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Capitolo 3. DISASTRO E SOCIETÀ Le percezioni del rischio tra mutamento e

2. L'antropologia culturale e il disastro

3.1 Aggregazione e dispersione: un difficile equilibrio

Nel corso degli ultimi quattro anni, da quando, come spesso ricordato, nel 2013 venne data notizia della comprovata presenza di PFAS nelle acque di un'ampia porzione del Veneto, svariate reazioni si sono innestate sul piano sociale. I primi ad intervenire sono stati i comitati e le associazioni ambientaliste, in particolare la sezione regionale di Legambiente e le sue sedi disseminate sul territorio, così come l'associazione dei medici per l'ambiente (Isde) e Greenpeace, come rappresentante dell'estensione nazionale ed internazionale del problema degli inquinanti chimici tossici e dannosi per l'intero ecosistema ed i suoi abitanti. Già questo, di per sé, è esplicativo di una forma di aggregazione interna all’associazionismo ambientalista, il quale è in seguito stato chiamato a diffondere la problematica e le informazioni a disposizione in varie occasioni di incontro pubblico di carattere informativo. Tuttavia, come avrebbero in seguito sostenuto alcuni miei interlocutori, il tentativo di coinvolgimento dell'opinione pubblica da parte loro ha avuto nell'insieme un successo limitato, prevalentemente a causa del carattere chiuso e settario del loro agire. Michela,

Massimo e Laura, Loretta sono solo alcune delle persone che hanno commentato in questi termini la loro personale esperienza con i gruppi afferenti al movimento ambientalista. Queste informazioni sono emerse nel momento in cui ho chiesto loro se prima della primavera 2017, quando prese forma il gruppo di genitori No Pfas, si fossero interessati alla problematica. Michela aveva seguito alcuni incontri, per curiosità ed interesse, ma dalle sue parole traspaiono tanto la riconoscenza ed il rispetto per chi ha fatto informazione nei mesi precedenti l'arrivo delle analisi, ma anche il disappunto che a tali momenti mancasse una maggiore apertura verso l'esterno:

[...] gli unici jera quei de Acque Libere dai Pfas21, Legambiente che però i fasèa le so

riunioni, qualche convegno che mi ero andà ascoltare... per cui mi oltre, prima delle analisi jero andà ascoltare... sì perché mi interessava sta roba... dopo dio caro l'è rivà le analisi... [...].22

Dai risvolti più interessanti, anche se più velati ed impliciti, sono le riflessioni di Loretta, da cui emerge sia un personale distacco da queste associazioni, sia la critica rivolta all'assenza di un loro radicamento nel contesto concreto, locale, di vita, pratiche e criticità quotidiane connesse allo specifico tessuto cittadino leoniceno:

Non l'ho molto sentita, non l'ho molto sentita [ndr. una relazione con i gruppi ambientalisti], perché... gli unici momenti in cui ho incontrato Greenpeace è stato Montecchio in qualche incontro però a dire la verità non ho sentita così tanta partecipazione attiva di questi gruppi e... [...] però secondo me neanche a Lonigo c'è così tanta... presenza di queste associazioni così... e... che tutelano insomma, non ne ho sentito parlare più di tanto, non ho avuto neanche a che fare con loro più di tanto...23

Anche Massimo e Laura sono concordi nel riconoscere il lavoro imprescindibile svolto dal Coordinamento Acqua Bene Comune e Legambiente, rimarcando però il numero esiguo di persone che ne fanne parte e che riescono a coinvolgere, non riuscendo a tradurre i loro punti

21 Michela si riferisce qui al Coordinamento Acqua Bene Comune Vicenza e Libera dai Pfas, nato nel maggio

2014 con lo scopo di riunire le varie realtà attente ai temi ambientali, da Legambiente ai Gas a Medicina Democratica e singoli privati cittadini. Vedi Acqua Bene Comune Vicenza e Libera dai Pfas (data consultazione 4.12.2017).

22 Intervista con Michela, 21 agosto 2017. 23 Intervista con Loretta, 17 settembre 2017.

di forza, quali la grande preparazione tecnico-scientifica e il loro potere contrattuale con le istituzioni, in dialogo, comunicazione e scambio con la cittadinanza:

MASSIMO – [...] noi siamo la massa popolare, anche loro sono popolari ma in realtà sono anche molto tecnici e molto, molto preparati eccetera ma sono tre, quattro, cinque persone, sei persone, meno di dieci... [...]

LAURA – ... sì, la più grande difficoltà è stata quella, a non riuscire a comunicare...24

Infine, durante un'assemblea tenutasi a Lonigo, aperta ai nuovi arrivati di Legnago – analisi alla mano da due giorni – è nato un bisticcio tra alcuni esponenti del Coordinamento, attivi a Legnago con la raccolta firme, e i cittadini che ne erano all'oscuro. Il diverbio si è risolto con l'ammissione da parte di un assessore del comune veronese di non essere riusciti ad estendere

l'informazione al di fuori del loro piccolo.25 Vi è dunque una sorta di leitmotiv che isola

l'attività degli ambientalisti dal quotidiano vivere della gente. Non ho approfondito appositamente il rapporto conflittuale tra persone “comuni” da un lato ed ambientalisti dall'altro, in quanto oltrepassava l'obiettivo della tesi, ma ho avuto modo di coglierlo personalmente sul campo in momenti di incontro tra le due parti o notando l'assenza di una delle due. La premessa tuttavia necessaria è che, essendo entrata in contatto diretto e non superficiale con singole persone, le categorizzazioni eccessivamente rigide o le suddivisioni stagne, binomiali, non reggono il confronto con la realtà: alcuni interlocutori si sono detti sensibili alle tematiche ambientali, come la dottoressa Anna, la quale si informa in maniera approfondita a questo riguardo e ha iscritto per anni il figlio ai campi estivi di Legambiente; o Paola, che con suo marito era iscritta al WWF, cosa che nel micro contesto di Alonte

significava essere «estremisti» di sinistra, «radicali», «comunisti»;26 Massimo e Laura, infine,

collaboratori del Gruppo di Acquisto Solidale di Lonigo. Loro hanno vissuto la vicenda in primis da genitori, mettendo in campo la loro personale sensibilità: più di una volta infatti è stato questo il termine utilizzato, «essere sensibili» senza altre specificazioni, per indicare qualcuno non indifferente ai problemi del territorio, pur non aderendo a gruppi ambientalisti.

In occasione della riunione del Coordinamento, tenutasi a Cologna Veneta il 1° agosto 2017, ho potuto cogliere la lontananza di prospettive tra le due parti, che ripropongo in

24 Intervista con Massimo e Laura, 17 settembre 2017. 25 Diario di campo 31 agosto 2017.

contrapposizione per semplificare l'esposizione dei fatti, fermo restando però la premessa anteposta a queste righe. Differenze di metodo, di profondità e capacità di analisi, di percezione del futuro in termini di strategie di azione e di intervento in ambito istituzionale: più volte ho annotato nel diario di campo la distanza tra il linguaggio diretto, schietto, poco articolato, meno riflessivo e più emotivo delle mamme, rispetto a quello più esperto, calibrato e ragionato dei membri del Coordinamento. Tra loro qualcuno ha apprezzato l'intervento dei genitori come «manna dal cielo», avendo allargato la partecipazione alla battaglia per l'acqua pulita a centinaia di persone, mentre altri erano più propensi alla separazione dei percorsi di lotta, peccando a mio avviso di superbo esclusivismo, ascrivibile alla singola personalità e

non al gruppo stesso.27 Anche Antonella ha più volte ribadito la sua più profonda e sincera

gratitudine nei confronti dei genitori, non mancando di rimarcare, però, il loro ripercorrere tappe già effettuate dal Coordinamento nei mesi precedenti in cui gli stessi genitori, privi di analisi, ignoravano il loro impegno. Ecco allora che l'importanza del primato nella battaglia contro i PFAS e la dinamica del “chi ha fatto cosa per primo” è andata insinuandosi nel “gruppone” Telegram, elevando il rischio di sfaldarsi dell'intero movimento. Infine, la titubanza dei grandi nomi di Legambiente e Greenpeace relativa alla partecipazione alla maestosa marcia dell'8 ottobre a Lonigo: il nodo, che riprenderò in seguito, era la presenza delle istituzioni, che in realtà si sono poi trovate, in virtù della loro debolezza, a chiudere il corteo di diecimila cittadini “comuni”, anziché ad aprirlo. Sul fronte qui esposto dunque ho potuto assistere ad un movimento di aggregazione nel primo periodo di ricerca, in cui il gruppo genitori NoPfas era ancora in fase di formazione, e uno di progressiva scissione man mano che si avvicinava la scadenza di ottobre; dopo questa, sebbene in concomitanza si sia conclusa anche la mia permanenza sul campo, ho percepito una definitiva presa di distanza e di accresciuta capacità di autonomia dei comitati cittadini informali. Ciò chiaramente non esclude una continua forma di scambio e confronto: le dinamiche del percorso comune tuttavia sono notevolmente mutate dopo ottobre, poiché a ridosso del referendum per l'autonomia della Regione, i limiti di inquinanti nell'acqua sono stati abbassati e i filtri negli acquedotti potenziati così da rendere l'acqua nuovamente potabile.

Mi sono soffermata su questo punto, poiché ritengo che racchiuda al suo interno numerosi spunti di riflessione ed analisi degni di futuri approfondimenti nell'ambito di altri contesti

critici. Le associazioni ambientaliste, per come le ho potute conoscere sul terreno di ricerca, si pongono a mezza via tra il ruolo di portavoce delle istanze dei cittadini e la rappresentanza in sede istituzionale, politica, in cui si rende difficoltoso coniugare la comunicazione e la divulgazione delle informazioni alla massa ed il mantenimento di un alto livello di preparazione scientifica. Ricordo come in una riunione ristretta tenutasi ad Almisano si sia richiamato l'eccessivo tempo concesso agli esponenti politici – presidente Commissione ecomafie, sottosegretaria del ministero dell'Ambiente – in occasione dell'incontro di Brendola del 14 luglio da parte degli organizzatori di Legambiente, relegando domande ed interventi

del pubblico alla tarda conclusione, verso le 23:30, rimasti conseguentemente senza risposte.28

Dal punto di vista teorico, l'importanza di dedicare un paragrafo a questa dimensione profondamente dinamica e conflittuale, in termini talvolta svantaggiosi per il movimento in senso lato, è stata sollecitata dalla lettura di Mary Douglas e dalla riflessione critica di Alberto Marinelli, concernente il modello gruppo/griglia elaborato dalla studiosa britannica. Da quella costruzione e dalle riflessioni elaborate insieme al collega Aaron Wildavsky, i movimenti ambientalisti vengono collegati all'emergere di una cultura settaria. Lo schema elaborato risulta tuttavia eccessivamente rigido e limitativo: «le ipotesi avanzate da Douglas e Wildavsky rischiano di assumere solo le caratteristiche di una provocazione se non vengono liberate dall'eccesso di schematicità che le contraddistingue» (Marinelli 1993: 106). L'elemento che va a perdere rilevanza nello schema e di cui, al contrario, ho potuto notare la centralità nel contesto etnografico, è il ruolo del singolo individuo: per quanto l'appartenenza ad un gruppo ne determini valori ed orientamento, rimane indispensabile non perdere di vista la capacità della soggettività di mutare ed evolversi, uscendo così dalla propria cella teorica e determinando nuove prospettive.

Nel periodo compreso tra aprile e giugno, prima dell'effettivo ingresso sul campo, ho avuto modo di partecipare a questi momenti, più spesso a Padova – organizzati da associazioni studentesche o nell'ambito di festival culturali – così come a Vicenza e infine a Lonigo, come termine del mio percorso di avvicinamento alla “zona rossa”. Non sono mai mancati esponenti di uno dei gruppi sopra nominati. I luoghi estranei all'area contaminata hanno prodotto una forma di aggregazione maggiormente politicizzata, certamente fondamentale a colmare vuoti e silenzi lasciati dalle istituzioni; hanno svolto attività di sensibilizzazione in

maniera critica, senza perdere mai di vista lo spesso filo rosso che unisce le tante problematiche ambientali del Veneto. Gli spazi che hanno ospitato questo genere di informazione sono quelli in cui si tenta di elaborare e diffondere saperi consapevoli e alternativi agli schemi dominanti. Così, il 21 aprile partecipavo ad un incontro gentilmente ospitato nella sala conferenze di Banca Etica Padova; il 30 ero al Centro Sociale Bocciodromo di Vicenza; un mese dopo, il 30 maggio, a Padova, al Summer Student Festival; il 22 giugno allo Sherwood Festival, sempre a Padova. Nel mezzo non sono mancate iniziative dal profilo più istituzionale e aperto ad una più larga fetta di popolazione, solitamente estranea a forme di partecipazione politica “dal basso”: il 12 maggio a Lonigo si teneva un incontro alla presenza dell'onorevole senatrice Laura Puppato, scortata dalle forze dell'ordine, e dei presidenti di Legambiente Veneto e Italia; il 14 dello stesso mese, invece, prendevo parte alla seconda edizione della marcia dei pFiori, che, dal concentramento nel piazzale antistante lo stabilimento Miteni, si dirigeva verso il centro storico di Trissino, aperta dalle Mamme NoPfas, seguita dagli spezzoni di Greenpeace, Legambiente, dal neonato Collettivo Resistenze Ambientali di Padova e il gruppo Vicenza si solleva, sorto sempre all'interno del C. S. Bocciodromo per la tutela del territorio, per la pace e l'accoglienza; il tutto senza l'esclusione dei cosiddetti “cani sciolti”, partecipanti senza bandiera e senza schieramento, non affiliati a nessun gruppo. Ad esclusione dell'incontro di Lonigo, in cui il pubblico era composto da una vera e propria marea di genitori, cittadini ed attivisti della “zona rossa”, riversatisi a centinaia tra le alte mura di una grande sala dell'Istituto di Agraria Silvio Trentin, e la colorata marcia di Trissino, gli altri momenti accennati avevano visto un numero sempre ridotto di uditori – mai oltre le 30 unità.

Questa discrepanza introduce senza mezzi termini le differenti situazioni createsi tra “zona rossa” e comuni per il momento estranei alla contaminazione. Circoscrivendo il discorso all'interno della prima, vorrei ora prendere in considerazione il più fluido e scorrevole moto di disgregazione e ricostituzione sociale tra “comuni” cittadini di Lonigo. Per introdurre le riflessioni che l'esperienza sul campo mi ha suggerito, riporto una citazione, forse lunga, ma certamente pregnante:

[...] subentra la comunanza indotta dalla paura. In questo senso le caratteristiche tipiche della società del rischio mettono in risalto i tratti di un'epoca sociale in cui la solidarietà della

abbia la forza di coesione della paura. Fino a che punto reggono le comunanze prodotte dalla paura? Che tipo di motivazioni e di energie per l'azione mettono in moto? Che caratteristiche ha questa nuova comunità solidale della paura? L'energia sociale della paura riuscirà davvero a mettere fuori gioco il calcolo del tornaconto individuale? Fino a che punto sono capaci di compromesso le comunità ansiogene prodotte dai pericoli? [...] La paura non sarà forse (diversamente dalla miseria materiale) una base troppo incerta per i movimenti politici? (Beck 2015: 65).

Ulrich Beck esprime quegli stessi interrogativi – cui in parte cercherò di dare risposta – che sono giunta a pormi a proposito del movimento spontaneo di genitori, in rapporto alla loro genesi, al loro rapido sviluppo e al loro futuro. Considerato che il loro percorso è ancora lontano dal concludersi – anzi, i più recenti sviluppi stanno contribuendo notevolmente a riportare alta la tensione interna e conflittuale quella verso l'esterno – risulta comunque arduo offrire una risposta ai quesiti sopra elencati. Alcuni richiederebbero infatti di essere ripresi in una prospettiva di lungo periodo, che superi la mia permanenza sul campo di soli tre mesi, e preferibilmente in un momento di effettivo accordo politico-istituzionale sulle soluzioni da intraprendere con costanza e lungimiranza.

A seguito dei più volte richiamati risultati dello screening sui giovani quattordicenni, risalenti alla prima metà di marzo 2017, un gruppo di quattro mamme, sconvolte dalla più lampante riprova dell'effettiva gravità della contaminazione, la quale si è infiltrata nei corpi dei loro figli, hanno deciso di prendere in mano le redini della vicenda. Per loro, come mi racconta Michela, è iniziato un percorso di formazione ed informazione, di approfondimento e di instaurazione di una fitta e articolata rete di contatti: dalla precisa natura dei PFAS ai meccanismi politico-sanitari, dal calcolo di quantità e proporzioni agli agganci con i giornalisti. Tramite il passaparola, sono state in grado di attivare, nell'arco di un paio di mesi, un complesso dispositivo di sostegno e solidarietà reciproca tra madri, dando vita al primo gruppo Mamme NoPfas della zona. La risposta iniziale è stata dunque di unione e aggregazione, con la discriminante che molti genitori privi di analisi del sangue dei propri figli hanno preferito mantenere il muro dell'indifferenza. Michela aveva distinto la cittadinanza in tre categorie: gli struzzi, «chi nasconde la testa sotto la sabbia»; i disfattisti, «quello che fate non serve a niente»; infine, mamme e comitati vari impegnati.29 È già

possibile constatare che all'unione di alcune mamme, ha fatto da contrappeso l'accentuarsi di un divario con chi ha deciso, per paura o per menefreghismo, di non prendere direttamente parte al movimento. Il gruppo NoPfas ha comunque mantenuto una struttura interna assolutamente aperta e accogliente, vedendone i risultati nell'aumento di centinaia di mamme e papà con il trascorrere dei mesi. Tra i primi ad aderire al gruppo anche genitori privi di analisi, avendo figli troppo piccoli o sufficientemente grandi da dover attendere prima che vengano sottoposti al controllo.30 Tra questi molti miei interlocutori: Loretta, Massimo e

Laura, Paola. Antonella. Effettivamente, quasi la maggior parte. Questo dato non è scontato, poiché è indice di una particolare percezione del rischio che si vedrà più avanti. Nella mia esperienza, ho incontrato le Mamme NoPfas quando il gruppo di Lonigo era già costituito ma mi venne facile pensare che ciò fosse avvenuto sulla base di amicizie preesistenti. Mi sbagliavo:

[...] è nata una bellissima amicizia tra noi, anche... arriviamo tutte da realtà diverse... perché non abbiamo né in comune lavoro, né in comune l'amicizia non so dei mariti o dei figli, assolutamente, siamo tutte completamente slegate... e però è nata una bellissima sintonia, cioè... [...] c'è proprio una sintonia, un... anche proprio una vicinanza affettiva molto forte, un legame molto forte di amicizia adesso... e ma questo secondo perché senti che condividi un modo di lottare, condividi degli ideali, grandi...31

Ancor prima, era stata Michela ad anticiparmi questa nuova dimensione, in occasione del nostro primo incontro ad inizio luglio: nessuna divisione aveva più retto, «classe, ceto, schei.

Siamo tutte mamme e nient'altro».32 La trovai subito esplicativa del processo di aggregazione

che infrange le barriere a seguito di un dramma comune e della democratizzazione dovuta all'«effetto livellatore» dei rischi (Beck 2015: 48). Su questo punto, però, è lo stesso Ulrich Beck ad affermare che sì la società dei rischi è «planetaria» (Beck 2015: 30), ma allo stesso tempo è anche vero che i rischi, a differenza delle ricchezze, si accumulano nelle fasce inferiori della società, mantenendo e rafforzando quindi le divisioni di classe. Nel contesto di

30 Il biomonitoraggio avviato alla fine del 2016 partiva dall'analisi del sangue dei giovani nati nel 2002,

procedendo poi a ritroso con i più grandi. Entro ottobre lo screening era arrivato ai ventisettenni, da quanto ho potuto dedurre dalle parole dei miei interlocutori. Esclusi dall'osservazione i più piccoli e i più anziani, ovvero le fasce più deboli e fortemente esposte ai rischi legati agli effetti degli inquinanti sulla salute.

31 Intervista con Loretta, 17 settembre 2017. 32 Diario di campo 9 luglio 2017.

Lonigo questa proposizione trova conferma nel fatto che coloro che dispongono di minori mezzi abbiano un ridotto accesso all'informazione e di conseguenza siano più facilmente esposti alla contaminazione, così come chi non ha un reddito sufficiente, non può permettersi di accedere alle necessarie precauzioni quali le scorte d'acqua in bottiglia o l'installazione di filtri dalla dubbia efficacia. Paradossalmente, tuttavia, potrebbero essere le classi imprenditoriali agricole più agiate del leoniceno a pagare le conseguenze della contaminazione da PFAS, qualora i loro prodotti venissero riconosciuti come veicolo di diffusione degli inquinanti a danno della salute, poiché la loro ricchezza è inscindibilmente legata alla terra, a quella terra compromessa, ormai a rischio di svalutazione anche sul piano della vendita.

In generale, l'impatto emotivamente distruttivo della diffusione di PFAS nelle acque, o meglio la scoperta di un inquinamento pluridecennale, è stato affrontato opponendovi la forza della coesione sociale, dedicando tempo ed energie alla lotta per un bene comune in un contesto pubblico, aperto, inclusivo. Ognuno ha portato il proprio contributo in base alle proprie capacità, alla propria creatività, senza imposizioni di sorta. Maestre, infermiere, commercianti, casalinghe, impiegate, grafici, informatici, imprenditori, professori e pensionati: chi si è occupato di giornali, radio e televisioni; chi di istituzioni religiose, scolastiche, sportive; chi di relazioni con le varie cariche politiche; chi della creazione di