Tra gli aspetti più delicati degli investimenti di venture capital vi è, come si è visto, la relazione tra investitore e socio imprenditore in termini di gestione e controllo dell’impresa188. Da un lato, infatti, l’imprenditore vorrebbe mantenere una certa autonomia nella gestione della società in modo da perseguire la vision imprenditoriale e lo sviluppo dell’idea di business come immaginata ed elaborata dallo stesso; dall’altro l’investitore, al fine di massimizzare il risultato del proprio investimento, ha la necessità, da un lato, di gestire o comunque avere una voce nella gestione dell’impresa, indirizzandone lo sviluppo e cercando in tal modo di cogliere occasioni che l’imprenditore spesso non è in grado di cogliere ovvero non ha interesse a cogliere in quanto potrebbero risultare distanti dalla propria idea di impresa, e dall’altro lato, ha la necessità di monitorare che l’attività dell’imprenditore sia conforme ai piani d’azione concordati e che questi ultimi stiano raggiungendo i risultati sperati. Ciò è essenzialmente dovuto alla forte asimmetria informativa che sussiste tra imprenditore e venture capitalist. Infatti, il venture capitalist conosce l’impresa solo in maniera più o meno superficiale, basandosi sulle informazioni utilizzate ai fini dell’investimento; l’imprenditore, al contrario, conosce la propria impresa, ha pieno controllo dell’idea di business e delle sue potenzialità. Pertanto, il venture capitalist non può che tentare di proteggersi rispetto a tale rischio e tale protezione avviene mediante la previsione, nel patto parasociale, di strumenti contrattuali che, attraverso la allocazione dei diritti di governance societaria, consentono di raggiungere un equilibrio tra gli interessi dell’imprenditore e l’interesse dell’investitore.
La ripartizione dei diritti di governance non può non passare attraverso previsioni che abbiano ad oggetto il funzionamento dei principali organi societari: (a) il consiglio di amministrazione, (b) l’assemblea, e (c) il collegio sindacale e il revisore legale dei conti189. Risulta, infatti, usuale che, i soci (investitore e
venture capitalist) si accordino per determinare il numero dei consiglieri e/o membri del collegio
sindacale che ciascuno avrà il diritto di designare, ovvero si possono limitare a definire le modalità tramite cui pervenire a tale ripartizione e alla nomina dei componenti degli organi societari190.
Nel caso in cui il patto preveda la designazione dei componenti del consiglio di amministrazione e/o del collegio sindacale, le previsioni parasociali imporranno ai singoli soci il preciso obbligo di votare dei
188 Nel presente paragrafo si prenderanno in considerazione principalmente i sindacati di voto, in quanto maggiormente attinenti ai meccanismi di governance e di gestione della relazione tra venture capitalist ed investitore. Nel successivo capitolo verranno analizzati i sindacati di blocco ed i meccanismi che consentono di favorire l’uscita dall’investimento da parte del venture capitalist.
189 Proverbio, I patti parasociali, Milano, 2010, pp. 50 e ss..
190 Stevenson, The venture capital solution to the problem of close corporation shareholder fiduciary duties, Duke Law Journal, 2001, pp. 1139 e ss., il quale sottolinea che “securing seats on the board is one of the most significant
116 componenti designati anche dagli altri soci. Qualora, invece, siano previsti meccanismi particolari, ciascun socio dovrà rispettare le modalità di nomina concordate, prevedendosi a livello parasociale l’impegno di adottare statutariamente meccanismi elettivi concordati, quali il voto di lista. Entrambi i meccanismi consentono un’adeguata protezione dei diritti di ciascuno dei soci ancorché l’efficacia varia dal modello societario adottato. Infatti, laddove si sia optato per una società a responsabilità limitata, i diritti di designazione spettanti al socio imprenditore e/o al venture capitalist potranno essere inseriti nello statuto societario come diritti speciali attribuiti ai soci ai sensi dell’articolo 2468 del Codice Civile. In tal modo, il socio (imprenditore e/o venture capitalist) vedrà direttamente tutelati con efficacia reale i propri diritti di governance e di nomina degli organi gestionali e di controllo191. Allo stesso modo, la previsione di un meccanismo statutario di voto di lista consente di proteggere al meglio la posizione di un singolo socio, laddove allo stesso non siano attribuibili statutariamente diritti particolari, come nel caso delle società per azioni. Attraverso l’inserimento in statuto di previsioni parasociali, le clausole acquistano “efficacia reale”, in tal modo le stesse non potranno essere facilmente violate, in occasione di una votazione particolarmente rilevante per gli equilibri del rapporto tra venture capitalist e socio imprenditore.
A tal proposito, è bene sottolineare che dopo un primo orientamento dottrinale secondo cui tali previsioni erano da considerarsi illegittime, dottrina192 e giurisprudenza193 si sono in seguito espresse a favore della loro ammissibilità. Ad oggi, tuttavia, sussistono alcuni dubbi circa la validità degli impegni tra soci aventi ad oggetto le limitazioni all’esercizio delle azioni di responsabilità nei confronti di amministratori e/o sindaci nominati in conformità alle previsioni del patto parasociale194. Collegate alle materie ora
191 Sui diritti particolari dei soci si vedano: Santus – De Marchi, Sui particolari diritti del socio nella nuova s.r.l., in Riv. not., 2004, p. 86; Abete, I diritti particolari attribuibili ai soci di s.r.l.: taluni profili, Società, 2006, p. 297. Zanarone, La nuova s.r.l. tra società di persone e società di capitali, La riforma del diritto societario, Milano 2003, p. 240; Perrino, La rilevanza del socio nella s.r.l.: recesso, diritti particolari, esclusione, Giur. comm., 2003, p. 829; De Stasio, Commento sub art. 2468 c.c., Codice commentato delle s.r.l. diretto da P. Benazzo – S. Patriarca, Torino 2006, p. 136; Santoni, Le quote di partecipazione nella s.r.l., Il nuovo diritto societario. Liber Amicorum G.F. Campobasso, diretto da G.E. Colombo – G.B. Portale, vol. 3, Torino 2006, p. 383; Stella Richter, La società a
responsabilità limitata. Disposizioni generali. Conferimenti. Quote, in AA. VV., Diritto delle società di capitali.
Manuale breve, 3a ed., Milano 2006, p. 287.
192 Semino, Il problema della validita` dei sindacati di voto, Milano, 2003, pp. 141 e ss., il quale sottolinea come la dottrina abbia espresso un atteggiamento di particolare favore nei confronti degli accordi attraverso i quali la maggioranza assembleare, autolimitando le proprie prerogative, concede alla minoranza una rappresentanza negli organi amministrativi e/o di controllo. Per cui sarebbe unanimente considerato lecito anche il patto secondo cui i soci si impegnano ad eleggere il consiglio di amministrazione secondo una predeterminata composizione, anche al di la della semplice rappresentanza alla minoranza.
193 Trib. Varese, 1 marzo 1999, Società, 1999, pp. 864 e ss.; Cass. 20 settembre 1995, Giur. Comm., 1997, pp. 50 e ss.; Appello Milano, 24 luglio 1998, Giur. It., 1998, pp. 2336 e ss..
194 Cass. 28 aprile 2010 n. 10215, Proverbio, op. cit., pp. 53 e ss.. In particolare, la Suprema Corte ha riconosciuto come un siffatto patto tenda ad elidere l’applicazione delle norme relative all’azione di responsabilità degli
117 esaminate sono quelle inerenti l’amministrazione della società ed, in particolare l’attività ordinaria. Tali decisioni, infatti, sono usualmente sottoposte al diritto di veto dei soci di minoranza, in sede assembleare, ovvero degli amministratori da loro designati, in sede di consiglio di amministrazione. Tale risultato si raggiunge prevedendo, in sede parasociale e/o statutaria, che alcune decisioni del consiglio di amministrazione della società siano adottate con il voto favorevole di una maggioranza rafforzata degli amministratori (c.d. supermajorities). Tra le materie che, nell’ambito di operazioni di venture capital, rientrano nel novero delle decisioni che devono essere adottate con il voto favorevole del socio di minoranza (e/o dei loro amministratori) vi rientrano: (i) l’acquisto e la vendita di partecipazioni o di aziende (in tal modo si riesce ad esercitare un controllo diretto sulle modifiche della società oggetto dell’investimento da parte del venture capitalist); (ii) l’assunzione di finanziamenti a medio-lungo termine (soprattutto nel contesto di operazioni di integrazione); (iii) l’approvazione di bilanci, business
plan e budget plan (per l’investitore, infatti, tali decisioni rappresentano una priorità assoluta anche al fine
di indirizzare la società verso le scelte strategiche più opportune); (iv) la distribuzione di dividendi o di riserve (è, infatti, interesse comune sia dell’investitore che del socio imprenditore vigilare sull’allocazione delle risorse economiche derivanti da un utile di esercizio al fine di garantire lo sviluppo dell’impresa); e/o (v) l’espressione di voto in società controllate e/o collegate.
Come appare dall’elenco delle materie sopra riportate, alcune di queste sono di competenza del consiglio di amministrazione. In tal caso, come detto, sarà necessario adattare il meccanismo deliberativo dell’organo gestionale al fine di conseguire i risultati voluti, prevendendo a livello parasociale un impegno dei soci (ex art. 1381 del Codice Civile) a far sì che i consiglieri di amministrazione di propria espressione esprimano il proprio voto in conformità alle previsioni parasociali195. In alternativa, si può concordare a livello parasociale che alcune decisioni, normalmente di spettanza del consiglio di amministrazione, necessitino del previo consenso dell’assemblea196.
amministratori che rivestono il carattere di norme imperative. Il patto darebbe quindi luogo ad una ipotesi di nullità in quanto l’oggetto ovvero i motivi comuni delle parti del patto sociale in esame sono illeciti poiché la clausola è stipulata per far prevalere l’interesse dei singoli soci che si sono accordati per la non proposizione dell’azione sociale a detrimento dell’interesse generale della società al promovimento dell’azione di responsabilità.
195 Sul tema si veda Trib. Milano 2 luglio 2001, Giur. It., 2002, pp. 562 e ss.; Salafia, I patti parasociali nelle società
non quotate, Società, 2005, pp. 945 e ss.
196 Tale possibilità viene oggi riconosciuta esclusivamente nel caso di società a responsabilità limitata. Per quanto riguarda gli investimenti di venture capital, Donativi, Varietà di strumenti di corporate governance nel rapporto tra
private equity e pmi, Banca borsa e titoli di credito, 2008, pp. 205 e ss., sottolinea che i diritti di veto normalmente
riconosciuti al venture capitalist includono tutte le decisioni che possono avere una ricaduta significativa sull’investimento effettuato e sulle aspettative di ritorno economico. In tal caso, qualora si tratti di delibere del consiglio di amministrazione, il socio di maggioranza si impegna, anche eventualmente quale promessa del fatto del terzo, a far sì che gli amministratori da lui nominati non pongano in essere, senza il previo consenso del venture
118 In tale ultima evenienza, il rischio principale è che il ruolo e la funzione del consiglio di amministrazione possano venire, di fatto, limitati e svuotati in misura eccessiva e, di converso, potrebbe creare una cogestione dell’attività dell’assemblea con conseguente paralisi dell’attività della stessa197. Nel caso in cui, invece, sia previsto a livello parasociale un impegno dei soci (ex art. 1381 del Codice Civile) a far sì che gli amministratori di propria espressione votino in un determinato modo, i rischi sono di duplice natura. Infatti, da un lato gli amministratori potrebbero rifiutarsi di votare secondo le indicazioni dei soci che li hanno designati, con la conseguenza che gli impegni di voto risulterebbero sostanzialmente privi di significato, e dall’altro, vi è il rischio che l’impegno dei soci rispetto al contegno degli amministratori (ex art. 1381 del Codice Civile) sia illecito198, ciò in quanto gli amministratori sarebbero vincolati alla sola società e non al singolo socio199.
Per quanto concerne, invece, la posizione degli amministratori, merita menzione la circostanza che gli stessi, ai sensi di legge, rimangono principalmente impegnati ad agire nell’interesse della società e in conformità alla legge e allo statuto. Ciò vale indipendentemente dalla circostanza che i soci abbiano sottoscritto tra loro accordi parasociali che prevedono determinate linee di condotta da tenere con riferimento a particolari decisioni rimesse al consiglio di amministrazione. Di conseguenza, eventuali comportamenti non conformi allo statuto, alla legge e/o che abbiano causato un danno alla società, ai soci e/o ai terzi, ancorché conformi e in attuazione di un accordo parasociale200, potranno essere fonte di responsabilità. Tra i compiti che vengono attribuiti al consiglio di amministrazione, nell’ambito dei rapporti di governance tra socio imprenditore e venture capitalist, un ruolo rilevante assume la necessità di garantire un costante flusso di informazioni e dati tra organo gestionale e soci. Segnatamente, tale flusso di informazioni è necessario a consentire a ciascuno dei soci di verificare con puntualità l’andamento della gestione sociale. In tal modo il venture capitalist è nella condizione di eventualmente
capitalist, operazioni rientranti nella tipologia e/o negli importi contrattualmente predefiniti. In alternativa, si potrà
prevedere un innalzamento dei quorum deliberativi del consiglio per le operazioni individuate nel patto parasociale.
197 Fré, Sbisà, Della società per azioni, Bologna, 1997, pp. 567 e ss.; Cottino, Le società, Padova, 1999, pp. 405 e ss.; Picone, Diritti diversi e categorie di azioni, Riv. Dir. Comm., 2003, pp. 167 e ss., secondo cui, sebbene in linea di principio qualsiasi atto gestionale può essere attribuito alla competenza esclusiva dell’assemblea, sembra, peraltro, altrettanto certo che non possano essere devoluti all’assemblea tutti i poteri gestori. Pertanto, l’organo amministrativo non può limitarsi ad essere esclusivamente un mero organo operativo che esegue le delibere dell’assemblea.
198 Semino, op. cit., pp. 145 e ss.
199 In tal senso, si veda App. Roma 24 gennaio 1991, Giur. It., 1991, pp. 241 e ss.; Semino, op. cit., p. 145; Proverbio, op. cit., p. 58. Si veda, inoltre, Salafia, op. cit., pp. 1334 e ss., secondo cui un patto parasociale che vincoli i contraenti, agendo fuori dalla sede assembleare, a condizionare la gestione dell’impresa societaria mediante ordini o approvazioni o autorizzazioni non può non considerarsi nullo per l’illiceità della sua causa a norma dell’art. 1418 c.c.”.
119 modificare, integrare e/o aggiustare le strategie di crescita dell’impresa, nonché di valutare l’andamento della gestione più operativa dell’impresa, che viene normalmente lasciata al socio imprenditore.
Alla luce di quanto precede, risulta evidente che, nel rapporto tra socio imprenditore e venture capitalist e nella tensione dialettica rispetto alla posizione e agli interessi di cui ciascuno di essi è portatore, la sottoscrizione di un patto parasociale e le previsioni ivi contenute costituiscono validi strumenti di bilanciamento tra il socio imprenditore e l’investitore. In assenza, infatti, di un siffatto accordo, le tensioni e gli eventuali contrasti tra venture capitalist e socio imprenditore potrebbero esasperarsi fino a giungere ad una paralisi del funzionamento e dell’operatività della società.