadempimento. In considerazione di ciò, si potrebbe ritenere che l’eventuale violazione di un obbligo previsto da un patto parasociale, e la conseguente richiesta di attivazione della clausola penale, non inficino la sopravvivenza delle previsioni e degli obblighi previsti in capo al socio inadempiente per il futuro. Al fine di eliminare ogni dubbio, tuttavia, la prassi contrattuale riconosce la valenza della costruzione di una clausola contrattuale nel senso che la penale vada a sanzionare ciascun inadempimento, senza pregiudizio per l’efficacia del patto in relazione a qualsiasi futura decisione degli organi societari oggetto di specifiche previsioni parasociali.
Un diverso strumento che permette di rafforzare le previsioni parasociali e diminuire il rischio di inadempimento, è rappresentato dalle opzioni di vendita (put option) e dalle opzioni di acquisto (call
option)208 a prezzo punitivo. Attraverso tali previsioni parasociali, il socio adempiente si riserva, nel caso di inadempimento dell’altro socio, di acquistare le partecipazioni di quest’ultimo e/o di vendergli le proprie. La particolarità risiede nella circostanza che il prezzo di acquisto (nel caso di call option) e/o il prezzo di vendita (nel caso di put option) sono determinati in modo da costituire uno strumento sanzionatorio rispetto all’inadempimento o al comportamento illegittimo del socio che subisce l’esercizio dell’opzione. Segnatamente, il prezzo della call option sarà molto minore del valore di mercato, ovvero nel caso di put option, molto maggiore del valore di mercato. In altri termini, attraverso l’uso della call
option a prezzo punitivo, si consente di sanzionare il socio inadempiente attraverso una vendita al socio
adempiente della propria partecipazione ad un prezzo inferiore a quello che percepirebbe in una normale transazione sul mercato, il cui valore afflittivo sarà, tra l’altro, tanto maggiore quanto maggiore è l’interesse del socio a rimanere all’interno della società. Parimenti, l’uso della put option a prezzo
206 Si veda, Rescio, I patti parasociali, Riv. not., 2002, pp. 317 e ss.. Secondo tale autore, si potrebbe ritenere che, qualora un socio abbia preteso il pagamento della penale non si possa più esigere la prestazione di voto anche nelle assemblee a venire; in sostanza, la richiesta della penale implicherebbe lo scioglimento del rapporto contrattuale nei confronti dell’inadempiente. Per ovviare a tale rischio, l’autore suggerisce di costruire la clausola penale come penale per ciascun inadempimento.
207 Cass. 15 febbraio 2005, n. 2976, Giust. Civ. Mass., 2005, pp. 2 e ss..
208 Le opzioni di vendita e di acquisto verranno esaminate nel successivo capitolo in relazione agli strumenti di exit a disposizione del venture capitalisti.
122 punitivo consente al socio adempiente, che veda leso l’equilibrio di governance raggiunto mediante il patto parasociale e che ritenga venire meno i presupposti di una convivenza sana tra i soci, di colpire il socio inadempiente trasferendogli le proprie partecipazioni ad un prezzo elevato (maggiore di quello di mercato), causandogli una duplice perdita, da un lato diretta e di natura economica, costituita dalla somma che deve essere versata per l’acquisto delle partecipazioni, e dall’altro più strategica, viene, infatti, meno un partner con cui condividere le strategie aziendali e di crescita del business.