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Capitolo 3. DISASTRO E SOCIETÀ Le percezioni del rischio tra mutamento e

4. Percezioni e vulnerabilità nella società del rischio

4.5 L'informazione I canali ufficiali e il vaglio critico dei cittadini

Il presupposto di partenza per questo paragrafo conclusivo del capitolo vuole muovere da una citazione tratta da un testo che a suo tempo fu di stimolo per la scelta definitiva dell'argomento di tesi qui trattato: Ritorno a Seveso. Già nel secondo capitolo vi ho fatto riferimento, riprendendolo qui nelle pagine precedenti, date le somiglianze di molti aspetti tecnici e sociali intervenuti a seguito dell'impatto della contaminazione nel 1976.

Dall'altro lato c'era la linea, che poi avrebbe prevalso, di quanti ritenevano preferibile attendere evidenze scientifiche più chiare prima di agire, cercando nel frattempo di evitare il diffondersi del panico tra la popolazione colpita dalla contaminazione. Ciò rivelava un'idea di che cosa fosse la “comunicazione del rischio”, intesa al più come un passaggio a senso unico di informazioni dalle autorità ai cittadini, questi ultimi relegati nel ruolo passivo di destinatari e ritenuti naturalmente inclini all'irrazionalità (Centemeri 2006: 89).

Questa linea è la stessa che scelse di assumere l'Istituto Superiore di Sanità nel 2013, a ridosso del rinvenimento di sostanze perfluorurate nelle acque del Veneto centrale. Come si legge in un suo documento:

Con riferimento alla fattispecie, è da sottolineare la criticità della comunicazione di risultati scientifici e sui rischi a questi associabili, a non addetti ai lavori, opinione pubblica e media, in quanto misure adottate per la prevenzione dei rischi possono essere invece percepite come azioni di risposta ad un reale pericolo concreto per la salute già da tempo in essere (ISS 2013: 4).

88 Conferenza delle Regioni e delle Province autonome; Regione Veneto – Comunicato n. 1691 (data

Lo stralcio è quanto mai ricco di spunti di riflessione che hanno come nucleo di partenza proprio la questione dell'informazione e della sua diffusione all'esterno della comunità scientifica e istituzionale. Ci riporta indirettamente anche al tema dell'innescarsi del disastro nel caso di “nemici invisibili”, che finiscono così per essere doppiamente tali: sul piano dell'impercettibilità – per cui ci sono voluti anni e una ricerca mirata per individuare i PFAS – e su quello della comunicazione – tacere il problema fino a maggiori evidenze scientifiche, che banalmente possono richiedere decenni per ottenere un grado di significatività accettabile dalla scienza.

Vi è inoltre una netta demarcazione tra “esperti” e gente “comune”, già analizzata in precedenza, la quale rimanda alla più implicita quanto ingombrante premessa che all'interno della società vigano due cognizioni diverse dei fenomeni critici: una razionale, quella degli “esperti”, e una irrazionale, della massa cittadina, ignorante e incapace di cogliere ragionevolmente cause e conseguenze. Ciò è alla base di una forma di comunicazione unidirezionale, selezionata, semplificata ed edulcorata, concessa dall'alto del sapere tecnocentrico, unico detentore del potere decisionale così accentrato.

L'ultimo accenno concerne la terminologia utilizzata, su cui l'antropologia ha speso importanti considerazioni. Douglas rimprovera a Beck di utilizzare il termine “rischio” con il significato di “pericolo”, «come il pubblico in generale», mentre l'antropologa britannica distingue i pericoli come eventi «orribilmente reali» (Douglas in Lupton 2003: 46) e «molto concreti, e anche gravi», mentre il rischio «è la probabilità di un evento combinata con l'entità delle perdite e dei guadagni che esso comporta» (Douglas 1996: 43). Alla realtà del pericolo corrisponde l'eventualità del rischio, tale in quanto risposta socialmente e culturalmente costruita al primo.

Venendo alla concretezza della situazione di Lonigo, contaminata da PFAS, la fiducia nelle istituzioni, coltivata sino alla primavera del 2017, espressa dalla maggior parte dei miei interlocutori, era dovuta alle parole tranquillizzanti, o più che altro narcotizzanti, di quelle, che trovano spiegazione proprio in ragione della volontà di non allarmare la popolazione non solo di Lonigo, ma nel complesso del vicentino e delle province limitrofe. Dopo quasi quattro anni da quell'avvertimento dell'ISS riportato in apertura, il sipario è crollato e il moto dei canali d'informazione ha assunto nuovi percorsi e nuove forme, dovendosi adattare a quei mutamenti sociali di cui ho già parlato. La determinazione delle Mamme prima e del più

ampio gruppo di Genitori NoPfas poi ha inserito tra le proprie priorità un livello adeguato di informazione scientifica, politica, tecnico-ingegneristica, medica, a trecentosessanta gradi. Risulta essere infatti l'anello debole del meccanismo sociale che si innesca a seguito dell'impatto di un agente contaminante. Come precisa Centemeri in una lunga nota del già nominato testo, la vulnerabilità sociale può essere amplificata o ridotta anche in base alla disponibilità di informazioni: «La comunicazione è così posta come elemento imprescindibile di sicurezza» (2006: 62n).

Mara, in occasione del nostro primo incontro, rimarcava la necessità di un'informazione scientifica precisa e diffusa, così da evitare facili allarmismi e il prosperare di paure, idee e sospetti infondati. Anche Giovanni, oltre all'allacciamento urgente a fonti idriche non contaminate, pretende prioritariamente un'informazione puntuale ed esaustiva. Successivamente, per quanto attiene all'informazione medico-scientifica, la richiesta sarà di poter esserne messi a conoscenza in maniera compiuta, senza zone d'ombra o dati inespressi, così come a proposito delle analisi sugli alimenti, rimaste taciute per mesi, come più volte ribadito dai Genitori NoPfas, senza giustificazione alcuna. Per quanto concerne invece l'informazione circolante sui vari media, la si può considerare un mondo a se stante, un doppio della realtà con cui ho interagito nei mesi di ricerca, una sorta di specchio virtuale. Non approfondirò oltre la questione dei social media, poiché, data l'intensità del loro utilizzo e del loro impatto, in aggiunta alle dinamiche che li caratterizzano, richiederebbero una trattazione singola. Hanno contribuito ad ogni modo a restituirmi un'idea del clima e delle tendenze in atto nei gruppi NoPfas, mutevoli ed altalenanti. Sul fronte dell’informazione locale, provinciale e regionale, Mamme e Genitori NoPfas si sono assunti l'impegno di contattare i giornalisti, iniziando a portare la loro vicenda sulle pagine dei quotidiani e nei titoli di notiziari e programmi di approfondimento televisivi, toccando l'apice tra settembre e ottobre, in concomitanza con gli eventi più degni di nota – l'incontro in Regione, la manifestazione a Lonigo, le audizioni della Commissione ecomafie a Vicenza, nuove dichiarazioni di assessori e sindaci.

Il dato più rilevante che vorrei restituire è la fermezza con cui mamme e papà NoPfas hanno mantenuto la loro “identità”, da intendersi come insieme di forme e contenuti che hanno plasmato il loro agire quotidiano: nessuna strumentalizzazione né lacrimose drammatizzazioni tipiche di alcune trasmissioni. Innanzitutto, il gruppo è stato attivo nel

condividere, commentare e archiviare ordinatamente gli articoli relativi al caso PFAS, sì da avere sempre a disposizione i riferimenti per non farsi raggirare dalla destrezza dialettica di chi occupa posizioni di potere; in secondo luogo, non è mai venuto meno quel vaglio critico a cui le notizie erano sottoposte, quando contenenti imprecisioni, errori, distorsioni, vere e proprie “bufale” o falsi allarmismi; infine, la capacità di usufruire con coerenza e lucidità di questi strumenti, per diffondere la propria voce senza eccessive storpiature da parte dei giornalisti stessi.

Di fronte ad un articolo uscito il 23 agosto, una sorta di raffazzonamento di notizie precedenti e imprecisioni terminologiche, la sera stessa un gruppo ristretto di Genitori NoPfas di Lonigo si sono riuniti a casa di Michela, per analizzare il contenuto dello scritto e redigere di conseguenza una lettera reclamante delucidazioni da inviare alla direzione del quotidiano, ai responsabili di Arpav e Noe.89

L'esempio lampante, cui tengo particolarmente per la tensione emotiva dell'episodio, si è verificato invece il 23 settembre 2017. Una troupe televisiva era giunta a Lonigo per girare un servizio in diretta dalla piazza centrale, con un nutrito gruppo di Genitori NoPfas, tanti bambini e i soliti curiosi (v. fig. 27-28). Ore di preparazione e di attesa in cui raccolgo le voci emozionate di alcune mamme ed alcuni papà, tutti attenti ed allo stesso tempo preoccupati degli esiti di questa opportunità: la trasmissione era considerata «faziosetta» e Laura confessa di temere le domande del giornalista, non per una questione di preparazione, bensì perché «non è il nostro stile»; per di più, commentano gli stessi Genitori NoPfas, la trasmissione era davvero di «basso spessore culturale» e dichiaratamente di parte. Pur trattandosi di una diretta, i quindici minuti previsti si sono ridotti a circa cinque, con l’interruzione dell'intervento di Michela in risposta all'ospite in collegamento da Roma, il direttore generale della prevenzione del Ministero della Salute. Il bisticcio generatosi ha portato alla brusca sospensione del servizio, nonostante le proteste dei presenti, che hanno fatto seguire un coro di «Vergogna!» dalla piazza; hanno deciso di concludere ugualmente il loro intervento, filmato dal telefonino di un genitore e diffuso tramite social network.

In generale, balzata la notizia sul piano nazionale, i genitori della “zona rossa” sono stati sommersi da giornalisti di ogni sorta, guadagnando così uno spazio di dialogo, non solo con un pubblico ben più ampio, ma anche con le istituzioni e di risposta a queste ultime, costringendole a rendere conto più direttamente ai cittadini degli sviluppi della vicenda, pena la perdita di fiducia, per alcuni già gravemente compromessa. Il gruppo dei Genitori Attivi ha messo in atto una forma di democratizzazione del sapere nelle sue molteplici sfaccettature.

Con quest'ultimo paragrafo si conclude la panoramica, densa ma indispensabile, sui principali punti critici, emersi con le loro peculiarità dalla ricerca compiuta sul campo a Lonigo, ma caratteristici di situazioni in cui l'impatto di un agente contaminante va ad interferire con il consueto equilibrio tra società, ambiente e tecnologia, avviando un processo di mutamento sociale di vario grado, di durata ed esito variabili. Le percezioni e il bagaglio culturale del contesto in causa sono fondamentali nel determinare il grado di vulnerabilità sociale del tessuto collettivo coinvolto. L'ultimo tassello per completare il quadro del disastro tuttora in corso, coerentemente con gli elementi dalle cui connessioni può generarsi la situazione critica, è l'ambiente: la natura che si fa paesaggio e la vulnerabilità fisica che contraddistingue il territorio vicentino.